Le cose non accadono per caso se voler arrivare a dire che reale e razionale coincidano. Nella esperienza di ciascuno di noi ci si è resi conto che necessario e possibile sono una coppia spesso spaiata. I 750 comitati per il NO erano una realtà con obiettivi omogenei, ma non sempre con le stesse motivazioni, che valevano fino al giorno del referendum, per il cui esito posssiamo rivendicare un titolo di merito, assolutamente non esclusivo. Per poter continuare in quanto tali occoreva una cultura politica da movimento della società.
Ancora oggi mi capita di sentire insofferenza quando si parla di leggi elettorali o di regole per la democrazia, con l’argomento che disoccupazione, crisi economica, mancanza di futuro per i giovani o il peso delle tasse sul lavoro dipendente, ma in generale di tutti quelli che vivono del proprio lavoro. E’ vero, ma o si fa una rivoluzione o bisogna eleggere dei parlamentari che abbiano a cuore la disoccupazione, la crisi economica e che vogliono dare speranze ai giovani, ma se non c’è una legge elettorale che consenta di poter eleggere persone scelte da noi sulla base di programmi chiari, dettagliati e realistici (le persone capiscono quando si tratta di pure promesse elettorali, che come disse un cinico uomo politico francese ” impegnano soltanto chi le ascolta”) non avremo mai le politiche che desideriamo. Abbiamo una sinistra debole e frammentata, ma la sua riunificazione non dipende da buone intenzioni anche se accompagnate da buona volontà, che spesso è mancata. Un pensatore politico, che si è speso per un superamento delle divisioni a sinistra, Edgar Morin (il suo libro: Ma Gauche del 2010 e stato tradotto anche in italiano con il titolo: La mia sinistra, Rigenerare la speranza nel XXI secolo da Erikson Editore 2011) ha scritto come presentazione “.
LA SINISTRA, ho sempre odiato questo termine unificatore, che occulta le differenze, le opposizioni e i conflitti. Perché la sinistra è una nozione complessa nel senso che questo termine in se comporta unità, concorrenza e antagonismi”. Il Brancaccio è stato un tentativo cui avevo dato iniziale adesione, ma sulla cui dinamica non potevo influire. Già era in corso parallelo un altro processo guidato da MDP per la forza dei numeri. E’ indicativo che tramontata l’ipotesi di una lista unica nessuno dei soggetti decisori, non un iscritto a un gruppo, abbia mai proposto una coalizione. Ora la coalizione non ha più dopo la modifica dell’art. 14 bis dpr 361 un capo e un programma comune.
Se nella coalizione si son due liste che superano il 3% non cambia niente rispetto alla loro rappresentanza, ma potrebbe crearsi un dinamica aggregando un’altra lista sotto il 3% da far giungere la coalizione al 10%, che avrebbe dovuto essere l’obiettivo minimo di una lista unica. Se non c’è nemmeno questo spirito, ma anzi, ho ascoltato voci nei due campi che una coalizione farebbe perdere tutti e due perché nell’uninominale si dovrebbe avere un candidato comune, e pertanto scatterebbero veti reciproci. Poi ci sono gli interessi materiali contrapposti, che neppure un’iniziativa forte dei 750 comitati NO avrebbe potuto temperare da un lato la sinistra non rappresentata che voleva candidature nuove e dall’altro una sinistra iperrappresentata a causa dell’illegittimo premio di maggioranza incostituzionale che aveva necessità di confermare il maggior numero possibile di uscenti.
Non penso proprio di candidarmi, al limite se ci fosse una coaliuzione di sinistra in un collegio uninominale e perciò perdente, ma anche così ci sarebbero problemi. Le ultime iniziative per cercare di ottenere una pronuncia nel merito sul “Rosatellum” prima delle elezioni non sono state condivise tra i vertici partitari. Persino nel CDC sono affiorate differenziazioni, asolutamente scontate. In parte frutto di un pensiero, nel quale si distingue tra azione giuridica e azione politica. Se si crede nel nesso indisolubile tra libertà, democrazia e socialismo la scelta di credere nello Stato di diritto e nelle istituzioni che lo devono garantire è UNA SCELTA POLITICA, che non esclude la mobilitazione popolare con la creazione di comitati di sostegno a tutti i livelli per indirizzaree l’opinione pubblica contro una legge, che è fatta per far astenere i cittadini normali, cioè quelli che non sono militanti di partito e che al limite si recano alle urne per punire il governo in carica.
Ora se non sei vicino ad una formazione che ha presentato liste e pertanto non ti importa chi candida, perché vanno bene tutti, e non puoi nemmeno sanzionare Gentiloni perché comunque vadano le elezioni l’Europa e Mattarella hanno deciso che Gentiloni resta in carica fino alle nuove elezioni anticipate. Per di più non puoi votare nemmeno il candidato uninominale preferitro senza prenderti il “pacco” (nel doppio senso della parola) della lista bloccata plurinominale.
Aggiungi, che, in un collegio da 6 a 8 seggi, che sono la MAGGIORANZA alla Camera, e che grazie alle pluricandidature si può ridurre da 4 a 3 candidati eleggibili, il tuo voto grazie ad un algoritmo emigri nemmeno dove tu possa immaginare, perché dovresti andare a votare. Le liste bloccate vanno bene a tutti anche a quelli che hanno votato contro. Senza le liste bloccate e le pluricandidature tutto sarebbe più complicato, immaginarsi poi se fossero le preferenze a scegliere sia dove sono libere, che organizzate. In queste situazione bisogna ridurre il danno, cioè chiamare i cittadini a votare contro chi li ha espropriati del loro diritto di votare secondo Costituzione. Su questo il M5S insisterà molto!
Votare per conquistare il dritto di votare, battere cioè la coalizione del rosa-verdinellum. sconfiggere loro e il governo in un colpo solo. Non ci sono politiche alternative se non si può votare liberamente con voto uguale e personale, senza questa precondizione mininima anche il confronto politico è falsato.
Felice Besostri
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