RICORDO DI FERNANDO SANTI

Nella foto Fernando Santi precede Giusepppe Saragat durante le operazioni di voto per eleggere il Presidente della Repubblica, svoltati tra il 2 ed il 6 maggio 1962. Nell’occasione fu eletto Antonio Segni.

Discorso pronunziato al Teatro Regio di Parma l’11 ottobre 1970 in occasione del primo anniversario della morte.

Riccardo Lombardi

Compagni, amici, cittadini di Parma, della Parma della Resistenza, della Parma d’Oltretorrente, della Parma di Picelli, della Parma di Fernando Santi, voi comprendete la mia profonda emozione nell’introdurre questa commemorazione di colui che, senza nessuna affettazione, posso considerare, oltre che il mio più caro compagno, il più caro amico di decenni.
Fernando Santi è stato uno di quegli uomini la cui figura, il cui insegnamento – egli che si dava delle arie così poco pedagogiche – risulta sempre maggiore quanto maggiore è la distanza nel tempo dalla sua scomparsa; oggi misuriamo davvero, ogni giorno di più, quello che ci è mancato, quello che ci manca.

Tutti ricordate la sua figura umana, quel suo modo ironico e scanzonato che appariva agli indifferenti o ai superficiali come un atteggiamento scettico, ed era invece un atteggiamento di pudore; quel suo pudore che gli consigliava, e gli consigliò sempre l’enorme responsabilità che egli attribuiva ad ogni parola, ad ogni comunicazione, poiché le parole, per Fernando Santi, erano generatrici di azioni e quindi premessa di una responsabilità, per chi parlava e per chi ascoltava.
Egli ebbe questa straordinaria capacità di tradurre in termini semplici, non semplicistici, le elaborazioni, i risultati più complessi, anche i più sofisticati. Questa sua capacità di semplificazione, di ridurre all’osso – come egli diceva – i problemi essenziali, era davvero stupefacente. Alle volte sembrava che egli scavalcasse tutto il corso di un’elaborazione critica per arrivare immediatamente alla conclusione, e in realtà questo era il suo stile di pensiero, il suo stile di parola.

Egli non parlava di cose alle quali attribuiva un’importanza vitale, per sé, per il Partito, per il movimento operaio, con la pretesa di sofisticarle e renderle difficili; egli aveva cioè quella capacità di tradurre in senso comune le elaborazioni più difficili e anche teoricamente più complesse del pensiero socialista, quello che appunto Carlo Marx domandava come premessa, anche morale e psichica, per il passaggio al socialismo, vale a dire la critica al sistema capitalistico, con tutti i suoi orrori, con tutta la sua irrazionalità, con tutta la sua stupidità, ridotta non soltanto alla dimostrazione dei teorici, ma a senso comune.
Fernando Santi capiva che il socialismo avrebbe fatto il passo decisivo in avanti quando fosse finita l’egemonia che ancora su tutti noi esercita, come residuo, e qualche volta non solamente come residuo, la cultura, la concezione, la scala di valori della borghesia.

Egli capiva questo e riduceva tutto alla necessità di far diventare senso comune la rivolta contro il capitalismo: quel giorno la battaglia per il socialismo sarebbe stata vinta.
Ecco perché egli ci appare oggi limpido, chiaro, efficace nella sua prosa volutamente disadorna, e che pure era il frutto di una lunga elaborazione, di un lungo affinamento.
Egli faceva un poco come Michelangelo, nel senso di togliere, non di aggiungere. Lavorava, quando egli preparava il modo come manifestare il suo pensiero, la sua opinione, come trovandosi davanti ad un blocco di marmo da cui doveva essere tolto il superfluo perché la figura apparisse in tutto il suo staglio ed in tutta la sua evidenza.
Ed e’ per questo che oggi noi – parlo della mia esperienza, ma anche di quella di molti amici che gli sono stati cari, che hanno vissuto con lui fino agli ultimi anni, fino agli ultimi giorni, una vita intensamente comune di pensiero, anche di preoccupazioni – ricordiamo questa sua straordinaria capacità di rendere limpido il discorso che lo fa rimanere, anche nella storia della letteratura e della saggistica italiane, come uno degli scrittori classici nella forma, classici nel sistema di esposizione e profondamente moderno in quello che diceva, in quello che auspicava, in quello che proponeva.

Noi, che gli siamo vissuti così vicini, nel Partito, sappiamo che cosa voleva dire il pensiero di Santi. Era naturale in noi, istintivo, quando anche tra di noi c’erano, come ci sono sempre, dissensi, incertezze, preoccupazioni, il fatto che l’ultima parola la riservavamo a Santi, perché sapevamo che egli sarebbe stato in grado, non necessariamente di conciliare, ma di dire quello che importava; quello che era decisivo, di estraneo dalle polemiche, dai dissensi, il nocciolo di verità che finiva per imporsi a tutti.
Ed è così che noi amiamo ricordare Santi, vivo, com’era vivo fino agli ultimi giorni, quando dovevamo continuamente informarlo, prima che da Roma si trasferisse a Parma. Ci tempestava di telefonate, voleva che si andasse non a fargli compagnia, ma ad informarlo su che cosa succedeva nel Partito, su che cosa succedeva nel sindacato, ogni particolare.

Egli si sentiva tutto una cosa con noi, col movimento politico, col Partito Socialista e si sentiva tutto una cosa con il movimento operaio, con il sindacato, con tutta l’espressione del movimento operaio.
Veramente – e credo senza nessuna indulgenza retorica – si può dire che egli fra di noi fu l’uomo più completo, cioè l’uomo in cui esigenze culturali, esigenze pratiche, necessità di concessioni, necessità di intransigenza formavano un tutto, una sintesi da cui nasceva l’uomo politico, ma nasceva soprattutto l’uomo, questa splendida figura, anche fisicamente bello, da giovane e da anziano, nei cui occhi traluceva questo suo immenso amore per gli umili, questo suo immenso amore, questa sua infinita solidarietà con la gente che ha ragione ed alla quale la ragione viene negata.

Ecco perché, compagni, amici e cittadini di Parma, questa commemorazione non deve essere e non sarà certamente una semplice rievocazione, come d’uso; deve essere intesa a farci ricordare, non soltanto a farci rimpiangere, – come è ovvio, ma a farci ricordare che c’è un insegnamento prezioso, e non soltanto di contributi, ma anche di stile di vita e di stile politico che Fernando Santi ebbe, una figura veramente fulgida.
Ad essa mandiamo il nostro commosso ricordo, alla sua famiglia, alla cara sua moglie che è qui, con noi, che lo seguì in tutte le sue vicissitudini, affettuosa, fedele, sempre pronta a condividerne la durezza della vita, ad essa mandiamo il commosso saluto dei socialisti.