GIOVANNI LERDA NEL SOCIALISMO TORINESE (1880-92)

Tratto da un’opera di Giovanni Artero: APOSTOLI DEL SOCIALISMO

Nell’Italia nord-occidentale: Giovanni Lerda, Oddino Morgari, Costantino Lazzari, Dino Rondani

 

Premessa

  1. Tra positivismo e massoneria (1880-1893)
  2. Lo sviluppo industriale e le origini del socialismo torinese
  3. Giovanni Lerda nel socialismo torinese (1888-93)
  4. Il modello socialista genovese
  5. Il decennio genovese (1893-1902)
  6. La lotta per la vita (1894)
  7. Il Congresso di Firenze (luglio 1896).
  8. Il socialismo e la sua tattica (ottobre-novembre 1896)
  9. La polemica con Bernstein (1897)
  10. Esilio svizzero (1898-99) e attività all’estero.
  11. Il nuovo secolo e il “ferrismo” (1900-1906)
  12. La frazione intransigente (1906-11)
  13. Da Modena a Reggio Emilia (1911-12)
  14. L’impresa libica nel quadro dell’imperialismo italiano ed europeo
  15. Il congresso di Ancona, la guerra e il dopoguerra

L’esperienza torinese, influenzata dal fenomeno dell’«andata al popolo» degli intellettuali, che ebbe caratteristiche illuministe e umanitario-sentimentali, incise profondamente su di lui, determinando il suo modo di concepire i rapporti tra intellettuali e classe operaia e di intendere la propaganda e l’educazione come mezzi di emancipazione.

Compì il suo tirocinio di intellettuale borghese votato alla causa del riscatto della classe lavoratrice negli anni in cui il proletariato torinese stava scrollandosi l’egomonia delle correnti moderate e legalitarie, e finalizzò il lavoro di organizzazione delle masse alla formazione di una coscienza di classe potenzialmente egemonica.

Collaborò prima al periodico di tendenza anarchica “Proximus tuus”, poi alla “Questione sociale”, ed infine divenne fondatore del “Secolo XX”, uno dei sostegni più consistenti per la Camera del lavoro.

Caratte­ristica comune degli articoli che scrisse per il “Secolo XX”, il cui motto era «agitate, educate, organizzate», furono l’attenzione agli aspetti biologici della questione operaia, la propaganda elementare di impronta positivista e la sottolineatura dell’importanza determinante della organizzazione. Nel primo numero, in occasione della celebrazione del Primo Maggio, rivolgendosi ai borghesi, così si espresse «Non temetela, non credetela una battaglia quella del 1.Maggio, siete troppo forti ancora… troppo grande ancora è l’ignoranza e l’ineducazione delle masse… [ma] … per la forza della nostra educazione, della nostra volontà, del nostro numero, voi ogni giorno più perdete terreno di fronte alla nuova idea rigeneratrice… non è una sommossa, è una grande rivoluzione nelle idee, cui seguirà parallelamente la rivoluzione degli ordinamenti attuali”[1]

Sempre sul “Secolo XX”[2] deprecò le decorative e superflue spese di certe società operaie di mutuo soccorso in occasione di cerimonie ed il loro ossequio alla borghesia. Pur non sfuggendogli il valore dell’associazionismo, forma primitiva di organizzazione di classe, ne ripudiò la finalizzazione alla sola ricerca di maggiore benes­sere e ne vide la funzione positiva quando la rivendicazione economica scaturiva da una chiara coscienza della propria condizione, che le masse acquisivano solo in un’organizzazione formatrice di consapevolezza oltre che di unità.

Nel 1892 fu tra i propugnatori della partecipazione dei socialisti alle elezioni. Il Piemonte non era nuovo a candidature dell’Estrema: oltre a quella di Costantino Lazzari, nel collegio  di Torino, il 20 aprile 1884 l’anarchico Amilcare Cipriani venne contrapposto a Benedetto Brin, ministro della Marina, seguito il 23 novem­bre 1890 da Andrea Costa, che raccolse 340 preferenze su oltre 10.000 votanti. A Novara il 23 maggio 1886 l’operaista Giuseppe Croce raccolse 239 preferenze su 13.000 votanti. Solo nel Cuneese nessun operaista o socialista contese il terreno alla lista guidata da Giovanni Giolitti, mentre nel collegio di Saluzzo era Andrea Ferrero-Gola, fratello del più famoso Giuseppe, garibaldino, già internazionalista e massone, a raccogliere il voto di protesta contro i candidati governativi.

