IL SOCIALISMO CHE SARA’

di Stefano Betti

Per colmare un vuoto bisogna sapere esattamente cosa occorre per riempirlo, con qualcosa che sia compatibile col resto dell’insieme.

Nel panorama politico italiano il Socialismo andò in soffitta molti anni fa. Prima dell’epilogo del 1994, quando il Partito socialista decise di estinguersi. La sinistra storica, pur nei dovuti distinguo, aveva da tempo optato per soluzioni più soft. Dal Compromesso storico berlingueriano all’Alternativa, dai contorni sfumati per il PCI. Alla Governabilità che, negli anni ’80, chiude in un cassetto il Progetto socialista di Torino. Poi, a cascata, la storia dilaga e il PCI si trasforma più volte contaminandosi, avvolto nell’illusione del bipolarismo, fino a allontanarsi nei fatti dal Socialismo. Per i socialisti, la diaspora, sparsi ovunque, da sinistra a destra o in micro partitini col nome socialista, ma senza respiro.

Ecco, tutto questo, sintetizzato in otto righe, è storia impietosa, ma che un giovane che vive il presente confuso e digitalizzato ha difficoltà a comprendere.

Che fare? Partiamo da un punto ineludibile. Il Socialismo, per quanti sforzi siano stati compiuti per cancellarlo dalla storia, è una filosofia che non sarà mai estirpata dal cuore e dalla ragione degli uomini. E resterà, nella sua espressione libertaria, l’unica alternativa alla barbarie del neo capitalismo contemporaneo.

I concetti base sono tutti negli articoli 2, 3, 4 e 5 della Costituzione.

  1. EGUAGLIANZA, non solo di fronte alla legge, ma sostanziale per rimuovere gli ostacoli d’ogni tipo che impediscono all’uomo di poter realizzare le sue legittime aspettative. Imprescindibile la progressività del prelievo fiscale che consente la redistribuzione della ricchezza attraverso la Stato sociale.
  2. LAVORO, inteso non solo come diritto, ma anche come dovere per la realizzazione degli obiettivi che la società si prefigge.
  3. AUTONOMIE LOCALI, in un impianto organizzativo che superi la gabbia centralista imposta dal processo unitario ottocentesco verso un compiuto regionalismo, nell’ambito del FEDERALISMO EUROPEO.
  4. Ultimo, ma non per ultimo, la valorizzazione di tutte le FORMAZIONI SOCIALI tese a valorizzare i principi di libertà e solidarietà.

Una sintesi che apre a ulteriori addentellati o principi, ma che deve necessariamente essere una base di partenza per costruire il Socialismo del XXI secolo.

Perché oggi, questa società liquida, tutta Social e intollerante, soffocata dal debito pubblico che, nonostante le politiche neo liberiste degli ultimi governi, ha continuato a crescere inesorabilmente, in preda a convulsioni populiste e sovraniste, nel delirio degli intellettuali sbalestrati fra la foglia di fico dell’anti renzismo e la difesa della torre d’avorio con cui si sono rinchiusi in tutti questi anni, ha bisogno di fatti concreti. Quando la sbornia sarà terminata, come puntualmente accade ciclicamente nel nostro paese (ricordate l’ira forcaiola ai tempi di Tangentopoli?), dovremo essere pronti a offrire un approdo logico a sinistra.

Il Progetto parte dalle cose da fare. Creiamo (o coinvolgiamo) una rete di soggetti giuridici che lavorano. Che creano lavoro. Penso a quanto fatto a Roma, ad esempio, per il recupero delle sale cinematografiche dismesse, condannate inesorabilmente al gioco d’azzardo. O al mondo ricchissimo di valori come quello dell’artigianato, che va difeso con ogni mezzo dall’invasione massificante dei giganti. O alla questione migranti e al progetto in embrione di costruire un percorso virtuoso che consenta l’insegnamento di professionalità a chi lo richiede per poi poterle mettere in pratica nel proprio paese d’origine. E potrei continuare all’infinito.

Come il mondo della società di mutuo soccorso e delle cooperative, che vide i Socialisti all’inizio della loro storia protagonisti attivi, irruppe nel panorama di fine ottocento, così dovremo fare ora.

Il Socialismo del XXI secolo potrà esser costruito fin da subito e sarà solo se d’azione.