CARLO E NELLO ROSSELLI, UN SACRIFICIO E LE RADICI DELLA DEMOCRAZIA

Antifascisti di “Giustizia e Libertà”. Al centro: Carlo Rosselli, Giovanni Bassanesi e Ferruccio Parri (1930)

 

LA FAMIGLIA

Carlo Rosselli nasce a Roma il 16 Novembre 1899.

E’ il secondo di tre fratelli: Aldo nasce il 21 Luglio 1895 a Vienna, durante il soggiorno dei coniugi Rosselli nella capitale dell’Impero austro-ungarico e della musica; Nello (ovvero Sabatino) a Roma il 29 Novembre 1900.

La madre, Amelia Pincherle Moravia, di origine ebrea veneziana, scrittrice e il padre Giuseppe (detto Joe) Rosselli Nathan, anch’egli ebreo e di professione musicologo, si separeranno dopo soli sette anni di matrimonio. Joe infatti si invaghisce di una cantante lirica. Nel 1903, Amelia con i tre figli si trasferisce a Firenze, dove, anche per la presenza degli zii Pellegrino Rosselli e della moglie Janet Nathan riesce a superare le difficoltà di organizzare una nuova vita da sola e con tre bambini. Il ricordo del padre rimarrà piuttosto flebile nelle memorie dei tre fratelli Rosselli, che trovano nei coniugi Giulio e Giorgina Zabban, chiamati confidenzialmente Zio Giù e Zia Gi e, successivamente in Gaetano Salvemini, le loro guide nella vita.

Un legame profondo unisce i fratelli alla madre Amelia, che impartisce loro un’educazione severa, all’insegna del patriottismo e della intransigenza morale, “con principi etici austeri e mazziniani” (Mazzini muore in casa Rosselli nel 1872, sotto lo pseudonimo di Mr. Brown) ma, allo stesso tempo, “temperata dalla dolcezza ebraica”.

Amelia introduce ben presto i figli nel mondo culturale fiorentino: Aldo, Carlo e Nello frequentano i Nathan, peraltro imparentati con i Rosselli, il giurista Alessandro Levi, cugino di Amelia, la famiglia Ferrero, la famiglia Moravia (lo scrittore Alberto è cugino di Carlo), i Treves, (una sorella di Levi è moglie di Treves), oltreché gli zii Anna e Gabriele Pincherle.

Il 9 Settembre 1911, il padre Joe muore di nefrite. Lascia ai figli una cospicua eredità che, in futuro, servirà anche a finanziare l’attività politica di Carlo.

Carlo e Nello, dopo aver terminato gli studi elementari alla scuola privata “Bembaron”, frequentano il Ginnasio al “Michelangiolo” di Firenze. Durante la seconda ginnasio, all’età di undici anni, Carlo si ammala di flebite e per due anni rimane quasi immobile. In questo periodo, si dedica con passione allo studio del pianoforte. Data la salute cagionevole, Carlo non può terminare gli studi classici e per questo la madre decide di iscriverlo all’Istituto tecnico, che terminerà senza troppa fatica. Aldo, viene mandato invece a lavorare come garzone nella bottega di un falegname, anche per temperare il suo carattere troppo irrequieto e, in seguito, iscritto al Collegio “Tolomei” di Siena. Nel 1914, a diciannove anni, si iscriverà alla Facoltà di medicina a Firenze.

La formazione culturale dei giovani Rosselli coincide tuttavia con uno dei periodi più drammatici della storia del Novecento italiano: lo scoppio della prima guerra mondiale.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE. LA MORTE DI ALDO

Il 30 Luglio 1914 scoppia la prima guerra mondiale. Inizialmente, il Governo italiano decide di non partecipare allo scontro e di dichiararsi neutrale. Il 24 maggio 1915, l’Italia entra in guerra. La famiglia Rosselli è animata da un acceso spirito patriottico e favorevole all’entrata in guerra dell’Italia, anche per l’influenza della zio Gabriele Pincherle, fratello di Amelia, senatore di formazione giolittiana e di Guglielmo Ferrero, fervente interventista.

Aldo, che potrebbe prestare servizio presso la Croce Rossa in quanto figlio maggiore di madre vedova, decide di arruolarsi volontario in fanteria. Dopo pochi mesi viene inviato al fronte dove, il 27 marzo 1916, a ventuno anni muore in seguito a ferite riportate alla testa. Gli sarà conferita la medaglia d’argento al valore. Nel 1917, appena conclusi gli studi superiori, Carlo e Nello vengono richiamati alle armi, rispettivamente nel corpo degli gli alpini e in artiglieria. Carlo viene inviato a Caserta a frequentare un corso per sottoufficiali, proprio pochi giorni prima della disfatta di Caporetto.

La vita militare segnerà la formazione culturale e politica del giovane Rosselli, che commenta così questa esperienza: “A contatto col popolo, molti conobbero e apprezzarono la massa. Ne compresero i dolori, le lacune, le mirabili virtù. Io stesso ricordo con commozione la scoperta che ne feci e il grande amore che mi prese per essa“. Carlo crede nella “lezione della guerra”, nella possibilità cioè che si concretizzi un avvicinamento tra la borghesia ed il popolo, tra i giovani militari borghesi ed i cosiddetti “popolani”. Ciò che il giovane Rosselli auspica è la costituzione di un fascio di combattenti che faccia risorgere l’Italia dallo stato di crisi generale in cui stava versando. E’ palese la critica rivolta all’azione dei partiti ritenuti incapaci di difendere il Paese e l’amor di patria.

Queste tematiche vengono commentate negli anni successivi al primo conflitto mondiale in alcuni contributi scritti per la rivista culturale “Vita”, pubblicata a Firenze da Jean Luchaire e successivamente sulla salveminiana “L’Unità”. In una lettera inviata alla madre da Lipari il 16 Novembre 1928, Carlo scrive: “… Poi l’uragano. Aldo, l’attesa tormentosa prima di potersi lanciare nella tormenta, lo strazio fatale dei tuoi dolori e dei tuoi timori. La guerra, infine, grande scuola di vita, incubatrice, illuminatrice, formatrice. Almeno per me che partii ragazzo e tornai uomo”.

IL DOPOGUERRA, L’INCONTRO CON SALVEMINI, IL SOCIALISMO

La guerra finisce. Nel novembre 1919 in Italia si svolgono le prime elezioni con il sistema proporzionale a suffragio allargato che segnano una schiacciante vittoria dei socialisti. Carlo ha sostenuto la lista democratica-repubblicana combattente e, come molti giovani amici commilitoni, non condivide le posizioni massimaliste di Giacinto Menotti Serrati, che rappresentano la maggioranza del Partito Socialista Italiano, né, tantomeno, il fanatismo del nascente movimento fascista. Dopo essere stato trattenuto al Comando di Asiago fino al 18 febbraio 1920, giorno del suo congedo, torna a Firenze, ma il giovane Rosselli appare disorientato.

Il suo atteggiamento verso la guerra sta infatti mutando rispetto al periodo bellico e all’esperienza militare, sia per gli esiti della Conferenza sulla pace, nella quale gli interessi delle singole potenze vengono anteposti ai valori per cui tanti italiani hanno combattuto, sia per l’influenza esercitata su di lui da scrittori pacifisti francesi quali Henri Barbousse e Romain Rolland. Il 1920 si chiude con la condanna definitiva da parte di Carlo del ricorso alla guerra e dell’azione svolta dal movimento interventista. Di lì a poco il giovane conosce Gaetano Salvemini, per il tramite del fratello Nello, che gli ha chiesto consigli per la sua tesi in storia. Per i fratelli Rosselli, Salvemini diventerà costante punto di riferimento e guida morale, culturale e politica.

Nel gennaio 1921 Carlo partecipa al Congresso socialista di Livorno, dove si consuma la scissione tra socialisti e comunisti. Qui viene conquistato da Turati che, con il suo intervento, gli infonde entusiasmo e speranza. Coincide con questa esperienza la prima convinta adesione del Rosselli al movimento socialista.

E’ una scelta che deriva non solo da una sempre più accentuata avversione contro il fascismo che sta imperversando anche nelle campagne toscane, ma rappresenta la naturale conseguenza di uno studio approfondito del movimento sindacale che Rosselli sta compiendo per la sua prima tesi di laurea. Dopo aver superato l’esame di licenza classica, che gli consente di iscriversi alla Facoltà di giurisprudenza, Carlo decide di frequentare la Scuola di Scienze Sociali “Cesare Alfieri” a Firenze, dove si laurea il 4 luglio 1921, con una tesi dedicata al movimento sindacale ottenendo il massimo dei voti e la lode. La tesi di laurea fornisce la chiave di lettura per comprendere lo sviluppo del pensiero rosselliano fino al 1930, soprattutto per quanto riguarda l’orientamento riguardo al marxismo, del quale apprezza unicamente il concetto di “fatalità” della lotta di classe. Opta invece per l’idealismo e l’azione diretta e volontaria nella lotta politica. Auspica, inoltre, un’alleanza tra il proletariato e la borghesia avanzata nel quadro più ampio di una rivoluzione culturale, oltreché morale, del movimento socialista italiano ed europeo.

L’INFLUENZA DEL LABURISMO INGLESE

Il giovane Carlo trascorre l’estate del 1921 al Forte dei Marmi, lontano dalla madre Amelia trattenutasi invece dagli amici Zabban, nella campagna fiorentina. Legge con particolare interesse i testi di Roberto Michels, Vilfredo Pareto e Achille Loria, di cui subirà una notevole influenza e che lo spingono a ripensare alcuni concetti espressi nella tesi di laurea. Nei primi mesi del 1922, la situazione politica italiana precipita in una pericolosa incertezza che avvantaggia solo il movimento fascista. Si assiste all’impotenza politica del Partito Socialista e ad una conseguente sfiducia verso l’azione del suo leader Filippo Turati.

