“Le prerogative parlamentari umiliate”

“… il raffronto tra la legge Acerbo e le condizioni in cui fu votata nel 1923 e la vostra legge e le condizioni in cui sta per essere votata è sulle labbra di tutti. Potremmo dirvi: ‘Buon appetito, signori, e arrivederci’. Non lo diciamo. Con il nostro atteggiamento nell’imminente voto di fiducia, intendiamo richiamarvi alla nozione esatta della situazione ed a una valutazione non esagerata dell’idea che vi fate dei vostri mezzi. Nelle condizioni create dagli arbitrii governativi e della maggioranza, di fronte all’incostituzionalità della procedura ed alle clamorose violazioni del regolamento e della prassi parlamentare, il modo più eloquente che ha la sinistra per separare le proprie responsabilità da quelle del Governo e della maggioranza, è di non partecipare alla votazione al fine di meglio sottolinearne la illegalità. Perciò l’opposizione ha deciso di non partecipare alle votazioni. Essa confida nel Senato della Repubblica perché le prerogative parlamentari umiliate in questo ramo del Parlamento siano ristabilite nella loro integrità; essa si riserva di informare il Presidente della Repubblica della situazione che si è creata alla Camera; essa fa appello al popolo perché dia di nuovo alla Repubblica e alla democrazia il suo vero volto, il volto della Resistenza”. Pietro Nenni – Camera dei Deputati, 18 gennaio 1953 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

XLVII Congresso Psi 1994

XLVII Congresso – Roma 11-12 novembre 1994 Il XLVII congresso, svoltosi l’11 e il 12 novembre 1994, decise a maggioranza lo scioglimento definitivo del Psi. La maggioranza dell’Assemblea, preso atto della gravissima crisi politica e dell’insostenibile situazione finanziaria in cui versava il partito, decise la messa in liquidazione del PSI e, di fatto, il suo scioglimento.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ANOMALIE A SINISTRA

