L’ULTIMA BATTAGLIA DI BESOSTRI «ILLEGITTIMA LA SOGLIA ALLE EUROPEE»

di Pietro De Leo – Il Tempo | Una vita in trincea «sono già riuscito a far annulare alla Consulta sia l’Italicum che il Porcellum. E anche il Rosatellum corre dei rischi» Una battaglia giuridica contro la soglia del 4% per le elezioni al Parlamento Europeo. E’ quella che porta avanti l’Avvocato Felice Besostri. Già senatore per cinque anni con i Ds nella componente socialista, sono notissime le sue controversie legali – vinte – contro Porcellum e Italicum. Avvocato Besostri, ora contro la soglia di sbarramento per Strasburgo. Perché? «Il mio ricorso non è per capire se la soglia del 4% sia o meno conforme alla Costituzione. Su questo tema, la Consulta si è già pronunciata in senso affermativo, a seguito di una ordinanza del Consiglio di Stato. Il tema, in questo caso, è la conformità rispetto al Trattato di Lisbona». Perché? «Il trattato istitutivo della Comunità europea diceva che il Parlamento europeo rappresentava i popoli degli Stati membri, dunque ogni Paese poteva avere dei margini di discrezionalità nello stabilire come far rappresentare i loro popoli. Tradotto: potevano decidere se mettere o no la soglia. Con il trattato di Lisbona, invece il Parlamento rappresenta direttamente i cittadini dell’Unione. A questo punto, non è che contestavo la soglia in sé, ma una soglia disuguale. Sarebbe come se, in una legge elettorale nazionale per le Camere, ogni regione scegliesse lo sbarramento che ritiene opportuno». Quindi però il tema, secondo la sua ottica, non è solo italiano. «No, ma ognuno deve far valere il principio nel proprio Paese. Soglie d’accesso non ve ne sono in molti Paesi, anche tra i più importanti, come Regno Unito, Germania, Spagna». Il Tar, però, ha respinto il suo ricorso, con una motivazione solo di diritto italiano e non di diritto europeo. «Ho già fatto ricorso al Consiglio di Stato, è già stato assegnato il numero di ruolo». Perché lei fa questa battaglia? «Beh, io sono quello che è riuscito a far dire, per la prima volta, che le leggi elettorali devono essere conformi alla Costituzione. Ho contribuito a far annullare il Porcellum e l’Italicum dalla Corte Costituzionale. E adesso davanti a tre Tribunali, che ancora non hanno deciso, pende il quesito se anche il Rosatellum sia conforme o meno alla Costituzione». SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CONVOCAZIONE CONFERENZA ORGANIZZATIVA DI SOCIALISMO XXI

La Presidenza di “Socialismo XXI”, allargata ai Responsabili della Comunicazione e alle Attività Tecniche-Amministrative e ai coordinatori organizzativi del Nord, del Centro Italia e del Mezzogiorno, ha deciso, nella sua riunione del 19 novembre, la convocazione della Conferenza di Organizzazione della Associazione per il 28 marzo del prossimo anno. In preparazione della Conferenza è stata indetta, altresì, l’Assemblea dei Soci Fondatori estesa ai Coordinatori e Promotori regionali allo scopo di definire con la Presidenza le modalità di svolgimento e il programma dei lavori della Conferenza stessa, la quale -oltre a dibattere sui più rilevanti problemi organizzativi (tesseramento 2020, andamento della costituzione dei Circoli locali e loro diffusione, rilancio della identità socialista nel quadro della scomposizione in atto del quadro politico)- farà il punto sull’avanzamento del processo, promosso dall’Associazione, di ricostituzione unitaria di una forte presenza partitica socialista e ripreciserà le proprie posizioni e proposte in ordine ai principali problemi della agenda politica, economica e sociale del Paese. La riunione della Assemblea dei soci fondatori e dei coordinatori/promotori regionali si terrà a Roma il 1° febbraio dell’anno venturo presso la storica sede socialista della Garbatella di Via Edgardo Ferrati, 12. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

