DI VAGNO E LA RIVINCITA SUL FASCISMO

di Cesare Preti*

La Rivista storica del socialismo è una pubblicazione periodica edita dalla Biblion di Milano che, malgrado il primo termine della testata, sarebbe improprio definire rivista: esce infatti in volumi saggistci con cadenza semestrale. Ha alle spalle una storia a dir poco gloriosa, in quanto una prima serie di essa venne pubblicata dal 1958 al 1967 sotto la direzione di Stefano Merli e Luigi Cortesi, due tra i maggiori storici del dopoguerra, ed ebbe allora un notevole ruolo nel preparare il terreno intellettuale sul quale attecchì il seme del ’68 italiano. Di recente ha ripreso le pubblicazioni, con una nuova serie inaugurata nel 2016 sotto la direzione di Paolo Bagnoli. E si può ben dire che a oggi abbia riconquistato lo spazio che le era proprio nel panorama dei periodici scientifici di campo storico del nostro Paese.

Nell’ultimo volume, datato al primo semestre 2018 ma uscito di fatto nello scorso maggio, è ospitato un saggio dell’autore di questa nota, che si occupa di Giuseppe Di Vagno senior, della sua storia e del delitto di cui fù vittima. Uno dei delitti politici che hanno insanguinato la storia Italiana del ventesimo secolo, e un momento chiave nelle vicende che portarono alla presa del potere del fascismo, agli inizi degli anni Venti. Al centro vi è, quindi, la vicenda umana, memorabile prima, tragica poi, di un politico dalle molte doti. Nato a Conversano nel 1889, Di Vagno frequentò la Sapienza romana, luogo nel quale oltre il diritto (si laureò in giurisprudenza) conobbe il socialismo.

In Puglia, a Conversano e a Bari, dal 1911 al 1921, fù consigliere provinciale per il Partito socialista italiano e segretario dell’Ente provinciale dei consumi. Nel consiglio provinciale sedette al fianco, e lavorò gomito a gomito, con Gaetano Salvemini e Piero Delfino Pesce, occupandosi di provvedimenti che andavano incontro ai bisogni delle masse bracciantili e operaie. In quegli stessi anni conobbe anche Giuseppe Di Vittorio, con il quale condivise lotte, militanza e amicizia, tanto che Di Vittorio fu colui che accorse per primo quando Di Vagno fu colpito a morte a Mola, ed era con lui quando spirò. Alle elezioni politiche del maggio del 1921, Di Vagno fù eletto alla Camera dei deputati, conseguendo un notevole successo personale (oltre 741mila), il che lo rese oggetto di fiduciose aspettative popolari ma anche di feroci odi politici da parte di chi, in quelle aspettative, vedeva il pericolo maggiore per i propri privilegi. La sua breve esperienza parlamentare, maggio-settembre, perciò, fu tutt’altro che ordinaria, in quanto fin dalla sua proclamazione come deputato iniziò la caccia all’uomo da parte degli squadristi, determinati a eliminare un parlamentare socialista troppo popolare e troppo capace di organizzare le masse contadine contro gli abusi degli agrari.

Nel giro di pochi mesi, riuscì a scampare ad almeno due, forse tre, agguati orditi contro di lui in vari luoghi del suo collegio elettorale, Bari-Foggia. Ma fu a Mola, la sera del 25 settembre 1921, dove Di Vagno si era recato per un comizio, che venne raggiunto e ucciso da un gruppo di giovani squadristi, esecutori materiali di un delitto le cui ragioni ultime passavano ben al di sopra le loro teste. Fu insomma il primo deputato, e il primo deputato socialista, ucciso dalla montante marea fascista, che con l’atto criminale alzava il tiro verso le istituzioni centrali dello Stato. Ed è qui che si apre il saggio oggetto di quest’articolo, saggio che fa il pulito intorno agli studi relativi al delitto Di Vagno e al processo di edificazione della memoria storica dì esso. Operazione che nell’immediatezza dei tragici eventi vide al lavoro la parte responsabile del delitto stesso (che andò al potere circa un anno dopo i fatti, ma che era già riuscita a far prevalere la sua narrazione del presente), la quale cercò di minimizzare ed edulcorare la portata dell’accaduto, al fine soprattutto di non fare emergere i contrasti interni al fascismo che il delitto svelava.

Da ciò la versione della sequenza degli avvenimenti che portarono a morte Di Vagno che relegava il tutto a una faida di sapore e significato locale, legata al più a contrasti politici di respiro solo municipale. Narrazione che ancora nel primi decenni del secondo dopoguerra andava per la maggiore e che finì per giustificare il destino storiograficoa cui sembrava assegnata la vicenda: quello riservato agli eventi minori, materia per chi si occupa dl memoria civica. Da tale destino, la questione Di Vagno è stata riscattata solo negli ultimi decenni. Da questo punto di vista, oltre alle ricerche di Leuzzi e Lorusso, evento fondamentale sono state le pagine dedicate ad essa da parte di tre finissimi storici, Simona Colarizi, Mario Spagnoletti e Leonardo Rapone. I loro lavori convergono nel legare il delitto al cosiddetto patto di pacificazione con socialisti, auspicato dal presidente della Camera, Enrico De Nicola, che mediò al fine di far terminare le violenze politiche fasciste.

Patto firmato da Mussolini il 3 agosto 1921, nell’ufficio del presidente della Camera, ma avversato dai ras dello squadriamo agrario, tra i quali il capo del fascismo dauno, Giuseppe Caradonna, forse il più oltranzista in questa contrarietà. Squadristi che si riunirono a Todi, con Dino Grandi e Italo Balbo, in un incontro lo stesso giorno della firma, per concertare la loro violenta opposizione a esso, tanto profonda da spingerli a ipotizzare la sostituzione di Mussolini alla guida del fascismo. Opposizione di cui però fu vittima Di Vagno, attraverso un delitto voluto per inviare un messaggio a Mussolini e a De Nicola. Come lo scontro all’interno del fascismo, in quel 1921, fu, temporaneamente risolto, è noto: 8 novembre 1921, durante il terzo congresso nazionale dei Fasci Italiani di combattimento, fu fondato il Partito nazionale fascista, strumento per controllare lo squadrismo. Di contro, il giorno dopo, 9 novembre, venne defininitivamente cancellato unilateralmente da parte del fascismo il patto di pacificazione con i socialisti.

Fonte: La Repubblica

*L’autore Cesare Preti è docente di filosofia e coordinatore del comitato scientificodela Fondazione Di
Vagno.

Avanti! 27 settembre 1921