Dopo il XIX Congresso socialista di Milano (Ottobre 1922), che vede l’espulsione dei riformisti, Carlo inizia a studiare per la sua seconda tesi di Laurea in Giurisprudenza. Egli sente forte l’interesse per l’economia politica e, per questo decide di trasferirsi a Torino e poi a Milano, per conoscere e confrontarsi con economisti illustri quali Luigi Einaudi, Pasquale Iannaccone e Gaetano Mosca, che sta ultimando il suo “Elementi di Scienza Politica”. Grazie alla collaborazione con Mario Fubini, incontra Piero Gobetti e i giovani del gruppo torinese di “Rivoluzione Liberale”.

Pochi mesi dopo, torna a Firenze e partecipa alla fondazione del “Circolo di Cultura”.

Nel luglio 1923, dopo essersi laureato in Giurisprudenza all’Università di Siena, Carlo si reca a Genova dove, grazie all’intervento di Salvemini, conosce l’economista Attilio Cabiati che offre al giovane Rosselli la possibilità di fare l’assistente volontario all’Istituto di Economia Politica della Bocconi di Milano, per l’Anno Accademico 1923-1924. Carlo accetta, ma prima decide di trasferirsi due mesi a Londra. Qui incontra e si confronta con i coniugi Webb e G.D.H. Cole, teorici socialisti non-marxisti protagonisti della prima tesi di laurea; partecipa ai seminari tenuti dalla Fabian Society ed anche ai lavori del Congresso annuale delle Trade Unions. Il contatto con gli ambienti del laburismo inglese spinge Rosselli a rivedere il suo concetto di socialismo. Dopo che nel giugno 1922, la Conferenza nazionale del Labour Party tenutasi ad Edimburgo sceglie la strada della “parlamentary political democracy”, facendo così raddoppiare i voti al labour nelle elezioni del dicembre 1922, Carlo si convince che per superare le crisi e gli insuccessi dei partiti socialisti continentali e ancor di più del socialismo italiano è necessario intraprendere la via della revisione liberale del socialismo. Dunque, prende forza l’affermazione di un socialismo non-marxista, di un partito del lavoro completamente sganciato dai teoremi marxisti, e in primo luogo dall’idea di determinismo economicistico.

Il modello che Carlo avrebbe voluto far passare in Italia era quello lanciato da J. Ramsay Mac Donald nel suo Direttive politiche per il Partito del lavoro, dove viene proposto un socialismo che sappia conciliare le esigenze della moderna borghesia liberal-democratica con quelle del movimento proletario, in una prospettiva di progresso e secondo un modello liberale. Nell’inverno tra il 1923 e ’24, Carlo va a Milano, dove alla Bocconi inizia la sua esperienza da assistente volontario di Cabiati. Su incarico del PSU e della CGIL tiene lezioni anche all’Università proletaria. Qui si costituisce un nucleo di antifascisti repubblicani e socialisti che seguiranno anche l’imminente campagna elettorale di Turati e Matteotti per le elezioni politiche del 1924.

E’ questo un periodo molto importante per la vita di Rosselli. Partecipa sempre più attivamente ai lavori del Partito Socialista Unitario i cui leaders Turati, Treves e Matteotti gli infondono una grande forza per affermare l’idea di un socialismo riformista, che combatta la violenza e difenda la libertà, soprattutto di fronte all’imperversare del fascismo.

L’influenza del teorico inglese Leonard Trelawny Hobhouse, tra i primi teorizzatori del liberal socialismo, sollecita Carlo nel Luglio 1923 a scrivere per “Critica Sociale”, rivista fondata da Filippo Turati un articolo fondamentale per la prima fase del suo pensiero politico: Liberalismo socialista. Vi si ritrovano i principi teorici su cui nel 1929 penserà “Socialismo Liberale” e cioè la necessità che il movimento socialista si renda indipendente “alla lettera dal pensiero marxista”, e proclami invece la validità del binomio liberalismo-socialismo. Dove il liberalismo come metodo viene distinto dal liberalismo come sistema. In una lettera scritta alla madre, Rosselli commenta così l’uscita dell’articolo: ” E’ sortito il mio lenzuolo su Rivoluzione Liberale… Ritengo sia destinato ad accendere forti polemiche. Sono però in una posizione fortissima e soprattutto, mi pare, discretamente originale”.

IL CIRCOLO DI CULTURA POLITICA DI FIRENZE. MARION CAVE

All’indomani della fine del primo conflitto mondiale, un gruppo di giovani fiorentini sente l’esigenza di discutere sul significato politico dell’intervento in guerra dell’Italia e sul futuro delle istituzioni liberali. Per questo nasce il Circolo di cultura di Firenze che si aggiunge ad altri gruppi sorti in Italia nel periodo bellico e post bellico con la stessa matrice ideologica: a Torino “Rivoluzione Liberale” di Gobetti, a Genova “Pietre” diretto da Pietro Basso, a Milano, il gruppo di “Caffè” con Bauer e Parri. Il Circolo fiorentino si costituisce per iniziativa di Alfredo Niccoli che intende proporre un sistema di dibattito politico incentrato su tematiche di attualità, come avviene in alcuni clubs attivi in Inghilterra: il relatore apre la discussione ed i presenti partecipano liberamente. Durante i primi tre anni di vita, agli incontri settimanali del Circolo nella sede dell’avvocato Niccoli, in Via degli Alfani, partecipano tra gli altri Ernesto Rossi, Piero Calamandrei, Piero Jahier, oltre a Carlo e Nello Rosselli. I relatori delle serate sono Gaetano Salvemini, Alessandro Levi, Riccardo della Volta. Tra i temi più dibattuti vi sono la questione meridionale, il futuro del socialismo, la rivoluzione russa, oltre naturalmente la critica all’interventismo.

Tra il 1921 ed il 1923, i partecipanti alle discussioni si fanno sempre più numerosi, tanto che il Comitato direttivo decide di trovare una nuova sede, più spaziosa, autonoma, che possa restare aperta tutti i giorni e dove ci siano spazi per consultare riviste e libri. Carlo Rosselli, entusiasta del progetto, decide di investire i suoi denari nell’affitto della nuova sede in Borgo SS. Apostoli e per l’arredamento. Gobetti ricorda così l’entusiamo del giovane: “Ho incontrato Rosselli, è euforico e tutto preso dall’idea di questo Circolo, e porta di persona i mobili su per le scale per arredare questo ambiente”.

Una sera del 1923, Gaetano Salvemini invita al Circolo una giovane ragazza inglese della Contea di Bekshire: il suo nome è Marion Catherine Cave. Tra Carlo e Marion nasce subito una forte intesa. Marion è la quarta di cinque fratelli; suo padre, pedagogo, è di religione quacquera. Appassionata di musica lirica, ha un temperamento romantico ed ama particolarmente la cultura italiana. Infatti imparerà molto velocemente l’italiano, anche per l’assidua lettura di quotidiani, fra cui l'”Avanti”. A ventitrè anni decide di laurearsi all’Università di Firenze, dove si guadagna da vivere insegnando inglese al British Institute. Qui conosce Gaetano Salvemini, che ne rimane affascinato soprattutto per la spiccata personalità. Negli anni successivi la chiamerà confidenzialmente “Biancofiore”. Marion si impegna attivamente nel Circolo e, insieme a Nello Rosselli ed a Salvemini, si iscrive al Partito Repubblicano.

L’attività del gruppo di giovani intellettuali fiorentini si fa sempre più intensa: la riflessione politica ogni giorno più pericolosa, tanto che la sera del 31 Dicembre 1924, le squadre fasciste devastano completamente il Circolo di cultura. Due giorni dopo l’assalto, il Prefetto ne ordinerà lo scioglimento in quanto “la sua attività provoca il giusto risentimento del partito dominante“.  Marion e Carlo condividono la storia del Circolo ed insieme affrontano le nuove sfide della vita. Decidono di sposarsi il 25 Luglio 1925 a Firenze, per trasferirsi quasi subito a Milano.  Qualche anno più tardi, Amelia dirà di Marion: “… era abituata, era stata onestamente avvertita, fin dal primo momento, di quello a cui andava incontro; ed essa del resto… aveva dato prova non dubbia di passione politica. Ma fino a qual limite un uomo, un marito, deve sacrificare la famiglia per l’ideale?”.

LA TRAGEDIA DI GIACOMO MATTEOTTI. LE RISPOSTE ALLA CRISI FINALE DELLO STATO LIBERALE: “NON MOLLARE” E “QUARTO STATO”

La legge Acerbo del 13 novembre 1923 sanziona anche sul piano parlamentare la posizione di forza ormai raggiunta dai fascisti. Il “listone” capeggiato da Mussolini ottiene la maggioranza relativa e quindi i due terzi dei seggi alla Camera. Quando i deputati sono chiamati a ratificare il risultato delle elezioni, il segretario politico del Partito Socialista Unitario, Giacomo Matteotti, pronuncia il suo celebre discorso a difesa delle istituzioni democratiche, contro il risultato elettorale. Pochi giorni dopo viene ucciso per ordine di Mussolini. Questa azione sancisce definitivamente la fine dello Stato liberale e della funzione delle istituzioni democratiche italiane, ma allo stesso tempo accende tra il popolo un sentimento di rivolta, di protesta. Rosselli rimane estremamente colpito per quanto accaduto. L’esempio del leader socialista accompagnerà tutta la sua esperienza politica e a lui dedicherà molti scritti, fra cui spicca per l’interesse storico e politico Eroe tutto prosa, scritto in occasione del decennale della morte di Turati su “Almanacco Socialista” del 1934. Carlo rompe gli indugi e decide di militare attivamente nel partito di Matteotti, il P.S.U., in scontro diretto con i fascisti. Contesta con Salvemini la scelta di Turati di ritirarsi “sull’Aventino delle proprie coscienze”, anziché esprimere con forza tutto lo sdegno per le azioni compiute dal fascismo. Il Governo decide di abolire la libertà di stampa e la voce dell’opposizione si fa ancora più flebile. La reazione dei giovani militanti socialisti fiorentini è immediata: Carlo Rosselli ed Ernesto Rossi presentano a Salvemini il primo numero del nuovo giornale clandestino Non Mollare.

