IL GRANELLO DI SABBIA

di Fulvio Papi | Per tradizione le analisi di cultura politica socialista hanno sempre privilegiato spazi politici nazionali o eurocentrici. Oggi questa limitazione non è più possibile perché, se pure in maniera indiretta, ciascuno è collegato ad uno spazio economico politico molto più vasto. Un bambino che manipola un qualsiasi giocattolo si può trovare in relazione con un mercato molto più ampio di quanto lo scarso valore dell’oggetto non possa far pensare. L’esempio è molto povero, ma il flusso dei capitali e del capitale non è differente se non per i mezzi di transito. Per il resto noi abbiamo nozioni molto importanti: per esempio possediamo inquietanti modelli di incremento demografico, così come la certezza che la terra in cui viviamo, a causa di tutte le conseguenze dei mezzi di produzione subirà, per l’innalzamento delle acque dei mari una catastrofe che colpirà direttamente mezzo miliardo di uomini, ma indirettamente non potrà non avere ripercussioni più o meno rilevanti su tutto il pianeta. A questo proposito non si può fare alcuna teoria scientifica valida, ma una buona immaginazione può suggerire che vi saranno una nuova distribuzione delle classi sociali, un nuovo senso storico degli stati, un conflitto violento intorno ai poteri sociali, politici e tecnologici. Una molto parziale anticipazione l’abbiamo anche oggi con la costruzione dei muri, con i quali, anche al di là della contingente migrazione, essi sembrano segnare un mondo che vuole restare identico a sé anche di fronte alle drammatiche aspettative future. Se esaminiamo, con uno sguardo lungo, la politica sostanzialmente isolazionista di Trump in tutte le sue iniziative, non possiamo non ritrovare un simile criterio di difesa dell’area nord- americana. I dazi all’importazione, il disimpegno ecologico e quello militare, a livello mondiale, hanno lo stesso segno. Quello che accadrà non lo possiamo sapere, quello che vediamo è che la storia, a livello mondiale, è mutata dal tempo dell’enfasi della “globalizzazione” che ha lasciato conseguenze molto gravi in quella che possiamo dichiarare zona eurocentrica.  Il mercato americano, alla luce di famosi principi neoliberisti della Scuola di Chicago, non ha alcuna conseguenza rilevante. A livello europeo il dominio del mercato come un dio capace di creare nel proprio funzionamento il migliore dei mondi possibili, ha messo in crisi una civiltà che aveva trovato, dopo la tragedia storica dei nazionalismi di massa, un equilibrio sociale che certamente aveva i suoi problemi aperti, come sempre capita nella storia, ma, come disse un importante leader di sinistra, aveva assimilato nel proprio corpo sociale alcuni elementi di socialismo. Di solito, a questo proposito, si parla di un compromesso tra le classi sociali di tipo keynesiano, ma il suo vero senso sociale di quel periodo andrebbe esplorato nella sorte dei singoli bilanci dello stato di cui farò cenno. E credo che si possa dire già ora che, a livello del debito pubblico, non si sarebbe potuto sostenere a lungo la situazione sociale che si era creata. Tanto più che a livello mondiale la globalizzazione, come tutti sanno, aveva favorito lo sviluppo (ma anche qui: quale sviluppo?) di paesi come la Cina e l’India e aveva, al contrario, contratto il livello economico-sociale delle classi medi, desiderose fra l’altro, e qui si vede il livello politico, di ripetere il proprio passato.  Un abbassamento delle disponibilità economiche e dello squilibrio, precedentemente provocato, secondo un’idea sbagliata di sviluppo, tra ricchezza privata e ricchezza pubblica, ha costruito un modello che, semplificando all’estremo, si potrebbe anche dire che una serie di poteri, di interessi, di arricchimenti, di consumi, di identità collettive, di aspettative, di istanze, hanno condizionato una possibile politica economica dello Stato ed una selezione stessa della classe politica. La vittima, nemmeno più nominata, era la “programmazione economica”, ritenuta un rottame intellettuale che aveva burocratizzato l’economia impedendone la sua originaria capacità di sviluppo, quand’essa fosse affidata all’iniziativa privata. La società mercantile ristrutturava del tutto la figura intellettuale, etica e giuridica, aperta alla iniziativa economica, che aveva costituito il modello costituzionale di Stato. Sono ben lontano dal ritenere che l’iniziativa economica del re (per parlare storicamente) sia giusta ed efficace, ma sono dubbioso che il mercato erediti il potere del re, ed ottenga così i risultati positivi che il sovrano aveva mancato. Il problema è complesso, ma qui mi limiterò a dire che non esiste una economia politica che incarni materialmente l’idea platonica di bene. Esistono politiche economiche che coinvolgono valore sociale e possibilità oggettive e, nella ricerca di questo equilibrio, esiste una politica conservatrice e una politica socialista che, in ogni caso, devono conoscere da esperti la tecnica razionale di conduzione di una situazione economica, privandosi di proclami demagogici che, con la loro ignoranza, provocano un drammatico crollo del giudizio pubblico. Una domanda che non pochi si sono posti è come sia potuto accadere che una cultura come quella tradizionale della sinistra sia stata spazzata via dai luoghi comuni di un neoliberismo tanto banale quanto aggressivo e convincente. La cultura della sinistra era diventata di natura mitico-libresca. Mitica perché aveva diffuso per anni la convinzione che l’URSS fosse un paese guida così come il partito che ne costituiva l’ossatura politica. La sua caduta non solo mostrò le ragioni strutturali dell’economia del paese, le insostenibili spese militari, ma anche uno stile autoritario e violento del potere centralizzato e poliziesco opposto ai desideri di identità della popolazione. L’insostenibilità economica e l’oppressione sociale costituivano una unità insopportabile come forma di vita. Qui non posso andare oltre quelli che sono stati i totali effetti della caduta di un mito che hanno investito tutta l’area della sinistra e, nel gioco delle opposizioni immaginarie, hanno valorizzato come immediata terapia una svolta neo-liberista. Quale che potesse essere l’immagine pubblica socialista, considerando altresì le vicende tutt’altro che corroboranti di questo partito, essa era socialmente perduta. Fatto non secondario fu che un’élite politica transitò con convinzione verso una prospettiva neoliberista proprio perché era un ceto di pura rendita di posizione, privo di qualsiasi capacità di ricostituzione culturale e sociale che, con la ridicola concezione della modernizzazione, adottava comportamenti intellettuali e pratici identici a quelli che avrebbe dovuto contestare, …