AMBROGINO D’ORO A BORRELLI. COMUNICATO DI SOCIALISMO XXI

La decisione della Giunta Comunale di Milano di conferire il riconoscimento alla memoria dell’Ambrogino d’oro – che annualmente il Comune ambrosiano attribuisce a personaggi  che hanno dato lustro alla città – a Francesco Saverio Borrelli ci lascia stupiti ed amareggiati. Francesco Saverio Borrelli è stato, da magistrato, tra i protagonisti principali di una controversa ed alquanto discussa stagione giudiziaria e politica della storia della Repubblica, che ha lasciato piu’ macerie che soluzioni nella pratica del buon governo del Paese. Il conferimento alla memoria della persona del prestigioso riconoscimento riapre ferite che potevano essere risparmiate al Paese. Gli estimatori dello scomparso magistrato hanno spesso evidenziato la sua profondità ed il livello della sua “cultura giurisdizionale” e la sua fermezza comportamentale che animavano la sua azione a capo della Procura di Milano. Noi, invece, non possiamo dimenticarci che nelle indagini del “pool” di  “Mani Pulite” da lui diretto non sono mancate colpevoli reticenze ed omissioni, comportamenti persecutori a senso unico spesso immotivati (basta vedere il gran numero di assoluzioni degli inquisiti già in sede di indagini preliminari ben superiori alle condanne), carcerazioni non sempre legittime usate come mezzo per indurre in delazioni come nel tragico caso del compianto Gabriele Cagliari. Una stagione giudiziaria e politica che è in questi tempi oggetto di riflessioni assai critiche da piu’ parti  e persino anche autocritiche da parte di qualche protagonista di allora, e che ha prodotto effetti devastanti per la politica, in particolare verso vari settori di essa ed ingiustificate omissioni assolutorie per qualche altre parte. Al Sindaco Sala, perciò, non sarebbe dovuto sfuggire che una tale decisione avrebbe riacutizzato sentimenti di rancore e di risentimento di cui non si sentiva proprio il bisogno in una fase – già di per sé – delicata e complicata della vita nazionale. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA RIPRESA DELL’ITALIA PUO’ PARTIRE SOLO DALLA SCUOLA

  di Anna Rito – Coordinatrice Socialismo XXI Basilicata |   La scuola, in questi ultimi anni, non è stata certamente in cima ai pensieri dei politici. Spesso si è sentito parlare della cara, buona, vecchia scuola di una volta, ma più che invocare l’obbligo del grembiulino per tutti gli scolari d’Italia, la rivoluzione promessa non l’abbiamo ancora vista. Nel frattempo, studi e sondaggi confermano che come nei Paesi che hanno una bassa scolarità, anche in Italia si avverte un’evidente distanza tra percezione e realtà. Una distanza che purtroppo tende a confermarsi stabilmente nel tempo. Nelle scorse settimane un articolo di Tuttoscuola ricordava che nel 2030 avremo probabilmente un milione e 300 mila studenti in meno, con un turnover del 40% degli insegnanti. Il futuro è angosciante se pensiamo che invece in altri Paesi europei come la Svezia, la Germania e l’Inghilterra gli studenti aumenteranno di numero. Lo sconforto aumenta quando si viene a conoscenza che i nostri ragazzi, come dimostrano le prove Invalsi arrivano spesso ad affrontare la maturità, soprattutto al Sud, con livelli di preparazione molto bassi. Una politica seria e lungimirante capace di costruire il futuro del proprio Paese sarebbe corsa ai ripari e avrebbe aperto le Università e la ricerca e gli ordini professionali al rinnovamento. Investirebbe danaro e risorse per il rilancio della scuola e quindi della formazione come grande priorità del Paese. Invece, in questi anni solo drastici tagli. I risultati di questa politica miope e scelleratamente schiava della tattica, –bada il lunedì a quanto accadrà martedì- senza più visione e progetti di lungo respiro. In questo desolato panorama si nota con drammaticità la mancanza di una chiara forza Socialista, del suo spirito vitale che nella sua storia centenaria ha contribuito non poco a cambiare positivamente l’Italia, con le riforme realizzate e con la conseguente crescita civile. Oggi come ieri, i socialisti non possono che dire “Prima la scuola”, perché mai potrebbero accettare che una popolazione sprovvista di cultura e spirito critico possa essere soggetta a più facili manipolazioni e a sudditanza perenne. Perciò non è credibile nessuna politica di ripresa del Paese che non cominci da qui e che non abbia a cuore un’Italia più moderna e competitiva, facendo della scuola e della cultura l’asse portante per il nostro riscatto.     SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