Bollettino d’informazione durante il regime fascista”. L’organizzazione clandestina è molto ben studiata: ad Ernesto Rossi il compito di trovare ogni volta tipografie diverse, Nello Traquandi e Max Ascoli si occupano di diffondere il foglio in tutte le città più importanti d’Italia e Marion Cave è una coraggiosa segretaria che si riempie spesso i vestiti di copie appena uscite dalla tipografia. Infine Carlo Rosselli, che con Ernesto Rossi scrive la maggior parte degli articoli e con Salvemini finanzia tutta l’operazione. La diffusione è a livello nazionale e si arriva a tirare quasi dodicimila copie. Ma la vita indisturbata e clandestina del foglio non è troppo lunga. Per la spiata di un tipografo, Ernesto Rossi è costretto a rifugiarsi in Francia; Salvemini viene arrestato dai fascisti l’8 giugno e successivamente scarcerato grazie all’amnistia. Dopo qualche giorno decide di espatriare in Francia, ma prima di partire si ferma a casa Rosselli, in Via Giusti, dove un giardiniere, spia fascista, avverte la milizia delle intenzioni del leader socialista. I fascisti intervengono e saccheggiano l’abitazione.

Il 20 luglio anche Giovanni Amendola, rappresentante dell’Unione nazionale, viene aggredito dai fascisti a Montecatini. Nonostante la pericolosità del momento, il 20 settembre Rosselli riesce a pubblicare il settimo numero di “Non Mollare”, in cui viene riportata la lettera che Cesare Rossi aveva scritto a Mussolini minacciandolo di rivelare il nome del mandante dell’assassinio Matteotti. La controffensiva fascista non tarda ad arrivare ed è Mussolini in persona ad ordinare di arrestare tutti coloro che militano nel gruppo del “Non Mollare”. Immediate le rappresaglie e le spedizioni punitive che culminano nella “notte di S. Bartolomeo”, tra il 3 ed il 4 Ottobre, quando vengono uccisi i deputati socialisti Gustavo Console e Gaetano Pilati e il repubblicano Giovanni Becciolini.

Il periodo di stragi e violenze fasciste culmina il 15 febbraio 1926 con la morte a Parigi di Piero Gobetti, cui i fratelli Rosselli erano legati da una forte amicizia. Agli inizi del 1926 Carlo accetta la nomina a professore incaricato di economia politica presso l’Istituto Superiore di Genova. Si rende conto che di fronte a tanta violenza non si può restare in silenzio, ma è necessario reagire con fermezza e chiarezza di idee. E’ infatti urgente che l’area socialista si ricomponga e ritrovi un nuovo spirito combattivo, un’energia da opporre alla violenza del fascismo. Bisogna cioè puntare al “rinnovamento del socialismo“, che passa attraverso una nuova piattaforma programmatica in cui si possano ritrovare tutte le forze dell’antifascismo italiano. Con questo obiettivo nella primavera del 1926 nasce la rivista “Il Quarto Stato” che Carlo fonda con Pietro Nenni, leader del partito socialista e convinto assertore dell’unità socialista. Il messaggio che si vuol lanciare dalle pagine della rivista è l’unità di tutte le forze antifasciste, tese a creare una coalizione tra socialisti e repubblicani, partendo dalla classe operaia, contro il fascismo, ma anche contro la visione parziale che il comunismo continua ad avere della situazione italiana.

I comunisti sono infatti convinti che il fascismo sia ormai sul punto di crollare e che, per questo, il movimento rivoluzionario proletario abbia quale unico scopo quello di organizzarsi per il raggiungimento della dittatura del proletariato. Dopo una serie di attentati contro Mussolini, il Consiglio dei Ministri decreta una serie di leggi successivamente definite “Leggi eccezionali” per la loro connotazione antidemocratica, che prevedono lo scioglimento dei partiti e di tutte le organizzazioni contrarie al regime, nonché la soppressione della stampa antifascista. Anche “Quarto Stato” rimane vittima della repressione fascista e il 30 ottobre 1926 esce l’ultimo numero dedicato al Congresso del partito socialista riformista italiano.

LA FUGA DI FILIPPO TURATI. L’ESPERIENZA DEL CONFINO AD USTICA. IL PROCESSO DI SAVONA

Le leggi eccezionali del 1926 e le misure predisposte dal Tribunale speciale fascista per farle rispettare provocano ancora ondate di violenza e di terrore, soprattutto contro deputati dell’opposizione. Si fa sempre più urgente la necessità di organizzare fughe ed espatri clandestini delle personalità più a rischio. Si apre così la fase del fuoriuscitismo italiano, che trova in Milano il suo centro organizzativo. Carlo Rosselli, che in questo periodo abita con la moglie Marion proprio a Milano, si pone alla testa di un gruppo di giovani antifascisti, tra cui Ferruccio Parri e Riccardo Bauer, che nell’ottobre del 1926 riesce a far fuggire Claudio Treves e Giuseppe Saragat. Ma i fascisti, sempre più decisi a imbavagliare la bocca all’opposizione, puntano ad un arresto eccellente, quello di Filippo Turati. La sua casa di Milano è infatti costantemente controllata dalla polizia; Turati, ormai anziano e soprattutto profondamente addolorato per la morte dell’amata Anna Kuliscioff, avvenuta nel dicembre 1925, appare quasi rassegnato a cedere alla violenza fascista.

Carlo, convinto che i “vecchi” leaders debbano continuare la loro battaglia politica dall’estero, mentre i giovani debbano restare in trincea in Italia, convince il padre del socialismo a rifugiarsi in Francia. Questi accetta e così la rete clandestina predisposta per la fuga si mette in moto. Si tratta di una vera avventura: Rosselli e Parri accompagnano in macchina Turati a Savona, dove il giovane Sandro Pertini e Italo Oxilia hanno predisposto l’imbarcazione per la traversata verso la Corsica. Qui, arrivano “sfiniti, inzuppati, ma felici”. Mentre Pertini prosegue con Turati alla volta di Nizza, Parri e Rosselli rientrano in Italia e a Marina di Carrara vengono fermati e poi arrestati fino al maggio 1927, per complicità nella fuga di Turati. Successivamente Carlo sarà inviato al confino ad Ustica. A giugno, per attività sovversiva “accanita e violenta” anche Nello, che nel dicembre del 1926 aveva sposato la fiorentina Maria Todesco, viene arrestato a Firenze e poi obbligato a cinque anni di confino ad Ustica. Per lui ciò significa l’interruzione di una brillante carriera iniziata con la pubblicazione del suo primo volume Mazzini e Bakounine. Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872) e con l’ammissione alla Scuola di storia moderna e contemporanea, dipendente dal Comitato nazionale per la storia del Risorgimento.

Quando Nello giunge ad Ustica, spera di rivedere il fratello che invece viene tradotto a Savona dove il 9 settembre si apre il processo per l’espatrio di Pertini e Turati. La madre Amelia e la moglie Marion decidono di raggiungerlo, anche per fargli conoscere il primogenito Giovanni Andrea, detto John, nato nella casa di Via Giusti a Firenze, l’8 giugno 1927. Il processo di Savona, che avrebbe dovuto rappresentare il processo ai cospiratori, agli antifascisti acquista subito la fisionomia di accusa alla dittatura. Infatti Rosselli e Parri attaccano frontalmente il regime giustificando l’organizzazione dell’espatrio di Turati come un gesto necessario di fronte all’ondata di violenze e persecuzioni dei fascisti nei confronti dei rappresentanti dell’opposizione. Come era possibile permettere che un sistema politico uccidesse uno dei padri dell’Italia, colui che aveva compiuto numerose lotte parlamentari per il popolo. Scrive Rosselli: “Il processo fu un dramma continuo… Tutti sentivano chiaramente che non era più in gioco la sorte miserabile di qualche uomo, ma la vita di un grande principio morale. I giudici… erano consapevoli della storica responsabilità del loro verdetto“. Ed infatti il verdetto è clamoroso: gli imputati vengono accusati per l’espatrio, ma sono riconosciute le circostanze attenuanti, derivanti dal fatto che la situazione di eccezionalità in cui versava il paese rappresentava un reale pericolo di vita per il leader socialista. Come afferma Carlo Levi, presente al processo: “La sentenza fu coraggiosa. Riconoscere lo stato di necessità nell’espatrio di Turati significava affermare l’illegalità del regime”. Carlo viene condannato a dieci mesi di carcere, di cui otto già scontati. Gli restano i cinque anni di confino inflitti dalla Commissione di Polizia, che trascorrerà nell’isola di Lipari a partire dal dicembre 1927.

CARLO, MARION E JOHN A LIPARI

A Lipari, la più grande delle isole Eolie, dove arriva con Ferruccio Parri, Carlo riesce ad affittare una villetta abbastanza confortevole, immersa nella natura ed un pianoforte, sua vecchia passione. L’idea di trascorrere un periodo di vita che lo stesso Carlo definisce “da pollaio; falsa apparenza di libertà”, viene mitigata dalla possibilità di poterla condividere con Marion ed il piccolo John che ha solo sei mesi. Anche alla madre Amelia è stato concesso il permesso di visitare il figlio, ma sporadicamente. Per il resto del tempo, tra madre e figlio vi è uno scambio epistolare quasi giornaliero, dedicato per lo più alla descrizione dell’andamento della crescita del bambino, alle sue piccole conquiste e novità.

Dalle lettere si scopre un nuovo lato del carattere di Carlo, quello di padre estremamente affettuoso: “Il Mirtillino -è il nomignolo con cui chiama John- tanto caro fresco divertente da far commuovere il babbo teoricamente prevenuto contro i pupi…”; ed ancora “Il Mirtillino è una delizia… Suo padre comincia ad intenerirsi… Anche perché da qualche giorno il figliolo va facendo energici sforzi per imparare a dire babbo-babbo…”. Ma a giugno John si ammala di una grave forma di dissenteria amebica e con Marion è costretto a curarsi in Inghilterra dove vive presso degli zii materni.