(In questo numero de “Le ragioni del Socialismo” fu pubblicato un articolo di Gino Giugni , il quale intervenne nel dibattito aperto dalla rivista sulle prospettive della sinistra e sulla diaspora socialista). La natura non fa salti, e meno che mai accetta fughe in avanti. E in questa trappola rischia davvero di cadere l’alternativa tra partito democratico o dell’Ulivo e ipotetico partito socialdemocratico, punto di arrivo del grande travaglio del socialismo italiano: un travaglio che dura, a dir poco, dal lontanissimo giorno della scissione di Livorno. E’ risultato evidente che l’area dell’Ulivo, come ha dimostrato lo scarto positivo di quest’ultima rispetto all’esito proporzionale, gode di un vantaggio. Ma non è affatto detto che il modulo della coalizione, quello che ha presieduto alle positive sorti dell’Ulivo stesso, conduca ad una coincidenza necessaria tra quest’ultimo e l’area del partito che occupi, nell’ambito della coalizione stessa, la posizione di sinistra. Quest’ultima corrisponde oggi, la si chiami come si vuole, al modulo della socialdemocrazia. Ed essa poggia su consistenti basi. In primo luogo, vien da considerare l’organizzazione compatta e capillare che si è formata intorno al Pci, e che già dopo la Liberazione era divenuta patrimonio proprio, contestato debolmente, ed un po’ anche irresponsabilmente, dal Psi di allora. E’ una constatazione che va messa in primo piano: le solide e profonde radici di quello che fu all’origine un partito della Terza Internazionale hanno potuto attraversare un’autentica mutazione genetica (mai tale espressione fu impiegata così a proposito) grazie alla scelta di darsi un’organizzazione di massa, capace di resistere e, in larga misura, di manifestarsi poco sensibile al mutamento ideologico che veniva a svolgersi per lo meno dagli anni Sessanta in avanti. In secondo luogo, l’appello europeo dovrebbe operare come una spinta alla “normalizzazione” rispetto alla anomalia italiana, costituita dal venir meno di una rappresentanza socialista nelle istituzioni europee e determinata dal collasso del partito socialista, ormai scomparso anche dalla scena parlamentare. Le anomalie, da questo punto di vista, alla fine dei conti sono due, simmetriche tra loro: ossia, la scomparsa dell’entità socialista o socialdemocratica e il consolidamento egemonico, nell’ambito della sinistra, di quella anomala creatura che è il Pds, partito di fisionomia ben radicata nella realtà politica italiana, ma tuttora non assimilabile a nessuno dei modelli europei, o almeno a quelli dell’Europa occidentale, e forse unico nel suo genere: ed infatti l’accostamento a partiti postcomunisti, all’Est ma anche all’Ovest, sarebbe approssimativo e ingannevole. L’anomalia italiana occulta una realtà non decifrabile a prima vista. Quanti pensano ad una tabula rasa, o alla Storia che viene riscritta ex novo, si pongono fuori da ogni realistica interpretazione di vicende umane. Il Pds custodisce una sua memoria collettiva, di cui è anzi tutore molto geloso. Ma il passaggio che si tende a rimuovere è quella parte di quella storia che appartiene al “passato di un’illusione”, per usare qui la fortunata espressione di Furet. E questo passato è quello del Pci, che ad esso non può contrapporre l’artificio di un nuovismo ideologico, impiantato sul tronco di qualche pianta esotica, oppure sulla ricerca di una filosofia indigena che potrebbe nutrirsi anch’essa di una generosa e nuova illusione. Il tentativo più rigoroso compiuto negli anni Sessanta e Settanta fu quello che venne banalizzato nella definizione di cattocomunismo, e che in termini volgarizzati si espresse nell’idea di una “diversità” e di una separatezza in gran parte costruita sull’impervio impianto di una etica esclusiva di partito. A questa ipotesi “autoctona” o “indigena” è possibile invece opporne un’altra, quella che ci dovrebbe far entrare pienamente nell’area politica ma, prima ancora, in quella culturale della socialdemocrazia europea. Beninteso: la stessa terminologia “socialdemocrazia” allude ad una realtà tutt’altro che semplice e semplificabile. La socialdemocrazia in versione europea, oltre ad assumere identità diverse in ragione di percorsi storici propri, è in realtà un crogiolo, un crocevia in cui si ritrovano culture diverse; è, se vogliamo, una spugna la cui efficacia è stata dimostrata dalla capacità di assimilare esperienze diverse, dal pensiero sociale di varie appartenenze confessionali, fino alle grandi realizzazioni del liberalismo, da Roosevelt a Beveridge. La via orientabile a superare l’anomalia italiana è costituita, pertanto, invece dall’innesto della corposa realtà del postcomunismo italiano sulle antiche radici del socialismo e principalmente sulla memoria collettiva e storica segnata dalla appartenenza comune dei due partiti storici. Non è qui in gioco il tema, pur non trascurabile, del recupero di energie, quadri, appartenenze che si chiamarono un tempo socialiste senza ulteriori qualificazioni. Né è in questione in questa sede il tema delle varie diaspore da cui il socialismo italiano è uscito letteralmente distrutto. La diaspora socialista presenta vari aspetti, tra loro difficilmente ricomponibili, alcune delle quali che vanno dalle appartenenze nuove, visibilmente incompatibili con l’identità socialista, e interpretabili soltanto attraverso il modulo della mutazione genetica, fino al transito verso la destinazione finale in cui si comprendano le due sponde postcomuniste. E’ un aspetto che merita attenzione. Ma quello che interessa in questa sede, per rispondere alla domanda posta all’inizio, è se il percorso innovativo dovrà essere scelto nella ricerca della via tutta nuova di una identità diversa che riesca a procedere innanzi rispetto alla tradizione postcomunista e a quella non meno profondamente solcata nella nostra storia, del cattolicesimo democratico, o se riterrà di appoggiarsi al dato di una continuità interrotta, ma visibile nella nostra storia come nella nostra appartenenza geografica. Sono due strade legittime e rispettabili. Ma, forse, la prima di esse, l’Ulivo che tutto copre e comprende, potrebbe assomigliare un pò al sogno dei grandi navigatori, che partirono per buscar el poniente por el levante. E infatti, approdarono in terre nuove. Ci scoprirono l’America, ma la popolazione indigena ne pagò un caro prezzo. Gino Giugni Le Ragioni del Socialismo – Mensile di Politica e Cultura diretto da Emanuele Macaluso – Giugno 1996   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una …