BENI PRIMARI O COMUNI: NONSOLOACQUA

di Aldo Ferrara | Si è di recente costituito, nel nome e nel ricordo di Stefano Rodotà, il Comitato Popolare di Difesa Beni Comuni e Sovrani. Il Comitato si pone nel solco ideale dell’esperienza del Comitato Nazionale referendario “Sì Acqua Pubblica” e, come recita lo Statuto” ha lo scopo di promuovere e sostenere la presentazione di una legge d’iniziativa popolare per la modifica delle norme del codice civile in materia di beni pubblici, inserendo la nozione dei beni comuni, sociali e sovrani, secondo l’insegnamento e le risultanze della Commissione sui Beni Pubblici, presieduta da Stefano Rodotà nel 2007.” Un’iniziativa benedetta, al tempo in cui l’aggettivo sovrano viene declinato in ben altra accezione. Il Comitato ci riporta al concetto di Bene Pubblico o Comune, lasciando stare le sottigliezze semantiche e lessicali, e riapre la discussione sul significato di Presenza Pubblica nella società, nell’economia e nella vita politica. In questi anni non avevamo bisogno che il Pubblico fosse demonizzato e finalmente qualcuno ci ricorda che è stato un grave errore, anche della sinistra. Il criterio di definizione del Bene Pubblico può essere considerato inclusivo: oggi l’Acqua, domani altri concreti esempi di Beni Sovrani non potranno essere esclusi. Quali Concordo, e con me l’intero Gruppo ERGAM, nella necessità di sviluppare la tematica dell’acqua come Bene Pubblico, sancito dalla Costituzione e disatteso nella pratica amministrativa. La tematica sembra lontana dagli interessi culturali e scientifici del nostro Gruppo teso a investigare sulle opacità della ricerca e della distribuzione equa dei carburanti. Ma il Bene Comune non può limitarsi ai trasporti o alla semplice natura amministrativa della Salute. L’offerta di acqua sottintende anche all’offerta di salute, basti pensare a quante vite sono state salvate nel Terzo Mondo rendendo l’acqua disponibile e utilissima nella prevenzione delle malattie infettive. Giorno verrò in cui l’acqua sarà, e forse lo è già ora, Oro Bianco tanto quanto è importante ora l’Oro Nero. E il pianeta diverrà Waterland. E’ da preconizzare un futuro, ahimè, in cui l’Oro Bianco sarà in mano a pochi, si ipotizza un 10% delle Nazioni, per la distribuzione non equipollente al restante 90%. Uno strumento di pressione politica più forte delle armi e dello stesso petrolio. Quando fu costituito lo Statuto dello European Research Group on Automotive Medicine, il percorso tracciato sembrava chiaro. Verificare quali potessero essere le problematiche di salute del guidatore o dei passeggeri nel viaggio in auto, sia a medio sia a più lungo percorso. Non ci aspettavamo di doverci inoltrare in un percorso a ostacoli che ci ha portato alla stesura del primo Volume “ La vita al tempo del petrolio”. Ossia verificare che i disturbi in auto non sono poi così dissimili da quelli contratti fuori dall’auto. Le problematiche legate all’inquinamento indoor non sono appunto così diverse da quello outdoor. I cambiamenti climatici dovuti all’incongruo uso dei fossili determinano la febbre del pianeta che sale rapidamente e che non riusciamo a controllare l’incremento di temperatura al di sotto di 1.5 C. Le turbative atmosferiche con estremizzazione del clima porta a fenomeni microalluvionali e uraganoidi che condizionano il clima, soggetto a cambiamenti improvvisi e violenti. Da questo in breve derivano gli 8 milioni di decessi che registriamo ogni anno, una città come Londra che si disperde per l’incongruo uso dei fossili. Ecco perché, da queste premesse, appare chiaro che non possiamo limitarci all’osservazione limitata alla mobilità, se non affrontiamo i problemi della macro-economia e della geopolitica del petrolio, con i suoi cambiamenti estremi del clima, progressiva desertificazione e diffusione malarica. Nasce così il Secondo Volume “Oil Geopolitics” in cui gli scenari di questi argomenti si intrecciano con formidabili tendenze di geopolitica, laddove le vecchie e obsolete potenze militari hanno rivestito i più recenti panni di potenze strategiche ed economiche. Ricordate il film “I tre giorni del Condor”? Ebbene la realtà di questi ultimi anni ha superato la fantasia cinematografica. Di petrolio dunque si muore, perché produce gas tossici, ma anche perché scatena guerre, come quella asimmetrica dell’ISIS che ha per scenario il triangolo del petrolio, Iraq, Iran, Arabia. Un tourbillon di interessi geopolitici e finanziari che avviluppa il pianeta in una spy story senza fine. Conflitti bellici inspiegabili o attribuiti a tradizionali rivalità religiose, il dramma dei migranti dal Continente Africano, la sostenibilità energetica e la rivoluzione rinnovabile. Non ultima l’indifferenza della nostra pubblica opinione verso la politica estera. Questa, nella nostra intenzione, è la chiave di lettura, alla ricerca dei meccanismi che governano il mondo e, in specie, il mercato globalizzato dell’energia. Come nel film “Finchè c’è guerra c’è speranza”, fino all’ultima goccia di petrolio, la conversione alle rinnovabili sarà costellata da insormontabili resistenze. Sicché la politica energetica appare come un Giano bifronte che da un lato invoca la rivoluzione, mentre dall’altro tesse accordi per mantenere lo status quo. Nessuno dunque potrà stupirsi se focalizziamo, neanche velatamente, la dicotomia tra la speranza di avere un mondo privo di fossili inquinanti da un lato e dall’altro l’ipocrita e continua annunciazione di un mondo sostenibile e la presunzione di dare per scontata o prossima la migrazione dal fossile al rinnovabile. Senza trascurare i grandissimi sforzi verso le rinnovabili, ma le resistenze sono ancora alte. La lotta per l’energia, così vitale nella Società del XXI secolo, finisce per embricarsi nello sviluppo della società e diventa bene prezioso perché solo da essa dipende la nostra articolata vita consumistica- potreste fare a meno del frigorifero, TV, Radio, auto, treno, aereo quanto oggi con il frullatore va a elettricità, la quale a sua volta è mossa dall’olio combustibile o dal gas delle centrali? Dunque, l’energia così vitale ci porta dritto a considerarla come Bene Primario né più né meno come l’Acqua, vilissima rerum, scriveva Orazio, indispensabile alla vita. Ovvero ad altri Beni Immateriali Primari quali il diritto alla Salute, all’Istruzione. Tutti servizi pubblici su cui è fondato il primo vero assioma della Democrazia: il diritto ai Beni Essenziali, quali quelli descritti, di fronte ai quali tutti siamo in regime di vera ed autentica parità. Ne deriva che detti Beni Comuni non possono essere messi in discussione perché, come …

