Nacque ad Assisi nel 1913 da Ernesto, il grande pedagogista (di origine genovese), allora docente nelle scuole secondarie, e da Maria Melli, di famiglia ebraica, laica, sorella del notissimo pittore.
Il padre si trasferì a Pisa nel 1916 e poi passò a Firenze, dove era divenuto dal 1923 titolare della cattedra di pedagogia presso l’Istituto Superiore d i Magistero. Idealista convinto, Ernesto collaborò con Gentile per l’approvazione e la promozione della radicale riforma scolastica del 1923, ma, quando man mano la
scuola cadde sotto il controllo autoritario dei fascisti e dei clericali (Concordato del 1929), abbandonò il filosofo siciliano, pubblicò la rivista Civiltà Moderna, in contrapposizione alla Civiltà Cattolica, sostenitrice del fascismo e del clericalismo, fondò la casa editrice La Nuova Italia, che era tutto un programma nella stessa denominazione. Durante gli studi universitari di giurisprudenza (1931 – 1935), Tristano, attraverso Calogero e Capitini, che frequentavano l’ambiente della casa editrice paterna, conobbe il liberalsocialismo, che divenne la sua fede politica per tutta la vita. I suoi maestri furono Croce, ma soprattutto Salvemini e Rosselli, che lievitarono e rafforzarono il suo temperamento portato all’azione intransigente, coraggiosa, tenace, rendendolo sempre capace di ricominciare, su basi di coerenza e di intransigenza morale, per difendere i valori di fondo della sua scelta etico – politica.
Tra il 1936 e il 1937 insieme ad Agnoletti, Francovich, Ramat, Luporini, Furno costituì il gruppo liberalsocialista fiorentino, collegandolo con quelli di altre città. Nel 1940 partecipò al convegno di Assisi di liberalsocialisti e giellisti, per la creazione di un ’Movimento di rinnovamento politico e sociale italiano’. Il 6 gennaio 1942 casa Codignola fu perquisita e Tristano fu arrestato con gli amici del gruppo fiorentino e poi condannato a tre anni di confino. Aderente del Partito d’Azione dalle origini, Tristano partecipò nell’agosto 1943 alla fondazione a Milano del Movimento Federalista Italiano.
Fu dirigente della Resistenza fiorentina, ma deplorò l’uccisione di Giovanni Gentile, che doveva essere chiamato di fronte ad un solenne tribunale dell’Italia libera a render conto delle sue corresponsabilità. Protagonista della vita politica del Partito d’Azione, diede un contributo decisivo per l’avvento della Repubblica; fu eletto deputato alla Costituente, impegnandosi con altri compagni come ad es. Calamandrei e Valiani per immettere nella carta costituzionale valori giellisti e liberalsocialisti, benchè cogliesse già allora il peso massiccio dei partiti di massa (PCI-DC-PSIUP) e delle loro segreterie nella vita istituzionale (vedi l’elezione del presidente della Repubblica De Nicola, che era stato monarchico). Non accettò la decisione della confluenza del Partito d’Azione nel PSI, portata avanti da Lombardi, Foa, Lussu e costituì con Garosci, Calamandrei, Traquandi, Marion Cave Rosselli (la moglie di Carlo) il ”Movimento d’Azione Socialista Giustizia e Libertà”, di cui scrisse il ’Manifesto’ nell’ottobre del 1947.
Nel 1948 insieme al gruppo di ”Europa Socialista”, che aveva come esponente più importante Ignazio Silone, e a quello di Ivan Matteo Lombardo, uscito dal PSI per la sua subalternità al PCI, Codignola fondò l’”Unione dei Socialisti”, che partecipò alle elezioni dell’aprile del 1948 con il PSLI di Saragat nella comune lista”Unità Socialista”. Nel 1949 uscì dal PSI anche Romita, fondando il ‘Movimento Socialista Autonomo’.
Tra il 4 e l’8 dicembre 1949 si tenne a Firenze un memorabile Congresso di riunificazione dei vari movimenti, che diedero vita al PSU (Partito Socialista Unificato). Come ha detto efficacemente Alessandro Roveri ” giungevano a convivenza organizzativa le tradizioni e i percorsi che, nelle loro diverse, tormentate vicissitudini passate, rappresentavano l’aristocrazia della sinistra italiana democratica e progressista, quella che non aveva accettato compromessi né subito ricatti, e della quale purtroppo il paese, prima ancora che i convitati di pietra del PSLI, non si dimostrò degno: il liberalsocialismo, l’europeismo socialista, la tradizione di Turati e di Anna Kuliscioff, l’umanesimo laico, l’autonomismo socialista, Giustizia e Libertà. E non era per caso che sulla parete di fondo della sala comunale del congresso campeggiasse un grande ritratto di Carlo Rosselli.” Il congresso ebbe un respiro europeo nella presenza di delegati socialisti dei vai europei e nel tono del dibattito e il PSU fu accolto, a differenza del PSLI di Saragat, nell’organizzazione internazionale socialista. Ha detto Agnoletti ”Il PSU è stato forse la formazione più ’liberalsocialista’ della storia dei tanti organismi nati e scomparsi del dopoguerra.” Segretario fu Ignazio Silone, con la appassionata collaborazione di Tristano.