MIGRANTI: MARRAMAO, NO RAZZE MA ESSERI UMANI UGUALI E DIFFERENTI

di Carlo Patrignani Umano e inumano: è su questi due aggettivi, tornati prepotentemente alla ribalta per l’inedito fenomeno dell’emigrazione con i suoi conflitti etnici e nazionali, con le lotte a dominanza religiosa connesse, che la sinistra si gioca il suo futuro, la sua esistenza, nel mondo gliobalizzato, come fosse una partita a scacchi. Cos’è, dunque, l’umano e il suo opposto, l’inumano? Qual’è la linea di demarcazione tra i due? Le grandi, inumane tragedie del ‘900: Auschwitz e i forni crematori per l’eliminazione, non solo fisica, di ebrei, omosessuali, malati di mente, di chi non si riteneva degno di far parte della razza ariana, è l’immediata, secca risposta del filosofo Giacomo Marramao, ordinario di Filosofia teoretica presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo Università degli Studi Roma Tre, che accusa, alla luce dei vergognosi lager libici dove rinchiudere i migranti, le élites politiche italiane e europee di pochezza culturale, perchè senza una visione alta del fenomeno destinato a durare a lungo. Dopodichè, il filosofo di fama mondiale e già direttore scientifico della Fondazione Lelio Basso-Issoco, senza esitazione alcuna, declina cos’è che, per lui, fa l’umano, da non legare mai – scandisce – alla superiorità, parola cardine del nazismo. Cos’è che, per me, fa l’umano? E’ l’affermazione, indiscutibile, del principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani, a prescindere dalla cultura, dal colore della pelle, dalla religione professata, dalla lingua parlata. Attenzione, però. L’uguaglianza deve andar insieme, accompagnarsi sempre, a un’altra parola: la differenza, dell’altro naturalmente, per evitare la perniciosa deriva dell’assimilazione e dell’omologazione, come dell’integrazione e della stessa accoglienza, già fallite in Europa, che tolgono senso e valore alla differenza, che, oltre a essere un arricchimento culturale e una risorsa, è il solo criterio per costruire l’uguaglianza. Marramao, non le manda a dire: il coraggio e la competenza ne sono la formidabile leva e così, senza tanti giri di parole, ribadisce la sua adesione, entusiastica, alla teoria della nascita dello psichiatra dell’Analisi collettiva, Massimo Fagioli, per il quale: tutti gli esseri umani sono uguali per la nascita, non per un fatto culturale o politico, e poi diventano diversi per identità e per pensiero. Con Massimo ho avuto tante belle discussioni e molti interessanti incontri – come, due anni fa circa, l’affollatissima Aula Magna del 2015 per festeggiare i 40 anni dell’Analisi collettiva – di altissimo profilo culturale: il suo è stato, è un pensiero rivoluzionario, in cui mi ci sono ritrovato e mi ci ritrovo. Non ci sono le razze umane, ma gli esseri umani, uguali e differenti o diversi, come non ha valore alcuno la logica identitaria o d’appartenenza, causa dei mali – razzismo, xenofobia, discriminazione – che affliggono il mondo e soprattutto le società occidentali. Il punto di partenza, anche di una nuova antropologia umana, dev’essere la battaglia e l’affermazione dell’universalità della differenza o della diversità se si vuole costruire l’uguaglianza. Ci sta, nella appassionata conversazione, il richiamo che Marramao fa, di passaggio, al ’68, all’esplosione, 40 anni fa, di una ribellione, fallita, allo status quo: la libertà assoluta tanto declamata più che cambiare il mondo finì nella lotta armata, nella droga, nella conversione religiosa e nell’abbraccio con il capitalista da abbattere. Rispetto ad oggi, quella generazione, cui appartengo, aveva una visione cosmopolita del mondo: oggi l’incontro con l’altro, il migrante, non è vissuto con l’atteggiamento di una straordinaria occasione di apertura e arricchimento culturale, di curiosità e di socializzazione come allora. Non c’era il terrore dell’altro visto come un intruso da respingere. C’è stata, quarant’anni dopo il ’68, una mutazione antropologica negativa che ha soppiantato il cosmopolitismo sostituendolo con la logica identitaria e d’appartenza, che, per certi aspetti, non esito a definire patologica. La stella polare, di bobbiana memoria, dell’uguaglianza, per distinguere destra e sinistra, oggi si deve coniugare, accompagnare con l’altra parola: la differenza o la diversità, perchè in ballo non c’è soltanto il migrante, ma anche la donna. E’ questo dell’uguaglianza e della differenza o diversità, il test decisivo per il futuro della sinistra: un test che riguarda tanto il migrante quanto la donna, alla quale va riconosciuto, senza se e senza ma, non solo di essere un essere umano, ma di avere una sua specifica, originale differenza, per identità e per pensiero soprattutto, quindi non solo fisica, dall’uomo. E’ questa una sfida culturale enorme e difficile, ma non impossibile, conclude Marramao. Fonte: alganews.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it