Rimini, 10 febbraio 2019
La globalizzazione guidata dalla ideologia neoliberista, se ha rappresentato una occasione di sviluppo in alcune aree di sottosviluppo economico, con la deregolamentazione dei mercati e la concorrenza fra sistemi sociali e politici molto diversi, ha, di converso, prodotto, nell’occidente industrializzato e dotato di avanzati sistemi di protezione sociale, la precarizzazione del lavoro, vaste aree di povertà, l’arretramento delle conquiste sociali, l’aumento dell’indebitamento pubblico e privato e le diseguaglianze nella distribuzione del reddito.
Gli effetti di tali cambiamenti sono rappresentati dal peggioramento della distribuzione del reddito, oggi in Italia meno del 50% del valore aggiunto complessivo va ai redditi da lavoro, rispetto al 60/65% che era la quota del passato.
“Il tasso di crescita medio a lungo termine dei Paesi sviluppati è andato progressivamente riducendosi passando dal 3-4% dei primi anni ‘70 ai modesti tassi attuali.
Le crisi finanziarie dopo un periodo di stabilità durato circa 30 anni, sono diventate sempre più frequenti. La diseguaglianza dei redditi delle persone è aumentata in modo esponenziale. Le retribuzioni sono rimaste stagnanti in termini reali sui livelli degli anni ‘80, mentre la produttività da allora ad oggi è più che raddoppiata, pertanto l’intero beneficio si è indirizzato a favore della parte più benestante della popolazione. Il tasso di disoccupazione intorno al 7,8% viene considerato normale, anche in Paesi dove si rilevavano alti tassi di occupazione. Inoltre spesso l’occupazione è precaria e mal retribuita.
A questo desolante scenario si aggiunge La scarsa attenzione nei confronti dello sfruttamento delle risorse mondiali, delle conseguenze ambientali e sulla salute delle persone. Come era prevedibile la reazione è stata ed è la paura del futuro, la forte inquietudine verso il presente e la ricerca verso illusorie protezioni nazionali che privilegiano risposte sovraniste e populiste.
La sinistra di fronte alla aggressiva egemonia delle idee neoliberiste non ha saputo elaborare una proposta alternativa, anzi spesso ha accompagnato con lo slogan della modernizzazione i processi economici internazionali dettati dagli interessi della finanza e delle multinazionali, tentando persino, come è avvenuto in Italia, di modificare la Costituzione privilegiando la governabilità e, con le leggi elettorali, mortificando la partecipazione e la rappresentanza.
In tal modo, smarrendo gli elementi distintivi delle politiche socialdemocratiche in un mondo di grandi trasformazioni economiche e sociali, è venuto a mancare il riferimento politico capace di orientare e guidare vaste aree di cittadini che, all’aumentare delle difficoltà economiche e di fronte al lento smantellamento del welfare, ha reagito rivolgendosi verso movimenti di protesta di vario orientamento.
Lo scenario culturale, contro cui tutte le forze democratiche progressiste ed in particolar modo quelle del socialismo democratico devono svolgere la loro azione, è dei più difficili poiché con il neoliberismo si sono diffusi elementi culturali negativi come l’edonismo, l’individualismo, l’egoismo sociale, l’avversione verso la politica, ovvero il contrario della cultura socialista democratica che si riconosce nei valori comunitari, solidaristici e nella democrazia partecipata.
Ciò nonostante i primi sintomi della crisi della globalizzazione neoliberista sono ormai evidenti e l’introduzione dei dazi doganali voluta da Trump, con tutte le conseguenze che comporta, è una dimostrazione del livello di insofferenza che provoca la liberalizzazione dei mercati avvenuta secondo interessi che non hanno posto le condizioni di vita delle persone al centro degli obiettivi da perseguire.
L’Europa con i Trattati di Maastricht e il successivo di Lisbona ha assunto il modello neo-liberista come stella polare. E’ tempo di ridiscutere quei trattati intergovernativi che hanno favorito la crescita di una insofferenza sociale che rischia di compromettere il disegno europeo. La Brexit è una delle più evidenti conseguenze. Noi Socialisti siamo per superare l’Europa Confederale, dominata dalle burocrazie, per avviarci verso un’Europa Federale che abbia i principi del Manifesto di Ventotene quale riferimento di base.
L’Italia ha affrontato la diffusione delle idee dei Chicago boys nel momento più grave della sua storia politica e si è trovata in balia di forze o culturalmente vicine alle idee neoliberiste o con una sinistra post comunista travolta dalle macerie politiche e culturali della caduta del muro di Berlino, che emblematicamente rappresenta la conclusione del comunismo, incapace culturalmente e politicamente di affrontare le nuove difficoltà.
Proprio nel momento della maggiore necessità, a causa di diverse responsabilità, è stata distrutta l’unica forza, il Partito Socialista Italiano, capace con la sua carica innovativa, ben descritta a Rimini nel 1982, di svolgere una azione di contenimento e di ostacolo alla azione aggressiva del neoliberismo e di offrire una soluzione, l’alleanza tra i meriti ed i bisogni.
Oggi, come già osservato precedentemente, appare in grave difficoltà il modello di globalizzazione finora perseguito; è in crisi sia l’UE, sia l’area euro.
