MOZIONI PRESENTATE AL XIX CONGRESSO NAZIONALE DEL PSI

Roma (1-4 ottobre 1922)

Mozione massimalista

Il Congresso, constatando come nonostante tutti gli sforzi unitari fatti dal Partito e i tentativi di armonizzare i diversi pensieri sulla tattica in una unica azione di disciplina, si è affermata, nella organizzazione socialista, una tendenza con propria disciplina, allo scopo confessato di condurre il Partito alla collaborazione con la borghesia e all’accettazione delle attuali istituzioni;

constatando come a questo scopo, nettamente confessato, si siano accompagnati atti concreti per effettuarne la realizzazione, in dispregio ai tassativi divieti e ai deliberati dei Congressi e della opposizione della Direzione del Partito, e segnatamente i seguenti:

1 – manovre intese a partecipare alla soluzione della crisi ministeriale, promettendo eventuali appoggi a indirizzi di Governo;

2 – dichiarazione di autonomia del Gruppo parlamentare;

3 – invio di un rappresentante del Gruppo al Quirinale per indicare al re il modo di risolvere una crisi di Gabinetto;

4 – propositi chiaramente manifestati di provocare localmente o nazionalmente la costituzione di blocchi elettorali politici ed amministrativi coi Partiti borghesi;

5 – pubblicazioni in cui si ricusano precedenti atti politici per i quali soltanto era possibile la comune permanenza in un solo Partito;

6 – pubblica denuncia di pretese responsabilità della sola maggioranza del Partito nello scatenarsi della reazione;

7 – voti e atti intesi alla partecipazione ad un Governo cosiddetto migliore;

8 – propositi ed opere per deviare il movimento proletario dal suo indirizzo classista;

constatando finalmente che il manifesto pubblicato dalla frazione collaborazionista, il voto del Convegno di Milano del 10 settembre e la mozione da essa presentata al Congresso sono in pieno, deciso, inconfutabile contrasto con le direttive segnate al Partito da tutti i Congressi, da Reggio Emilia del 1912, a Milano del 1920 e violano fondamentalmente il programma stesso del Partito, votato a Bologna dal Congresso del 1919 e confermato da allora in tutti i susseguenti congressi;

per questi motivi il Congresso delibera:

1 – Tutti gli aderenti alla frazione collaborazionista e quanti approvano le direttive segnate nel manifesto e nella mozione anzidetta, sono espulsi dal Partito Socialista Italiano;

2 – Le Sezioni, i Gruppi di compagni, i singoli, ecc., che, pur avendo contribuito ad apportare attività o deleghe non conformi alla presente mozione, abbiano tratto dalle discussioni il convincimento che le decisioni proposte in questa mozione siano conformi all’interesse classista del proletariato, sono invitati a richiedere la propria iscrizione nel Partito ricostituito.

Mozione unitaria

Il XIX Congresso straordinario del Partito Socialista Italiano mentre rinvia ai Congressi ordinari la discussione sopra questioni di metodo e di astratti propositi di frazioni che oggi ne confessano la immediata inattuabilità preoccupato invece degli eccezionali avvenimenti odierni e delle condizioni in cui trovasi il Partito di fronte al proletariato nella grave ora presente;

del suo dovere, anche dove la reazione medioevale è pienamente trionfante, di non permettere che essa abbia a trovare compagni dispersi in gruppi acefali e antagonistici immancabilmente sorti dallo sminuzzamento del Partito ma per quanto è possibile in forza compatta, ad opporre il programma di una società socialista a quello illogico e antistorico, nonché improduttivo e infecondo, di un nuovo feudalesimo e di una nuova servitù riaffermando, mentre ripudia dal suo seno ogni regressiva tendenza operaista, che l’azione sindacale e di classe è ormai immedesimata in quella politica, sia che il Partito ha la funzione di conservare i beni morali e materiali svolgendo l’azione come può spettare solamente a un forte partito politico centro dell’unità delle forze lavoratrici per la immancabile riscossa;

mentre riconferma l’indirizzo di politica internazionale fin qui seguita, diretta a tutelare efficacemente e prontamente l’azione di quei gruppi che si propongono di accordare tutto il proletariato oggi diviso, in un’unica vera e potente Internazionale, condizione necessaria a difendere in modo definitivo le conquiste sindacali nei confronti della progressiva reazione, ad annullare i trattati di pace imperialisti e a debellare il pericolo imminente di nuove guerre;

passa all’elezione del suo Comitato centrale affidandogli la facoltà di mezzi ai detti fini e di disciplinare rigorosamente uomini e organismi in modo da ottenere la più stretta unità di azione.

La votazione diede i seguenti risultati:

Massimalisti voti  32.100

Unitari  voti  29.119

Rassegnato, Turati così espresse il rammarico degli esponenti della mozione riformista: «Noi ci separiamo da voi: o, forse più esattamente (non vi sembri una sottigliezza), voi vi separate da noi. Comunque ci separiamo. Accettiamo l’esito della votazione.» Terminò con queste parole: «Accomiatiamoci al grido augurale di “Viva il socialismo!“, auspicando che questo grido possa un giorno – se sapremo esser saggi – riunirci ancora una volta in un’opera comune di dovere, di sacrificio, di vittoria!»

Il 4 ottobre 1922 Turati diede quindi vita insieme a Giacomo Matteotti, Giuseppe Emanuele Modigliani e Claudio Treves al Partito Socialista Unitario, di cui Matteotti fu nominato Segretario. Treves assunse la direzione del periodico La Giustizia, la cui sede venne trasferita da Reggio Emilia a Milano e divenne l’organo ufficiale del nuovo partito. Nelle file del PSU confluirono inoltre i due terzi del gruppo parlamentare socialista.