COME RIPRENDERE CONTATTO CON LA PARTE DEI CITTADINI

  di Alberto Leoni – Coordinatore Socialismo XXI Nord Italia |   Una Breve nota per riflettere su come riprendere un contatto con la parte dei cittadini che vedono oggi la destra riferimento della loro esistenza. Oggi l’ondata della destra nazionalista è forte in tutto l’Occidente. Si è vestita di nazionalismo. Reagisce alla paura indotta da una globalizzazione selvaggia chiudendosi dentro i confini nazionali. Non è minimamente paragonabile al fascismo (e sbaglia gravemente chi diffonde questa idea). E’ una illusione ovviamente -perchè non ha soluzioni-, ma attecchisce nelle menti di chi chiede protezione. Oggi la sinistra non sembra in grado di difendere i più deboli. Deve tornare a parlare di salari, di educazone, di salute, di merito, di sviluppo economico sostenibile ed armonico. Deve essere però una sinistra -se vuol governare in Occidente-, integrata in Europa e legata al socialismo. La sinistra che governa non può che essere socialista. E chi ha avuto (ed ha) timore di questa parola si ravveda. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

TOMMASO FIORE E CARLO ROSSELLI, TRA QUESTIONE MERIDIONALE E REDIFINIZIONE DEL SOCIALISMO

Brevi note tra teoria e politica * di Jacopo Perazzoli | Introduzione Con la fine del «secolo breve» non soltanto sono spariti i partiti storici della sinistra italiana, ma è progressivamente andata scomparendo dalla discussione pubblica una grande tematica che ne aveva contrassegnato i dibattiti teorici, programmatici e politici praticamente fin dalla loro fondazione: la questione meridionale. Una simile tendenza affondava le sue radici negli anni Ottanta del Novecento, quando, da un lato, il Psi non colse la necessità di cambiare la sua impostazione e, dall’altro, il Pci iniziò a delegare alle procure la lotta alla mafia, impoverendo la propria politica sul terreno sociale e sul modo d’essere nelle istituzioni, a partire dalle Regioni. Ancor peggio è andata a partire dal 1992, e quindi con la fine delle organizzazioni politiche tradizionali, quando i problemi dell’Italia meridionale sono stati sostanzialmente sminuiti ad una semplice eliminazione della criminalità organizzata, senza più prestare attenzione ai caratteri di riforma sociale2. Al di là del fatto che si parli di questione meridionale al singolare, oppure al plurale come fatto recentemente anche da Sabino Cassese3, la scarsa considerazione dei problemi del Mezzogiorno nella visione dell’establishment politico nazionale è confermata da come l’alto tasso di disoccupazione in questa porzione del Paese, che nel 2014 ha toccato quota 20,7%4, non abbia suscitato grandi reazioni nella classe dirigente nazionale5. A ben vedere, però, proprio in parallelo alla perdita di centralità delle difficoltà dell’Italia del Sud all’interno della visione politico-programmatica dei partiti, si è registrata una nuova attenzione nei confronti delle condizioni del Sud Italia da parte del ceto intellettuale. Similmente a quanto avvenuto negli anni Cinquanta, quando aveva preso piede un fecondo dibattito tra gli studiosi di ispirazione marxista di «Cronache meridionali» e quelli d’orientamento liberal-democratico di «Nord e Sud», negli anni Ottanta la discussione attorno ai destini del Mezzogiorno riprese con le medesime modalità con cui si era sviluppata trent’anni prima. Anche in questo caso, da un lato potevano essere individuati gli intellettuali figli della tradizione marxista, raccolti attorno alla rivista «Meridiana», e dall’altro quelli riconducibili all’imprinting liberal-democratico, il cui esponente di punta è ancora oggi Giuseppe Galasso, l’unico superstite del gruppo di «Nord e Sud»6. Provare a valutare in chiave storica, e dunque ampliando il discorso già vivo sul piano della discussione squisitamente intellettuale, la situazione di attuale arretratezza dell’Italia del Sud deve essere un esercizio propedeutico anche per fare luce su quelle figure che nel corso della loro vicenda politica ed intellettuale hanno provato ad