DISCORSO DI FRANÇOIS MITTERAND AL CONGRESSO DI EPINAY – 13 giugno 1971

Traduzione a cura di Maria G. Vitali-Volant | Cari compagni, Strutturerò il mio intervento intorno a tre punti: per cominciare: Il perché dell’essere qui. In seguito: che faremo dell’unità? Infine, come realizzarla? Perchè siamo qui? Perché siamo socialisti. E’ presto detto! Non voglio sciorinarvi le definizioni. Questo suppone almeno, qualunque sia la scelta di ognuno, un comportamento di rifiuto istintivo o ragionato – istintivo e ragionato, le leggi della ragione sono anche le leggi del socialismo –, il senso della società intorno a tutte le forme di liberazione, di cui sicuramente la prima, che sovrasta tutte le altre, è la liberazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo nelle strutture economiche e che questa liberazione si sviluppa attraverso la liberazione culturale.Ma oggi non siamo qui per tenere dei corsi e ci sarebbero professori migliori di me. Cerco solo di capire perché oggi, in questa sala, sono presenti tante donne e tanti uomini.Se si tratta di una festa, ci sto con piacere! Se è per una cerimonia, già siamo sul più noioso, ma mi sta bene. Se è per un rito, le cose si guastano. Se è con il sentimento che siamo dei pionieri, i primi, lo sparuto drappello di guida sul resto della truppa, se abbiamo il sentimento che per la prima volta da 65 anni infine ci stiamo riunendo – eccoci è fatta – , unificando – e lo credo –, al di là delle nostre persone e dei nostri gruppi e tendenze di tutte le correnti del Socialismo, allora ne vale la pena! Le correnti: non voglio neanche di queste fare la lista. Ma per lo meno constato che i Marxisti sono numerosi, i veri e i falsi, che esiste una tradizione prudoniana abbondante, che i personalisti di Emmanuel Mounier sono, colgo l’occasione per dirlo, Dio sia lodato, fra di noi… e che forse per la prima volta quello che succede in seno al mondo cristiano, e particolarmente la Chiesa cattolica, può significare, senza che cadiamo ancora nell’illusione delle grandi masse, l’appuntamento in cui hanno sperato tutti quelli che da almeno 25 anni, e lo hanno detto, sono andati in questa direzione. Quelli che approvo, quelli che disapprovo, quelli che considero anche senza saperlo, o che si chiedono sempre, ignorandolo, se sono loro amico o il loro avversario, tutti hanno auspicato questo momento.Ebbene, se ci siamo riuniti questa mattina, è la festa per noi tutti, noi tutti che siamo venuti per costruire il socialismo. Che faremo dell’unità? Prima di tutto: esistere, semplicemente esistere fisicamente. Esistere significa le strutture, il loro sviluppo, il militantismo – senza parlare di personalità più importanti di altre, perché è sempre molto noioso essere considerati come tali in un congresso di questo tipo – Siamo dei militanti? Non so se io lo sono, quello che so è che passo la mia vita con i miei compagni a cercare di fare esistere fisicamente la nostra organizzazione politica. E questo, non importano le sfumature. Perché noi siamo abbastanza divisi, noi anche, ma siamo tutti dei buoni compagni che stanno cercando di costruire insieme nel nostro piccolo dipartimento, piccolo o medio, non so, il socialismo in azione.E’ per questo che abbiamo preso delle posizioni favorevoli a un certo numero di temi di decentralizzazione, di collegialità di apertura. L’abbiamo detto abbastanza, non ripeterò quello che è stato detto in due giorni, in maniera eccellente, da questa tribuna. Però permettetemi di insistere su questo punto, bisogna anche che noi si esista intellettualmente, attraverso un più ricco apporto teorico e, aggiungerei, per l’idea che me ne faccio, spiritualmente, attraverso una migliore conoscenza dell’uomo e forse anche attraverso una più profonda riflessione sul suo destino nel tempo della sua vita.Questo approfondimento fa che io creda che la mozione B – mi impiccio con le lettere, anche rispetto alla mozione che voto talvolta mi sbaglio – sia la migliore; quella che chiede che la formazione in seno al partito conosca degli sviluppi considerevoli. Esistere, organizzarsi, battersi su ogni tipo di terreno, l’azione del militare politico; mi porto, se volete, volontario per essere il militante che voi chiedete: uno fra 90.000 oggi, uno fra 200.000 domani, uno fra milioni di socialisti che saranno, dopodomani, quelli che conquisteranno la società francese. Allora, cosa faremo con l’unità? E soprattutto, come lo faremo? Ebbene, adesso che il nostro partito esiste, vorrei che la sua missione sia prima di tutto quella di intraprendere un’azione di conquista. In termini un pò tecnici, questo si chiama vocazione maggioritaria.Sono per la vocazione maggioritaria di questo partito. Desidero che esso prenda il potere… Ecco, già presente, il peccato di elettoralismo! Comincio male. Vorrei che fossimo disposti a considerare che la trasformazione della nostra società cominci con la presa di potere, ma essa comincia prima con la presa di coscienza di noi stessi e la presa di coscienza delle masse. Però bisogna anche passare per la conquista del potere. La vocazione “gruppettara”, non è la mia né quella dei compagni che voteranno con me la stessa mozione.Ma conquistare cosa? Conquistare dove? Prima di tutto gli altri socialisti, l’abbiamo già detto! Poi, penso, – come tutto questo mi classifica non so ancora – penso che bisogna prima di tutto ragionare del come conquistare o riconquistare il terreno perduto sui comunisti. Penso che non sia normale che oggi ci siano 5 milioni, e forse anche più, di Francesi uomini e donne che scelgono il Partito comunista riguardo alle lotte e anche sul terreno elettorale, perché hanno il sentimento che sia questo partito che difende i loro interessi legittimi, ovvero la loro vita.Considero che uno dei compiti di conquista del Partito socialista sia di essere, con modestia oggi, lasciando andare le “parole verbali” come dicono i diplomatici, e senza voler fare effetto al congresso, il partito il più rappresentativo di quelli di cui abbiamo parlato prima. Questo non si farà, scusatemi se ve lo dico, se non al prezzo di azioni concrete.Lussante ha ragione, parlo di lui perché ha parlato poco prima di me, ed è su questo terreno che siamo troppo assenti, è su questo terreno …

