DEMOCRAZIA E DITTATURA DELLA MAGGIORANZA

di Renato Costanzo Gatti

“In questo articolo voglio scagliarmi con estrema durezza contro il ragionamento, che apre le porte a quella che Alexis de Tocqueville definiva “dittatura della maggioranza“ o se vogliamo anche a quella che Polibio definì Oclocrazia cioè governo degenerato della massa.
Sostenere che chi rappresenta il 50% dei consensi abbia piena legittimità a decidere tutto quello che vuole, è un ragionamento estremamente immaturo che dimostra come tra i cittadini sia confuso il significato stesso di democrazia.

Aprire le porte al concetto di democrazia come mero esercizio del voto e come mera determinazione di una presunta maggioranza onnipotente vuol dire spianare la strada all’oppressione delle minoranze che inevitabilmente poi sfocia nell’oppressione anche degli stessi cittadini maggioritari. “(Hescaton)
La presentazione al Quirinale, avvenuta prima delle elezioni, di un elenco di ministri da parte dei 5 stelle e la pretesa di Salvini di imporre al Presidente della Repubblica un elenco immodificabile di ministri pena l’immediata convocazione di nuove elezioni, sono evidenti e palesi espressioni di tentata dittatura della maggioranza in quanto invadono senza ritegno aree che la Costituzione riserva a specifici organi costituzionali.

Uno dei limiti al principio di maggioranza è oggi costituito dalla separazione dei poteri, e l’art. 90 della Costituzione riservando il diritto di nomina dei ministri solamente al del Presidente del consiglio incaricato che propone e al Presidente della Repubblica che nomina, è la lampante dimostrazione di quella separazione dei poteri posta a tutela della nostra democrazia. La maggioranza parlamentare è esclusa da questa procedura costituzionale, così come ne è escluso il Parlamento che si pronuncerà successivamente in sede di voto di fiducia.

La funzione del Presidente della Repubblica è quella di esprimere il suo parere sulla costituzione del Governo e di trovare con il Presidente incaricato in una corretta e rispettosa dialettica un comune sentire senza interferenze e intrusioni di alcuno. A mio parere il presidente Matterella è criticabile per aver sentito in questa fase irritualmente i due capi dei partiti rappresentanti la maggioranza; infatti mi pare che con quelle consultazioni informali, forse dettate da una estrema cortesia, si sia chiaramente screditata la (o constatata l’irrilevanza della) figura del Presidente incaricato che evidentemente non si sentiva in grado di negoziare con il Presidente della Repubblica senza il consenso, autorizzazione, placet dei due capi politici.

I casi di sostituzione di ministri nella lista proposta dal Presidente incaricato non sono rari, si citano i casi di Previti, Maroni e Gratteri. Affermare che quelle sostituzioni erano legittime perché non avevano alla loro base una ragione politica, come invece ci sarebbe stato nel caso della sostituzione del nome di Paolo Savona, è una osservazione che ritengo infondata, quasi che le altre sostituzioni non avessero motivazioni politiche ma fossero dovute al capriccio del Presidente, il che evidentemente non è.

Il Presidente della Repubblica svolge in questa fase il suo compito di supremo custode della Costituzione, compito che gli deriva dai poteri che gli sono attribuiti dalle prerogative costituzionali.
Ma anche se le motivazioni non fossero condivisibili o addirittura sbagliate, la responsabilità delle sostituzioni concordate non sarebbero attribuibili al Presidente della Repubblica ma, ai sensi dell’art. 89 della Costituzione, al Presidente incaricato che controfirma i decreti di nomina, assumendosene la responsabilità.
Ai sensi dell’art. 90 della Costituzione il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
Se la controproposta della sostituzione fatta al Presidente incaricato non trova il suo assenso, questi rimette il mandato, causando quindi il fallimento della formazione del governo. Non è quindi il Presidente Mattarella che ha bocciato la formazione del Governo ma è il Presidente incaricato che rimette l’incarico.

La visita a Pomeriggio 5 di Di Maio e Salvini, rende poi attuale le preoccupazioni espresse da Bonetti che ha messo in guardia dai pericoli cui le nuove tecnologie dell’informazione, talora di segno opposto, possono dar luogo quando entrano nel dominio della politica: “c’è il rischio di una dittatura della maggioranza e conseguente emarginazione delle minoranze, e, al tempo stesso, la possibilità che si apra la strada a «processi di controllo e di manipolazione operati da oligarchie o da gruppi ristretti di persone».

La comunicazione diretta fra cittadinanza e leadership politica, senza le tradizionali mediazioni, la personalizzazione spinta fino a forme di vero e proprio «divismo» politico, l’esibizione ostentata e furbesca dell’intimità per dare agli elettori un’ingannevole sensazione di prossimità, sono tutti fenomeni non troppo rassicuranti per l’avvenire delle nostre democrazie liberali”. Manifestare contro quanto accaduto portando a motivo la pretesa che la democrazia sia stata negata è la più lampante dimostrazione di ignoranza costituzionale e tentativo eversivo di voler modificare la Costituzione (senza alcun referendum) instaurando la dittatura della maggioranza, che annulla il fondamento della democrazia, fondamento costituito dalla divisione dei poteri, per portarci a pericolose derive autoritarie.