In Italia la scelta del PD di perseguire una modernizzazione secondo le idee che potremmo definire tipiche di un ”neoliberismo progressista” propugnate dalla così detta terza via, ha privilegiato di DIRITTI CIVILI rispetto alla GIUSTIZIA (BISOGNI) SOCIALE (ovvero unendo alle azioni indicate dal neoliberismo quelle dei diritti Lgbtq), non segnando una netta linea di demarcazione fra se e alcune forze di centrodestra con le note conseguenze.
La Conferenza programmatica di Rimini promossa da Socialismo XXI ha rappresentato il tentativo di concorrere a porre un argine ai rischi sempre più evidenti che l’intera comunità nazionale corre a causa delle risposte sovraniste e antieuro di una parte della destra e di alcune marginali forze di sinistra e più in generale allo smarrimento in cui si trova tutta la sinistra che appare incapace di offrire risposte adeguate ai mutamenti in corso nella società e nell’economia italiana.
La crisi politica è tanto più grave se si considera che dovremo affrontare le difficoltà e le opportunità della economia denominata 4.0, ovvero la robotica diffusa, e ciò che rappresenterà per concentrazione di capitali e per la riorganizzazione del modo del lavoro.
L’industria 4.0 ha segnato la fine di un paradigma che ha traversato gli ultimi due secoli, al crescere degli investimenti cresceva l’occupazione, oggi non è più così, l’innovazione espelle forze dal ciclo produttivo ed anche dalle strutture di servizio.
Noi socialisti dobbiamo farci promotori di un nuovo Patto dei produttori che isoli o almeno ridimensioni il capitalismo finanziario e rafforzi l’imprenditoria produttiva, ma dobbiamo, per l’appunto, essere consapevoli che il vecchio modello industriale non si ripresenterà più. E solo una nuova politica di Programmazione economica e industriale, sul modello proposto da Antonio Giolitti e Giorgio Ruffolo, ci consentirà di uscire da una crisi infinita.
Le risorse sono poche, occorre allocarle laddove possono creare occupazione, e verso la ricerca di base ed applicata.
Il precedente Governo, caratterizzato da orientamenti contrastanti su quasi tutte le problematiche che affliggono l’Italia, privo di una indirizzo comprensibile in politica estera, interessato solo a sostenere iniziative che servano a rispondere ai propri elettori, incapace di affrontare i segnali evidenti di una recessione in atto, interessato ad usare i margini di spesa in deficit per la spesa corrente, polemico con l’Europa, ma incapace di promuovere alleanze utili alle riforme necessarie per ridare impulso su orientamenti diversi dagli attuali all’edificio europeo, ha aggravato le già difficili condizioni economiche e sociali del nostro Paese e come era prevedibile è giunto al capolinea secondo uno stile che ha evidenziato l’assoluta mancanza di cultura delle Istituzioni e di governo.
Al momento le risposte che vengono avanzate appaiono prive di un orientamento politico e programmatico che consenta di individuare con nettezza l’orizzonte culturale che le ispira.
Ormai è tempo di porre la QUESTIONE SOCIALISTA in Italia che sempre più appare vitale per costruire una alternativa politica e di governo credibile.
L’iniziativa riminese, ha posto questo obiettivo al centro della sua proposta.
Come abbiamo più volte sostenuto, non siamo e non saremo, l’ennesima celebrazione di un passato che non ritorna, ma, senza dimenticare la lunga storia di grandi conquiste sociali che i socialisti hanno contribuito a promuovere, forti dei nostri principi intendiamo riprendere la strada che i socialisti italiani hanno percorso in altri tempi, avanzando proposte capaci di aiutare l’Italia ad uscire dalle difficoltà e rivolgendo un appello a quei cittadini che hanno perso la fiducia e sono smarriti di fronte alla confusione culturale e politica imperante, affinché si uniscano a noi per ridare all’Italia un grande partito di orientamento socialista e democratico.
Ovviamente il nostro appello è rivolto in primo luogo a quei socialisti insoddisfatti degli orientamenti assunti da chi oggi utilizza un simbolo senza far seguire azioni politiche conseguenti alla storia che vorrebbe rappresentare.
Siamo consapevoli della nostra attuale modesta forza organizzativa, ma siamo altresì certi che allo stato nella sinistra nessuno abbia condizioni di grande vantaggio politico e che l’apporto di tutti sia indispensabile per uscire dalle difficoltà.
Ma come abbiamo sempre ripetuto il nostro impegno non è la costruzione di un recinto identitario chiuso e autoreferenziale, al contrario è l’impegno a costruire una comunità nazionale di orientamento socialista capace di offrire un orizzonte politico a tutti gli italiani ed in particolare alle donne e alle nuove generazioni.
Per questa ragione facciamo APPELLO a tutti coloro che ritengono che il socialismo sia una risposta necessaria ed attuale, ai Circoli, alle Associazioni di coloro che si sentono socialisti, alle Fondazioni di area socialista ed al Partito Socialista Italiano affinché si rendano disponibili ad un confronto aperto ed inclusivo, per lanciare e sostenere, tutti assieme l’impegno per giungere, alla Epinay del Socialismo Italiano, che per noi socialiste e socialisti riuniti a Rimini ha un solo scopo, la ricostruzione di una casa per tutti coloro che sono e saranno interessati a dare una nuova e salda prospettiva politica di orientamento socialista all’Italia.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.