individuare e a fornire delle soluzioni volte a superare il divario tra la parte centro- settentrionale e quella meridionale del Paese. Tra queste una personalità che merita di essere ripresa in analisi è sicuramente quella di Tommaso Fiore (Altamura, 1884 – Bari, 1973), insegnante liceale ed universitario, fine studioso, oltre che esponente di diversi soggetti politici, quali l’Associazione nazionale dei combattenti, il Partito socialista unitario, il movimento liberalsocialista, il Partito d’azione e il Partito socialista italiano7. In ottica storiografica, ciò significa perseguire l’obiettivo, dichiaratamente ambizioso, di provare ad ampliare il panorama degli studi dedicati a Fiore sul piano intellettuale e politico, così da iniziare a colmare quel vuoto, rilevato per esempio da Franco Martina e Santi Fedele8, relativamente alle indagini in grado di approfondire le svariate sfaccettature della lunga vicenda fioriana. Un passaggio della biografia di Fiore obiettivamente poco sviscerato è quello del suo rapporto intellettuale, ma anche politico, con Carlo Rosselli. Anche se gli studiosi più attenti del meridionalista pugliese hanno toccato quel periodo all’interno dei loro lavori9, vi è soltanto un contributo organico allo scambio tra i due10, Tommaso Fiore e Carlo Rosselli di Domenico Fazio, pubblicato nel volume Meridionalismo democratico e socialismo, che raccoglie gli interventi del primo convegno dedicato a Fiore, organizzato nel 1978 a Bari dalla sezione pugliese dell’Istituto Gramsci e dall’Istituto socialista di studi storici11. Certo, come ammesso dallo stesso Fazio, ciò è sicuramente dipeso dalle poche fonti primarie all’epoca disponibili, ma oggi, grazie soprattutto al lavoro di Domenico Zucàro e di Cosima Nassisi12, che hanno pubblicato il carteggio Fiore-Rosselli del 1926, si deve giocoforza tornare su quella particolare partentesi del socialismo e del meridionalismo italiano. Questo saggio ha provato a non limitare l’indagine al rapporto epistolare tra i due, che non sarebbe tuttavia comprensibile qualora non si considerasse la collaborazione di Fiore con la «Rivoluzione Liberale» di Piero Gobetti, ma ha cercato di confrontare i rispettivi scritti apparsi su «Il Quarto Stato» che spaziarono dalla ridefinizione del pensiero socialista all’individuazione delle modalità con cui risolvere l’atavica arretratezza del Mezzogiorno: non si dimentichi che fu proprio Rosselli a considerare centrale questo tema nel dibattito politico e programmatico del Psu-Psli degli anni Venti. D’altra parte, una comparazione così concepita suona ipotizzabile sulla base di un fatto da più parti appurato: tanto Fiore quanto Rosselli, a cavallo tra il delitto Matteotti e l’approvazione delle leggi fascistissime, avevano visto in un socialismo rinnovato in senso liberale non soltanto la soluzione ai travagli della stessa area socialista, ma anche le modalità con cui indebolire il regime fascista attraverso un’alleanza in cui gli interessi dei contadini fossero saldati con quelli della piccola e media borghesia. Tuttavia restringere l’analisi al triennio 1924-1926 non permetterebbe di cogliere la lungimiranza di quella stagione di elaborazione politica e culturale. Proprio per questa ragione si è tentato anche di fare luce su quei concetti di Fiore che, emersi nei mesi della sua collaborazione con «Il Quarto Stato», sono poi riapparsi nella sua riflessione teorico-politica degli anni a cavallo tra la Seconda guerra mondiale e l’avvio della vicenda repubblicana come il più classico dei fiumi carsici. Tommaso Fiore, il primo dopoguerra e il passaggio da Gobetti a Rosselli Similmente a quanto avvenuto a molte altre figure politiche di spessore – da Guido Dorso a Piero Gobetti, da Carlo Rosselli ad Antonio Gramsci –, la Grande guerra funzionò su Fiore come un catalizzatore di energie. Analizzando il significato che l’intellettuale pugliese diede al primo conflitto mondiale – cui prese parte dal 1916, anno in cui partì volontario per l’Isonzo, al 1917, quando venne catturato dopo la …

