INFO DATI IN ATTESA DELLA CONFERENZA PROGRAMMATICA DI RIMINI
Fonte: sbilanciamoci.org I nostri numeri sull’Italia Questa sezione si propone di fornire strumenti di semplice lettura e comprensione per restituire in modo quanto più possibile immediato una vasta mole di informazioni rilevanti su ciò che succede e su come si vive oggi in Italia. Qui sotto verranno visualizzati alcuni grafici, accompagnati da brevi testi di commento, che sono stati selezionati con il duplice obiettivo di gettare una luce sulle tendenze in atto in Italia e di fotografare i problemi e le sfide più urgenti da affrontare nell’immediato futuro. I grafici indagano la condizione del nostro paese rispetto agli anni passati o al confronto con gli altri Stati europei: organizzati rispettando la partizione dei diversi capitoli della Controfinanziaria di Sbilanciamoci!, presentano e riassumono molti dati economici, sociali e ambientali, dal sistema fiscale all’occupazione, dal mercato del lavoro al reddito e al welfare. In altri termini, i grafici che seguono sono idealmente pensati come tappe di un percorso che inquadra e attraversa le diverse priorità che dovrebbero stare al centro dell’agenda politica di un paese attento alla giustizia economica e sociale, all’equità fiscale, alla sostenibilità ambientale. Cominciando proprio da quello che Sbilanciamoci! da sempre propone: il buon utilizzo della spesa pubblica. FISCO E FINANZASempre più indebitati… Le ricette di austerità adottate in Europa per rimettere in ordine innanzitutto i conti pubblici dei paesi della cosiddetta “periferia” (Grecia, Spagna, Italia, Portogallo) non danno i frutti sperati. L’andamento del rapporto debito/Pil, uno degli indicatori guida su cui si fondano queste misure, anziché ridursi e rientrare nei limiti imposti dal Trattato di Maastricht (60%), fa registrare un aumento proprio quando e dove avrebbe dovuto ridursi. Ed è così che in Italia, dal 2007 al 2017, il rapporto debito/Pil passa dal 99,8 al 131,2%. Senz’altro una buona ricetta… per un fallimento annunciato. …senza essere spendaccioni L’Italia ha la cattiva fama di essere un paese “spendaccione” e dalle finanze pubbliche disastrate. Ma basta dare uno sguardo al dato sul rapporto deficit/Pil per capire come nel 2017 l’Italia abbia fatto registrare un livello di deficit (l’indebitamento netto che comprende anche la spesa per interessi) pari a -2,4%: un livello inferiore rispetto a quello di molti altri paesi europei e della stessa media europea. Maledetti interessi Se si guarda al dato del saldo primario – cioè la differenza tra entrate e uscite di un paese, esclusa la spesa per interessi – l’Italia risulta addirittura uno dei paesi più virtuosi del continente, con un avanzo primario pari all’1,5%, molto superiore alla media europea (1%). Altri grandi paesi dell’Unione (Francia e Spagna in primo luogo) fanno registrare invece avanzi primari peggiori. Questo significa che sul deficit italiano grava in larga misura la cospicua spesa per interessi che il nostro paese si trova a dover sostenere ogni anno. Il made in Italy è fuori moda Molte delle politiche economiche e monetarie perseguite in Europa hanno lo scopo di rendere le economie europee più “competitive”, in base al principio secondo cui dalla crisi si esce incrementando le esportazioni, cioè diventando tutti un po’ più tedeschi. Nonostante questi “buoni” propositi, la quota di mercato delle esportazioni italiane nel mondo si riduce nettamente rispetto ai livelli pre-crisi: assistiamo infatti alla riduzione delle esportazioni sia dei beni (dal 3,6 nel 2007 al 2,9% nel 2017) sia dei servizi (dal 3,4 nel 2007 al 2,1% nel 2017). Sempre in attesa di crescere L’andamento del Pil del nostro paese, con lo stop alla timida ripresa registrato dall’Istat nell’ultimo trimestre, rivela l’incapacità di uscire dalla crisi del 2007-2008 e di attestarsi su un vero sentiero di crescita. Al di là dell’instabilità che caratterizza questo andamento, sono due i dati che risaltano agli occhi: da un lato, la perdita di valore del Pil italiano rispetto al 2007, dall’altro il ruolo giocato in questo risultato negativo dalla componente della domanda interna. Insomma, l’assenza di reali politiche di sostegno e stimolo alla domanda aggregata pesa come un macigno sulla crisi del paese e sulle sue prospettive di ripresa. La gara al ribasso delle tasse alle imprese Grazie al mercato comune e alla concorrenza fiscale gli imprenditori europei riescono a spuntare trattamenti fiscali sempre più favorevoli. La forte diminuzione della tassazione media dei redditi d’impresa fra il 2002 e il 2017 – ad esempio, in Italia dal 40,3 si passa al 27,8%, in Germania dal 38,3 al 30,2% – mostra come in tutta Europa si sia avviata una gara al ribasso sulla tassazione delle imprese. Non solo dunque maggiore flessibilità sul mercato del lavoro (leggasi meno diritti per i lavoratori), ma anche meno tasse per le imprese con l’illusione di scongiurare il rischio delle delocalizzazioni e attrarre occupazione. La grande fetta invisibile dell’economia italiana 209,8 miliardi di euro, il 13,8% del Pil: a tanto ammonta nel 2016 (ultimo dato disponibile) la stima dell’economia non osservata in Italia, derivante dalla somma tra il volume dell’economia sommersa (a sua volta costituita in grandissima parte da sotto-dichiarazione e lavoro irregolare) e il volume delle attività illegali. Il peggioramento del dato rispetto ai livelli del 2013 dimostra l’inadeguatezza delle politiche messe in atto finora per contrastare evasione fiscale, lavoro nero e criminalità organizzata. E per recuperare, al contempo, ingentissime e preziose risorse per le casse statali. La favola della spesa pubblica elevata In ampi strati dell’opinione pubblica e del ceto politico regna la convinzione che la spesa pubblica italiana sia tra le più elevate in Europa: una spesa improduttiva e fonte di sprechi, da tagliare a colpi di spending review e privatizzazioni. Tuttavia, numeri alla mano, questa convinzione si rivela ampiamente infondata. La spesa pubblica complessiva italiana è pari infatti nel 2015 a 828 miliardi di euro, a fronte dei 1.243 della Francia, dei 1.334 della Germania, dei 1.104 del Regno Unito: in termini di spesa reale pro-capite, il nostro paese, con 13.630 euro nel 2015, è pienamente in linea con la media dell’Unione Europea a 28 paesi (13.645), facendo peraltro registrare valori nettamente inferiori rispetto al 2007 (14.524 euro). POLITICHE INDUSTRIALI, LAVORO E REDDITO, PENSIONI Non è un paese per lavoratori I numeri sulla disoccupazione in Italia mostrano un paese ancora incapace di creare lavoro, …
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