La separazione dalla famiglia e la solitudine saranno per Carlo un’esperienza molto difficile ed infatti scriverà alla madre: “… la nostalgia, cara mammà, è grande; e non vedo l’ora del ricongiungimento”. In questo periodo a Lipari arrivano altri antifascisti che instaureranno con Rosselli e Parri un’affettuosa amicizia: Gioacchino Dolci, giovane repubblicano amico di Gramsci; il socialista Paolo Fabbri, bracciante e dirigente di organizzazioni contadine; Fausto Nitti, repubblicano, amico di Matteotti; l’anarchico Francesco Porcelli ed infine Emilio Lussu, avvocato, tra i futuri fondatori del Partito d’Azione, subito in sintonia con Carlo, con il quale comincia a parlare insistentemente di fuga. Il rapporto tra i confinati è di grande cordialità e simpatia, anche per la disponibilità di Rosselli a mettere a disposizione la sua abitazione per riunirsi e discutere, i suoi libri, il suo tempo, al fine di non cadere in ciò che i fascisti avrebbero voluto: l’ozio delle menti. Intanto, nel dicembre 1928 Marion e John, che ormai è sulla via della guarigione, tornano a Lipari. Carlo riprende con più energia gli studi ed il lavoro di definizione politico-ideologica del suo pensiero, che si sta ormai definendo nell’opera più significativa di Rosselli: Socialisme Liberal.

SOCIALISMO LIBERALE

Aldo Garosci nella sua biografia di Carlo Rosselli, Vita di Carlo Rosselli definisce così Socialismo Liberale: “E’ il libro solitario di un solitario; una discussione con se stesso, tanto diversa anche nell’austerità delle discussioni di un circolo chiuso, in cui si dà fondo a un mondo, restando al punto di prima… E’ un libro di teoria, di revisione, di azione… protagonisti sono le grandi forze e passioni che sconvolgono la società moderna e l’uomo d’azione; non gli uomini o i gruppi del confino.” Scritto durante il confino a Lipari ( il manoscritto è nascosto nel pianoforte per eludere le perquisizioni fasciste), Socialisme Liberal viene terminato e pubblicato in Francia nel 1930, dopo la fuga di Carlo dal confino avvenuta nel Luglio 1929. E’ infatti la moglie Marion a portare clandestinamente il manoscritto in Francia, dove Carlo poté ultimarlo, anche con l’aiuto del fratello Nello.

E’ stato tradotto in italiano solo nel 1945 e pubblicato nel 1973, a cura del figlio John. Rosselli definisce “Socialismo liberale” “più che un libro organico… la confessione esplicita di una crisi intellettuale… crisi che è pur sempre la crisi del marxismo”. Partendo da questa premessa, dedica il primo capitolo ad una riflessione sul sistema marxista, che nel 1929 rappresenta ancora l’ideologia di riferimento del socialismo italiano ed europeo. Ciò che Rosselli critica del marxismo è la sua natura spiccatamente deterministica, dalla quale discende una visione dell’homo oeconomicus non più caratterizzato da afflati soggettivi, “da reazioni spontanee” e libere, ma dipendente dal “modificarsi dei rapporti produttivi” che prevedono la necessità storica della crisi del capitalismo e il conseguente avvento del socialismo.

Di fronte a questa miopia storico-politica, Rosselli propone la sua tesi che, riprendendo anche la teoria espressa dallo studioso francese Henri de Man in Au delà du marxisme in primo luogo vuol “offrire sia pure di scorcio, il quadro di una rinnovata posizione socialista” che superi la dottrina marxista e affronti la crisi intellettuale del movimento socialista. Dunque una nuova visione del socialismo che, a differenza del determinismo marxista, lascia ampio spazio di azione alla libertà e alla volontà dell’uomo, che vede in esso un fine da raggiungere o, come afferma Rosselli un “ideale-limite”. Per tanto, pur non potendo delimitare il concetto di socialismo in una definizione precisa, Rosselli lo considera come “l’attuazione progressiva delle idee di libertà e di giustizia fra gli uomini”. Tuttavia questo ideale è raggiungibile dall’uomo solo attraverso il metodo liberale che, ispirandosi alla concezione antagonistica della società rappresenta le regole fondamentali per garantire la corretta estrinsecazione della libertà umana. Dunque il liberalismo è il metodo e il socialismo l’ideale: il primo “la forza ideale ispiratrice” il secondo “la forza pratica realizzatrice”. Dalla sintesi tra il liberalismo ed il socialismo deriva la nuova proposta politica di Rosselli del “socialismo liberale”.

Nel paragrafo “Per un nuovo socialismo”, Carlo si rivolge ai socialisti italiani perchè non si lascino più ispirare dal marxismo, ma riconoscano l’urgenza di procedere ad una profonda revisione ideologica interna al movimento che metta al centro della riflessione l’uomo, la sua libertà e l’autonomia dai processi produttivi. Allineandosi ai socialisti francesi e britannici, anche gli italiani dovrebbero fare un salto culturale tale da superare le barriere ed i condizionamenti marxisti per proiettarsi invece verso una visione del socialismo più ampia ed in ultima analisi più europea. E’ interessante ricordare l’appendice a Socialismo liberale, “I miei conti col marxismo” in cui Carlo dopo essersi definito “un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolar nelle arterie e affluire nel cervello”, sintetizza il suo pensiero in tredici tesi nelle quali prendendo ancora le distanze dal marxismo (“tra socialismo e marxismo non vi è parentela necessaria“) ritiene che la dottrina marxista minacci di compromettere la marcia socialista e definisce il socialismo “alfiere dinamico della classe più numerosa, misera e oppressa”.

27 LUGLIO 1929: CARLO FUGGE DA LIPARI. L’ESILIO IN FRANCIA

L’idea di fuggire da Lipari era da tempo nei pensieri di Carlo, come dimostra una lettera scritta a Turati nel settembre 1927: “Credo non rimarrò più di un anno al confino. Leggi doppiamente tra le righe…”. L’arrivo nell’isola di Lussu, Nitti e Dolci rafforza la voglia di libertà e di riprendere la battaglia sia fisica che ideale contro il regime fascista. Il 17 novembre 1928 vi è stato un primo tentativo di fuga, fallito per il naufragio del motoscafo che avrebbe dovuto portare i quattro confinati in salvo in Francia. Intanto, nel dicembre 1928 Gioacchino Dolci viene liberato e pochi giorni dopo espatrierà clandestinamente in Francia, dove, con la collaborazione di Alberto Tarchiani preparerà la fuga, questa volta riuscita, di Rosselli, Lussu e Nitti. Quando Carlo si rende conto che tutto è predisposto convince Marion, incinta di Amelia a lasciare l’isola con il piccolo John e a raggiungere la suocera a Courmayeur. Gli amici rifugiati in Francia riescono a trovare un buon motoscafo, il “Dream” che sarà guidato alla volta di Lipari da Italo Oxilia, come era avvenuto per la fuga di Turati.

Carlo Rosselli, in Fuga in quattro tempi, scritto nel 1931 per “Almanacco socialista” ripercorrendo le fasi cruciali della rocambolesca fuga ricorda così la prima sensazione di libertà: “Alle quindici gettiamo l’ancora a ridosso di un promontorio deserto e tormentato. Primo contatto con la terra, terra d’esilio… Siamo tutti protesi verso l’avvenire…”. La reazione di Mussolini alla fuga è immediata: il 29 luglio 1929 Marion viene condotta nel carcere di Aosta ma successivamente, poichè è incinta e ha con sé un bambino piccolo, riceve il permesso di alloggiare in un albergo della città. Salvemini dalla Francia ritiene che il Duce ordinerà il rilascio della donna solo di fronte ad una forte reazione dell’opinione pubblica contraria all’arresto.

Così riesce a coinvolgere amici intellettuali, fuoriusciti antifascisti e, essendo Marion cittadina inglese, ad animare sul “Manchester Guardian” una vera e propria ondata di protesta. Mussolini cede e il 15 agosto avviene la liberazione. Anche Nello rimane vittima della reazione fascista e il 29 luglio viene arrestato e condotto a Frosinone, dove lo raggiunge la moglie Maria, anch’essa incinta e con la piccola Silvia. Viene poi condannato al confino prima ad Ustica e poi a Ponza, fino al 5 novembre, quando riceve la notizia della revoca della pena. Nel frattempo Carlo, Marion e Mirtillino vivono a Parigi, in una bella casa vicino al Bois de Boulogne. Marion sta per avere la secondogenita, Amelia o detta anche Melina, che nascerà il 28 marzo 1930.

L’arrivo in Francia di Carlo, Nitti e Lussu rianima il gruppo di antifascisti italiani, primi fra tutti Salvemini, che pensa ad un radicale rinnovamento dell’organizzazione clandestina non comunista. Vi è infatti la convinzione che l’unico modo per opporsi alla violenza del fascismo sia l’organizzazione di azioni rivoluzionarie o meglio insurrezionali. Nel periodo tra il 1929 ed il 1930, facendosi portavoce di questa nuova strategia, Carlo si divide tra Francia ed Inghilterra, al fine di creare una nuova ed efficace rete di antifascisti europei provenienti da diversi partiti e movimenti politici non comunisti. E’ questo il periodo dell’azione e, come dirà Emilio Lussu: “Noi non pensavamo ad altro, nei primi anni d’esilio: complotti, attentati, insurrezione, rivoluzione”.

AGOSTO 1929: A PARIGI NASCE IL MOVIMENTO DI GIUSTIZIA E LIBERTA’. IL VOLO DI BASSANESI SU MILANO E IL PROCESSO DI LUGANO

Nell’agosto del 1929, a Parigi, Rosselli, Nitti e Salvemini decidono di dare ufficialmente vita al movimento di Giustizia e Libertà, che, oltre a questo nucleo di fuoriusciti, vede la partecipazione di altri antifascisti rimasti in Italia per organizzare la rete clandestina di lotta al regime: tra gli esponenti più significativi Ernesto Rossi a Bergamo, Riccardo Bauer a Milano, Nello Traquandi a Firenze. Come afferma Aldo Garosci nella biografia su Carlo Rosselli “nei primi anni G.L fu soprattutto movimento di azione ardita”, in contrapposizione all’esperienza della Concentrazione antifascista che, pur essendo l’unico strumento di collegamento fra le forze antifasciste in esilio, per i giellini corrispondeva all’immobilismo, alla mancanza di idee e di prospettiva di azione. Fino alla pubblicazione dei “Quaderni di Giustizia e Libertà”, avvenuta nel gennaio 1932, il movimento diffonde una serie di opuscoli o bollettini intitolati “Giustizia e Libertà. Movimento rivoluzionario antifascista”, a cadenza mensile, dai quali traspare già il significato politico della costituzione del movimento e i suoi obiettivi all’interno della lotta antifascista.

