di Franco Astengo |
La grande avanzata socialista nelle elezioni spagnole del 29 aprile costituisce senz’altro un segnale molto importante per la sinistra europea.
In un quadro generale di crescita nella partecipazione al voto e in una situazione molto complessa da valutare seguendo la traccia delle “fratture” che agitano e dividono la società spagnola i socialisti sono cresciuti da 5.443.846 voti a 7.480.755 suffragi: più 2.036.909, con un incremento in seggi di 38 unità, in percentuale dal 22,63% al 28,68%.
Nonostante questo risultato il futuro del governo spagnolo rimane pieno di incognite e legato comunque alla costruzione di un complicato sistema di alleanze delle quali saranno probabilmente protagonisti i partiti delle diversità nazionalità, a partire da quella catalana.
E’ il caso allora di verificare che cosa è capitato in quest’occasione analizzando specificatamente la particolarità spagnola della formula elettorale: il meccanismo di traduzione dei voti in seggi.
Sotto quest’aspetto la formula elettorale spagnola presenta caratteristiche molto particolari: il “Congreso” (erede delle antiche Cortes) viene eletto, infatti, attraverso collegi di diversa (e in gran parte ridotta) dimensione. All’interno del collegio i seggi in palio sono attribuiti con il metodo d’Hondt, dei quozienti successivi, senza utilizzo dei resti e senza riporto a un collegio unico nazionale. In questo modo oltre a favorire i partiti più grandi risultano privilegiate le concentrazioni locali: ed è da questo tipo di sistema che deriva la complessità dell’esito cui si accennava all’inizio.
Il dato più interessante da esaminare diventa allora quello del “costo” di ogni seggio per ciascun partito, comparando questo elemento con quanto accaduto nelle elezioni precedenti per comprendere meglio la “localizzazione” o l’eventuale (per i grandi partiti) estensione o riduzione nel “peso nazionale” del voto.
E’ evidente che un’analisi ancor più approfondita in questo senso dovrà essere svolta nei prossimi giorni esaminando i dati collegio per collegio: adesso, però, a poche ore di distanza dall’esito del voto ci si dovrà accontentare di una valutazione di carattere generale. Il quadro generale è comunque quello di un rilevante aumento nella partecipazione al voto come si evince dal numero di voti validi salito tra il 2016 e il 2019 da 23.874.674 a 26.361.051 pari a 2.486.377 suffragi espressi in più dal corpo elettorale.
Allora, andando per ordine.
Come abbiamo visto il PSOE ha avuto 7.480.755 voti per 123 seggi: ogni seggio è dunque costato 60.819 voti. Nel 2016 i socialisti avevano ottenuto 5.443.846 voti per 85 seggi, con un costo di 64.045 voti ciascheduno: si può dunque pensare non solo a una crescita nel voto socialista, come è evidente, ma anche a una migliore distribuzione territoriale, di una dimensione ancora più accentuata di partito nazionale ed “europeo”, considerata la precisa definizione adottata da Sanchez nelle prime dichiarazioni post – voto.
Secca flessione per il PP sceso da 7.941.236 voti a 4.356.023, con un decremento di 3.585.213 voti. I popolari dimezzano praticamente i seggi scendendo da 137 a 66. Nel 2016 per ogni seggio il PP aveva dovuto ottenere 57.965 voti, nel 2019 il costo è salito a 66.000 per ogni singolo suffragio, quindi con una caduta anche nella capacità di dimensione territoriale del Partito.
L’entità della caduta dei popolari è stata soltanto compensata dall’incremento di Vox e di Ciudadanos.
Vox ha indubbiamente fatto registrare un ottimo risultato e segnato l’inedita presenza dell’estrema destra nel Parlamento spagnolo con 2.677. 173 voti e 24 seggi (111.548 voti a costo unitario) mentre Ciudadanos ha avuto 4.136. 600 voti e 57 seggi (72.571 voti a seggio). Nel 2016 Vox non aveva realizzato rappresentanza parlamentare fermandosi a 47.182 voti, mentre Ciudadanos aveva ottenuto 3.140.570 voti e 32 seggi (98.205 voti per seggio: si può affermare che Ciudadanos si è sicuramente affermata anch’essa come partito nazionale). Nel complesso Vox e Ciudadanos incrementano di 3.626.021 voti: considerata la caduta del PP si può parlare sostanzialmente di un interscambio di voti nel centro destra, ferma restando la registrazione di uno spostamento complessivo, da questo punto di vista, verso l’estrema. Non si può però parlare di “sfondamento” a destra.
Risultato mediocre per Unidad Podemos: nel 2016 la lista di sinistra aveva avuto 3.227.123 voti per 45 deputati (71.713 voti a seggio); nel 2019 i voti sono scesi a 3.118.191 (meno 108.932) e i deputati a 35 (89.091 il costo unitario). Nella sostanza Podemos realizza una tenuta sul piano del voto generale, ma un restringimento nelle proprie dimensioni di partito nazionale probabilmente a vantaggio delle liste di sinistra indipendentiste in Catalogna ma non solo.
Esaminiamo allora il comportamento di alcune delle principali liste rappresentati le nazionalità.
L’Esquerra Repubblicana di Catalogna ha avuto un rilevante incremento passando da 632.234 voti a 1.015.355 con un più 383.121 voti. I deputati sono saliti da 9 a 15: nel 2016 ERC aveva pagato ogni deputato 70.248 voti, nel 2019 67.690.
Jxcat Junts, partito catalano indipendentista, ha avuto (senza riscontro con il 2016) 497.638 voti per 7 deputati: costo unitario 71.091. Ogni deputato è costato a Jxcat circa 40.000 voti in meno di quanto è costato a Vox. E’ questa una delle particolarità da notare nel già descritto sistema elettorale spagnolo.
Sono cresciuto entrambi i partiti baschi: il PNV da 287.014 voti a 394.627 passando da 5 a 6 seggi (65.771 voti a costo unitario) mentre Bildu da 184.713 a 258.840 raddoppiando i seggi da 2 a 4 (64.710 voti per deputato).
Un altro esempio del tipo di distorsione che la formula elettorale spagnola provoca nella traduzione dei voti in seggi parlamentari lo si riscontro evidente nel risultato di NA+, il partito rappresentante della Navarra: 107.124 voti per 2 seggi, costo unitario 53.562 voti, la metà di quello per Vox, 7.000 in meno del costo pagato per ogni seggio dal PSOE.
Si è così esaminato in modo molto sommario l’esito delle elezioni spagnole per quel che riguarda i principali partiti sottolineando, com’era nello scopo di questo lavoro, il tipo di distorsione che la formula elettorale realizza oggettivamente nella sua capacità di tradurre i voti in seggi.
Ne esce un sistema politico abbastanza frammentato soprattutto sul versante della faglia localistica (che come sappiamo in Spagna ha una valenza, usando un eufemismo, piuttosto “forte”). I partiti che rappresentano questa frattura, nella situazione data, dovrebbero risultare indispensabili per la formazione del governo.
Ed è questo un dato su cui riflettere quando si esaminano le formule elettorali nei diversi Paesi, seguendo le particolari conformazioni geografiche, etniche, sociali e politiche.
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