Gli iscritti al circolo giovanile socialista del quartiere operaio di Borgo San Paolo a Torino nel 1914
Tratto da un’opera di Giovanni Artero: APOSTOLI DEL SOCIALISMO
SCHEDE BIOGRAFICHE
GIUSEPPE LIBOI
Nasce nel 1863 a Besozzo (Varese); dopo la seconda elementare inizia a lavorare come muratore. Nel marzo 1901 per la Prefettura di Milano: “ aveva molto ascendente nel settore dei lavoratori edili nel partito … a Milano e nelle provincie limitrofe. Ha rapporti con Angiolo Cabrini e soprattutto con Silvio Cattaneo” con cui il 14 maggio 1898 ripara in Svizzera perché sospettato di essere fra i promotori dei moti di Milano: infatti fu spiccato mandato di cattura nei suoi confronti, poi decaduto per insufficienza di prove. Molto attivo nell’organizzazione della Federazione Italiana arti murarie e impegnato a costituire sezioni della “Associazione Mutua e miglioramento fra muratori”, è “un efficiente propagandista anche se si esprime per lo più in dialetto lombardo” Nel 1896 tiene in molti paesi del circondario milanese delle conferenze di propaganda per l’Associazione e per far aderire quelle già esistenti alla Federazione Muraria e alla Camera del Lavoro. Nel 1900 con Silvio Cattaneo e Pietro Bellotti ricostruisce la Camera del Lavoro dopo lo scioglimento dandole indirizzo socialista rivoluzionario. Prende la parola ai comizi di esponenti socialisti fra cui Cabrini e Dino Rondani e nel 1902 è nominato delegato della Carnera del Lavoro per le arti edilizie. Nel 1905 cambia posizione e appoggia l’area riformista, con cui si presenta alle elezioni della Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro, ma non è eletto.
Il 29-30 settembre 1906 partecipa al congresso della Resistenza a Milano che delibera di trasformare il Segretariato Nazionale della Resistenza nella Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) con sede a Torino e in cui è eletto componente del Comitato di Vigilanza.
Nel 1907-8 è molto attivo e partecipa a conferenze e manifestazioni in tutta la Lombardia: a Como è presidente della commissione per la costituzione di due Leghe: delle arti tessili ed edilizie, nelle provincie di Como e Bergamo tiene conferenze in molti paesi a volte interrotte dagli organi di polizia presenti “per accenni vivaci ai conflitti tra operai e forza pubblica“. A Como è eletto anche delegato della locale “Società Umanitaria”. Il 3 aprile 1910 interviene alla riunione degli scalpellini e marmisti di Viggiù in sciopero consigliando prudenza. Il 22 gennaio 1911 si presenta alle elezioni amministrative nella lista dei partiti popolari ma non è eletto; dal 1913 al 1917 vive a Milano lavorando come Segretario della Cooperativa muratori e tenendo qualche conferenza.
FONTI: Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale.
www.umanitaria.it “voci di quartiere, storie di vita vissuta” p.3, 14; M. Antonioli, J. Torre Santos Riformisti e rivoluzionari : la C.d.L. di Milano dalle origini alla Grande guerra, 2006, pag. 145
UGO OSVALDO MAFFIOLI
Nasce nel 1871 a Castellanza. Operaio tessile, riesce a mettersi in proprio sino ad impiantare una piccola fabbrica di cravatte. Iscritto al partito socialista dalla fondazione e attivo propagandista nell’ambito della Camera del lavoro di Milano, massone e di tendenza riformista, al XIII Congresso nazionale del PSI (Reggio Emilia, 1912) si schiera con i riformisti di sinistra, vota il documento di Francesco Ciccotti sulla tattica elettorale e, sull’espulsione della destra riformista di Bissolati e Bonomi, interviene perché sia limitata e motivata individualmente. Alle elezioni politiche del 1913, nel terzo collegio di Milano, supera al ballottaggio il radicale Manfredini, con un’intensa campagna centrata sulla necessità che il proletariato scelga i propri rappresentanti nelle proprie fila, rifiutando i tradizionali legami con la borghesia più avanzata. Eletto nel giugno 1914 anche consigliere al comune di Milano, sull’intervento si pronuncia in un primo momento a favore delle posizioni di Mussolini interventista, ma rifiuta poi di seguirlo fuori dal partito, come ribadisce sia in una riunione con Majno e Caldara, sia in una assemblea di dirigenti del socialismo milanese (Turati, Caldara, Sarfatti, Ferrari, Allevi e Marangoni) in cui viene votato un documento di «simpatia» per le «democrazie occidentali». Come amministratore comunale propone la municipalizzazione dei servizi di approvvigionamento e distribuzione del carbone e del gas per battere la manovra speculativa conseguente all’intervento in guerra.