ASSOCIAZIONI E CIRCOLI SOCIALISTI A RIMINI PER UNA NUOVA IDENTITA’ NEL XXI SECOLO

COMUNICATO STAMPA Da venerdì 8 a domenica 10 febbraio si svolge la Conferenza programmatica di “Socialismo XXI Secolo”.  Sono attesi, allo Yes Hotel Touring, duecento rappresentanti di circoli, associazioni, gruppi e siti web di ispirazione socialista e socialdemocratica provenienti da tutta Italia. Nel momento in cui la sinistra italiana sta mostrando crepe non indifferenti, duecento delegati socialisti si ritrovano in una Conferenza Programmatica per avviare il progetto per la costruzione di una casa socialista nuova di zecca; non discussioni su leadership ed organigrammi, ma idee e proposte per i problemi e le inquietudini della società di oggi. A Rimini, da venerdì 8 a domenica 10 febbraio si svolge la Conferenza programmatica di “Socialismo XXI Secolo”.  Sono attesi, allo Yes Hotel Touring, duecento rappresentanti di circoli, associazioni, gruppi e siti web di ispirazione socialista e socialdemocratica. E’ la seconda importante reazione, dopo l’assemblea di Livorno del 24 marzo 2018, alla cocente sconfitta elettorale del 4 marzo scorso. E, in più, una reazione che consente alla sinistra di allargare il suo perimetro ed assumere contorni nuovi rispetto al recente passato.  Perché rientra in gioco, dopo una lunghissima assenza, un’area culturale e politica socialista, laica, liberale che ha l’ambizione di contribuire a definire per la sinistra italiana tutta, una immagine più nitida e più europea dal punto di vista politico e programmatico. Il dibattito verterà tutto sui programmi, ed ha avuto una meticolosa preparazione, con ben 5 attivi che si sono tenuti nel 2018 a Budrio (BO), a Roma, con due seminari alla storico circolo socialista della Garbatella, a Napoli ed a Genova. Quasi un anno di lavoro che ebbe inizio il 24 marzo scorso a Livorno. Nella città che aveva visto, nel 1921, consumarsi la scissione fra socialisti e comunisti, si ritrovarono, autoconvocandosi, tanti socialisti democratici. Che non si limitarono a sancire la definitiva vittoria storica del riformismo di Turati rispetto alla scissione comunista. Presero il solenne impegno di un grande appuntamento per dimostrare che la cultura socialista e democratica è in grado di fornire, ancora oggi, le risposte più adeguate ai problemi della società. Perciò, nelle giornate di Rimini, ad avere spazio non saranno i temi della politica vuota e autoreferenziale. Saranno i temi delle persone: Europa, economia e occupazione, fisco, questione meridionale, sanità, ambiente, migrazioni, infrastrutture, diritti civili, scuola e università, Costituzione, assetti istituzionali e leggi elettorali per uno Stato moderno in grado di coniugare l’efficienza del governo con il rispetto della democrazia. La discussione si svilupperà sulla base di schede redatte in quasi un anno, dal primo incontro di Livorno ad oggi, e già sottoposte ad una prima valutazione nel corso di una serie di incontri svoltisi al nord, al centro al sud dell’Italia. Più che a fondare un partito, la Conferenza di Rimini punta a mettere assieme un corpo di idee che, senza dimenticare le radici, consenta oggi di conquistare lo spazio che le macerie della sinistra hanno lasciato completamente vuoto. Attraverso un percorso inclusivo, senza pretendere adesioni preventive; e alla condizione di continuare a credere fermamente che la distinzione tra destra e sinistra, anche dopo l’estinzione del comunismo, è reale e attuale. Per Socialismo XXI Il coordinatore Aldo Potenza (aldo.potenza@tin.it) Il Programma delle giornate e gli Appunti per Rimini sono reperibili sul sito www.socialismoitaliano1892.it nella sezione Socialismo XXI. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DOMANI SOCIALISTA PER RIMINI 2019

