Dopo il tentativo di golpe del generale Kornilov e con il mutare brusco dello scenario in Russia, la Conferenza “social-diplomatica” promossa dal Soviet a Stoccolma s’inabissa in un mare di veti incrociati: «Non si può fare a meno di riconoscere che il tentativo è definitivamente fallito», constata Angelica Balabanoff in un taglio basso di prima pagina che appare sull’ADL del 15 settembre 1917 (“Intorno alla mancata conferenza di Stoccolma“). Le ragioni del fallimento stanno nelle pressioni esercitate dai governi belligeranti sulle delegazioni “social-patriottiche” dei loro paesi. Le quali, in base ai più diversi calcoli strategici e alle più varie dinamiche politiche interne, non ritengono ancora «giunto il momento di parlare di pace», nota la Balabanoff, con amarezza.
Accanto al testo della Dottoressa, un trafiletto a centro pagina (“Fino ad oggi“) s’incarica di squadernare i numeri sanguinosi della guerra. Le perdite umane si attestano a 9.750.000 morti: «Una media cioè di 264.000 al mese, 8.700 al giorno… 5.000.000: ciechi, sordi, muti, monchi di braccia, di gambe. Frutto magnifico, e magnifico testimonio, domani, della civiltà borghese» (ADL 15.9.1917).
È il “suicidio dell’Europa” di cui aveva scritto Maksim Gor’kij. E le proporzioni di questo macello, già tutte mostruosamente novecentesche, non può che far apparire surreale la paralisi delle coscienze di cui l’esito della Conferenza di Stoccolma è espressione. Surreale, ma anche coerente con la logica della guerra: «Come conciliare le sincere aspirazioni alla pace dei delegati russi colle mire apertamente imperialiste dei delegati inglesi e collo sfrenato social-imperialismo dei delegati francesi?» (ADL 15.9.1917).
La Balabanoff non dimentica Lugano, dove nell’autunno 1914, alla Conferenza pacifista convocata dai socialisti italiani, russi e svizzeri, i compagni francesi si erano presentati in divisa militare. Ora la situazione patisce tuttavia un ulteriore degrado. «Se non è possibile una intesa fra i rappresentanti della stessa coalizione, come sperare che la si possa raggiungere fra rappresentanti di coalizioni divise da fondamentali quistioni d’interesse?» (ADL 15.9.1917).
La guerra si approssima al lugubre traguardo dei dieci milioni di morti, ma neppure in paesi tra loro alleati, come la Francia e la Gran Bretagna, la sinistra riesce a individuare un bandolo comune per ritessere la tela della pace. A fronte di ciò gli zimmerwaldiani spingono a tutto gas sulla “rivoluzione mondiale“. È una strategia della deterrenza, potremmo dire, che mira sul breve periodo alla salvaguardia della Rivoluzione russa in pericolo, sul medio periodo a “convincere” le borghesie nazionali che solo la pace potrà evitare un vasto contagio rivoluzionario, e che sul lungo periodo fungerà da banca mondiale del contro-potere operaio. Nell’immediato, in parallelo alla linea della deterrenza panrivoluzionaria, si rafforza il partito filo-bolscevico, cioè la propensione per quella “pace separata” originariamente percepita in aperta contraddizione con l’universalismo zimmerwaldiano.
In Russia la situazione precipita ogni giorno di più: «Riga è caduta nelle mani dell’esercito imperialista di Germania. Le truppe del Kaiser marciano verso Pietrogrado. Korniloff, il generalissimo russo che doveva difendere la patria contro l’invasore nemico, tenta il colpo di stato, di sciogliere il governo provvisorio per afferrare nelle sue mani il potere, e marcia verso Pietrogrado alla testa delle sue truppe. Il governo provvisorio si dimette cedendo a Kerenski la dittatura» (ADL 15.9.1917).
A questo punto due grandi esponenti del socialismo e del femminismo europeo – non solo Angelica Balabanoff, quindi, ma anche Clara Zetkin – spezzano una lancia a favore di Lenin. In un articolo pubblicato al seguito di quello della Dottoressa Angelica, la Zetkin evidenzia il senso della svolta. Gli interessi della Rivoluzione antizarista (di Febbraio) inducono il grosso degli “internazionalisti” a convergere con la “estrema sinistra” dei bolscevichi, e ora tutti «nonostante alcune divergenze di idee, sono concordi nella lotta di principio contro ogni offensiva e per la pace immediata» (ADL 15.9.1917).
Dopo l’Offensiva Kerenskij, la formula vincente è ora “pace immediata”, in rima neppur tanto occulta con la “pace separata” che si prometterà a piene mani nei proclami d’autunno per gli operai e i soldati del Soviet di Pietroburgo e che, dopo la presa del Palazzo d’Inverno, troverà attuazione a Brest-Litovsk, nel trattato del febbraio 1918 stipulato tra la Russia e gli Imperi Centrali. D’altronde – argomenta la redazione in un fondo dal titolo “Il delitto del social-patriottismo in Russia” – siamo giunti al momento delle scelte: «Germania e Russia di fronte. Kerensky e Korniloff petto a petto. Invasione straniera e guerra civile in patria. Ecco il quadro. Disordine nei servizi pubblici, scarsità di viveri, situazione economica minacciosa. Ecco il quadro completato.» (ADL 15.9.1917).
Le “divergenze” di chi, come Rosa Luxemburg, vede il leninismo instradarsi irreversibilmente nella trappola di una “dittatura sul proletariato“, finiscono in secondo piano, insieme alla parola d’ordine della “pace universale“. Dopo l’Offensiva Kerenskij, la formula vincente è ora “pace immediata“, in rima neppur tanto occulta con la “pace separata” che si prometterà a piene mani nei proclami d’autunno per gli operai e i soldati del Soviet di Pietroburgo e che, dopo la presa del Palazzo d’Inverno, troverà attuazione a Brest-Litovsk, nel trattato del febbraio 1918 stipulato tra la Russia e gli Imperi Centrali.
Il testo redazionale, non firmato (e quindi attribuibile al direttore Francesco Misiano), evidenzia il punto di saldatura della strategia zimmerwaldiana con la centralità della Rivoluzione russa (di Febbraio): «I gazzettieri di tutto il mondo al servizio delle borghesie ve lo dicono chiaro e netto (…) La voce borghese, impaurita della rivoluzione russa, preoccupata d’uno sviluppo epidemico in tutti gli altri paesi (…) la voce borghese, anche quella dell’Intesa, non nasconde le sue gioconde soddisfazioni nell’annunziare l’avanzata tedesca da un lato, quella di Korniloff dall’altro e in costui, in questo traditore della patria e della rivoluzione, pone tutte le sue speranze. E si comprende: per la borghesia dell’Intesa, la Germania è un pericolo, è un nemico. Ma la rivoluzione è un pericolo di gran lunga maggiore» (ADL 15.9.1917).
Ed ecco la costellazione dominante del secolo breve – la “rivoluzione conservatrice” in traiettoria di collisione con la “rivoluzione mondiale” – eccola che si staglia già all’orizzonte del cielo notturno. Presiederà allo scatenamento della Seconda guerra mondiale. Ma questo “dopo”, perché il suo primo grande effetto è, tra poche settimane, l’Ottobre Rosso.
Fonte: L’Avvenire dei Lavoratori
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