di Aldo Ferrara – Socialismo XXI Lazio |
Non c’è pace per lo scacchiere mediorientale, dall’accordo di Ostenda del 1928 sulla spartizione dell’Iraq
Siamo dunque al secondo drammatico atto della Guerra di Religione che sta squassando la Siria. Ma lo è davvero guerra di religione, considerato che il siriano Assad appartiene alla Famiglia Alawita, notoriamente la più moderata dei clan islamici? Per quanto si voglia, da parte di alcuni osservatori, limitare il ruolo dell’energia nella genesi del conflitto siriano, l’analista Robert F. Kennedy trova invece che le motivazioni non siano religiose bensì energetiche. Tutto risalirebbe al veto posto da parte di Assad alla pipeline che il Qatar avrebbe voluto costruire per portare in Europa il gas arabo. Una sufficiente motivazione, visto che si sarebbe trattato di un affare da 60 a 120 miliardi di metri cubi di gas l’anno, rendendo oltretutto alla Turchia una agognata indipendenza.
Il campo South Pars/North Dome è un giacimento situato, nel Golfo Persico a cavallo tra Emirato del Qatar e Iran. Secondo l’International Energy Agency la riserva contiene circa 1.800 trilioni di piedi cubi (51 trilioni di metri cubi) di gas naturale. Il giacimento copre un’area di 9.700 chilometri quadrati, di cui 3.700 chilometri quadrati (South Pars) si trova nelle acque territoriali iraniane e 6.000 chilometri quadrati (North Dome) e in Acque territoriali del Qatar. Scoperto nel 1971, solo nel 2000 si sono poste le condizioni dello sfruttamento, quando il Qatar ha proposto di costruire un gasdotto. Finalità ultima era quella di evitare che il gas del Qatar potesse essere riversato sui mercati europei solo spedito via mare mentre il gasdotto avrebbe ridotto i tempi di trasferimenti e soprattutto i suoi costi.
Al contempo il gasdotto Qatar/Turchia avrebbe consegnato ai regni sunniti del Golfo Persico una prevalenza decisiva sul mercato mondiale del gas naturale rafforzando, in specie tra essi, il Qatar, stretto alleato degli Stati Uniti nel mondo arabo.
Drenare il giacimento avrebbe comportato anche inevitabili contenziosi tra Qatar e Iran, essendo esso adagiato su la linea di demarcazione territoriale. Inoltre avrebbe condizionato anche la presenza sul mercato del gas dell’Iran sciita e del suo alleato, la Russia. Tuttavia Assad pose a suo tempo un veto strutturato con un’alternativa filo-iraniana, il Gasdotto Islamico, che esaspera la già vivacissima rivalità tra le Monarchie del Golfo sunnite e l’Iran sciita, (Paola Pintus, Le grandi vie del gas e gli interessi strategici in MO, Tiscali News 07.04.2017).
Detto giacimento presenta dimensioni tali da indurre il Qatar ad una svolta dettata anche dall’embargo nei suoi confronti degli Emirati. A tal punto da negoziare con l’Iran, mediante la mediazione russa, un oleodotto congiunto Qatar-Iran. Il Qatar ha intensificato le sue relazioni con l’Iran, con la Russia e con la Cina, rifiutando le richieste impossibili degli Emirati Arabi Uniti.
Le vicende mediorientali, che hanno squassato il mondo negli ultimi decenni, hanno questo punto di partenza. Possono essere riassunte nella Dottrina Kennedy da cui discende la possibile interpretazione univoca della politica mediorientale di questi anni.
Ai termini “Sunnita” e “Sciita” che segnano la divaricazione religiosa delle etnie mediorientali, vanno sostituiti i termini “Corridoio di Oleodotti del Cartello di Compagnie Arabo-Americane” e “Corridoio di Oleodotti del Cartello Russo-iraniano”.
Da un lato Russia e Turchia, quale paese di transito delle pipelines del gas azero (Shah Deniz I e II) e dall’altro l’enorme potenzialità del giacimento di gas del Qatar South Pars/North Dome. Il corridoio di transito dal gas qatariota e dell’oil irakeno e quel triangolo di territorio curdo tra Mosul e Raqqa dove si e insediato il Daesh. Il controllo di quel territorio si e dimostrato talmente vitale da condizionare la politica di USA e Federazione Russa, con i rispettivi alleati, in tutti questi anni a far tempo dalla prima guerra del Golfo del 1991.