Ringraziamo sentitamente i compagni e le compagne di Domani Socialista, che hanno voluto promuovere sul loro sito l’evento della Conferenza Programmatica di Rimini. Un grazie particolare a Rino Formica e Daniele Delbene che in questi anni hanno sostenuto con continuità le nostre iniziative. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LETTERA INVITO

Care compagne e cari compagni,dagli anni novanta diversi leader si sono impegnati nella costruzione di movimenti “nuovi”, ma tutti privi di storia, radici culturali e politiche comuni. Così è stato per FI, per la “macchina da guerra” allestita da Occhetto a cui è seguito l’Ulivo e ancora il PD. Oggi nuovi movimenti eterogenei, dopo il 4 marzo 2018 governano l’Italia. Nel mondo, Europa compresa, tutto è in caotico movimento. L’egemonia delle idee neo-liberiste che hanno contaminato tante culture diverse, oggi sono sempre più contestate. Nel deserto politico culturale della sinistra italiana si avverte sempre di più il bisogno di un orizzonte programmatico sorretto da principi ideali che offra un solido approdo.Mentre altrove, in forme diverse, i socialisti hanno ritrovato nuove motivazioni ed entusiasmi, in Italia una grande storia e cultura politica rischia la definitiva scomparsa.A Livorno il 24 marzo 2018 abbiamo rivolto un appello ai tanti gruppi socialisti sopravvissuti alle temperie di questi tormentati anni. La risposta è stata sorprendentemente positiva e insieme abbiamo deciso di organizzare una convention programmatica a Rimini, che è stata preparata attraverso vari incontri seminariali svoltisi in diverse città del nord, del centro e sud d’Italia, con l’intento di offrire un riferimento programmatico a quanti intendano lavorare per ricostruire una forza di orientamento socialista nel nostro Paese.Quindi, senza dimenticare le nostre radici, l’impegno è diretto a costruire ciò che abbiamo chiamato il socialismo del XXI secolo, non un raduno nostalgico, ma una comunità che guarda al futuro.A Rimini vorremmo discutere con voi e con tutti coloro che hanno traversato il deserto in questi 25 anni alcune proposte che sono state elaborate e che abbiamo condensato negli Appunti per Rimini al seguente link: CONFERENZA PROGRAMMATICA RIMINI 2019. APPUNTI PER UNA DISCUSSIONE che come potete ben vedere sono proposte aperte al contributo di tutti. Al termine dei lavori proporremo la costituzione di una associazione nazionale a cui verrà affidato il compito di promuovere un’iniziativa per l’unità del socialismo italiano che abbiamo chiamato la “Epinay del Socialismo Italiano“. Sarà l’ultimo atto, a cui speriamo vogliano partecipare tutti coloro che si sentono socialisti, ovunque essi siano oggi, per restituire al nostro Paese una Forza Socialista Autonoma ed Unitaria, che vorremmo veder realizzata entro un anno, per la precisione entro il ventesimo anniversario della morte di Bettino Craxi.Una forza politica in grado di rispondere alle sfide del presente e quelle che l’intelligenza artificiale rappresenta in tutti i campi della vita contemporanea.Siamo consapevoli delle difficoltà che dovremo superare, ma parafrasando una espressione di Max Weber, siamo convinti che solo immaginando l’impossibile si possa realizzare il possibile.Saremmo lietissimi se accettaste il nostro invito e ci onoraste della vostra presenza e del vostro contributo di idee e consigli per proseguire con noi nel difficile compito che abbiamo intrapreso.Fiduciosi nella vostra positiva risposta, vi inviamo fraterni saluti. Per Socialismo XXIIl Coordinatore Nazionale Aldo Potenza SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DUE LEGGI DI REVISIONE COSTITUZIONALE