LA GUERRA DEL VIETNAM

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA SCUOLA DI DOTTORATO Humane Litterae DIPARTIMENTO Scienza della Storia e della Documentazione Storica CORSO DI DOTTORATO STUDI STORICI E DOCUMENTARI (ETÀ MEDIEVALE, MODERNA, CONTEMPORANEA) CICLO XXVI La questione della politica estera nel dibattito interno al Partito socialista unificato. Dal progetto di unificazione alla nuova scissione: 1964 – 1969 M-STO/04 Tesi di dottorato di: Eleonora Pasini Matr. n. R09045 ANNO ACCADEMICO 2012-2013   CAPITOLO TERZO 3.1 La guerra del Vietnam La guerra del Vietnam rappresentò la questione di politica estera più delicata che il Partito socialista italiano dovette affrontare durante gli anni di governo di centro-sinistra. Il Psi, divenuto partito di governo, si trovò costretto a seguire  le  linee di politica estera stabilite dalla maggioranza e, quindi, ad accettare le decisioni adottate di fronte a tale crisi internazionale che spesso non condivideva191. La difficoltà maggiore per il Psi era rappresentata, infatti, dalla difficile conciliazione dei tradizionali principi del patrimonio socialista in politica internazionale come l’antimperialismo, il neutralismo ed il pacifismo con una  politica estera, quella italiana, condizionata da una precisa scelta di campo vincolata ad una alleanza politica e militare. Tale profondo conflitto non fu sempre facile da accettare soprattutto per alcuni dirigenti della sinistra socialista interna  al  partito che, in alcune occasioni, si rifiutarono di seguire, inerti, le risoluzioni espresse dal governo. Conciliare le differenti posizioni che sorsero all’interno del Psi in merito alla questione del Vietnam non sarebbe risultato semplice, e le difficoltà  aumentarono ulteriormente in seguito all’unificazione con il Partito socialdemocratico italiano. Il Psdi, infatti, fedele alfiere dell’atlantismo, se di certo non appoggiava l’intervento americano, neanche lo condannava, “comprendendo” il suo operato. In seguito all’unificazione queste due opposte visioni si trovarono costrette a convivere all’interno dello stesso partito. Il Partito socialista unificato racchiudeva, infatti, l’anima socialista e quella socialdemocratica portatrici di diversi e difficilmente conciliabili patrimoni ideologici relativi alla politica internazionale. Tale aspetto emerse in modo chiaro nei confronti del conflitto vietnamita che rappresentò la crisi internazionale più grave di tutti gli anni Sessanta. La lotta di liberazione del popolo vietnamita, fino alla metà del 1964, restò limitata a scontri interni e ristretti che vedevano i vietcong in lotta per unificare il Paese e per liberarlo dai governi filoccidentali appoggiati prima dai francesi ed, in seguito, dagli americani. I socialisti vedevano con favore tale lotta considerando i vietnamiti mossi da uno spirito di libertà ed indipendenza. La situazione cambiò radicalmente nell’agosto del 1964. In seguito al cosidetto incidente del golfo del Tonchino l’impegno americano in Indocina si fece più massiccio e determinato. L’amministrazione Johnson decise, infatti, di affiancare all’esercito sudvietnamita truppe americane con lo scopo di annientare i guerriglieri vietcong ed i loro alleati nordvietnamiti192. Iniziò così una sanguinosa guerra che avrebbe