Nel 1917 si allinea con Turati e Treves nell’auspicare l’appoggio del Gruppo Parlamentare Socialista al governo «nazionale» e partecipa ad una delle «commissioni» create per sostenere lo sforzo bellico. Attaccato da Luigi Repossi per il suo «collaborazionismo» al XV Congressö nazionale del PSI (Roma, 1918), replica che solo grazie alla presenza socialista all’interno delle commissioni si erano evitate manovre antiproletarie e si erano potuti sapere particolari «altrimenti inconoscibili». In tale occasione appoggiala mozione di G.E. Modigliani favorevole al rinvio della discussione sulla adesione alla III Internazionale. Nel maggio 1919 compie un viaggio personale a Budapest e in un colloquio con Béla Kun dichiara che il programma del PSI ed i suoi dirigenti sono rivoluzionari solo a parole. A Costantino Lazzari che condanna sull’Avanti! la «leggerezza» di queste dichiarazioni strumentalizzate dalla stampa borghese, precisa il carattere strettamente personale dei giudizi espressi nel corso di una visita informale e presenta le dimissioni dal partito, che la sezione socialista milanese respinge a maggioranza. Ma “l’Avanti!” continua gli attacchi personali insinuando essersi in più occasioni servito del mandato parlamentare e delle relative agevolazioni, come la tessera ferroviaria, per i propri interessi privati di industriale manifatturiero. Il «caso», momentaneamente accantonato di fronte all’urgenza di altre scadenze, come il XVI Congresso del partito (che vi accenna solo di sfuggita) e le elezioni politiche del novembre 1919 (in cui non viene ripresentato), è risollevato nel gennaio 1920, quando in una riunione della sezione socialista milanese si ricorda che l’ex-deputato ha mantenuto un comportamento «corretto, da galantuomo» e da sette mesi aspetta una delibera definitiva. Nella successiva riunione del 17 febbraio Serrati ricorda che la stampa borghese ha sfruttato l’incidente per attribuire al caso il carattere di una sconfitta dell’”Avanti!” e di tutta la corrente massimalista, che pur essendo la maggioranza aveva «ceduto» alla volontà della destra riformista.
Egli riconferma le proprie dimissioni ed esce dal partito ma rimane in contatto con i riformisti milanesi e alla loro espulsione al XIX Congresso nazionale del PSI (Roma, 1-5 ottobre 1922) si iscrive al Partito socialista unitario e viene candidato alle elezioni amministrative milanesi del 1922, riuscendo eletto consigliere comunale; carica che mantiene sino al 1925. Da quella data si perdono le sue tracce, con le leggi eccezionali a giustificare il suo ritiro dalla vita politica. Muore a Ossuccio (Varese) nel luglio 1943).
FONTI: Resoconto stenografico del XV Congresso nazionale del PSI, 1919, pp. 162-163 e 366-367; F. Pedone, Il P.S.I. nei suoi congressi, 1959-1968; L. Valiani, Il PSI nel periodo delta neutralità , 1962;
1. Turone, Cronache del socialismo milanese, 1963; F. Andreucci, T. Detti Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico.
ALESSANDRO GALLI
Nato nel 1876 a Montirone da Giuseppe e da Giulia Luraghi. Trasferitosi con la famiglia a Sesto S. Giovanni (Milano), si avvicina giovanissimo agli ambienti anarchici milanesi e subisce i primi arresti, la vigilanza speciale e il domicilio coatto, pur lavorando come nastraio. Ne1l’apri1e 1893 la prima condanna; dopo pochi mesi uno scontro coi poliziotti lo riporta in tribunale dove è difeso con successo da Pietro Gori. Il 13 settembre 1894 è condannato a 15 mesi di domicilio coatto da cui è prosciolto il 4 marzo 1896. Chiamato alle armi nel 1897 a Vercelli, rimane in servizio fino all’ agosto 1900, trascorrendo l’ultimo periodo di leva al domicilio coatto. Tornato a Milano, riprende il lavoro di nastraio. E’ nominato segretario amministrativo al congresso costitutivo della Federazione dei Tessili (FIOT) tenuto a Milano nell’aprile 1901, al cui periodico «Le Arti tessili» collabora assiduamente. Nel febbraio del 1902 viene richiamato sotto le armi e assegnato al 23° Reggimento di stanza a Milano. Più volte incarcerato, inviato presso la compagnia di disciplina a Portoferraio, nonostante le vibrate proteste della Federazione, viene definitivamente congedato nell’autunno e può riprendere, all’inizio del 1903, il suo posto nel Comitato centrale della FIOT.