Nelle elezioni del novembre 1892 si presentò una lista socialista con candidati in quattro collegi, con risultati deludenti: Prampolini ottenne 53 voti, Lerda 153. Mentre per Lerda il problema della sconfitta non si poneva, non avendo mai puntato sulle elezioni se non come occasione per far sentire la voce del socialismo, nella nota di commento pubblicata dalla “Squilla” e scritta da Morgari si coglieva una posizione più problematica, espressione di una cultura per la quale lotta economica e lotta politico-parlamentare formavano un tutto unico e che poneva l’esigenza di una tattica di partito integrale.

Il periodo genovese (1893-1902)

Giovanni Lerda si trasferì nel 1893 a Genova, dove divenne comproprietario con Giovanni Ricci della Libreria Moderna in Galleria Mazzini[3]. Qui curò l’introduzione di opuscoli sociologici e politici e collaborò alle attività editrici della libreria, il cui  catalogo del 1907 comprendeva un volume di Marx-Engels (Pagine scelte), altrettanti di Kautsky e di Wagner, tre di Vandervelde e undici di Tolstoj,[4] e tenne riunioni con studenti e operai che destarono le preoccupazioni e la segnalazione della Questura genovese.[5]

Riprese la sua opera di pubblicista militante sull’ “Era Nuova di cui fu uno dei fondatori nel 1894 e dove pubblicò una serie di articoli divulgativi sul “Capitale“, già ap­parsi sul “Secolo XX di Torino[6] nel 1891-92, e alcuni studi sulle condizioni di lavoro, igieniche e di orario degli operai e su quelle dei con­tadini colpiti dalla crisi agraria. Come aveva parlato “Agli operai socialisti” sul giornale torinese, ammaestrandoli, col medesimo indirizzo si rivolse loro sul settimanale genovese.[7]

Collaborò alla costi­tuzione delle Camere del Lavoro di Sampierdarena e Genova e  partecipò ai congressi della Federazione regionale socialista ligure in rappresentanza della federazione collegiale di Voltri.

Al primo Congresso, che ebbe luogo a Sampierdarena il 13-14 maggio 1894, nella relazione sull’azione per la conquista dei Comuni[8] sostenne la tesi del  decentramento amministrativo che riprese e approfondì negli studi pubblicati nel 1904 sulla  “Rivista Municipale”[9]  il periodico dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia.

Fu spesso colpito da misure di polizia: multato più volte per aver promosso pubbliche conferenze non autorizzate e proposto il 16 settembre 1894 per l’assegnazione al domicilio coatto dalla questura di Genova, ma la Commissione Provinciale, con deliberazione del 15 ottobre respinse la pro­posta, ritenendo che «sebbene il denunciato siasi qualificato socialista evoluzionista, pur nullameno a suo carico non risulta che egli abbia manifestato idee o principi anarchici, e tanto meno che abbia fatto «propaganda in questo senso, e manifestato il deliberato proposito di «commettere vie di fatto contro gli ordinamenti sociali»[10].

Tenta di dimostrare che chi si ubriaca in osteria non è un vero operaio “E’ vero, alcuni disgraziatamente si danno al lusso di ubriacarsi domenica e di scioperare il lunedì, però bisognerebbe sapere quali e quanti sono questi operai in confronto al numero totale, bisognerebbe sapere se molti di loro sono veri operai, oppure semplici inscritti di nome nel nobile esercizio …la massima parte degli avventori appartengono piuttosto a quelle basse classi di borghesi che sono merciai, venditori ambulanti, mezzani, borsaioli, tutta gente che se dal vestire e dai modi ha l’apparenza di operaio, non lo è certo per il lavoro nè per il guadagno, perchè non vi è chi non sappia che a sfruttare il lavoro vero e produttivo concorre fino all’ultimo dei rivenditori ambulanti, una turba di parassiti che vivono improduttivamente e perciò largamente”[11]  

