Argentina Altobelli è incredibilmente rimasta nell’ombra della storiografia ufficiale, pur essendo stata una protagonista delle prime lotte sociali, una convinta sostenitrice dell’emancipazione femminile, tra i fondatori della prima organizzazione sindacale agricola, della Cassa Nazionale Assicurazioni Sociali (che è poi diventata l’Inps). Con Decreto Luogotenenziale del 19 giugno 1919 viene riconfermata a far parte del Consiglio Superiore della Previdenza e delle assicurazioni in rappresentanza dei lavoratori agricoli, unitamente a Bruno Buozzi e Ernesto Barengo.
Argentina Altobelli, una dirigente sindacale di primo piano, non ha avuto i riconoscimenti che ha così ampiamente meritato soprattutto perché si è impegnata a favore di donne e di uomini, contadini, mezzadri, braccianti tenuti ai margini della società, allora, e forse tuttora poco considerati anche nel contesto della “lotta di classe”che cominciava a prendere forma in quegli anni.
E’ anche probabile che la “distrazione” degli storiografi “ufficiali” della sinistra italiana sia stata e sia una sorta di vendetta politica contro il riformismo di Argentina Altobelli, che non risparmiò certo critiche e polemiche agli errori e all’arroganza dei massimalisti che cominciavano a egemonizzare il socialismo e il sindacalismo italiani. Fin dal 1918, infatti, Argentina Altobelli contestò fermamente ai socialisti massimalisti (divenuti, di lì a poco, i comunisti della scissione di Livorno), l’antica e pedissequa velleità di imitare la allora recentissima rivoluzione Sovietica.

Si oppose, pertanto, all’espropio generalizzato e indiscriminato di terre da distribuire ai contadini, proponendo invece che espropriate fossero le terre incolte, da mettere a frutto affidandole al lavoro collettivo di braccianti e contadini. I massimalisti reagirono tentando di mettere in dubbio le capacità organizzative di Argentina Altobelli e, quindi, il suo titolo a dirigere la Federterra, arrendendosi soltanto all’evidente constatazione per cui, nel 1920, la Federterra organizzava circa 900.000 dei 2.200.00 iscritti alla CGdL.
Ma, agli occhi dei massimalisti in procinto di divenire comunisti, Argentina Altobelli fu soprattutto colpevole di non aver aderito all’ondata di scioperi politici, che nel “biennio rosso” 1919-1920, nell’illusione di importare in Italia la allora neonata “Repubblica dei Soviet”, agitò l’industria italiana, culminando nella “storica” (e sindacalmente perdente) occupazione della Fiat.

La cultura politica, condita di non poco settarismo, di chi all’epoca criticò e combatté il riformismo di Argentina Altobelli ha ispirato e condizionato molta, troppa parte della storiografia “ufficiale” del movimento operaio italiano. Facendo ad Argentina Altobelli un “torto storico” cui la Fondazione Argentina Altobelli e la Uila, per come possono, intendono riparare, recuperando agli studi e al dibattito sul sindacalismo agricolo, la storia, le idee, le proposte, le battaglie e le sofferenze di una donna, dirigente sindacale e socialista riformista, quale fu Argentina Altobelli. La terza motivazione è legata al personaggio “Argentina Altobelli”, al suo entusiasmo, ancora contagioso, nell’affrontare le traversie della vita, alla tenacia che le consentì di conseguire tanti risultati positivi per i lavoratori.
Dalla sua biografia emerge non solo una grande sindacalista, ma anche un esempio di come l’impegno sindacale sia stato vissuto senza nulla togliere al suo ruolo di donna, di moglie e di madre.

Argentina Altobelli intuì già all’inizio del secolo scorso due grandi verità, che solo a distanza di molti decenni il movimento operaio avrebbe fatto proprie: innanzitutto che la sinistra politica e sindacale non potevano avanzare sulla strada delle conquiste sociali e politiche se non fosse riuscita a coinvolgere anche le donne e poi che le lotte sindacali non potevano essere fine a se stesse, ma dovevano essere strettamente collegate alla realtà politica, sociale ed economica del momento.
È sorprendente trovare nei suoi scritti di inizio secolo la convinzione che il ruolo del sindacato, la tutela positiva dei diritti dei lavoratori sia “un problema complesso che coinvolge moltissimi altri problemi economici, politici, morali”. E che pertanto “il sindacato senza abbandonarsi alla impulsività di scioperi improvvisi e tumultuosi … deve prima pazientemente discutere le condizioni dell’industria e dell’agricoltura”.

Insomma incontrando sui libri Argentina Altobelli, apprezzando il suo modo di pensare e di fare il sindacato, condividendo le sue scelte a favore di un sindacalismo laico e riformista, svolto solo nell’interesse dei lavoratori ci è sembrato di incontrare … una di noi, una della Uila»

Fonte: Fondazione Argentina Altobelli