Nel marzo 1904 al terzo congresso della FIOT a Pisa, in rappresentanza dei tintori milanesi e delle sezioni nastrai di Milano, Intra e Monza, osteggia l’aumento della quota e si oppone alla linea favorevole alla legislazione sociale: convinto che i lavoratori debbano “far da sé”, senza inutili intermediazioni, ritiene gli scioperi parziali un utile esercizio in attesa della “grande lotta” finale. Il 23 aprile 1905 nel comizio in occasione della formazione dell’organizzazione dei Panettieri è richiamato dalla gendarmeria di Lugano per l’atteggiamento troppo violento. Un eccidio proletario avvenuto a Torino il 6 maggio 1906 scatena una serie di scioperi di protesta in tutta Italia. A Milano il 10 il fratello Angelo muore accoltellato dal custode della fabbrica dove si è recato per controllare la presenza di crumiri. Nel comizio indetto dopo poche ore pronuncia un discorso incendiario che genera tumulti ed è denunciato per istigazione a delinquere e costretto a rifugiarsi a Lugano. (Il 13 maggio durante il funerale del fratello ha luogo un violento scontro tra anarchici e truppe a cavallo e il pittore Carlo Carrà, allora frequentatore del milieu anarchico, si trova nella mischia e trasferisce le sue emozioni su tela, in un famoso quadro ora al MOMA di New York.) Rientrato a Milano il mese dopo, riprende la sua attività di nastraio e di propagandista della FIOT.
Dalla morte del fratello l’intransigenza lascia il posto alla mediazione e all’adesione all’area socialista riformista e in occasione dello sciopero del Verbano, nel 1906, si scontra con la combattività della CdL di Intra che lo critica per la sua “transigenza”; la sua estraneità al movimento anarchico è ormai evidente e nulla distingue le sue posizioni da quelle di Buozzi o Quaglino. A partire dal 1907 l’attività sindacale aumenta d’intensità: si sposta da una città all’altra in qualità di propagandista, interviene nelle vertenze dando prova di capacità di mediazione, collabora al giornale federale. Al congresso della FIOT nell’ottobre 1909 sostiene l’aumento della quota federale. Nell’agosto 1910 ne diventa segretario conservando anche l’incarico di propagandista. Dal maggio 1911 entra nel Direttivo della CGdL. Alla vigilia dello scoppio del conflitto europeo è condannato per aver condotto un lungo sciopero a Borgosesia. Nel novembre 1915 è richiamato alle armi e nel settembre 1917 ottiene l’esonero perché membro del Comitato Regionale di Mobilitazione Industriale. Sempre nel 1917 entra nell’Esecutivo della CdL di Milano e, con Nullo Baldini, Angiolo Cabrini e Ludovico D’Aragona, della Commissione incaricata di preparare un disegno di legge sull’assicurazione obbligatoria contro le malattie. Nella “biennio rosso” è una delle figure di spicco del movimento sindacale. Segretario della FIOT, si impegna nell’organizzazione delle lotte del settore tessile; in particolare dirige con Ernesto Schiavello e Giuseppe Reda, nel maggio-giugno 1919, lo sciopero dei tessili biellesi.
Per questa battaglia sindacale è denunziato sotto varie imputazioni con altre 86 persone. Nel 1920 partecipa ad Amsterdam al Convegno Internazionale dei Sindacati Operai, dal 15 al 30 ottobre al Congresso della Federazione internazionale dei Sindacati tessili a Londra e nel 1921 a Berlino al congresso internazionale come membro del Comitato centrale dell’internazionale Tessile. Fautore dell’autonomia del sindacato dal PSI si scontra, al Congresso della FIOT dell’ottobre 1920, con l’opposizione massimalista e ordinovista, riuscendo sconfitto. Le sue dimissioni vengono tuttavia respinte anche dai massimalisti e rimane alla testa della Federazione, affrontando la crisi che porta all’affermazione del fascismo e firmando l’ultimo contratto nazionale a Palazzo Vidoni nell’ottobre 1925. Con la legge del 3 aprile 1926, che abolisce la libertà sindacale, abbandona ogni attività e si stabilisce ad Udine lavorando come cassiere presso il laboratorio di sartoria del genero. Il 2 marzo 1941 la prefettura di Udine propone la sua radiazione da novero dei sovversivi in quanto «non si accompagna ad elementi notoriamente sospetti in linea politica, e … partecipa spesso, pur non essendo iscritto alle organizzazioni del partito, alle varie cerimonie patriottiche e fasciste».