di Felice Besostri | La maggioranza giallo-verde-nera ha presentato, con firme rappresentative ed autorevoli o, due progetti di legge costituzionale come attuazione del contratto di governo, da qui la loro importanza politica, che si accompagna a quella istituzionale/ordinamentale, poiché riguarda la materia costituzionale: a) alla Camera la proposta di “Modifica all’articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare” (A.C. n. 1173); b) al Senato la proposta di “Modifiche agli articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di composizione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica” (A.S. n. 515). Il primo merita di essere discusso, il secondo una netta opposizione parlamentare e politica nell’opinione pubblica per quanto sia indottrinata e avvelenata da ostilità alla casta e alla politica: dovrebbero capire che se si riducono i parlamentari, si risparmia, ma il popolo, cui appartiene la sovranità (art. 1.2 Cost.), come corpo elettorale conterà sempre meno, se non potrà scegliersi liberamente e personalmente i parlamentari (art. 48.2 Cost.) in un numero che consenta la rappresentanza del pluralismo politico. Dal Porcellum al Rosatellum, le leggi elettorali incostituzionali con le quali abbiamo eletto quattro legislature consecutive nel 2006 (XV), 2008 (XVI), 20I3 (XVII) e 2018 (XVIII) i parlamentari sono stati nominati, con poca attenzione alla loro qualità da cupole dei partiti, che hanno il monopolio delle candidature ex art. 14 dpr n. 361/1957, malgrado che in violazione dell’art. 49 Cost. non siano libere associazioni di cittadini per determinare democraticamente la politica nazionale, ma, con la scomparsa dei partiti di massa ed ideologici della prima repubblica, ma comitati elettorali al servizio di interessi economici, quando non personali dei loro capi. La mancata attuazione della Costituzione è sempre all’origine dei mali, cui si vuole porre rimedio con nuove modifiche, che spesso sono la toppa peggiore del buco, per tradurre in italiano un’efficace espressione veneta. La Costituzione vigente prevede all’ «Art. 71 l’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli». Non ci sarebbe stato bisogno d’altro, se i disegni di legge d’iniziativa popolare fossero stati tempestivamente esaminati, portati nelle Commissioni parlamentari competenti e approvati, emendati o respinti, invece di ammuffire negli archivi. Tutt’al più disciplinando i tempi con modifiche ai Regolamenti parlamentari, come ha fatto il Senato nella passata legislatura, ma con entrata in vigore da questa, con l’Articolo 74 Disegni di legge d’iniziativa popolare e disegni di legge d’iniziativa dei Consigli regionali del nuovo Regolamento. L’art. 71 Cost. non pone alcun limite di contenuto ai disegni di legge d’iniziativa popolare, che possono essere anche in materia costituzionale ed elettorale e nelle stesse materie sottratte al referendum abrogativo dall’art. 75 Cost., cioè le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Due problemi richiedevano e richiedono interventi su norme della Costituzione l’introduzione di referendum di indirizzo e/o propositivi e i quorum per considerarli approvati. Il nodo è l’art. 75 Cost. che prevede solo il referendum abrogativo al primo comma e al quarto che “La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”. Il difetto di questo quorum ò che avvantaggia gli oppositori in minoranza perché favorendo l’astensionismo invece che il voto contrari o si sommano ai non partecipanti al voto. Tuttavia era semplice risolvere il problema abbassando il quorum di partecipazione ai votanti alle ultime elezioni, come era previsto dall’art. 15 del ddl costituzionale Renzi Boschi, una delle poche norme che avrebbe potuto essere approvata, ma era uno specchietto per le allodole. Tuttavia ritengo che la soluzione migliore non sia quella di un emendamento del piddino Ceccanti accettato dalla relatrice 5 stelle di ridurre al 25% degli aventi diritto, meglio la maggioranza assoluta calcolata sui votanti alle ultime elezioni per la Camera dei Deputati. Si tratta di un messaggio il 25% evoca comunque una minoranza, mentre in democrazia vige il principio della maggioranza, di norma e purché il risultato sia conforme a Costituzione. A mio avviso le norme costituzionali devono poter essere scolpite nel marmo ed essere di principio. In questo senso per introdurre il referendum propositivo, ma anche quello altrettanto importante di indirizzo di introdurre poche parole nei commi 1 e 2 dell’art. 75 Cost.: “È indetto referendum popolare di indirizzo e propositivo, nonché per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum abrogativo per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. La diminuzione del numero dei parlamentari a 400 alla Camera e 200 al Senato è ora demagogia pura, per risparmiare i costi della politica è detto nella relazione illustrativa. Se il numero è fatto per risparmiare perché non ridurre i deputati a 200 e i senatori a 100? O perché non abolire il Parlamento? Con quella diminuzione non avremmo i parametri di rapporto tra elettori ed eletti di Germania e Francia i paesi a noi più vicini in Europa come dimensione: basterebbe diminuire i nostri parlamentare del 10% e le loro indennità di un terzo per ottenere lo stesso risparmio, ma un Parlamento più rappresentativo. Ma l’argomento delle indennità ancora tabù: è più semplice prendersela con gli ex parlamentari o i loro coniugi superstiti, persone prive di ogni potere e additate al vituperio collettivo. Sul ddl costituzionale, che estende la democrazia diretta –Commissione Affari Costituzionali della Camera– introducendo dei limiti alle materie oggetto di referendum propositivo e allo strapotere dei comitati referendari. Vi era una pericolosa contrapposizione tra proponenti e il Parlamento, se osava approvare un testo differente da quello proposto: un referendum praticamente obbligatorio tra due testi dall’esito incerto in assenza di un quorum di partecipazione. Finché non avremo un testo definitivo è inopportuno …

