AUTONOMIA, UNITA’ E CHIARIFICAZIONE

Tratto dalla relazione indroduttiva al 41° Congresso del PSI, Torino 29 marzo-2 aprile 1978 – Bettino Craxi

Abbiamo insistito e insistiamo sulle caratteristiche autonome della nostra azione e sulla natura autonoma, non subalterna, non sussidiaria, del nostro ruolo nel movimento operaio e dei lavoratori, nella sinistra italiana. Senza una nitida e rigorosa affermazione della nostra identità non riusciremo a rovesciare le tendenze negative e a uscire da una crisi che per tanti aspetti ci mortifica e che per altri ci ha indotto a molte riflessioni autocritiche e che però consideriamo tutt’altro che irreversibile.

Ricaviamo dalla nostra storia, dalle nostre tradizioni, dalle molteplici esperienze condotte dal nostro Partito nel trentennio della vita repubblicana, i tratti della nostra autonomia, la giustificazione del nostro ruolo, l’individuazione delle nostre prospettive future. Sono i lineamenti di un Partito ancorato al socialismo occidentale per comune origine e per comune tradizione democratica. Un Partito che lotta per cancellare i tratti classisti della società capitalistica e per accelerarne il superamento senza cadere nei vizi e nelle degenerazioni della società burocratica. Siamo in questo senso un Partito progressista e riformatore.

Un Partito aperto a tutte le esperienze e a tutti gli apporti che possono approdare al terreno del socialismo nella democrazia e nella libertà. Consideriamo estranei alla realtà e all’accettabilità della trasformazione socialista nel nostro Paese tutti i principali postulati della teoria leninista e del tutto inattuali le implicazioni storiche che ne derivano per tanta parte alla sinistra italiana. La questione non riguarda la rivoluzione bolscevica e ciò che ne è derivato. Riguarda noi ed il nostro socialismo. Né la teoria del potere, né quella dello Stato, né quella dell’economia, né quella del Partito, né quella dell’imperialismo possono indicarci le vie maestre del socialismo nel nostro Paese.

Su questo terreno si è sviluppato con grande ricchezza di elaborazione il filo del revisionismo socialista e la critica socialista si è fatta più incalzante. Essa mira a stimolare il processo revisionistico dei comunisti che ristagna. Se esso rimane a metà del guado rischia di impantanarsi nei suoi limiti e nelle sue contraddizioni. La nostra posizione nella sinistra corrisponde ad una idea di unità e di chiarificazione.

Abbiamo salutato la tendenza che ha preso il nome di eurocomunismo come un fatto importante e positivo e ne abbiamo accreditato il valore, e sottolineato tutte le potenzialità positive ai fini di una nuova e più compatta realtà della sinistra europea. Assistiamo oggi ad una disarticolazione di questo fenomeno ed alla sua crisi oramai evidente.

La improvvisa svolta del Partito comunista francese e la rottura deliberatamente provocata dalla unità delle sinistre con le conseguenze che ne sono derivate e che non erano difficili da prevedersi, risponde ad una logica estranea ad una possibile strategia socialista e della sinistra nell’Europa occidentale e può essere piuttosto collocata in altre logiche. In Francia non sono bastati anni di unità di azione, un programma comune, il vaglio di promettenti prove elettorali ad impedire un ritorno virulento ad un passato di settarismo e di dogmatismo di classico stile internazionalista. La campagna di accuse, di sospetti, di processi all’intenzione, imbastita contro Francois Mitterrand e i compagni socialisti francesi li ha posti in una posizione di grande difficoltà. I compagni francesi si sono difesi, hanno conservato ed anzi accresciuto la loro forza; non hanno potuto evitare lo sfondamento elettorale del blocco conservatore ed il fallimento del disegno alternativo.

Ciò introduce un fattore e una difficoltà nuova in quel processo di convergenza tra «eurosocialismo» ed «eurocomunismo» e che era stato auspicato con particolare chiarezza dal segretario del Partito comunista spagnolo Santiago Carrillo quando indicava il movimento socialista occidentale come l’interlocutore principale e indicava una politica di convergenze verso di esso come la tendenza naturale dell’eurocomunismo. Nella nuova situazione si accrescono le responsabilità dei comunisti italiani posti al bivio tra un ennesimo tentativo di unire diverse e contrastanti impostazioni strategiche in una zona grigia in cui prevalgono le ambivalenze e le ambiguità, o riprendere con forza e con convinzione la via della revisione lungo un cammino già del resto illuminato da lucide ed anticipatrici analisi di intellettuali comunisti italiani.