Muore a Udine nel 1950
FONTI: Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale
1. Antonioli Dizionario biografico degli anarchici italiani; A. Pepe, Storia della CGdL dalla guerra di Libia all’intervento, 1971; M. C. Cristofoli, M. Pozzobon I tessili milanesi, 1981; L.Marchetti, La Confederazione Generale del Lavoro negli atti, nei documenti, nei congressi, 1962;
ERNESTO GHEZZI
Nato nel 1878 a Milano da Giovanni e da Gaetana Ponciletti. Dopo le elementari e le scuole tecniche lavora come fonditore in bronzo. Da Milano (dove, scrive la Questura, è “poco ben visto pel suo carattere superbo e prepotente, ma che non erasi fatto notare come appartenente a partiti sovversivi”) si trasferisce nel 1898 a Venezia, la cui Prefettura nel cenno biografico lo descrive “Di mente alquanto esaltata, si iscrisse al circolo socialista e ben presto si fece notare per il suo fervore, per l’eccessività dei suoi propositi tendenti all’anarchia, pel suo zelo nella propaganda…. Si arrabbattò per riorganizzare la Lega di resistenza tra operai metallurgici e prese parte a tutte le conferenze elettorali politiche, prendendovi quasi sempre la parola per esternarvi propositi violenti, per attaccare l’Autorità e le Istituzioni.” Nel luglio 1900 ritorna a Milano occupandosi presso una fonderia. Gradualmente abbandona gli originari ideali anarchici: scrive la Prefettura di Milano il 29 marzo 1902: “Riscuote in pubblico buona fama, di carattere mite, di discreta educazione, ha sufficiente intelligenza e cultura.
E’ affiliato al partito socialista delle cui teorie è attivo propagandista, quantunque in passato abbia accarezzato quelle anarchiche”. La Federazione socialista milanese lo delega nel giugno 1901 al Congresso nazionale Metallurgici a Livorno. Condannato ad ammenda per diffusione di manifesti sovversivi, nel settembre 1901 una denuncia per istigazione all’odio di classe è archiviata per inesistenza di reato. Segretario della Federazione provinciale delle Leghe fra i lavoratori della terra di Bologna da aprile a luglio 1902, a dicembre è eletto nell’Esecutivo della Camera del Lavoro di Milano e segretario della Federazione muratori. Schierato con i riformisti, nel 1905 è nominato nel Collegio dei Delegati della Società Umanitaria e candidato nelle elezioni amministrative di gennaio, ma con 16945 voti non è eletto; invece nelle elezioni del 19 giugno 1910 diventa Consigliere Provinciale. Nell’agosto 1911 tiene una serie di conferenze in Toscana per sostenere la lotta dei vetrai contro il trust delle Società vetrarie riunite, ma è soprattutto in Lombardia che svolge l’attività di propagandista: sono segnalate conferenze a Lecco nel 1908, nel febbraio 1912 a Vedano Olona. (Como) su “guerra e questione economica”, nel marzo 1913 a Malnate e Comerio (Varese), a maggio a Varese su ‘Politica operaia”. Neutralista prima della guerra, nel 1918 è richiamato alle armi e assegnato alla territoriale in città. Nel 1919, congedato, continua a tenere conferenze di propaganda e in occasione dei moti per il caroviveri di luglio è nominato nella Commissione per l’applicazione del calmiere.
Nel 1916 riconfermato nell’Esecutivo della Camera del lavoro, nel novembre 1919 è eletto deputato per il Collegio di Como nella lista socialista, ma non è riconfermato nelle elezioni del maggio 1921. Nel 1923 si iscrive al P.S.U. di Matteotti e Turati. Quale vicepresidente del Direttivo della Società Umanitaria e della sezione 2° per l’emigrazione, ottiene il passaporto per gli stati europei per studiare le condizioni di lavoro in rapporto ai servizi dell’Umanitaria stessa per l’assistenza agli immigrati. Fa parte del Consiglio d’amministrazione dell’ “Unione Cooperativa di lavori pubblici all’Estero” con sede presso l’Umanitaria, composto da Luigi Della Torre, Felice Quaglino, Nullo Baldini. Il 23 novembre 1926 è assegnato al confino per un anno a Colobraro (Matera). In seguito a ricorso il provvedimento è tramutato in ammonizione per due anni da cui viene prosciolto a settembre. Nel 1928 intraprende il commercio di tessuti e nel 1930 è occupato come impiegato presso la ditta Pagani. “Mantiene ferme le sue idee ma non svolge alcuna attività politica”. Muore a Milano nel 1934. Ai funerali partecipano 200 persone tra cui gli ex deputati Bellotti, D’Aragona, Caldara, e Repossi.