RICORDANDO BETTINO CRAXI

di Roberto Giuliano | Come ogni anno, dal 2000, l’Associazione degli amici del Garofano Rosso e la Fondazione Craxi si ritrovano ad Hammamet il 19 gennaio per ricordare nel XIX anno della sua scomparsa un uomo, un politico, uno statista che ha subito in uno Stato democratico una grave ingiustizia. Parliamo di Bettino Craxi, il segretario del PSI e Presidente del Consiglio, che in un momento di grave crisi economica ha saputo risollevare le sorti del Paese dandogli un prestigio internazionale e facendo dell’Italia la V potenza mondiale superando l’Inghilterra. Molti considerano questa iniziativa, che si ripete nel tempo come un pellegrinaggio, un atto nostalgico di reduci o, per non dire peggio, di cialtroni che vanno a rendere omaggio ad un ladro. Questa vulgata in questi anni sta venendo meno perché la verità, prima o dopo, viene compresa anche dagli ingenui, ma certamente non da coloro che sono in malafede. Non solo, il pensiero politico di Bettino Craxi è ancora attuale e ci fa rendere conto delle opportunità perdute: dalla riforma delle istituzioni, alla riforma dell’Europa, la governabilità, il ruolo internazionale del nostro Paese nel Mediterraneo, la politica a sostegno dei ceti deboli, l’ammodernamento della PA e del Paese, il ruolo dei ceti intermedi per irrobustire la democrazia e potremmo continuare. No, le persone che si ritrovano ogni anno ad Hammamet per ricordare Craxi sono delle persone che compiono un atto politico perché nel nostro paese nel 1992 è avvenuto un golpe mediatico giudiziario ed ancora oggi il paese ne è prigioniero. È stata eliminata una classe politica che ha difeso la democrazia dal comunismo, una classe politica che non era immune da pecche, ma aveva senso dello Stato e delle Istituzioni, una classe politica che amava il suo Paese e aveva una visione del ruolo dell’Italia nel mondo. Il decadimento del nostro Paese può essere facilmente verificato dai dati statici: inizia con la falsa rivoluzione di mani pulite, crollano gli investimenti, si svendono le aziende pubbliche, si elegge una classe politica “nuova” di incapaci e di vecchi ricattabili, dovevano diminuire i partiti e fioriscono quelli personali, il debito pubblico esplode senza aumentare occupazione e sviluppo e la corruzione, che prima era un finanziamento illecito ai partiti e comunque serviva alla sussistenza della democrazia, oggi dilaga a livello personale in disprezzo della democrazia e del bene comune. La malapianta della giustizia continua a dominare la politica e a bloccare la crescita del Paese. Craxi non era un profeta, ma uomo politico che, per quanto tardi, capì cosa stava succedendo al Paese: la fine del comunismo ha dato il via libera alla finanza speculativa, desertificando i valori e le idee della politica. Il 19 gennaio non è un giorno di lutto, ma di lotta per testimoniare che l’uomo può perire, ma le sue idee sono eterne e dalla Tunisia ricorderemo al Paese che ancora esiste una memoria storica che è consapevole della possibilità di coniugare sviluppo, benessere e democrazia e che il declino non è figlio del destino ma dalle scelte della comunità. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

A 100 ANNI DA ROSA LUXEMBURG

di Nicolino Corrado | Il 15 gennaio 1919, vittima di un’esecuzione sommaria, si spegneva l’ardente esistenza di Rosa Luxemburg. Ebrea nata in Polonia, militò dal 1898 nella socialdemocrazia tedesca, che lasciò nel 1915, in polemica con la decisione di appoggiare l’entrata della Germania nella prima guerra mondiale, per fondare con Karl Liebknecht la “Spartakusbund” (Lega di Spartaco). L’elaborazione teorica Fu la più originale e profonda tra i teorici del marxismo “dopo Marx”. La sua analisi è concentrata sulle nuove forme che ha assunto il capitalismo con il passaggio di secolo. E’ l’epoca dell’imperialismo, dell’espansione coloniale e della formazione dei monopoli.  Secondo la Luxemburg, questa è la fase più matura del capitalismo, quella che lo porterà al suo crollo: l’imperialismo conquista sempre nuovi mercati nei paesi che non sono ancora arrivati al capitalismo, ma questa espansione giunge inevitabilmente a un limite invalicabile; ciò crea le condizioni della crisi definitiva del capitalismo e la transizione, non necessaria ma possibile, dal capitalismo al socialismo, che può avvenire non attraverso la via parlamentare, ma solo con la rivoluzione proletaria (“L’accumulazione del capitale”, 1913). Il marxismo di Rosa Luxemburg si contrappone sia a quello di Karl Kautsky (detto per la sua autorevolezza dottrinaria “il papa rosso”) sia a quello revisionistico di Eduard Bernstein. Rispetto a Kautsky, pur ritenendo inevitabile il crollo del capitalismo, non crede nell’inevitabilità del socialismo, che rimane una delle possibilità oggettive della storia; quando il capitalismo sarà crollato, la scelta sarà tra socialismo e distruzione della civiltà; quindi, l’alternativa sarà “socialismo o barbarie”, secondo la sua celebre parola d’ordine (“Juniusbroschure”, 1915). Kautsky è accusato di considerare il rapporto tra le riforme e la rivoluzione in modo meccanico, con la conseguenza che la meta finale del socialismo resta disgiunta dall’azione politica di tutti i giorni della classe operaia. Se il fine del socialismo viene collocato in un futuro indeterminato, la classe operaia non lotterà per far cadere il capitalismo e rimarrà rinchiusa in una visione fatalista e attendista della transizione alla società socialista. La Luxemburg respinge decisamente anche le tesi di Bernstein, qualificandole come “opportunismo”: le riforme non sono da respingere “a priori”, rappresentando “un pezzo di socialismo” ed anche una “scuola di socialismo”, se non viene spezzato il rapporto dialettico che deve legarle alla “meta finale”, la rivoluzione, che il revisionismo ha cancellato, elaborando una dottrina socialista adatta ai ceti piccolo-borghesi. Nella Germania post-bellica Dopo aver trascorso per la maggior parte in carcere gli anni della prima guerra mondiale a causa della sua propaganda pacifista, Rosa Luxemburg viene liberata nell’ottobre del 1918 con la sconfitta tedesca e riprende l’attività politica nella “Spartakusbund”, nella nuova realtà della Germania post-bellica. La Germania sconfitta è in preda al caos. Moti insurrezionali di soldati e operai esplodono in molte città; unità militari ancora in armi, fedeli solo ai loro comandanti, scorrazzano per il paese. Il potere legale, dopo l’abdicazione del Kaiser Guglielmo II il 9 novembre 1918 era stato consegnato dall’ultimo cancelliere imperiale, Von Baden, nelle mani del socialdemocratico Friedrich Ebert, presidente del Consiglio dei commissari del popolo, composto esclusivamente da socialisti. E’ il periodo della cosiddetta “rivoluzione di novembre”. Ma nelle città il potere reale era in mano ai consigli degli operai e dei soldati, che occupavano industrie e operavano requisizioni di cibo da distribuire alla popolazione affamata; mancava, invece, il sostegno delle masse contadine, che rimasero in maggioranza ostili ai movimenti rivoluzionari delle città. Dopo la smobilitazione dell’esercito, la MSPD (socialdemocrazia maggioritaria) era l’unica grande forza organizzata presente in tutto il paese. I leaders socialdemocratici erano contrari a una rivoluzione di tipo sovietico, di cui era evidente la deriva terroristica e totalitaria (Ebert dichiarò che non voleva diventare “il Kerensky tedesco”) ed erano favorevoli a una democratizzazione del sistema politico nella cornice di istituzioni parlamentari. Si arrivò così a un compromesso fra i capi della MSPD e lo stato maggiore dell’esercito ex imperiale (guidato dai generali Hindenburg e Ludendorff), di tendenze conservatrici e allarmato per la situazione dell’ordine pubblico, che dichiarò la propria lealtà alla repubblica. Friedrich Ebert, leader della MSPD, partito di maggioranza relativa, sa che la borghesia tedesca è molto tiepida verso il suo governo e che potenti forze reazionarie sono ostili alla repubblica. Perciò, vuole costituire al più presto un regime parlamentare aperto alle richieste socialiste. Gli spartachisti, invece, si opponevano alla convocazione dell’Assemblea Costituente e si battevano per la Repubblica dei Consigli, visti come elementi di base di una nuova “democrazia socialista”. Il movimento operaio é diviso: esistono due partiti socialdemocratici (quello maggioritario, la MSPD, e quello indipendente, l’USPD, la frazione di sinistra staccatasi dalla SPD nel 1917) e una galassia di gruppi radicali tra cui emerge la “Spartkusbund”. Il 9 novembre 1918, in realtà, vengono proclamate due repubbliche tedesche. Una ufficiale, da una finestra del Reichstag, da parte di Philipp Scheidemann, deputato della MSPD e già ministro del governo Von Baden, che ha come modello lo Stato costituzionale e di diritto; l’altra, la “libera repubblica socialista di Germania”, è proclamata nella piazza del Castello di Berlino, dallo spartachista Karl Liebknecht: in essa i tre poteri esecutivo, legislativo e giudiziario sarebbero stati assorbiti, sul modello dei “soviet”, dai Consigli degli operai e dei soldati. La scelta viene compiuta in occasione del Congresso nazionale dei Consigli degli operai e dei soldati, svoltosi a Berlino il 19 dicembre 1918, in cui i socialdemocratici sono in maggioranza, che indice le elezioni dell’Assemblea Costituente, respingendo con 344 voti contro 98 la proposta alternativa di costituire subito una repubblica socialista fondata sui Consigli. La data delle elezioni per l’Assemblea che si riunirà a Weimar è fissata al 19 gennaio1919. La “Spartkusbund” il 30 dicembre 1918 si costituisce in Partito Comunista Tedesco (KPD). Il nuovo partito è deciso a boicottare le elezioni del 19 gennaio 1919, collocandosi in una prospettiva rivoluzionaria. La situazione precipitò tra il 5 e il 6 gennaio 1919: centinaia di migliaia di berlinesi manifestarono contro la destituzione del capo della polizia della capitale, vicino ai gruppi radicali. Il gruppo dirigente comunista decise, a maggioranza, di cogliere l’occasione e di incitare, con …