L’interesse per le condizioni del lavoro operaio lo spinse a proporre al quarto  Congresso socialista ligure, svoltosi a Genova nell’aprile 1896, che operai di tutte le categorie iscritti al Partito raccogliessero sul luogo della propria diretta esperienza di lavoro dati e statistiche concernenti la loro condizione.[12] Tali dati, elaborati, furono pubblicati negli «opuscoli da un centesimo», col titolo Perché gli  operai sono poveri [13]. L’opuscolo fu sequestrato dalla Procura con l’accusa di «incitamento all’odio di classe» due settimane prima che la cata­strofe di  Abba  Garima  determinasse il  crollo  del  regime crispino. Nel luglio 1897 fu condannato a 3 mesi e 15 giorni di detenzione, pena che in appello fu ridotta a 75 giorni e poi condonata in base all’amnistia per i reati politici concessa in seguito all’ondata di sdegno dell’opinione pubblica e all’energico intervento di Costa in Parlamento.[14]

Dopo un’interruzione, con lo pseudonimo “Julio” riprese l’attività giornalistica sull’ “Era Nuova” nell’estate 1896 con la serie di articoli «Perché devi essere socialista»  in cui  le coercitive condizioni biologiche del rapporto di lavoro a cui è “inna­turalmente” condannato il proletariato costituivano la base della questione operaia e dei compiti del movimento socialista, insieme con la propaganda elementare di impronta positivista e la sottolineatura dell’importanza determinante della organizzazione.

Negli innumerevoli comizi che tenne, da Voltri a Campoligure e Rossiglione, da Prà a Sestri Ponente, da Sampierdarena a Novi, con la sua vocazione di educatore conquistava l’affetto della folla, suscitando l’apprensione della polizia, sempre in moto per tamponare le sue iniziative oratorie.[15]

Se trattando del Lerda la Questura fino ad allora aveva parlato delle sue “manifestazioni socialistiche in senso evoluzionista, le quali escludono di voler ricorrere a vie di fatto contro la società”, nel 1898 lo si schedò come «socialista rivoluzionario…caporione del Partito militante di Genova…socialista battagliero d’azione. Il  magistero della parola, che egli ha facile ed insinuante, non basta ai suoi disegni: è dalla opera, è dall’azione, è dalla rivolta che egli spera il conseguimento dei propri ideali»[16].

Al quarto Congresso socialista ligure fu nominato membro del comitato regionale, e nel febbraio 1898 del comitato nazionale socialista in luogo del dimissionario Giovanni Vacca.

Nel col­legio di Voltri fu sempre il candidato socialista, pur non es­sendovi mai eletto: nel 1893 ottenne 470 voti, 550 nel 1895,  812 nel 1897, 1307 nel 1900 al primo turno e 1486 in ballottaggio contro i 1700 dell’on. Pizzorni[17], nel 1904 1800, nel 1909 oltre 2000, nel 1913 ben 6800.[18]

Nell’agosto 1902, poco prima del trasferimento a Roma, curò su “Il Martello” di Sestri Ponente la rubrica “Argomenti di legislazione, di igiene operaia e sociale

Il modello socialista genovese

A Genova tra Otto e Novecento l’intreccio tra culture tradizionali (comunitarie e di mestiere) radicate nel territorio e modernità prodotta da un’industrializzazione accelerata era presente sia in una borghesia  composta di grandi famiglie che gestivano in modo oligarchico attività finanziarie, commerciali e armatoriali, sia in un proletariato in prevalenza di portuali e marittimi, frammentato da antiche tradizioni di lavoro e radicato in culture di tipo preindustriale. In questo contesto l’azione svolta in ambito locale dai socialisti genovesi non potè che mettere in evidenza lo scarto tra il modello elaborato dal partito e la sua realizzazione.

Diversi rispetto al capoluogo la presenza e l’orientamento dei socialisti nei comuni del ponente, in cui si concentravano le grandi industrie meccaniche e siderurgiche:  Sampierdarena, Voltri, Pontedecimo, Sestri Ponente. Quì la conquista dei comuni e l’elezione di deputati rivelarono la capacità di definire relazioni e modelli di controllo del potere locale, ma mancarono  gli spazi economici necessari a consolidare il consenso e ad evitare il formarsi di una base di massa del sindacalismo rivoluzionario.

La presentazione del nuovo Partito avvenne nel mar­zo del 1894 con la pubblicazione dell’Era nuova, che aveva per sottotitolo periodico socialista e proponeva in prima pagina il programma del Partito dei lavoratori italiani (poi PSI)[19]. Preva­leva nel giornale un approccio positivista[20] nell’utilizzo del metodo storico-sperimentale come fondamento scientifico contro le accuse di “interpretazione ideologica[21] che la cultura liberale rivolgeva al movimento socialista. In un’ottica gradualista ed evoluzionista il percorso della storia è deter­minato dalle condizioni di struttura, il progresso è lento ma ineluttabile, l’evoluzione della società, su cui non incide né l’atto volontaristico dell’anarchico[22], né il salto rivoluzionario, è fatalmente collettivista.