Nel primo bollettino vi è un’anticipazione del Primo programma di G.L., riportato successivamente dai Quaderni in termini più organici e completi, in cui si sottolinea che il movimento “si batte per il rovesciamento della dittatura fascista e per la conquista di un regime libero, democratico, repubblicano”. Spicca il ricorso all’idea dell’azione rivoluzionaria come unica arma a disposizione dell’antifascismo per ripristinare la democrazia e la libertà, a difesa della classe lavoratrice ed in nome di un “secondo Risorgimento italiano”. Nonostante questo accenno programmatico, i primi mesi dell’attività di G.L. sono dedicati all’organizzazione del volo di Giovanni Bassanesi e Gioacchino Dolci su Milano che prevede il lancio sulla città di manifestini inneggianti alla lotta rivoluzionaria contro il regime.

Con i soldi messi a disposizione da Carlo, un’amica di Salvemini riesce ad attraversare il confine italiano e acquistare un piccolo aereo. Rosselli e Tarchiani arrivano a Bellinzona, in Svizzera, da dove è stato deciso si leverà in volo l’aereo guidato da Bassanesi, con Dolci che getterà i manifestini nel cielo di Milano, incitando i cittadini a ribellarsi al regime. L’azione è compiuta ed il messaggio di protesta è lanciato, ma mentre Dolci riesce a tornare in Svizzera, Bassanesi precipita con l’aereo sul Gottardo, dove viene arrestato dalla polizia ticinese, per violazione del codice aviatorio svizzero. Accusati dello stesso reato, anche Tarchiani, Rosselli e Dolci vengono processati il 18 e 19 novembre 1931 a Lugano. Per Amelia questo è un ennesimo motivo di turbamento, come scrive da Londra il 3 novembre al figlio: “Penso a te, e all’avvicinarsi di questo nuovo processo… Stà attento che non ti facciano qualche tranello. Io ho molta paura, te lo confesso. Ti raccomando giudizio, e non tirar troppo la corda…“.

In realtà, come è avvenuto per il processo di Savona, Carlo ha tutta l’intenzione di approfittare di questa seconda occasione, per lanciare un messaggio contro il fascismo ed incitare il popolo alla rivolta. Nel suo intervento, sottolinea gli obiettivi di Giustizia e Libertà: l’azione rivoluzionaria contro la tirannia fascista, per la libertà, la democrazia e la pacificazione italiana ed europea. La deposizione prosegue acquistando un carattere spiccatamente privato quando ricorda ciò che il fascismo ha provocato nella sua vita di giovane trentenne: “Avevo una casa: me l’hanno devastata. Avevo un giornale: me l’hanno soppresso. Avevo una cattedra: l’ho dovuta abbandonare. Avevo, come ho oggi, delle idee, una dignità, un ideale: per difenderli ho dovuto andare in galera. Avevo dei maestri, degli amici, Amendola, Matteotti, Gobetti: me li hanno uccisi…“. E conclude dicendo che di fronte a questo stato di cose non vi è nient’altro da fare che ribellarsi e lottare.

Anche questa volta, il Tribunale tiene in considerazione la forza e l’importanza politica delle idee di Rosselli, che sono riconosciute quasi necessarie di fronte all’inasprimento delle azioni fasciste. Il processo si conclude con una condanna di quattro mesi per Bassanesi, che viene espulso dalla Svizzera e assoluzione per tutti gli altri imputati. Amelia scriverà a Marion: “Dì a Carlo che ho letto la sua deposizione… veramente bellissima, di una grande altezza ed efficacia…”. Nel periodo compreso tra la nascita di G.L. ed il processo di Lugano, vi è un’evoluzione delle vicende politiche densa di riflessi per la storia del movimento antifascista italiano ed europeo. Da una parte vi è il Partito Comunista d’Italia, sempre più allineato sui dettami derivanti dal VI Congresso dell’Internazionale comunista del 1928, che, come vedremo anche nella parte dedicata alle critiche comuniste a Socialismo Liberale sostiene la equiparazione delle socialdemocrazie europee al socialfascismo.

Dall’altra vi è la Concentrazione antifascista che tenta di superare le divergenze di tattica politica esistenti tra i gruppi che la compongono attraverso la stipula, avvenuta l’8 settembre 1930, di un patto di unione e di azione che dovrebbe indicare a tutti gli antifascisti non comunisti una via comune di lotta contro il fascismo. G.L. aderirà alla Concentrazione nel novembre 1931, dopo che a luglio è stato siglato un primo accordo programmatico tra G.L. ed il PSI di Nenni. Nel frattempo, nell’ottobre 1930, la spiata di un delatore infiltrato fa scattare una serie di arresti “eccellenti” tra il gruppo dirigente di G.L. in Italia. Traquandi, Parri, Rossi e Bauer vengono tradotti a Regina Coeli. Nel maggio 1931, Rossi e Bauer sono processati nel cosiddetto “processo degli intellettuali” e condannati a venti anni di carcere. E’ un duro colpo per i giellini in Italia e per i fuoriusciti. Sempre in questo periodo, tra il 1930 ed il 1931, Nello riesce ad ottenere il passaporto e con Maria si trasferisce a Londra, dove inizia i suoi studi su Carlo Pisacane.

LE REAZIONI ALLA PUBBLICAZIONE DI “SOCIALISMO LIBERALE”

Socialismo Liberale esce per la pima volta in francese alla fine del 1930, a Parigi, presso la Libreria Valois. E’ grazie a Marion che l’originale è stato conservato e portato in Francia dopo la fuga da Lipari. Con la pubblicazione, immediate furono le critiche, fra cui quelle provenienti dal mondo socialista, da parte di Claudio Treves e Giuseppe Saragat e da quello comunista da parte di Palmiro Togliatti. Con un articolo apparso il 15 gennaio 1931 su “La Libertà”, Treves attacca duramente la proposta politica rosselliana, in primo luogo contestando l’idea che il movimento socialista dovesse ripudiare l’applicazione della teoria marxista di fronte al pericolo fascista: “Come non si riesce a capire, sottolinea in proposito Treves, che la lotta armata si qualifica storicamente tra marxismo e fascismo?“.

Non possiamo per questo prescindere tra il binomio fascismo-marxismo: “O la libertà per la classe operaia o per nessuno“. Da qui la critica finale pronunciata da Treves contro “l’imprudente” e inaccettabile pretesa di Rosselli, per questo definito “né socialista, né liberale”, di sindacare il percorso politico fino ad oggi intrapreso dai socialisti italiani di ispirazione marxista. La replica di Rosselli non si fa attendere ed il 22 gennaio risponde con un articolo intitolato A proposito di Socialismo Liberale: “La tua recensione mi dimostra che non erravo nel libro quando rimproveravo il vostro illiberalismo ideologico. Se un uomo di una generazione che non è la vostra tenta di fare in piena indipendenza i conti col passato… voi lo bandite come eretico e quasi nemico”. Se il giovane Saragat si limita a criticare l’interpretazione deterministica del marxismo sostenuta da Rosselli, Togliatti, dalle pagine di “Stato Operaio” lancia un’accusa aspra e feroce: “…il libro di Rosselli -magro libello antisocialista- si collega in modo indiretto alla letteratura politico-fascista. Essa ha in comune con una grande parte della letteratura politico-fascista non solamente la superficialità, ma la derivazione o la pretesa derivazione della filosofia non-idealistica“.

Ed ancora “Rosselli è un ideologo reazionario che nessuna cosa lega alla classe operaia”. La posizione dei comunisti italiani è naturalmente correlata alla politica del Komintern che tra il 1928 ed il 1929 abbandona definitivamente la strategia del “fronte unico”, per intraprendere quella della lotta alle socialdemocrazie e alla borghesia. E’ la svolta contro il cosiddetto socialfascismo. In sostanza i comunisti considerano il fascismo come una specifica tipologia della dittatura capitalistica borghese e per questo intendono combattere tutti quelli che sostengono la borghesia a danno della realizzazione della dittatura del proletariato. Anche le socialdemocrazie, definite schiave della borghesia europea, non perseguendo l’idea di rivoluzione per l’affermazione della dittatura del proletariato, si rendono complici dell’allargamento e del rafforzamento dei fascismi e dei movimenti reazionari europei. Per questo sono definite socialfasciste.

“GIUSTIZIA E LIBERTA'”: DALLE AZIONI ARDITE ALLA ELABORAZIONE DELLO SCHEMA DI PROGRAMMA

Dopo il volo di Bassanesi su Milano, per Giustizia e Libertà inizia il periodo della riflessione ideologico-politica, che sfocerà nella pubblicazione dello Schema di programma. In questo quadro, Rosselli sul Bollettino di G.L. di marzo scrive l’articolo Agli operai nel quale si invitano gli operai ad unirsi a G.L. e a tutti gli antifascisti provenienti da qualsiasi partito o movimento, per costituire una grande forza contro il fascismo. Per questo obiettivo, è necessario che le forze antifasciste condividano due idee fondamentali per la lotta al regime: la necessità che si affermi l’unità delle forze antifasciste, senza rinunciare alle proprie idee, ma nel solo interesse dell’affermazione della libertà e l’inevitabilità del ricorso all’insurrezione rivoluzionaria. Ma è proprio sulla definizione del concetto di rivoluzione che si aprono le polemiche all’interno del mondo antifascista e in particolar modo con i comunisti. Rosselli infatti sottolinea molto chiaramente che la sua idea di rivoluzione non coincide affatto con la rivoluzione di stampo sovietico professata dai comunisti italiani. Non a caso nel paragrafo de Agli operai intitolato “Perchè non siamo comunisti” l’autore tenta di dimostrare quanto sia sbagliato credere che in Italia si possa dar vita ad una rivoluzione con le stesse caratteristiche di quella sovietica: così facendo non si farebbe altro che aiutare il consolidamento del fascismo. Il ricorso alla rivoluzione è invece per G.L. solo strumentale all’abbattimento rapido del regime e all’affermazione della Libertà.