RIMINI 2019. TEMPO SCADUTO PER I PARTITI SENZ’ANIMA E SENZA IDENTITA’

L’ 8 – 9 e 10 febbraio a Rimini molti socialisti un pò avanti con gli anni, reduci ma ancora combattenti, si ritrovano per costruire un percorso simile a quello che a Epinay portò alla ricostruzione del Partito socialista francese agli inizi degli anni ‘70. So bene (ci ho pensato bene anch’io) alle difficoltà che abbiamo, alla damnatio memoriae che ci ha colpito, alla diaspora che ci ha per tanti anni diviso. Il percorso è complesso! Vedo però sempre più in questo clima di odio pericoloso e di cupio dissolvi che agita la nostra comunità (ma non solo) il bisogno di ritrovare punti fermi, idee guida, fiducia costruttiva. Il bisogno di ancorarsi a solide tradizioni che vanno ovviamente riviste ed aggiornate perché il nostro mondo, quello in cui siamo cresciuti nelle nostre convinzioni politiche, è molto cambiato. Rimini è un momento di approfondimento: ci torniamo non a caso 37 anni dopo quella straordinaria Conferenza sui “Meriti e sui Bisogni” che ancora oggi conserva grandi motivi di attualità. Non ci saranno grandi personaggi del passato ma persone “normali” che amano il socialismo e non accettano di vedere l’Italia ridotta in questo stato. Pensiamo a 300/400 persone che stanno lavorando a ricostruire una area socialista ancora utile al Paese e soprattutto ai nostri giovani. E che data l’età non possono che consegnare ai giovani adulti il compito di questo lavoro. Anche il mondo cattolico sta lavorando in modo alacre per un progetto di ricostruzione della propria casa politica. E anche questa è cosa positiva. Penso sia finita la ubriacatura della ricerca di partiti nuovi, padronali o nati da fusioni a freddo e senza anima perché senza identità. Ai populismi nazionalisti, alle spinte che minano la pace stessa in Europa, penso che la risposta stia nell’aggiornamento le buone tradizioni politiche. Tra cui quella socialista. Ecco perché spendere almeno due giorni del proprio tempo a Rimini. Un caro saluto Alberto Leoni SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it