Antonio Giolitti, antifascista e partigiano, ha svolto un ruolo centrale nella storia italiana del dopoguerra nella sua triplice figura di dirigente politico, di governante e di intellettuale della sinistra. Deputato alla Costituente e nelle due prime legislature repubblicane per il PCI, nel 1957 ha aderito al PSI, partito per il quale è stato deputato dal 1958 al 1979. Sostenitore del centrosinistra, fautore di una politica come costruzione di una società progressivamente migliore e strenuo ideologo di una programmazione del sistema economico mutuata dalle teorie di Keynes e della scuola di Cambridge, è stato ministro del Bilancio nel I gabinetto Moro, del Bilancio e della Programmazione economica nel III gabinetto Rumor e nel governo Colombo, di nuovo del Bilancio nel IV e V gabinetto Rumor. Commissario CEE (1977-85), eletto senatore come indipendente nelle liste del PCI nel 1987, nel 1992 si è ritirato dalla politica attiva. Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana (2006).
Nipote dello statista liberale Giovanni Giolitti, quasi destinato alla politica per tradizione familiare, nel 1937 si è laureato in Diritto civile presso l’Università La Sapienza di Roma, trasferendosi due anni dopo a Torino per lavorare nella fabbrica di lime dello zio Federico e stringendo amicizia con intellettuali quali L. Geymonat, C. Pavese, N. Bobbio e G. Einaudi. In questi anni Giolitti ha iniziato a interessarsi alla politica, frequentando a Roma il gruppo di Giustizia e libertà ed entrando in contatto nel 1940 con il gruppo dei giovani comunisti, tra cui A. Trombadori, A. Amendola e P. Ingrao. Parallelamente alla sua attività politica, G. ha costruito una solida collaborazione con la casa editrice Einaudi, che nel 1943 aveva aperto la sua sede a Roma e per la quale aveva già tradotto opere dal tedesco. Nei mesi precedenti la caduta del fascismo ha iniziato ad assumere un ruolo militante nel PCI, e dopo l’8 settembre, con P. Colajanni, ha organizzato le prime bande partigiane tra Barge, Cavour e il Monte Bracco. Tornato a Roma nel 1945, Togliatti lo ha incaricato del “rapporto con gli intellettuali” nell’ambito dell’ufficio propaganda della direzione del partito; eletto membro dell’Assemblea costituente nel 1946, è stato deputato del PCI dal 1948 al 1957, quando, in forte polemica con la dirigenza del partito, se ne è dimesso dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, approdando tra le fila del Partito socialista per il quale è stato deputato dal 1958 al 1979. Sostenitore del centrosinistra, profondamente impegnato nel dibattito politico e culturale di quegli anni, è stato ministro del Bilancio nel I gabinetto Moro (dicembre 1963 – luglio 1964), del Bilancio e della Programmazione economica nel III gabinetto Rumor e nel governo Colombo (marzo 1970 – febbraio 1972), di nuovo del Bilancio nel IV e V gabinetto Rumor (luglio 1973 – novembre 1974), trovandosi a fronteggiare complesse congiunture economiche che lo hanno visto elaborare un approccio di tipo “socialdemocratico” nella volontà di definire un metodo democratico atto a garantire una coesione egualitaria della società. Nel 1977, sentendosi emarginato all’interno del Psi e interessato dalla possibilità di lavorare per la Comunità Europea, ha accettato l’incarico per due mandati come commissario europeo per la Politica Regionale, ruolo ricoperto fino al 1985, non cessando di interessarsi alla vita politica italiana ed esprimendo critiche verso la deriva partitocratica del PSI che lo avrebbero portato a rompere con questa formazione politica. Nel 1987 è stato eletto senatore nel gruppo misto con il PCI; nel 1992, a fine mandato si è ritirato definitivamente dalla vita politica.
Affiancandola al suo lavoro di pubblicista (vanno citate, tra le altre, le sue collaborazioni con le testate “Rinascita”, “Mondo Operaio”, “Tempi Moderni”, “Astrolabio”, “L’Espresso”, “Il Calendario del Popolo”, “Lettera Internazionale”), di traduttore e di consulente editoriale (si ricordi, ad es., la cura di collane Einaudi quali la “Serie di politica economica”), G. ha definito la propria linea politica in saggi quali Riforme e rivoluzione (1958) e Un socialismo possibile (1967), lavoro che documenta il clima di riflessioni tra utopia e pratica politica proprie del socialismo europeo. Nel 1992 ha pubblicato il volume autobiografico Lettere a Marta: ricordi e riflessioni. Una serrata disamina del ruolo ricoperto da G. nella storia italiana del dopoguerra è stata pubblicata nel 2012 a cura di G. Amato sotto il titolo Antonio Giolitti. Una riflessione storica.
Fonteweb
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