“Era nuova” esprimeva, soprattutto con gli articoli di Giovanni Lerda, la scelta della lotta di classe come unico strumento di soluzione della questione sociale, ribadendo il princi­pio che “le leggi civili non possono mutare le leggi economiche“. Con una serie di indagi­ni statistiche sulle condizioni delle classi subalterne e la pubblicazione di scritti di teorici del socialismo (da Alfonso Asturaro[23] a Fourier, Saint-Simon, Babeuf, Proudhon, Marx, Bakunin, Lassalle, Turati, Costa, Prampolini[24]) si assegnò la fun­zione di direzione politica del movimento economico per orientarlo in senso socialista con un programma di elevamento del livello culturale degli operai e di spostamento della mentalità delle organizzazione operaie in senso marxista.[25]

Al pri­mo Congresso socialista ligure del 13-14 maggio 1894 vennero affrontate le scelte in fatto di “azione elettorale”[26]. La relazione di An­giolo Cabrini su “Partiti politici e religiosi” si allineò alla scelta di rigida contrapposizione “all’azione di tutti gli altri partiti che si contendono il favore della pubblica opinione”, intransigen­za flessibile solo nei confronti di repubblicani collettivisti presenti nelle associazioni operaie repubblicane, cui si indirizzava la propaganda socialista, ma non dei leaders del movimento repubblicano genovese, accomuna­to agli altri partiti borghesi.

Nel primo periodo di vita del partito controversa fu la scelta tra le candidature intese all’elezione di socialisti e le candidature di protesta, ma non l’opzione per l’intransigenza che comportò l’assenza fino al 1902 di rap­presentanti socialisti in consiglio comunale[27].

L’ “Era nuova” ospitò critiche nei confronti dell’amministrazione in carica, ma si trattava di osservazioni margi­nali che non investivano la struttura complessiva di governo della città.

L’attenzio­ne dei socialisti genovesi fu rivolta ad assumere la direzione degli scioperi che scoppiavano spontanei dando ad essi precisi connotati di lotta di classe e puntando sulle condizioni di lavoro, soprattutto nel porto, inique per i lavoratori ma anche inadeguate al processo produttivo.

Genova operaia entrò sulla scena nazionale con lo sciopero del dicembre 1900 in difesa della Camera del Lavoro. La compattezza della protesta, la disciplina, il rifiuto della violenza, sancirono la maturità del proletariato creando però anche una retorica dell’operaio genovese, in cui i tratti stereotipati della “genovesità“, il pragmatismo, la concretezza, la poca dimestichezza con la frase rivoluzionaria e i gesti impulsivi, si coniugano con un’etica volta al graduale conseguimento della promozione sociale e della elevazione morale.

La Camera del Lavoro, con gli organismi collegati: l’Università Popolare, il Consor­zio delle Cooperative e il quotidiano “Il Lavoro”, diventò il “Comune operaio“, costituì il perno attorno a cui si definì e si costruì il socialismo genovese. Ma l’originale e complesso sistema di cooperazione, conquistato a partire dal combattivo “sciopero nero” dei carbonai del porto, non fu in grado di valoriz­zare la sua forza economica sul piano politico.

La tradizione democratico-mazziniana e il mutualismo furono il retroterra di un impegno che si esprimeva più attraverso istituti autonomi, dalle cooperative di resistenza e di lavoro alle case popolari, che in una azione di modifica dei poteri pubblici, rappresentando una  caratteristica del movimento operaio genovese: il privilegiamento dell’iniziativa economica rispetto a quella politica e  istituzionale.

La forza del riformismo genovese, la costruzione di questo tessuto di sodalizi operai, si trasformò in debolezza a Sestri Ponente e Sampierdarena, dove mancarono alla classe operaia delle grandi industrie meccaniche e siderurgiche gli spazi economici necessari a consolidare il consenso e ad evitare il formarsi di una base di massa del sindacalismo rivoluzionario, come già si è detto poco prima.