A tal proposito, per chiarire ulteriormente la differenza tra il concetto di rivoluzione sostenuto dai comunisti rispetto ai giellini, in Chiarimenti al programma, (Quaderno n.1 del 1 gennaio 1932), Carlo afferma: “G.L. ricorre alla rivoluzione per abbattere la dittatura fascista e conquistare un regime di vera democrazia in cui la libertà sia posta al riparo da ogni attentato e da ogni usurpazione. Il partito comunista ricorre alla rivoluzione per sostituire alla dittatura fascista la sua dittatura“. Immediate le critiche da parte dei comunisti: prima Luigi Longo, poi Amendola e infine Togliatti definirono ancora una volta G.L. movimento borghese, privo di un’idea politica e di un programma di riferimento. Nel novembre 1931, il movimento di Giustizia e Libertà aderisce formalmente alla Concentrazione Antifascista, nata nel 1927 per volontà del Partito Socialista Italiano, del Partito Repubblicano, della Confederazione Generale del Lavoro e della Lega italiana per la difesa dei diritti dell’uomo. L’accordo tra queste formazioni prevede che G.L. curi l’organizzazione dell’azione antifascista in Italia e le altre, l’azione all’estero.

Tuttavia, fin dall’inizio i rapporti tra il movimento di Rosselli e il Partito Socialista appaiono piuttosto critici, soprattutto all’indomani dell’uscita sul primo numero dei “Quaderni” dello Schema di programma. Se viene ulteriormente ribadita l’inevitabilità del ricorso alla lotta rivoluzionaria contro il fascismo, per la prima volta si afferma che da questa può scaturire una “profonda trasformazione economico-politica” del paese, che vede da una parte la costituzione di un Governo e di Comitati locali sorti direttamente dalla rivoluzione e dall’altra l’attuazione di importanti riforme in ambito agricolo (“la terra a chi lavora”), industriale e bancario accompagnate da politiche sociali più moderne ed efficaci. Questa volta le critiche provengono per lo più da ambienti socialisti: è interessante ricordare l’articolo di Giuseppe Saragat apparso sull'”Avanti” del 30 gennaio 1932, Fuori strada, in cui si sottolinea la presenza nelle parole di Rosselli di “spirito antimarxista” e la “totale elusione della realtà classista”, elementi ritenuti dai socialisti imprescindibili da ogni idea di riforma o di socializzazione.

Ma l’accusa più grave rivolta ai giellini è di tutelare gli interessi della piccola borghesia, perdendo di vista le rivendicazioni del proletariato, unica forza in grado di opporsi al fascismo. In Risposta a Saragat, apparso sull'”Avanti” del 13 febbraio 1932, Rosselli evidenzia che l’errore dei socialisti consiste nell’aver dato una lettura del programma di G.L. squisitamente classista e marxista, senza tener conto che tale movimento si definisce “unitario di azione rivoluzionaria“, prescindendo quindi da qualsiasi visione partitica o marxista, del tutto inutile ai fini della lotta al fascismo. L’intenzione di G.L. è infatti quella di rivolgersi alla classe lavoratrice, che comprende non solo il proletariato, ma anche gli intellettuali, i piccoli proprietari ed i salariati in generale. Limitare l’azione rivoluzionaria alla difesa degli interessi della sola classe operaia avrebbe mortificato il significato autentico della lotta politica, facendole assumere le caratteristiche della dittatura leninista.

I DIBATTITI NEI QUADERNI DI GIUSTIZIA E LIBERTA’: LA QUESTIONE SOCIALISTA E IL CONCETTO DI RIVOLUZIONE (1932)

Tra il 1930 ed 1931 si allarga la fama di Carlo in Europa, a seguito soprattutto della pubblicazione del racconto sulla sua fuga da Lipari, in riviste francesi e soprattutto inglesi, fra cui la “Contemporary Review”. Nel frattempo, la famiglia Rosselli, che abita sempre nel centro di Parigi si allarga: nasce infatti Andrea. Nello invece si trasferisce nella villa appena acquistata a L’Apparita, vicino Firenze, dopo il periodo trascorso a Londra con Maria. Nel gennaio 1932 esce il primo numero dei Quaderni di G.L., una nuova serie che durerà fino al 1935, per dodici numeri ad alterna periodicità. I Quaderni del 1932 sono per lo più dedicati a due importanti tematiche: la questione socialista e l’evoluzione del concetto di rivoluzione.

Il primo aspetto viene analizzato in un importante articolo scritto da Rosselli nel giugno ’32, all’indomani della morte di Filippo Turati, avvenuta durante il suo esilio francese. E’ un ricordo commosso del padre del socialismo italiano che lo stesso Carlo aveva aiutato a fuggire in Francia, ma allo stesso tempo, ripercorrendo le fasi salienti della vita dell’uomo politico rappresenta una critica all’azione politica e alle scelte compiute dai socialisti in questo secolo. Seppur non in modo diretto, a Turati viene riconosciuta la responsabilità di aver fatto inaridire la proposta politica socialista, sempre più appiattita sulle questioni economiche piuttosto che sulle rivendicazioni sociali o su scelte squisitamente politiche.

Questo avrebbe comportato, secondo l’analisi rosselliana un distacco delle nuove generazioni dal partito che, dal 1910 non ha più rappresentato un punto di riferimento ideologico sicuro e chiaro. E’ significativa a tale proposito la conclusione di Rosselli sulla personalità politica di Turati: “Le parole di Turati destano ammirazione per la finezza delle analisi e la dialettica poderosa, ma non riescono a convincere. Qualche cosa manca che non è la fede… manca la decisione“. Tuttavia, al centro della riflessione di Rosselli e del gruppo di G.L. vi è la Russia, che in questi anni sta diventando quasi un “mito” per gli intellettuali antifascisti. Lo stesso Carlo in Note sulla Russia, del marzo ’32, pur criticando anche piuttosto severamente gli effetti della dittatura stalinista, riconosce il valore storico rappresentato dalla rivoluzione russa che “aveva distrutto l’autocrazia, che aveva dato la terra ai contadini”, e significativamente conclude “Questa rivoluzione l’amiamo e la difenderemo”. In realtà questi sono anni in cui la cultura europea sembra affascinata dalla rivoluzione e dal comunismo sovietico. Afferma in proposito Rosselli: “I Soviet sono di moda… Non c’è uomo di stato o letterato di grido che non pubblichi il suo “. La differenza tra questo atteggiamento della cultura generale, definibile “di dilettantismo rivoluzionario” e l’opinione di Carlo sul mondo sovietico è netta.

Mentre infatti apprezza il moto rivoluzionario come affossatore della tirannia zarista, ma allo stesso tempo ne critica aspramente il risultato, cioè la dittatura comunista, che “aveva sì liberato energie meravigliose, ma solo per umiliarle e isteririrle”. Dunque Rosselli rivendica sì la necessità che anche nei paesi europei fascistizzati si ricorra alla rivoluzione come in Russia, ma allo stesso tempo vuole una rivoluzione democratica che non porti all’instaurazione di un’altra dittatura, ma sfoci nella costituzione di un governo democratico e rappresentativo di tutte le realtà politiche del paese. Come afferma in Chiarimenti al programma: “La rivoluzione… dovrà conseguire di slancio tutti i suoi più importanti obiettivi: repubblica, riforma agraria e riforma industriale e bancaria. Questi obiettivi… sono la rivoluzione stessa che si attua”, diversamente, se si seguissero i dettami comunisti la “rivoluzione scoppierebbe ma mancherebbe al suo scopo“.

1933: I DIBATTITI DI G.L.: IL FASCISMO, IL NEO-SOCIALISMO FRANCESE E “LA GUERRA CHE TORNA”

Con il 1932 si chiude la prima serie di sei “Quaderni di G.L.” che, come afferma Rosselli ha consentito “di precisare il programma, lo spirito, la fisionomia del movimento”; la seconda serie, che durerà fino al 1935 chiarirà invece “il fronte e gli scopi” della battaglia del movimento. I primi articoli di questa seconda serie sono per lo più dedicati a tre tematiche: l’inasprimento del fascismo in Italia e l’affermazione del nazismo in Germania, il dibattito sul neo-socialismo e infine la questione del pericolo della guerra. Il primo articolo dei nuovi Quaderni, Italia ed Europa, è estremamente importante perchè con esso il pensiero di Rosselli supera i confini nazionali, per inserirsi pienamente in una marcata prospettiva europea. Questa nuova dimensione è strettamente correlata agli eventi che caratterizzano la storia europea dal 1933 al 1937, anno della morte di Rosselli. In primo luogo, la nomina a Cancelliere di Adolph Hitler, che testimonia il crollo definitivo delle democrazie europee, schiacciate dalla dittatura.

Questo evento per Rosselli è la conferma che il fascismo da questione nazionale si sta trasformando in questione europea: “il fascismo ha vinto. Ha vinto in Italia, ha vinto in Germania e vincerà probabilmente in Austria”. Contemporaneamente, Dollfuss scioglie il parlamento austriaco, mentre anche in Spagna Primo de Rivera porta le destre al potere. In questa drammatica situazione, è inevitabile chiedersi quale deve essere il ruolo svolto dalle forze antifasciste europee. Secondo G.L., partendo dalla considerazione che il fascismo è il risultato di una crisi di valori morali, dovuta anche alla debolezza dell’azione politica delle forze antifasciste, è necessario che queste ricostruiscano la loro identità fin dai fondamenti, superando in primis la crisi di ideali e recuperando “valori umani di giustizia, di libertà, di autonomia, di diritto… che nessuna concessione fascista può offuscare”. In questa ottica G.L si pone come il mezzo per creare quella unità politica dell’antifascismo, capace di stimolare lo spirito intraprendente che aveva contraddistinto la grande forza del Risorgimento.