Fonti Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale
1. Marchetti La CGdL negli ali, nei documenti, nei congressi, 1962;
2. Andreucci-T. Detti Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, Roma, 1970-75
MARIO GUARNIERI
Nasce a Ostiano, in provincia di Cremona nel 1886 da Giuseppe, sellaio. Nonostante le modeste condizioni della famiglia, frequenta le scuole tecniche terminate le quali si dedica all’attività politica e sindacale. Si iscrive nel 1902 al PSI diventando segretario della sezione di Ostiano e impiegato della federazione delle cooperative di Cremona. Collabora a “L’Avanguardia socialista” di Arturo Labriola e Walter Mocchi e a “L’Eco del popolo” di Cremona. Nel 1903 è segretario della sezione dei lavoratori della terra della Camera del lavoro di Cremona. Nel 1904 è delegato al congresso regionale socialista lombardo (Brescia, 14-15 febbraio) e al congresso provinciale dei contadini (Cremona, 27-28 marzo). Nel giugno 1903 si trasferisce a Corteolona (Pavia), dove organizza la sezione del PSI e appoggia la candidatura di Walter Mocchi; il 10 luglio fonda il periodico “La Parola dei poveri”. Dal settembre 1904 all’aprile 1906è segretario della CdL di Novara e dirige il settimanale socialista “Il Lavoratore.” Nel 1905 organizza gli scioperi dei ferrovieri e delle mondine, subendo un primo processo per “adunata sediziosa” da cui è assolto. Trasferitosi a Biella, dirige dal 9 aprile 1906 al 3 gennaio 1909 “Il Corriere biellese” dedicandovi largo spazio alle lotte dei tessitori al fine di rilanciare la Lega tessile come componente fondamentale della Camera del lavoro.
Al IX Congresso nazionale del PSI (Roma, 7-10 ottobre 1906) tiene una relazione sui rapporti tra partito e sindacato. Processato per alcuni articoli antimilitaristi, il 19 febbraio 1908 è condannato a un anno di carcere ma si sottrae alla cattura riparando a Lugano. Il 7 febbraio 1909, ritornato a Biella, è arrestato, ma grazie a un indulto sconta solo 15 giorni di pena. A Biella conosce Buozzi, di cui condivide il “riformismo pratico”, che lo invita a collaborare nel direttivo della FIOM e il 21 settembre 1911 si trasferisce a Torino, che qui aveva la sede centrale, come funzionario e direttore de “Il Metallurgico”, nonchè redattore del settimanale “La Battaglia sindacale”, sorto allo scopo di contrastare i sindacalisti rivoluzionari. Scoppiato il conflitto mondiale si impegna nella campagna dei socialisti torinesi contro la guerra e con Alfonso Leonetti scrive l’opuscolo “Torino rossa contro la guerra”. Il 13 settembre 1915 è nominato segretario della Camera del lavoro di Torino. Al Congresso nazionale della FIOM del 25 giugno 1916 entra con Buozzi e Emilio Colombino nella Segreteria dove sostiene la partecipazione operaia ai comitati di mobilitazione industriale. Entrato a farne parte a livello sia nazionale che regionale come rappresentante dei metallurgici vi opera per tutelare l’attività sindacale e pubblica sull’Avanti! (23, 26, 27 febbraio 1918) una serie di articoli per smentire la voce che gli operai metallurgici godessero di una situazione economica privilegiata.
Il 23 aprile 1918 organizza uno sciopero alle officine FIAT per ottenere il “sabato inglese”, risultato raggiunto nel febbraio 1919. Nel corso del “biennio rosso” su “Il Metallurgico” e su quotidiani cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo alle conquiste del sindacalismo riformista tentando di evitare il propagarsi della conflittualità, attirandosi violenti attacchi da Serrati che sull’Avanti!, lo accusa di tradire la causa della classe operaia favorendo comportamenti compromissori. In effetti non si oppone alla costituzione dei consigli di fabbrica ma cerca di smussarne le punte più eversive e di ricondurli nell’ambito del “controllo sindacale”. Nel congresso straordinario della Camera del lavoro di Torino del dicembre 1919 il suo ordine del giorno ottiene 26.000 voti contro i 38.000 di Giovanni Boero. Nel 1920 Gramsci riprende su “L’Ordine nuovo” le critiche di Serrati e ne segue un’aspra polemica che si protrae per diversi mesi. Nel biennio 1920-21 oltre a guidare l’ufficio stampa della FIOM è direttore del “Grido del popolo”, e corrispondente del “Resto del Carlino” e dell’ “Avanti!”.