All’accusa di “opportunismo”, possibilismo politi­co“, di “trascurare la propaganda e la formazione della coscienza socialista“, di caratterizzarsi solo in iniziative imbevute di spirito utilitario, i riformisti contrapposero l’esperienza genovese, presentata insieme a Reggio Emilia come un modello dove i dibattiti e le prese di posizione ideologica, “ampolle di alchimia politica così cara agli anarcoidi senza oriente, così accetta a chi da molti anni non ha fatto che commemorazioni politiche“, non intaccavano l’attività di organizzazione e l’incremento costante delle istituzioni di classe, un modello di crescita civile non faziosa o turbolenta a cui si opponevano le teorie velleitarie di “quello scarso socialismo catastrofico” che trova la sua origine nel “mezzogiorno feudale…dove non resta che giocare un terno al lotto della rivoluzione e aspettare“.

Nell’abito della svolta liberale…prese corpo un modello riformista socialista ligure che ebbe larga fortuna non solo localmente…..esso trovò ampia sperimentazione in forme di interrelazione tra l’istanza mutualistica, cooperativa e sindacale. Fu dato vita a un sistema riformista che per la sua rilevanza ebbe analogie con il polo riformista reggiano diretto da Camillo Prampolini e di cui massimi rappresentanti furono in sede parlamentare Giuseppe Canepa[28] e Pietro Chiesa, nel movimento associativo Ludovico Calda e Gino Murialdi. Tra il 1903 e il 1904 tale sistema si strutturò organizzativamente dando vita all’Unione regionale ligure fra le associazioni di resistenza, mutualità e cooperazione, formula che anticipò la creazione su scala nazionale della cosiddetta Triplice del lavoro, all’indomani della fondazione della CGdL (1906)[29]

Un sentito ringraziamento a Giovanni Artero per averci offerto la possibilità di pubblicare on line la sua opera.

L’immagine di copertina è tratta da un’opera dell’artista Roberto Finessi

 

[1]              La  manifestazione   di   oggi, “II  Secolo  XX”,  3.5. 1891: 

[2]              “II  Secolo  XX”, 4 .10.1891

[3]              La Galleria Mazzini fu tra Otto e Novecento un “salotto sotto vetro” con diversi luoghi di incontro per i letterati: il Caffè Diana, il Caffè Roma e la Libreria Editrice Moderna di Giovanni Ricci, che ebbe fra i suoi fra i frequentatori Ceccardo Ceccardi, Antonio Giulio Barrili, Edmondo De Amicis, Paul Bourget.

[4]              Alain Goussot Le fonti internazionali della cultura socialista in Italia  In L’almanacco, dicembre 1991.

[5]                   Nella lettera della Questura di Genova del 25 novembre 1898 che lo propone per l’assegnazione al domicilio coatto si dice: «Nei centri operai di Sestri Ponente, Pegli, Fra, Voltri, fu il Lerda che vi gettò le basi della organizzazione socialista. La sua opera colà risale al 1894, quando tenne una prima conferenza sovversiva nella borgata Fabbriche, in quel di Voltri, a molti operai, che convinse ad ascriversi al partito ed eccitò ad agitarsi per raccogliere nuovi « proseliti». (Archivio di stato di Genova, Carte della Prefettura di Genova, pacco 264, fascicolo «Assegnazioni al domicilio coatto».

[6]              Gli articoli: «Capitalismo e miseria» del 25.7.1891; «Nutrizione e delinquenza» del 10.1.1892; «Nutrizione e intelligenza» del 21.2.1892; «Mortalità ed economia» del 3.4,1892; «Decrescenza della popolazione» del 10.4.1892

[7]             “Era  Nuova” 22.7.1894:  «Agli  operai  socialisti».

[8]                      “Era nuova” 20.5.1894

[9]                “Rivista Municipale”, pubblicazione mensile ufficiale per gli atti del­l’ Associazione nazionale dei Comuni italiani. Redattore per la parte generale (che comprendeva almeno metà della rivista) era Lerda. Tra i collaboratori erano Bissolati, Carlo Canepa, Enrico Dugoni, Gia­como Ferri, Enrico Leone. Luigi Sturzo.

[10]            A. S. Genova, Carte della Prefettura, pacco 264.

[11]            G.Lerda Salari e risparmio, “Era nuova” n. 37, 1894

[12]             “Era  Nuova”,  8.3.1896.

[13]              G. Lerda, Perché gli operai sono poveri, Biblioteca popolare socialista », n° 2, Genova, 1896. Riprendeva il titolo di un suo articolo sul “Secolo XX” del 2.3.1893.

[14]             R. Colapietra, Il ’98, Milano, 1959, p. 20.