Tra il 14 ed il 18 giugno 1933, a Parigi si apre il Congresso dei Socialisti francesi, in cui vengono presentate le tesi del nuovo gruppo dei cosiddetti neo-socialisti. Rosselli ne condivide la proposta politica della necessità storica di ricercare l’alleanza tra il proletariato ed i ceti medi, in funzione strettamente antifascista e per contrastare il dilagare dei fascismi in Europa. Si propone in ultima analisi di superare lo schema marxista della società divisa in classi, proletariato e borghesia, per sostenere invece l’alleanza del proletariato con il ceto medio. Altro tema di dibattito all’interno del gruppo di G.L. è il pericolo di una guerra europea, al quale Carlo partecipa con la pubblicazione sul Quaderno n.9 de La guerra che torna, un contributo successivamente definito profetico, in quanto anticipa l’inevitabilità del ricorso alla guerra, a seguito della vittoria del nazismo in Germania e della sua contaminazione negli altri paesi europei. Afferma Rosselli: “A meno di un capovolgimento totale, la guerra viene, la guerra verrà”. In questo quadro, l’antifascismo ha un’unica politica di intervento, che consiste nell’organizzare un intervento rivoluzionario in appoggio alla rivoluzione antifascista che potrebbe esplodere in Germania, Italia e Austria. Si tratta di una rivoluzione preventiva, che potrebbe scongiurare lo scoppio della guerra: “…un intervento rivoluzionario che nei paesi dove il fascismo domina rovesci le parti nella guerra civile“.

Su questo tema, il dibattito con i socialisti è particolarmente intenso, come dimostrano i vari articoli pubblicati sui Quaderni e sull'”Avanti”, fra cui il contributo di Nenni Contro l’illusione della guerra rivoluzionaria e per la libertà apparso sull’ “Avanti” del 2 dicembre 1933, in cui non viene contestato il pericolo dello scoppio della guerra, quanto “il rimedio” proposto dai giellini e cioè la rivoluzione preventiva, che comporterebbe guerra nella guerra, massacro nel massacro. Il dovere del rivoluzionario è secondo Nenni di lottare per la pace, per il disarmo: “se malgrado tutto la guerra scoppiasse, la funzione dei socialisti sarà di di non aderirvi in nessun caso…”. Rosselli risponde pubblicando sull'”Avanti” del 30 dicembre La polemica sulla guerra e sull’iniziativa rivoluzionaria. I giellini, dopo la vittoria nazista in Germania e la consapevolezza dell’inevitabilità della guerra ritengono che l’unica politica da sostenere è il ricorso alla rivoluzione preventiva, “in luogo di preparare la guerra o di subirla passivamente”. Il dissenso con i socialisti consiste, come afferma Rosselli “nel temperamento, nel modo di reagire alle situazioni”, e rivolgendosi a Nenni conclude “… mi pare che rimaniate stranamente indifferenti di fronte alla catastrofe che minaccia… secondo voi nulla ormai da fare, da tentare“.

1934: CRISI DELLA CONCENTRAZIONE ANTIFASCISTA

Nel novembre 1933, il Consiglio Generale della Concentrazione Antifascista approva il Patto di Novembre, per rendere più incisiva l’azione politica delle forze politiche che la compongono. In questo quadro, anche il ruolo di G.L. all’interno della Concentrazione muta: non è più rappresentante in Italia dello schieramento laico democratico, ma movimento completamente autonomo. Questa nuova collocazione di G.L. non favorisce il miglioramento dei rapporti politici con i socialisti che, anzi, si inaspriscono di fronte al dibattito sulla guerra e sulla definizione del ruolo che dovrebbero assumere i partiti antifascisti europei.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, Rosselli ribadisce il concetto già espresso nel 1930 ne Il nostro movimento ed i partiti, per cui, di fronte ad un’emergenza storica che caratterizza gli anni trenta, si debba privilegiare la costituzione di un movimento unitario antifascista, anziché attardarsi sulla difesa degli interessi dei singoli partiti. Tale considerazione viene riproposta in Pro o contro il partito (QGL n.8 – agosto 1933), sollecitata anche dalla discussione interna a G.L. sulla necessità che il movimento si strutturi in partito. Rosselli si oppone a qualsiasi ipotesi di trasformazione interna, in quanto ritiene che non vi siano le condizioni essenziali per la costituzione di un partito, che sono in primo luogo la possibilità di attivare la lotta politica, di agire in modo autonomo e soprattutto in uno stato in cui siano vigenti le libertà fondamentali, fra cui la libertà di espressione.

Aggiunge Rosselli: “solo quando lo stato fascista sarà rovesciato, sarà concepibile, sarà possibile, anzi doveroso, il ritorno alla lotta politica, alla lotta dei partiti, allora, se mai, sarà il caso di discutere seriamente il programma d’una radicale trasformazione organizzativa di G.L.” L’eliminazione della sinistra socialdemocratica in Germania e l’assassinio di Dollfuss in Austria, spingono Rosselli a sollecitare un mutamento dell’azione politica della Concentrazione antifascista che, preso atto della gravità della situazione europea avrebbe dovuto scegliere l’unificazione organizzativa di tutte le forze in un “partito unico rivoluzionario italiano socialista repubblicano”, unito nella lotta rivoluzionaria e sui principi programmatici.

Il primo a respingere tale prospettiva è Nenni che, in una lettera inviata al Comitato centrale della Concentrazione e alle forze ad essa aderenti, accusa G.L. di non aver ben chiara la differenza tra il concetto di partito e quella di alleanza politica “costituita in una situazione determinata e per uno scopo determinato”; ribadisce la natura classista e internazionalista del Partito Socialista ed infine, rifiuta definitivamente la proposta di G.L. di unificazione, dichiarando che con essa il movimento di Rosselli “si pone volontariamente fuori della disciplina concentrazionista”. Il 5 maggio, dopo aver ascoltato le relazioni di Rosselli e Nenni, il Consiglio generale della Concentrazione decreta la fine dell’esperienza concentrazionista. Il movimento di G.L riprende con vigore la lotta, anche con la pubblicazione del nuovo settimanale di G.L che, dal 18 maggio 1934 al 18 gennaio 1935 ha come sottotitolo “movimento unitario d’azione per l’autonomia operaia, la repubblica socialista, un nuovo umanesimo”. Come afferma Rosselli in Fronte verso l’italia (G.L. del 18 maggio) poiché l’azione contro il fascismo non si affievolisca per la crisi della Concentrazione è necessario che “si continui a combattere con assoluta intransigenza”.

L’anniversario della Rivoluzione russa consente a Rosselli di fare un bilancio della lotta antifascista e riproporre il dibattito sul significato della “lotta rivoluzionaria” in Italia. Nell’articolo 7 Novembre, pubblicato su un numero monografico di “G.L” del 9 novembre 1934, viene criticato il socialismo nato dalla rivoluzione bolscevica, in quanto privo del suo elemento determinante, la libertà, ma allo stesso tempo si riconosce il ruolo svolto da questa stessa rivoluzione, che è riuscita a liberare il popolo russo dall’oppressione dello zar. L’assunzione della rivoluzione russa come simbolo di lotta per gli antifascisti europei non comporta tuttavia una diversa visione dell’URSS da parte di Rosselli. Il giudizio rimane ancora molto pesante: “nel migliore dei casi bisogna ammettere che si è ancora molto lontani dal socialismo in Russia. Il socialismo fu sempre concepito come l’attuazione integrale del principio di libertà. Che cosa è allora il socialismo senza libertà, uno stato che non può vivere se non esternando la dittatura?“.

SALTO NEL 1935

Afferma Rosselli nell’articolo Salto nel 35 (G.L. del 28 dicembre): “Entriamo, italiani, nel 1935, l’anno del Duce definito cruciale… L’anno cruciale che cosa riserberà? La guerra in Abissinia?”. L’attività pubblicistica di Carlo relativa al 1935 è indirizzata all’analisi della politica estera fascista e principalmente alla questione abissina, ulteriore conferma del pericolo di una sempre più marcata fascistizzazione dell’Europa. In Come vince il fascismo (G.L. del 22 marzo) Rosselli sottolinea la spregiudicatezza delle politiche estere del fascismo e del nazismo, cui corrisponde l’assoluto immobilismo politico delle forze antifasciste europee e della Società delle Nazioni, che punta unicamente alla politica del disarmo come unico mezzo per riconquistare la pace. In questo quadro é emblematico ciò che scrive in Specchi per allodole pacifiste (G.L. del 23 agosto): “Nell’Europa del 1935 la libertà è una debolezza colpevole di cui ci si scusa di fronte ai dittatori trionfanti”. Rosselli, che fino a questo periodo aveva sempre difeso la ricerca della pace e del disarmo, di fronte al dilagare della violenza e al pericolo della guerra ritiene che “disarmare le potenze e gli stati non si può. Non c’è che un modo per disarmarli: rivoluzionarli dall’interno”.

E, dunque, ancora una volta Carlo propone la rivoluzione, non solo come unico baluardo contro la dittatura, ma anche un mezzo con cui liberare l’uomo dall’oppressione. In proposito, nell’articolo Della pace e della guerra (G.L. del 12 aprile), afferma: “Il problema della lotta contro la guerra fa perciò tutt’uno col problema della lotta per l’emancipazione integrale dell’uomo, col problema della rivoluzione. Per disarmare gli stati bisogna sovvertirli, e per sovvertirli bisogna liberare la società e l’uomo”. Ma, liberare le masse significa anche dar loro un obiettivo per cui battersi e appoggiare la rivoluzione: propone allora di prospettare l’idea di costruire l’Europa, ovvero, come scrive in Europeismo e fascismo (G.L. del 17 marzo) “gli Stati uniti d’Europa”. Questa prospettiva rappresenta una svolta teorico-politica dell’idea europeista dell’antifascismo, in quanto si individua nell’elezione di un’assemblea costituente lo strumento necessario per arrivare all’elaborazione di una vera e propria costituzione federale e si richiama l’attenzione sulla necessità di mobilitare le masse per risvegliare l’interesse a combattere contro il fascismo.