Si distingue per l’insistenza con cui cerca di salvaguardare le 8 ore lavorative, i minimi salariali e il riconoscimento delle commissioni interne. Al V congresso della CGdL di Livorno del 26 febbraio – 3 marzo 1921 critica i comunisti per la loro tendenza a subordinare la lotta sindacale alla politica. Dopo la scissione del PSI del 1922, aderisce al PSU riformista di Turati e Matteotti e per svolgere il compito di capo redattore del giornale di Partito “La Giustizia”, si trasferisce a Milano negli anni 1924-25. Nel maggio 1925 ritorna a Torino dove dirige l’ufficio stampa della FIAT e collabora a “La Stampa”. Costretto a lasciare anche questa collaborazione per il suo impegno antifascista, lavora prima come pubblicitario in una ditta di tessuti e poi come impiegato presso la fabbrica Wamar. Avendo abbandonato l’attività politica è radiato nel gennaio 1931 dal casellario politico. Dopo la caduta del fascismo e fino al 1973 è redattore di “Libertà economica”, giornale dell’Associazione commercianti torinesi. Muore a Torino nel 1974.
FONTI Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale.
1979. Pedone Il PSI nei suoi congressi, vol.II, 1961, p. 55; P. Spriano, Torino operaia nella Grande Guerra, 1960; Id., Gramsci e l’Ordine nuovo, 1965, pp. 33, 90; Id., Storia di Torino operaia e socialista. Da De Amicis a Gramsci, 1972; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1965, pp. 629, 632; A. Leonetti, Da Andria contadina a Torino operaia, 1974, p. 173, 188; F. Andreucci, T. Detti Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico; M. Antonioli – B. Bezza, La FIOM dalle origini al fascismo 1978; Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, III, L’età giolittiana, la guerra e il dopoguerra, 1979. L. Moranino, Le donne socialiste nel Biellese, 1984, p.36,41,267, 268. Scheda di N. Dell’Erba in “Dizionario biografico degli italiani”.
FRANCESCO MARIANI
Nasce a Milano nel 1886. Il padre muore quando ha otto anni ed è affidato all’orfanotrofio «Martinitt» dove prosegue gli studi fino alla scuola tecnica. Testimone dei moti di Milano del 1898, solidarizza con i socialisti incorrendo in ammonizioni e viene assegnato alla «compagnia di disciplina» per avere partecipato ad una manifestazione contro gli eccidi proletari. Terminati gli studi si impiega come disegnatore nello stabilimento di arti grafiche Bertarelli. Iscritto dal 1902 alla Federazione Giovanile Socialista, svolge opera di organizzazione e proselitismo nelle campagne e in città. Il 3 settembre 1907 la Prefettura di Milano segnala che “…professa teorie socialiste-antimilitariste ed è membro del Consiglio Direttivo del locale Circolo giovanile socialista. Prende spesso la parola nei comizi ed è attivo propagandista, specie dei principi antimilitaristi“. Con Corridoni fonda il periodico antimilitarista “Rompete le file!”. Arrestato nel 1909 per propaganda sovversiva, perde il lavoro. Nel 1910 è nell’esecutivo della federazione socialista milanese. Emigrato in Svizzera alla ricerca di un impiego, viene diffidato e licenziato per motivi politici e rientra in Italia stabilendosi a Cremona, dove è segretario della Camera del lavoro e redattore de “L’Eco del popolo”, fondato da Bissolati. Nel 1913 è chiamato dalla Camera del lavoro di Milano di cui poi diventa segretario generale.
Nel 1915 si occupa dei ferrovieri delle linee secondarle e dei tranvieri delle linee interprovinciali e intercomunali che si staccano dal Sindacato ferrovieri italiani (SFI) e si organizzano nel Sindacato nazionale dei Ferrovieri delle Secondarie con sede a Genova. Rimproverava ai dirigenti sindacali la mancanza di una coerente linea e l’incapacità di promuovere un processo di rinnovamento imposto dalla realtà sociale e politica del paese. Al consiglio nazionale del 16-17 giugno 1914 lamenta la chiusura settaria nei confronti dei lavoratori non organizzati sostenendo che occorre avvicinarli e non respingerli. Allo scoppio della guerra promuove contro l’intervento manifestazioni pacifiste e organizza la difesa dell’ “Avanti!” dalle violenze dei nazionalisti. Critica i dirigenti sindacali per l’atteggiamento incerto ed eccessivamente cauto e al consiglio nazionale della CGdL del 27-28 aprile 1915 contrasta la proposta del segretario Rigola di indire un referendum sull’opportunità dello sciopero generale in caso di mobilitazione invitandolo a precisare una strategia di lotta per opporsi alla guerra. Durante la guerra, esonerato dal servizio militare per artrosi, ricopre la carica di consigliere nei comuni di Milano e Cremona, nel Consorzio navigabile Milano-Venezia e nell’Università Popolare.
