di Pierfranco Pellizzetti
La tradizione storica della Pietro Chiesa. (Compagnia Portuale Pietro Chiesa Genova)
Prefazione
La Compagnia dei lavoratori del carbone “Pietro Chiesa“, mentre compie i propri cento anni di vita, assiste con crescente preoccupazione al diffondersi della “perdita di memoria” storica. Connotato inquietante, tanto in politica come a livello sociale, della lunga transizione verso l’ignoto di fine secolo. Per questo promuove l’iniziativa del piccolo libro sulla storia dei carbuné, scritto con la costante attenzione ad un presente che sappia farsi consapevole futuro.
Noi non siamo gente nostalgica, non coltiviamo romanticherie e neppure melanconie. Per noi ricordare vuol dire tenere sempre ben presenti le parole dei maestri di un’Italia non “allineata”, non omologata dal potere: il Carlo Giulio Argan de “la storia non come memoria ma presente e realtà in atto “; il Franco Fortini de “il diritto della memoria come analisi del passato per progettare criticamente il futuro”.
Per noi la memoria non è, né deve essere, commemorazione o reducismo.
Quell’appiattimento nella maniera che ha prosciugato la linfa vitale di ogni simbolo della nostra storia; che ha reso il 25 Aprile una data svilita, il Primo Maggio un rito ormai senza senso, l’epopea della Resistenza un involucro retorico incomprensibile ai più giovani: tutto un patrimonio identitario, grande e prezioso, buttato via come cenere al vento. Dovremo – dunque – convenire che la cifra culturale italiana si riduce alla retorica della banalità?
In tal caso, dovremmo limitarci alla solita (e manieristica) presa di distanza dal costume nazionale all’insegna dell’anti-italianità?
I tempi chiedono ben altro.
Lo dicevamo: l’intelligenza del passato è un modo per proiettarci nel futuro. Per trovare una piattaforma solida di certezze condivise da cui riprendere il nostro cammino. Farlo, mentre la forza corrosiva dell’ideologia liberistica, all’opera da almeno due decenni, ha reso quasi inutilizzabili i due principali strumenti per produrre identità sociale: la politica e il lavoro.
Strumenti tra loro intimamente connessi.
Noi siamo convinti – infatti – che l’attuale crisi della politica derivi – in primo luogo – dallo smarrimento del concetto di lavoro quale primario “determinante” sociale.
Se così è, allora diventa vitale recuperare il ricordo delle grandi lotte sociali dei nostri predecessori, i loro formidabili sforzi organizzativi, la loro faticosa conquista di una coscienza e un ruolo politico; ricordare tutto ciò significa riconquistare valori forti.
Valori capaci di riempire un vuoto etico; quel “gioioso suicidio pubblico” di una sinistra subalterna, all’inseguimento dell’ideologia del “più mercato” e del sempre meno socialità.
Una sinistra ipnotizzata dallo specchio deformante per cui il cittadino-lavoratore dovrebbe, quasi per magia, trasformarsi in cittadino-consumatore (cui l’odierna propaganda del pensiero unico finge di consegnare lo scettro illusorio di “grande decisore finale”).
Lavoro e politica ricordati e ritrovati, dunque. Ricordati e ritrovati anche nelle vicende dei carbuné che, un secolo fa, edificarono sotto la Lanterna quella che venne chiamata “la cittadella della democrazia”.
Ricordare e ritrovare.
Per battere le menzogne di un’era che – come ci suggerisce il vecchio saggio Eric J. Hobsbawm – “sarebbe piaciuta a Maria Antonietta”: non c’è più pane ma ci sono le “brioches”.
Tirreno Bianchi
Console della “Pietro Chiesa”
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.