Il 3 ottobre, Mussolini dichiara guerra all’Etiopia. Carlo, anticipando la gravità della situazione politica, ritiene necessario e non più rinviabile che le forze antifasciste si uniscano e facciano appello a tutto il popolo perchè “si risollevi e risorga”. Questa linea, sostenuta da Rosselli anche a seguito del risultato politico dell’VIII Congresso dell’Internazionale comunista, che sancisce l’inizio della politica dei fronti popolari liquidando quella del socialfascismo, è ripresa nell’articolo Opposizione d’attacco (G.L. del 4 ottobre), in cui Carlo lancia la sua ultima proposta politica, che difenderà fino alla morte, dell’unità dell’azione antifascista.

Si rivolge ai comunisti, ai socialisti e agli anarchici perché insieme creino una federazione di partiti, in cui G.L. potrebbe rappresentare “un partito tra i partiti”, nel rispetto delle reciproche autonomie e identità, ma con l’obiettivo comune di abbattere i fascismi. In Accordo di rivoluzione e non di successione (G.L. del 27 settembre), Rosselli dà corpo a questa proposta cercando di definire in primo luogo il tipo di unità che dovrebbe essere perseguita: un’unità che unisca ed agisca, “che non si limiti a permettere uno sforzo in comune, ma che obblighi singoli, partiti e gruppi a esercitare il loro massimo sforzo in comune” con l’obiettivo di “un accordo di unità di azione contro il fascismo e contro la guerra, diretto a creare una situazione rivoluzionaria in Italia”.

“OGGI IN SPAGNA, DOMANI IN ITALIA”

Il 16 febbraio 1936, l’alleanza dei repubblicani, socialdemocratici, anarchici e comunisti vince le elezioni in Spagna, sconfiggendo il governo del conservatore Gil Robles e del monarchico Calvo Sotelo. Il 12 marzo parte la controffensiva terroristica della destra spagnola, che organizza la sedizione dei generali ed il colpo di stato. Di fronte a questo ennesimo tentativo delle destre di destabilizzare un altro paese in Europa, immediata è la reazione di Rosselli che, vedendo nella Spagna la concretizzazione dello scontro ideale tra le forze della libertà e quelle della dittatura ritiene dovere principale di ogni antifascista la partecipazione a fianco del popolo oppresso. Rivolgendosi a tutti coloro che credono nella libertà, Carlo definisce la guerra di Spagna come “la nostra guerra. L’Italia ideale di Amendola, Matteotti, Gobetti ha trovato finalmente il suo braccio, l’azione”. Ciò che Rosselli contesta è l’immobilismo assoluto delle democrazie europee e soprattutto la scelta del “non-intervento” fatta dal governo francese presieduto da Léon Blum.

Alla partecipazione attiva dell’Italia e della Germania a fianco delle destre non corrisponde un’azione altrettanto incisiva degli antifascisti. Solo l’Unione sovietica si è schierata apertamente per la Repubblica, inviando uomini ed armi: “… solo le condizioni nette e gli aiuti senza condizioni contano… il resto è retorica”. Per questo, anche Carlo è deciso a dare il suo concreto contributo e il 16 Agosto 1936, dopo aver accompagnato Marion ed i figli in Costa Azzurra raggiunge la caserma in cui si trova la “prima colonna italiana” in un paese alle porte di Barcellona. Qui, insieme a tanti altri antifascisti italiani incontra il capo mitragliere Aldo Garosci, “la faccia un po’ canonicale, alto e goffo”. La notte tra il 19 ed il 20 agosto, organizzata da Rosselli, la colonna raggiunge il fronte d’Aragona, dove combatterà la sua prima battaglia per la libertà.

L’esperienza della partecipazione diretta allo scontro fa nascere in Carlo l’idea di trasformare la colonna italiana in battaglione Matteotti, una formazione più attrezzata, sostenuta finanziariamente e politicamente dall’antifascismo europeo. Per questo si reca a Parigi e, successivamente, tornato in Spagna, il 13 novembre grida da Radio Barcellona un accorato appello al popolo italiano, perchè tragga dalla Spagna un esempio per insorgere e levarsi contro le dittature: “Oggi in Spagna, domani in Italia”. Il discorso di Rosselli appare con questo stesso titolo in “Giustizia e libertà” del 13 novembre: parla da volontario impegnato nella rivoluzione spagnola che saluta gli italiani e con grande passione e fervore politico annunzia che “la riscossa antifascista si inizia in Occidente. Dalla Spagna guadagnerà l’Europa. Arriverà in Italia“.

Esorta tutto il popolo ad andare nelle officine per parlare agli antifascisti che si stanno mobilitando per la Spagna, ad avvicinare nelle campagne i contadini, a boicottare manifestamente o segretamente la dittatura: “vale più un mese di questa vita, spesa per degli ideali umani, che dieci anni di vegetazione o di falsi miraggi imperiali nell’Italia mussoliniana“. E conclude l’appello invitando gli italiani ad appoggiare la causa spagnola in ogni modo, sia finanziario che con la partecipazione diretta alla rivoluzione, affinché il fascismo non possa più appoggiare l’azione dei generali fascisti: “Quanto più presto vincerà la Spagna proletaria, tanto più presto sorgerà per il popolo italiano il tempo della riscossa”. Al ritorno in Spagna, Carlo si trova ancora in mezzo ai combattimenti, fino a quando la sua vecchia flebite in una gamba si riapre: il 6 dicembre è costretto a dimettersi da comandante della Colonna Italiana e decide di tornare in Francia per curarsi.

L’UCCISIONE DI CARLO E NELLO ROSSELLI A BAGNOLES DE L’ORNE

Tra marzo e maggio 1937, spinto soprattutto dall’esperienza spagnola, matura la sua ultima riflessione politica, alla quale dedicherà la maggior parte degli articoli apparsi nel settimanale di G.L.. Si tratta di un vero e proprio approdo politico del pensiero rosselliano, che si basa essenzialmente sulla consapevolezza della necessità che le forze antifasciste superino le divisioni interne per rispondere unitariamente alla fascistizzazione dell’Europa. Nei cinque articoli raccolti nel titolo Per l’unificazione del proletariato italiano (G.L. del 19 marzo), Rosselli, partendo ancora una volta dall’esperienza spagnola, auspica il superamento delle divisioni interne alle forze antifasciste, in favore di un fronte unico che persegua una politica unitaria. In questa prospettiva è importante il dialogo con i comunisti, a cui infatti è dedicato uno specifico articolo. Il loro attivismo in Spagna a fianco dei repubblicani e la loro scelta di partecipare alla formazione di fronti popolari contro i fascismi dimostrano che vi è una comunanza di idee e di obiettivi con il resto delle forze antifasciste, da cui non si può prescindere per la costituzione della nuova formazione politica.

E’ evidente, e Carlo lo specifica nello stesso articolo, che il partito comunista è ancora una formazione troppo classista e rigidamente chiusa nella sua gerarchia, tuttavia, di fronte alla tragicità della storia europea, ciò che più conta è la capacità di superare tali limitazioni e lottare insieme per la libertà. L’ultimo articolo è dedicato al ruolo che potrebbe essere ricoperto da Giustizia e Libertà in questo nuovo scenario politico: nata come risposta alla crisi del socialismo e delle democrazie, potrebbe avviare il processo di “nuova sintesi” tra le forze socialiste, comuniste e libertarie. Anch’essa dovrà mutare nel suo interno, con strumenti e strategie politiche più originali e nuove, capaci di controbattere all’azione del fascismo. “Di questa formazione il proletariato sarà il pernio. Ma non bisogna pensarla in termini di partito tradizionale”. La sintesi proposta da Rosselli rappresenta un terreno fertile per la crescita della politica della nuova sinistra, che potrebbe trovare un nuovo spirito per combattere la dittatura e per la libertà lasciandosi dietro le rigidità ideologiche e le barriere classiste.

Dalla sera di giovedì 17 maggio, Marion e Carlo soggiornano a Bagnoles de L’Orne, una stazione termale adatta per la cura della flebite di Carlo. Qualche giorno più tardi li raggiunge Nello. Il 7 Giugno, giorno del compleanno di John, dopo che Marion è partita per tornare a Parigi dai figli, i fratelli partono in macchina per Alencon, dove Nello acquista delle trine per la moglie Maria. Qualche ora più tardi un gruppo della Cagoule (formazione eversiva della destra francese) intercetta la macchina dei Rosselli costringendola a fermarsi. Carlo e Nello vengono barbaramente uccisi ed abbandonati in una strada secondaria. Il n.25 di Giustizia e Libertà del 18 giugno 1937 si apre con il titolo “Mussolini ha fatto assassinare in Francia Carlo e Nello Rosselli”. La storia confermerà nel capo del fascismo il mandante dell’assassinio. Le salme sono portate a Parigi, prima nella casa di Rue Notre-Dame de Champs e successivamente esposte alla Maison des Syndicats.

Vengono sepolti al Cimitero di Père Lachaise, vicino alle tombe di Gobetti, Treves, Turati. Dirà Garosci: “C’era un’aria di sommossa, un desiderio di vendetta e di riscossa che faceva echeggiare qua e là grida di morte agli assassini fascisti, al passaggio della vedova”. Amelia e Maria, minacciate dal fascismo in quanto ebree lasciano l’Italia e si trasferiscono in Svizzera. Marion resta a Parigi, poi andrà in Inghilterra ma solo per un breve periodo. Tornata in Francia, un ictus le impedirà l’uso di una mano. A causa della guerra, i Rosselli devono lasciare l’Europa e nell’ agosto del 1940 si imbarcano alla volta degli Stati Uniti. Nel luglio 1946, la famiglia Rosselli torna in Italia, nella casa di Via Giusti a Firenze. Da questo momento le vite dei giovani Rosselli prendono strade diverse. Marion muore in Inghilterra il 13 ottobre 1949, a soli cinquantadue anni, Maria il 30 luglio 1998, a novantatre anni. Nel 1951 le salme di Carlo e Nello furono riportate a Firenze e traslate al Cimitero di Trespiano. Il Sindaco di Firenze Mario Fabiani, vestito in quell’occasione in tuta da operaio, volle portare a spalla la bara di Carlo.

Fonte: Ossimoro

 

Tornano le ceneri dei F.lli Rosselli. 29 Aprile 1951