[15]            Nella scheda biografica del Lerda redatta dalla Prefettura di Genova si legge, in data 6 aprile 1897: «Nel collegio di  Voltri tentò più volte arringare la folla sulla pubblica via, malgrado i il decreto del 14 Marzo 1897 di questa Prefettura che proibiva le concioni socialiste sulle strade e piazze pubbliche. E così nella sera del 14 Marzo tentò parlare agli elettori in Voltri nella Piazza della Pretura, ma quel delegato di P.S. gli tolse la parola e sciolse l’adunanza; tentò parlare il 16 successivo nella pubblica piazza di Pegli, ma il delegato di P.S. di Sestri Ponente glielo impedì. Tornato a Voltri sera del 19 successivo, intendeva arringare nuovamente la folla, ma il delegato di Voltri si oppose ed allora il Lerda nascostamente si portò a Prà ove parlò sulla Piazza per 20 minuti circa. Per questi fatti fu denunciato alla Pretura di Voltri per contravvenzione all’art. 434 C.P.».

[16]            Scheda del 1898 in  A.S. Genova, Carte della Prefettura di Genova, pacco 264

[17]            In cui sfiorò il successo come mai più gli sarebbe accaduto. Il suo avversario, in minoranza al primo scrutinio, fu poi eletto col ricorso a manovre illecite nel  ballottaggio. “Il   Martello”,  27.6.1900:  «Come fu eletto il Pizzorni».

[18]            M. Pignotti, Notabili, candidati, elezioni. Lotta municipale e politica nella Liguria giolittiana, Milano 2001

[19]            M. Milan, La stampa periodica a Genova dal 1871 al 1900, Milano, 1990, p. 214. Il giornale si pubblicò fino al 1913 con un’interruzione dal 1906 al 1910.

[20]            D. Cofrancesco, Filosofia e politica a Genova nell’età del positivismo, Genova, 1988.

[21]            Ad esempio, “Socialismo e scienza positiva. Darwin, Spencer e Marx”, Era nuova, 15 luglio 1894.

[22]             “Il delitto politico”, ivi, 1.7.1894 e “Caffaro e il signor G.F.”, ivi, 8.7.1894; e per il collettivismo “La fatalità del collettivismo”, 3.6.1894. L’esposizione più sintetica della sociologia socialista è espressa  nell’articolo che il giornale dedicò a “Giuseppe Mazzini e il socialismo”, 10 marzo 1895, in cui si afferma: “II socialismo prescinde da qualunque elemento metafisico e teologico. Esso segue il metodo positivo, il quale ricerca sempre le leggi coll’osservazione dei fatti, colla storia, con l’esperienza. Per esso individuo e società sono due termini inseparabili e concordi della vita umana, e cosi viene a stabilirsi un equilibrio laddo­ve volevasi scorgere un conflitto. Il principio supremo è l’interesse dei più, perché in questo interesse si legittima e si compie l’interesse individuale”.

[23]            1854-1917. Autore di numerose pubblicazioni, in particolare: La sociologia: i sui metodi e le sue scoperte,  Genova,  1897 e varie edizioni successive; Il materialismo storico e la sociologia generale : prelezione al corso di sociologia generale dell’anno 1902-1903 nell’Università di Genova, poi Modena 1910; M.Pescio, Alfonso Asturaro, in “ Le origini del socialismo in Liguria” a c. di V. Malcangi, Alessandria, 1995

[24]            Ai lettori ” Era nuova” 21.10. 1894.

[25]            L. Borzani, “La palestra della mente”: l’attività della Camera del lavoro di Genova per l’istruzione popolare (1900-1912) in L..Rossi , Cultura, istruzione e socialismo nell’età giolittiana, Milano,1991

[26]                 Il congresso fu preceduto da una riunione del “Comitato coordinatore per il pri­mo congresso socialista ligure”, ivi, 20.4.1894, che provvide alla costituzione del­la Federazione socialista ligure e definì lo statuto.

[27]            Il primo congresso socialista ligure “ Era nuova”, 20.5.1894.

[28]            M. Bettinotti, Vent’anni di movimento operaio genovese : Pietro Chiesa, Giuseppe Canepa, Lodovico Calda  Milano – 1932

[29]                  M.Degl’Innocenti Alcune considerazioni sulla cooperazione nell’età giolittiana: cultura di lotta e impresa nell’associazionismo ligure, in L. Borzani Tra solidarietà e impresa: aspetti del movimento cooperativo in Liguria 1893-1914 Genova 1993