Un tempo le donne lottavano per la loro emancipazione

Si discute tanto degli stupri e delle violenze sulle donne ma poi, quella che ci si para dinanzi è la solita tragedia annunciata. Cinque, dieci denunce cadute nel vuoto, atti di violenza anticipatori dell’irrimediabile sciagura, una escalation di violenza legittimata da una colpevole inerzia, in grado di arginarsi soltanto dinanzi all’irreparabile tragedia.

Un tempo le donne lottavano per la loro emancipazione, per la parità tra i sessi e nell’arco di 50 anni hanno raggiunto tutti i traguardi afferenti il principio costituzionale dell’uguaglianza (art. 3), partendo dal riconoscimento del diritto di voto (1946), considerando poi, il libero accesso alle cariche pubbliche ed alle diverse opportunità di lavoro. Anche il diritto di famiglia si è adeguato al mutare dei tempi e se oggi possiamo parlare di parità non più come ambito traguardo, ma come obiettivo quasi raggiunto in ogni campo, lo dobbiamo principalmente a coloro che si sono faticosamente spese per questo.

Le donne di allora non pretendevano rendite di posizione ed avevano, magari poche rappresentanti, ma veramente degne. Chi veniva eletta aveva una propria storia, spesso sia di militanza attiva che di lotta, e non di “letto”.

La maggior parte di loro non era avvenente, ma avveduta. Molte di loro provenivano dalla fabbrica, o dai campi e le più fortunate dal circuito accademico. La Anselmi, la Iotti, la Merlin non erano delle star, non riempivano le copertine dei rotocalchi per le loro peculiarità estetiche, anche se il gossip non le ha risparmiate, ma avevano una loro linea di azione politica chiara e rigorosa.

Oggi nella società del privilegio e della cortesia le donne si sono un po’ sedute, quasi appagate, e si lasciano rappresentare da consimili con ben altre esperienze, alcune addirittura scevre di una qualche esperienza, competenza, capacità (lo stesso metodo che peraltro, seleziona gli uomini), ma sempre con la disonesta ambizione di emergere e rappresentare probabilmente il nulla.

Quel nulla che non sfugge neanche alla matematica nulla più nulla uguale nulla. Anche se ci sono poi, coloro che si illudono che dal nulla nasca il paradiso, salvo essere immediatamente smentiti dalla scienza esatta … nulla per nulla e’ sempre uguale a nulla. È pertanto, così che nascono le leggi protezione, quelle che creano una riserva, un’ansa di privilegio assoluta come la parità di genere nelle cariche pubbliche, nei consigli di amministrazione ed altrove.

Una parità imposta, arrogante e mortificatrice del merito e della qualità, le quali non attengono chiaramente all’uomo o alla donna nella loro diversità, ma al genere umano nella sua indifferenza tra i sessi. Il vertice di una azienda pubblica oggi, non è un luogo di meritevoli a prescindere dal sesso, ma per legge un luogo popolato da coppie, un uomo ed una donna una donna e un uomo sovvertendo così, le più elementari regole dell’economia.

Agli occhi e soprattutto nelle menti di eccelsi odierni legiferanti un’azienda si regge non tanto in ordine ad acclarate capacità ed a scelte sapienti, ma in virtù di una accurata visita anatomica in cui prioritaria dovrà risultare la certificazione di un pari numero di sessi diversi. Poi se si scambia la pubblica amministrazione e le sue aziende per una grande Arca di Noè, poco importa dopotutto per le eventuali inefficienze di impresa (sarebbe più corretto forse parlare di dissidi di coppia) c’è sempre “pantalone” che paga. Oggi, la cosa più importante è imporre per la donna posizioni di vertice, garantirle un successo di genere, e non di merito.

Si fa del tutto per trattarle come portatrici di handicap incapaci di proporsi per le loro qualità, considerandole talmente inette ed incapaci da riservargli posti pre-assegnati. E poi cosa accade? Che un Parlamento così attento a tali cortesie si dimentica di scrivere norme civilta che siano in grado di tutelare l’incolumità della donna, la sua dignità di essere umano ed di garantirle il sacrosanto diritto di vivere senza il timore o l’angoscia di essere sopraffatta, violentata e mercificata tra l’indifferenza generale, sopratutto di coloro che la impongono laddove non serve soltanto per lavarsi la coscienza per quanto non fanno per tutelarla da orchi feroci, prepotenti ed indisturbati.

Basterebbe poco. Basterebbe rimettere mano alla legge!

E per farlo servirebbe semplicemente utilizzare la MENTE, ma capisco che al giorno d’oggi non è cosa da poco.

Enrico Michetti