DEMOGRAFIA, AMBIENTE E MIGRAZIONI

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019

La popolazione mondiale ha superato, ad inizio del decennio che stiamo vivendo i 7 miliardi di abitanti. Ad inizio del novecento era di 1,650 miliardi. Le previsioni dell’ONU stimano che nel 2030 toccheremo gli 8 miliardi. L’aumento della pressione demografica è evidente e sta generando situazioni economiche, sociali e politiche di difficile gestione; l’ambiente degrada e crea pericoli per la salute e per la qualità della vita.

Non sono più rinviabili politiche adeguate e comportamenti individuali e collettivi consapevoli dello stato di salute del Mondo, efficaci per avversare, ridurre e, dove possibile, eliminare i pericoli prodotti dalla crescita demografica.

E’ nota l’interdipendenza esistente tra vari elementi che contribuiscono a peggiorare l’ecosistema: dall’uso dei combustibili allo smaltimento dei residui incombusti, dalla produzione di energia con metodi meno inquinanti ai riciclaggi, dal recupero delle plastiche all’utilizzo e alla tutela delle acque. Non appare ancora consolidata la consapevolezza che il pianeta e i suoi abitanti, la fauna, la flora e i mari vivono in una condizione di peggioramento delle condizioni complessive di vita.

In sede europea occorre stabilire un calendario di scadenze per scelte di difesa ambientale, gestibili – secondo le competenze – dai Governi nazionali, regionali, comunali. Scelte i cui investimenti siano considerati al di fuori dei parametri di indebitamento nazionali previsti dagli accordi europei esistenti.

Gli investimenti in tale campo sono benèfici sia per la salute e la maggiore pulizia possibile dell’ambiente che per il sistema economico nel suo insieme, trattandosi di spese non correnti. Le variazioni del clima non sono l’unica causa di migrazioni ma producono enormi effetti ambientali con danni quasi sempre irreversibili. L’esasperato sfruttamento dell’ambiente e il suo inquinamento concorrono a variare il clima.

L’aumento della pressione demografica su un mondo in cui le risorse hanno un limite ci pone di fronte a due grandi problemi che politici avveduti non possono non tenere in conto:

• La finitezza delle risorse ci obbliga a prendere atto che il loro consumo non può non essere regolamentato, ma soprattutto che alcune risorse non regolamentate, quelle energetiche soprattutto, stanno creando problemi non indifferenti al pianeta, in termini ecologici, economici e sanitari;

• La cultura neo-colonialista posta in essere in questi anni per poter utilizzare le materie prime e le fonti energetiche di alcuni continenti, Africa in particolare, stanno generando guerre ed emigrazioni di massa.

I Governi di tutti i livelli politici (internazionali, nazionali e territoriali), le istituzioni scolastiche e scientifiche, debbono assumere comportamenti virtuosi, che riguardino anche le imprese private ed i cittadini. Gli impegni assunti nelle ultime conferenze internazionali sull’ambiente (Parigi 2015 in particolare), vanno applicati ed estesi anche ai Paesi che ancora non hanno aderito.

A livello nazionale occorre un patto per la cultura della tutela dell’ambiente e del territorio, promosso dallo Stato, al quale tutti siano chiamati a collaborare con proposte e impegni, a partire dalle articolazioni statali, Regioni, Province e Comuni.

Le politiche dell’ambiente devono inoltre puntare a ridurre sempre più l’incidenza degli imballaggi sui prodotti di consumo, in particolare i residui plastici.

Per ciò che concerne le pressioni demografiche sulle migrazioni è interesse dell’Italia e dell’Europa che i paesi africani e del vicino oriente vadano aiutati per il loro sviluppo: sia quelli nei quali esistono risorse naturali sfruttate da aziende neo-colonialiste o sfruttate poco o male, sia quelli carenti di risorse o impoveriti da varie cause.

Le migrazioni provengono da

• paesi nei quali le povertà sono create o acuite dal cambiamento del clima, a cause degli effetti prodotti sulle condizioni ambientali e, conseguentemente, economiche, sociali, igieniche, sanitarie;

• paesi nei quali lo sviluppo economico non esiste e, spesso, i gruppi dirigenti politici locali sono incapaci a promuoverlo o sono corrotti e si occupano dei loro interessi personali e non di quelli delle loro collettività;

• paesi nei quali continuano guerre o guerriglie, prodotte da qualsiasi origine e motivazione – politica, religiosa, militare – con conseguenti fughe che diventano epocali e senza ritorno.

L’ effetto è la fuga alla ricerca di migliori condizioni esistenziali altrove. Sono note le aree interessate in maggior misura da queste cause migratorie, in Africa, in Asia e in America latina.

In tutta questa fase di incremento demografico solo l’Europa è in calo.

Il paese europeo più prolifico non raggiunge il quoziente di natalità minimo necessario per il mantenimento numerico della propria popolazione. Esistono vuoti demografici più o meno rilevanti che – da anni – sono riempiti da immigrazioni disordinate, casuali, crescenti.

L’Italia è più esposta all’immigrazione per note ragioni geografiche e, negli anni, non ha elaborato una precisa linea di programma e di comportamento sulla materia, compiendo tra l’altro molti errori, tra i quali la sanatoria generalizzata degli immigrati nel 2003 e l’incapacità di sostenere con forza le necessarie modifiche al Trattato di Dublino del 2003 che impone l’obbligo di assistenza al paese di primo sbarco.

L’Italia deve portare l’Unione europea ad accordi diversi dai precedenti, usando con intelligenza tutte le possibilità offerte dall’essere un paese importante non solo perché esposto più di altri.

L’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dice: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”

Il diritto alla sicurezza è per tutti, residenti e immigrati

La politica corrente non deve declamare, ma rendere effettiva,  la disposizione universale sui diritti, sulle libertà e sulla sicurezza.

In particolare sui diritti va combattuto lo sfruttamento della mano d’opera immigrata, in particolare in agricoltura, dove permane in gran parte il caporalato, la non tutela dai pericoli sul lavoro, lo sfruttamento salariale e l’evasione contributiva.

In particolare sulle libertà va affermato che le culture, etniche o religiose, non giustificano in alcun modo condizioni di privazione, di limitazione di libertà per le donne e per i figli, nelle loro scelte di studio, di modi di vivere, di matrimonio o convivenza.

In particolare sulla sicurezza, la tutela nazionale va garantita con un sistema di azioni, di accordi, di controlli con paesi stranieri – laddove possibile e provando comunque a realizzarli – avendo la consapevolezza che il fenomeno immigratorio si può governare incidendo sulle cause che lo determinano.

Ma l’Italia vive un grande problema di emigrazione. Si sta infatti incrementando un flusso migratorio verso l’estero, da parte dei giovani, molti dei quali laureati in cerca di prima occupazione, e da parte di altre persone  di diversa età che, per diversi motivi ,sono state espulse dal mondo del lavoro e a per  quali l’Italia non offre opportunità  di una nuova collocazione nel mondo del lavoro stesso.

La quantificazione del fenomeno si aggira in oltre centomila persone all’anno fino al 2015, (dato ISTAT); secondo stime comparate tra dati italiani e dati esteri, gli espatri sarebbero in numero molto maggiore. Questa emigrazione è anche una fuga di intelligenze dai vari campi italiani della scienza e arricchisce altri paesi, anche economicamente.

I Governi italiani non hanno attivato convincenti meccanismi che favoriscano la creazione di posti di lavoro qualificati per i laureati. Occorre un programma specifico finalizzato alla crescita delle possibilità di sviluppare la ricerca applicata, soprattutto nei campi scientifici e tecnologici.