Riguardo ai moti contro il carovita della primavera 1917, nell’incontro milanese dell’8-9 maggio tra Gruppo Parlamentare Socialista e direzioni di PSI e CGdL, si schiera per l’estensione delle agitazioni sotto la guida del partito. Nel 1918 inizia trattative con il Segretario dell’Unione Sindacale (USI) Edondo Rossoni per giungere alla fusione della Camera del Lavoro di Milano con l’Unione Sindacale Milanese. Terminata la guerra, si interessa del problema dei combattenti e si adopera per la costituzione della Lega proletaria tra mutilati, invalidi, reduci, orfani e vedove di guerra. All’inizio degli anni ‘20 lascia le cariche politiche e sindacali per dedicarsi alla propria bottega di arte grafica. Dopo un breve soggiorno in Svizzera ritorna in Italia e, benché vigilato, riprende i contatti con gli antifascisti milanesi che si riuniscono nella farmacia del socialista Livio Agostini. Internato il 21 gennaio 1941 nel campo di concentramento di Fabriano, dopo la caduta del fascismo partecipa alla lotta clandestina e collabora alla redazione e diffusione dell’”Avanti!” milanese.
Nel dopoguerra è designato dalla CGIL alla Consulta nazionale (commissione industria e commercio) e nel giugno 1946 è eletto deputato del PSIUP per il IV collegio di Milano. Senatore nella prima e seconda legislatura, fa parte della X commissione (lavoro, emigrazione e previdenza sociale) e della commissione d’inchiesta sulle condizioni dei lavoratori nelle fabbriche. Segretario della Camera del lavoro di Milano dopo la liberazione con il comunista Alberganti. Membro del Direttivo e dell’Esecutivo della CGIL per la corrente socialista, nel 1956 è segretario regionale della Lombardia. Negli interventi ai congressi del PSI e della CGIL e al Senato, si occupa soprattutto dei problemi dell’emigrazione. Consigliere comunale a Milano e dal 1959 segretario regionale dell’ANPI. Muore a Milano nel 1976.
FONTI Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale. La Consulta Nazionale, I deputati alla Costituente, La Navicella, 1987
GAETANO GAMBINI
Nato nel 1894 a Milanoda Giuseppe e da Rosa Roncaglia. Operaio metallurgico. Dal 1910 lavora alla Ferriera Gregorini di Lovere (Bergamo) come meccanico e professa idee anarchiche (è abbonato al giornale “Germinal”) che diffonde tra le lavoratrici tessili. Nel 1913 capeggia una manifestazione contro la guerra ed è costretto ad allontanarsi spostandosi a Milano dove lavora alla Isotta Fraschini e si sposa con una operaia. Nel giugno 1915 riprende il posto di lavoro alla Gregorini fino al 1921, quando è licenziato. Nel 1919 milita nel PSI, è segretario della sezione della FIOM, presidente del Circolo operaio e raccoglie i fondi per costruire una Casa del Popolo che accentri le organizzazioni operaie (tessili, murarie ecc.) del mandamento di Lovere. Per la Prefettura di Bergamo, il 21 marzo 1919, “non ha cultura … Non e di facile parola e nelle conferenze che tiene agli operai non fa che ripetere espressioni imparate a memoria dai giornali … E’ anche un entusiasta del movimento bolscevico di Russia e preconizza con ostentazione un prossimo movimento di tal genere anche in Italia” Nel 1920 è condannato a due anni dì reclusione per diserzione ma beneficia dell’amnistia. A giugno è denunciato perchè, nel difendere la vertenza di tre operai della Ferriera Gregorini licenziati per indisciplina, invade gli uffici e proclama l’occupazione dello stabilimento.