L’affermazione del compagno Berlinguer «siamo e resteremo comunisti» è una affermazione puramente retorica. Nessuno chiede di rinnegare le tradizioni o di mettere in causa le denominazioni storiche. Ciò che si chiede è che nella sostanza vada avanti il processo di trasformazione e di accostamento alle impostazioni del socialismo occidentale. Non è del resto una pretesa assurda se devo prestar rilievo a quanto scrive Paolo Spriano nella sua Storia del Partito Comunista Italiano riferendo che Togliatti stesso non escludeva nel ’44 una evoluzione in senso laburistico della esperienza comunista italiana.

Noi non intendiamo riaprire il capitolo di aspri conflitti concorrenziali tra socialisti e comunisti anche se non possiamo rinunciare a considerare legittimo e necessario il riequilibrio delle forze nell’ambito della sinistra.

Noi siamo spinti a tenere viva e critica un’esigenza di chiarificazione nella convinzione che dal successo di molte delle ragioni che facciamo valere dipende l’avvenire di tutta la sinistra italiana, l’avvenire ed il successo di tutte le forze della riforma e del progresso.

Dalla difesa della identità del Partito e dalla vitalità che sapremo imprimere al ruolo che ne deriva dipende in grande misura il successo dell’imponente lavoro che ci aspetta per estendere e consolidare il nostro insediamento nella società, per portare la presenza socialista in una molteplicità di aree sociali e istituzionali nelle quali siamo o assenti totalmente o insufficientemente e male rappresentati.

Nella politica di autonomia e di iniziativa del Partito non c’è posto per divagazioni terzaforziste, o per progetti unificazionisti. Abbiamo risposto con rispetto alle esigenze altrui ma in modo negativo a tutte le sollecitazioni che in modo diretto ed indiretto ci sono state indirizzate in questo senso.

I problemi della cosiddetta area intermedia non sono omogenei e comunque investono in modo tutt’affatto particolare il Psi, Partito medio ma non intermedio. Siamo certo interessati a frenare lo sviluppo bipolare, attorno ai due maggiori Partiti ma ci proponiamo di farlo radicando ancora più la nostra presenza nel terreno storico e di classe della sinistra e non rifluendo su posizioni di equidistanza, di generico laicismo, di sostanziale ambiguità. E in questo senso che noi poniamo il problema dello sviluppo anche in Italia di una forza socialista e democratica assai più consistente, assai più influente di quanto non si sia noi oggi.

Contiamo in primo luogo sulla nostra forza, che ha retto negli ultimi anni a prove difficili e che è impegnata in uno sforzo di rinnovamento. Guardiamo a tutte le forze socialiste disperse che, dopo le travagliate vicende degli ultimi quindici anni, possano ricongiungersi, secondo la definizione di Leon Blum, nella «vieille maison», per riprendere un cammino comune. Ci possiamo rivolgere ad un numero assai grande di elettori e di amici che a torto o a ragione si sono allontanati da noi.

Possiamo rivolgerci a molti giovani militanti della sinistra che hanno percorso varie esperienze raccogliendo motivi di delusione o che sono portati oggi a constatare i limiti, gli errori o l’esaurimento dei loro gruppi, movimenti e Partiti. Dobbiamo riproporci in termini ancora più approfonditi, senza strumentalizzazioni. e pretese superiorità, il problema dell’apporto che i cattolici progressisti possono dare alla lotta socialista, indicando il terreno su cui l’incontro con il Partito socialista può avvenire partendo da posizioni di chiarezza secondo una scelta congeniale di valori e di propositi. E ancora troppo alto in questo campo il muro della incomprensione e della incomunicabilità. Ci sono da un lato una somma di diffidenze e di riserve, dall’altro chiusure e pregiudizi laicisti ed una malintesa valutazione del ruolo e della natura del Partito. In una società pluralista, in una democrazia aperta non c’è incompatibilità tra gli accordi che oggi sono possibili e necessari con il partito della Democrazia cristiana e la sollecitazione che dobbiamo rivolgere ai cattolici progressisti per lo sviluppo a una azione comune verso obiettivi che possono essere comuni.

Bettino Craxi