Per dirla con parole di Marco Franza “…Se il Kurdistan fosse unito politicamente potrebbe essere lo Stato più ricco del Medio Oriente, considerate le materie prime di cui dispone – dal petrolio alle risorse idriche”. Il petrolio infatti viene estratto in tutti e quattro i paesi curdi. In Turchia è estratto nell’area di Siirt, Raman, Garzan,Diyarbakir.
Un focus on d’obbligo ci porta anche in Oman che apparirebbe negletto rispetto la galassia degli Emirati vicini. Tuttavia il paese è all’avanguardia nello sviluppo di tecnologie di recupero cosiddetto Enhanced Oil Recovery, EOR (detto anche recupero terziario) ed e il primo paese del Medio Oriente a far parte del ristretto club di produttori non convenzionali di petrolio e gas, attualmente guidati dagli Stati Uniti.
A settembre 2017, si è avviata la produzione del suo giacimento di gas Khazzan da 16 miliardi di dollari, il più grande progetto di gas non convenzionale in Medio Oriente. Senza dimenticare i rapporti complessi con il vicino Yemen, fonte di continue scaramucce di guerriglia nelle aree di confine.
In pratica si sta creando un Consorzio anti-OPEC che vede protagonisti, Russia, Iran, Qatar, e Turchia come hub privilegiato per il passaggio delle merci e del gas e come interlocutore diretto con forniture ( Franza M., Kurdistan, lo Stato introvabile. Limes, 08.06.1999).
Ma la storia recente indica altri risvolti: il fatto che la Russia costringerebbe Damasco a porre il veto a un oleodotto del Qatar a favore di uno iraniano ignora anche un’altra realtà: Mosca e Teheran sono potenziali rivali energetici, almeno per il mercato europeo dove i russi vogliono mantenere il primato. Nonostante si parli di come le guerre del gasdotto permetterebbero all’Europa di diversificarsi dal gas russo, le esportazioni di gas russo in Europa hanno raggiunto un livello record nel gennaio 2017.
Jihad Yazigi,nel suo “Rapporto sulla Siria” afferma tra l’altro “La concorrenza per l’accesso al gas nella regione non è tra Qatar e Iran, ma Russia e Iran”.
Nel dicembre 2016, il commerciante di materie prime Glencore e l’Autorità di investimento del Qatar, il fondo sovrano del paese, hanno acquisito una partecipazione del 19,5% in Rosneft, la compagnia petrolifera statale russa, per $ 11 miliardi, con il risultato che il Qatar ha ottenuto un accesso al mercato europeo più semplice di quanto qualsiasi pipeline attraverso la Siria possa mai offrire.
Di conseguenza, Doha è diventato il più grande esportatore di GNL al mondo negli ultimi 15 anni. Ha investito oltre $ 11 miliardi in una flotta di trasporto di merci con GNL indipendente dall’infrastruttura di gasdotti fissi e che può portare GNL ovunque. I mercati del gas in più rapida crescita sono in Asia, in particolare Giappone, Cina, Corea del Sud e India. Il GNL è anche un’opzione più competitiva rispetto alle tubazioni di gas secco in Europa, dove la domanda di gas è piatta e le previsioni depresse rispetto all’Asia e all’interno del Medio Oriente stesso.
Naser Tamimi, un esperto di energia indipendente del Qatar, afferma: “Con l’infrastruttura esistente, il Qatar non ha abbastanza gas per vendere all’Europa attraverso un gasdotto, poiché la maggior parte dei contratti sono attualmente in Asia e a lungo termine, mentre la domanda all’interno del Qatar è in aumento “.
Conclusione. La manovra militare di Erdogan su cui Trump chiude un occhio, favorisce la probabile esclusione dell’Iran dalla rete di pipelines che attraversa il Kurdistan, con gran sollievo di Washington. In un solo colpo Mosca mantiene il suo primato sull’Europa, esclude l’Iran da gran parte dei mercati europei, si consolida nel Mediterraneo con il favore di Erdogan, potenzia la sua presenza nel Qatar, a scapito degli Emirati, e fa della Turchia, che per anni è stata la base dei missili puntati su Mosca (ricordate Incirlik), il suo guardiano nel Mediterraneo dove l’oleodotto Poseidon farà la sua parte dando gas egiziano ed israeliano a Cipro e Turchia.
Alla fine nella guerra tra “Corridoio di Oleodotti del Cartello di Compagnie Arabo-Americane” e “Corridoio di Oleodotti del Cartello Russo-iraniano”, vince Mosca, asso pigliatutto del mercato dell’oil & gas. E in Europa si ciancia di transizione dai fossili alle rinnovabili.
Ferrara A. Colella A., Nicotri P. Oil Geopolitics, le insostenibili condotte, Agorà &CO, Lugano 2017
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