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Migranti: Focardi, i conti col fascismo tutti da fare
El Pais ci ha fatto il titolo: Fascismo renovado assume nova força na Itália e la rivista britannica New Statesman ha rincarato la dose: The Mussolin fans selling flip flops with the slogan ‘Death tho traitors’. Il riferimento è alle manifestazioni rievocative del Regime fascista, dalla vietata marcia su Roma del 28 ottobre al raduno di Predappio, dall’esibizione del saluto romano all’osceno A noi ! – unite al diffuso atteggiamento inumano contro i migranti.
E’ quest’incrocio che mi preoccupa e molto, questo legame concomitante tra la crescente ostilità, la xenofobia, nei confronti dei migranti e il richiamo nostalgico al fascismo, alle sue radici, come se il Regime del Ventennio, tutto sommato, fosse stato una dittatura all’acqua di rose: per me, è la conferma che il nostro Paese la resa dei conti con quel periodo di repressione, oppressione e di violenza, non l’ha ancora affrontata.
Così lo storico Filippo Focardi, docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università di Padova e autore del best seller Il cattivo tedesco e il bravo italiano – La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, analizza, come ha fatto prima con la rivista inglese e poi con il quotidiano spagnolo, quanto in Italia sta accadendo da giorni e settimane.
Vero è che anche in Europa – precisa – circola questo deprecabile sentimento di ostilità contro i migranti, che alimenta movimenti populisti e xenofobi di estrema destra, particolarmente forti in Europa orientale, come ad esempio in Ungheria. L’Italia, per certi aspetti, assomiglia ai paesi dell’Europa orientale: lì non si sono fatti i conti con i regimi autoritari e antisemiti che avevano, durante la guerra collaborato con la Germania nazista: da noi è mancato un esame di coscienza profondo sul fascismo. Anzi, si è assistito, come ha osservato lo storico Emilio Gentile, a un processo di ‘defascistizzazione retroattiva’ del fascismo. Cioè si è privato il regime dei suoi caratteri liberticidi e repressivi, rendendolo, per così dire, ‘commestibile’.
Da noi, infatti, non c’è stata una Norimberga, ma un’amnistia generale nel segno della pacificazione nazionale. E oggi, seguendo questa strada, vengono appelli, stonati, a non metter assieme l’ostracismo e la paura del migrante visto e vissuto come untore, con i rigurgiti espliciti ai flip e flops del fascismo.
Sì, lo ribadisco, pesa e molto da noi non aver fatto i conti con il fascismo, cosa effettivamente è stato, non aver piena consapevolezza delle pagine sporche di quel periodo che non fu un incidente di percorso nè una dittatura all’acqua di rose come si è detto: all’estero si sono accorti della dimensione assunta dal fenomeno ed è scattato l’allarme, come accaduto agli inizi del Duemila con Berlusconi, avverte lo storico che, nel suo best seller, ha minuziosamente ricostruito la campagna d’Africa, con stermini e bombardamenti ai gas tossici, in Etiopia, Somalia e Libia, voluta dal Duce e portata avanti, tra gli altri, da Rodolfo Graziani e da Pietro Badoglio, inseriti nella lista dei criminali di guerra.
Siamo, insomma, fermi ancora allo slogan del bravo italiano contrapposto al cattivo tedesco con cui si cercò di assolvere il Paese dai crimini contro l’umanità commessi e di salvare il popolo italiano come se non avesse avuto nulla a che fare col fascismo: appunto tutta la colpa fu del cattivo tedesco?