A novembre tiene una conferenza inneggiando alla Russia e nelle elezioni amministrative è eletto sindaco“grazie ai voti della massa operaia composta in maggioranza di forestieri”, ma la Prefettura non ne ratifica la nomina per la condanna del Tribunale militare. Nel febbraio 1921 rifiuta di eseguire l’ordine prefettizio di togliere la bandiera rossa inalberata per la vittoria nelle elezioni amministrative e in un comizio minaccia di togliere dal municipio la bandiera italiana. Denunciato per malversazione della cooperativa proletaria di Lovere di cui è direttore, si dimette da assessore e il 2 maggio 1923, munito di regolare passaporto, parte per la Francia con la moglie e il figlio Comunardo nato nel 1920, per prendere lavoro presso le “Cableries d’Angers” a Angers (Loira). Nel 1926 risiede ad Argenteuil, nei pressi di Parigi e lavora nelle officine Citroen a Levallois. Inizia una nuova fase della sua vita, in cui l’originario estremismo si ammorbidisce: militante del Partito Socialista Unitario di Turati e Treves, collabora al “Corriere degli Italiani” e svolge attiva propaganda antifascista: i1 20 maggio 1927 promuove un comizio socialista con Modigliani, Treves, Di Vittorio, Nenni, cui intervengono 600/700 persone; partecipa al Congresso di Berna del 24 febbraio 1929, come fiduciario della Gioventù socialista italiana; il 24 marzo 1929 organizza ad Argenteuil una riunione per protestare contro il plebiscito in Italia e festeggiare il compleanno di Claudio Treves, a cui interviene Modigliani; al congresso della Concentrazione di quell’anno propone, affinché la gioventù emigrata sia sottratta all’azione dei Fasci all’Estero, di costituire un raggruppamento giovanile antifascista sportivo-ricreativo per Parigi e il dipartimento della Senna, studiando la possibilità di estenderlo agli altri centri di emigrazione in Francia, e si incarica di raccogliere le adesioni che, secondo gli informatori della polizia, ammonterebbero a circa 200 con a disposizione la somma di 3000 franchi per l’affitto di una sala e per le attrezzature.
Si devono a lui anche altre iniziative: l’istituzione ad Argenteuil di una Università Popolare che tiene conferenze ogni 15 giorni; la proposta di inviare una cinquantina di figli di emigranti in una colonia marina francese; l’apertura in un locale della Concentrazione di un gabinetto di visite mediche gratuite; la raccolta di fotografie e di dati di personalità fasciste residenti in Francia; l’invio di un memoriale al Ministero degli Esteri sugli abusi e provocazioni delle autorità fasciste in contrasto con le convenzioni internazionali a danno degli emigranti non fascisti.
Nel 1929 per la grave disoccupazione che affligge l’Italia, dietro sua richiesta fa giungere circa 170 operai di Lovere in maggioranza antifascisti e che in molti non torneranno più in Italia. Nel 1930 produce la pellicola “Il terrore fascista” accompagnando la proiezione con conferenze nei cinematografi popolari della regione. Questo attivismo allarma l’Ambasciata a Parigi che lo tiene sotto assidua sorveglianza: nel febbraio1930 comunica che invia clandestinamente opuscoli e giornali antifascisti in Italia e riceve fuorusciti nella sua abitazione, il 2 agosto che “indice a Argenteuil riunioni periodiche culturali della Università Popolare alla quale appartengono giovani socialisti della regione”, i quali “il 29 giugno fecero una gita campestre a Fontainebleu”, che la sera del 18 settembre 1931 “la Sezione socialista francese e italiana in Argenteuil organizzarono un intrattenimento familiare per commemorare Jaures e Matteotti. Presenti un centinaio di socialisti francesi e italiani con le famiglie”, il 12 ottobre che “Ai giovani socialisti suole tenere delle conferenze in sale di piccoli cinematografi,prese in affitto nei quartieri operai nei giorni feriali, perché funzionano solo i festivi. Risulta che qualche volta illustra le conferenze con proiezioni luminose servendosi di materiale della Concentrazione, costituito da fotografie di incendi di sedi di organizzazioni sovversive e di alcuni episodi avvenuti in Italia all’avvento del Fascismo”.
Dal 1933 è delegato della Federazione del dipartimento del Nord (Lille) della LIDU (Lega diritti dell’uomo), di cui è presidente Carlo Rosselli. Nel frattempo si è sistemato sul piano economico gestendo in società con altri un negozio di generi alimentari d’origine italiana. Nel 1938 cessano le segnalazioni della polizia sul suo conto. Torna a Lovere nel marzo 1946 per salutare i concittadini e invitarli a votare per la repubblica richiamandosi a Turati, Treves, Rosselli e Buozzi, poi rientra definitivamente ad Argenteuil dove muore nel 1979.
FONTI Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale
M.Franzinelli, Lotte operaie in un centro industriale lombardo : il proletariato loverese dal biennio rosso ai primi anni Cinquanta, 1987, p. 25-26
Un sentito ringraziamento a Giovanni Artero per averci offerto la possibilità di pubblicare on line la sua opera.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.