Ma la pressione dell’Internazionale Socialista, che aveva escluso il PSI filo – comunista – stalinista e premeva per l’unificazione delle forze socialiste democratiche e la vittoria delle tesi fusioniste con il PSLI portate avanti da Romita (che divenne segretario) al Congresso di Torino del PSU del 27-30 gennaio 1951, con Silone e Codignola in minoranza, portarono alla nascita il 1 maggio del Partito Socialista Sezione Italiana dell’Internazionale Socialista (cambiato al Congresso di Bologna del 3-7 gennaio 1952 in PSDI). Molte federazioni del PSU, come quelle di Torino, Venezia, Firenze, vicine alle posizioni Codignola-Silone, non accettarono l’accordo Romita – Saragat e presentarono alle amministrative liste proprie in opposizione a quelle del PSLI. Al Congresso di Bologna, le tesi di Codignola per un socialismo autonomo dal PCI e dalla DC ebbero la maggioranza, ma furono boicottate e poi capovolte nel Congresso di Genova dell’ottobre 1952, dove fu approvata la sostanziale subalternità alla DC ed alla proposta elettorale maggioritaria (la famosa legge-truffa). Per la sua battaglia di oppositore il 23 dicembre 1952 Codignola fu espulso dal PSDI e Calamandrei lasciò lo stesso partito per solidarietà con l’amico. Dice ancora Roveri ”Vero Sisifo del socialismo, Codignola fondò il 5 gennaio 1953 il quindicinale ‘Nuova Repubblica’; poi a Vicenza, il 1 febbraio 1953, diede vita al ‘Movimento di Autonomia Socialista’ e si mise a viaggiare per tutta l’Italia per vedere di organizzare la resistenza contro la legge- truffa.” Nell’aprile Ferruccio Parri, in segno di protesta per lo scioglimento del Senato e della prossima vicenda elettorale maggioritaria, lasciò il Partito Repubblicano Italiano e insieme a Codignola fondo il movimento di ‘Unità Popolare’, che presentò candidati in tutte le circoscrizioni in cui potè avere forza per farlo.
Fu una vicenda politico – elettorale tumultuosa, ma esaltante per tutti quelli che vi aderirono e, benché nessun candidato, come scontato, fu eletto, i 171.000 voti furono determinanti per non far scattare il meccanismo della legge – truffa a favore della maggioranza apparentata (DC-PLI-PRI-PSDI). L’evoluzione autonomista del PSI e il distacco dal PCI, specialmente dopo i fatti di Ungheria del 1956, portarono Codignola all’impegno nel Partito di Nenni e dal 1959 gli fu affidata la guida della politica scolastica. Fu deputato per diverse legislature. La stagione del centro-sinistra è stata la più importante dal punto delle riforme nella storia repubblicana: si pensi ad es. all’istituzione della scuola media unica, alla scuola materna statale, al divorzio, alle Regioni, allo statuto dei lavoratori. Codignola fu in primo piano nelle battaglie per queste fondamentali conquiste di crescita civile e sociale del paese. La sua antica e coerente posizione di alternativa di sinistra alla DC fu osteggiata sia all’interno del PSI, sia dal PCI, impegnato in operazioni di ‘compromesso’ esplicito e quotidiano con la DC, visto non più come un partito dominato in maggioranza da forze reazionarie, ma diventato improvvisamente soggetto politico popolare e democratico, col quale ogni intesa era possibile. Codignola aveva colto in profondità i processi di degrado politico e morale in cui era caduto il PSI, specialmente dopo l’avvento alla segreteria di Craxi, con la complicità anche dei quarantenni lombardiani.
L’isolamento di Codignola cominciò già nella sua Firenze, al congresso provinciale del 1977. Quando vide il partito coinvolto nella P2 e nell’affare Calvi, non ne potè più e scrisse nel 1981 un ’Appello ai socialisti’, affinchè gli iscritti si rivoltassero contro le degenerazioni craxiane del socialismo. Come dice Roveri ”Per tutta risposta, Craxi ordinò e la Commissione Centrale di Controllo ratificò l’espulsione dei firmatari dell’appello, tra cui, oltre ad Enriques Agnoletti, Antonio Greppi e Franco Bassanini. Codignola non demorse. Contro rispose fondando la ”Lega dei socialisti”. Ricominciò daccapo, come agli inizi della sua nobile e commovente milizia liberalsocialista, a tessere le fila del collegamento di amici e gruppi.
Morì alcuni mesi dopo, all’improvviso, sul campo, mentre a Bologna dava vita alla locale ’Lega socialista’.
a cura di Nicola Terracciano
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