ROSATELLUM, NO DELLA CORTE AL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE LEGGE ELETTORALE

Besostri si rivolge ai 5 Stelle che avevano firmato il ricorso: la Consulta indica una via per allargare i poteri dei cittadini. Sarebbe grave ipotizzare adesso una nuova normativa su misura con coalizioni e premio alla prima lista

di Andrea Fabozzi

La Corte costituzionale ha deciso di non ammettere il ricorso per conflitto di attribuzione contro la legge elettorale che, messo a punto dall’avvocato Felice Besostri, era stato firmato da oltre cento tra cittadini e parlamentari in rappresentanza del «corpo elettorale». Nel sistema italiano è precluso il ricorso diretto alla Corte costituzionale da parte dei cittadini, hanno ricordato i giudici, aggiungendo che nei ricorsi «numerose censure sono riferite indistintamente a tutti i ricorrenti, una parte dei quali, tuttavia, si presenta nella veste di semplice cittadino elettore, mentre altri ricorrono nella loro qualità di cittadini elettori e, insieme, di parlamentari, alcuni dei quali deputati e altri senatori».

Da qui la decisione di dichiarare la non ammissibilità, anche perché secondo la corte un senatore non può lamentare presunte violazioni nel procedimento di approvazione della camera, e viceversa un deputato non può farlo per quanto accaduto al senato (l’oggetto principale dei ricorsi era la decisione del governo Gentiloni di far passare il “Rosatellum” con la fiducia). E inoltre, scrivono i giudici, «il singolo parlamentare non è titolare di attribuzioni individuali costituzionalmente protette nei confronti dell’esecutivo». «Per liquidare l’iniziativa sarebbero bastati cinque minuti e non ventitré giorni (la camera di consiglio della Corte si era tenuta il 4 luglio, ndr) se si fosse deciso negativamente sulla novità del ricorso, fatto non da singoli elettori e parlamentari in quanto tali, ma collettivamente quali esponenti del “Corpo elettorale”, il potere con il quale si esprime il popolo, cui appartiene la sovranità, nel procedimento elettorale per l’elezione del parlamento», è il commento all’ordinanza di Felice Besostri.

In una nota firmata con Paolo Maddalena, ex presidente della Consulta e presidente adesso dell’associazione «Attuare la Costituzione», l’avvocato si rivolge direttamente ai parlamentari 5 stelle, molti dei quali firmavano questo ricorso (tre senatori e sette deputati della scorsa legislatura, tra i quali Toninelli, adesso ministro): «Se si crede nell’allargamento dei poteri dei cittadini, l’ordinanza contiene uno spunto per un’iniziativa legislativa. Un accesso diretto alla Corte costituzionale in materia elettorale è necessario, in privato persino auspicato da autorevoli membri della Corte. Con questo ricorso si era fornito uno strumento, come riconosciuto dalla ordinanza, nel passaggio in cui correttamente si riporta che i ricorrenti “affermano che il ricorso diretto da parte del popolo sovrano deve essere ammesso soltanto quando di leggi elettorali si tratti”».

Non solo, secondo Besostri e Maddalena «i difensori della Costituzione hanno da oggi uno strumento in più, seguendo la traccia dell’ordinanza: ricorsi promossi da singoli parlamentari, ciascuno nella propria camera, contro, per esempio, l’apposizione del voto di fiducia su una legge elettorale», ciascuno nella propria camera». Ammesso che sia sempre questa l’intenzione dei 5 Stelle. Altrimenti, concludono Besostri e Maddalena, «è chiaro che sarebbe grave se questa ordinanza fosse percepita dalla maggioranza parlamentare come il via libera per l’approvazione di una legge elettorale su misura, magari con voti di fiducia nell’imminenza di elezioni per caso anticipate. Per esempio una legge che prevede le coalizioni insieme a un premio di maggioranza alla lista più votata». L’ideale per 5 Stelle e Lega.

Fonte: Il Manifesto