segnato  la storia  per lunghi anni. L’aggravarsi del conflitto suscitò una profonda preoccupazione al livello internazionale. L’importanza di tale avvenimento fu prontamente colta da Pietro Nenni che sull’ “Avanti!” scrisse: “Quanti oggi nel mondo, ripensando agli avvenimenti di 50 anni or sono, si domanderanno se l’episodio del golfo del Tonchino non sia per essere per l’Asia ciò che Sarajevo fu per l’Europa? Non deve esserlo. Non lo sarà. Ma a condizione che la guerra alla guerra sia il supremo impegno di tutti i popoli”193. Il timore di una estensione del conflitto fu subito presente all’interno del Partito socialista italiano che, preoccupato per una  evoluzione negativa che portasse allo scontro tra le due superpotenze, auspicava una conclusione immediata della guerra. Il presidente dei senatori socialisti Paolo Vittorelli, parlando al Senato l’8 agosto, si fece interprete di tale preoccupazione chiedendo al governo di “favorire ogni iniziativa che possa contribuire, nell’ambito dell’ONU, ad una sistemazione pacifica di tale tensione”194. Differente fu, invece, l’atteggiamento che adottò il Psdi. Mario Tanassi, intervenendo nel dibattito alla Camera, non affrontò in modo specifico la crisi in Indocina, inserendo la questione in un discorso più ampio riguardante le linee generali della politica estera italiana. Il segretario del Psdi dopo aver dichiarato che “un nuovo equilibrio il mondo dovrà pure trovarlo, ma dobbiamo stare attenti, in quanto nell’evoluzione di questo nuovo equilibrio ad un livello più  alto,  un  incidente (come purtroppo sta accadendo in questi giorni nel  Vietnam)  potrebbe farci perdere tutto”, tenne a ribadire la validità e la fedeltà indiscussa all’Alleanza Atlantica che “resta l’insostituibile pilastro di sostegno della sicurezza e della pace nel mondo”195. Tanassi aggiunse, inoltre, che “l’esistenza dell’Alleanza atlantica ha avuto e continua ad avere un ruolo essenziale nel processo distensivo dei rapporti internazionali. Se questa alleanza non fosse esistita, non saremmo qui riuniti a discutere dei problemi della distensione”196. Lo stesso giorno il settimanale del Psdi, “Socialismo Democratico”, in un articolo dal titolo significativo: Senza  scelta, riportò la notizia dell’incidente. Nel testo, dopo una descrizione dettagliata degli avvenimenti, veniva affermato: “La realtà è che gli americani ben difficilmente avrebbero potuto agire diversamente. Da dieci anni sono coinvolti nel Vietnam in una situazione che ha chiesto a loro soldi, uomini, pazienza in misura sempre più crescente, senza offrire in cambio altro che caos perdita di prestigio e anche perdita di influenza. Ciononostante non hanno voluto allargare il conflitto al Vietnam del Nord, pur sapendo che proprio da lì scoccavano le frecce che colpivano i loro fianchi. Hanno reagito solo quando la provocazione è diventata follia, come giustamente ha detto Stevenson; quando occorreva dare ai Vietcong, a Ho Chi Minh, a Mao Tze Tung, agli americani tutti, agli alleati ed ai nemici, la prova di fatto che oltre ai limiti segnati dalle leggi e dalla morale internazionali non si poteva andare. E’ stata una zampata, probabilmente isolata di una tigre che i cinesi ritenevano “di carta”; essa sul momento ha provocato molto rumore e minacciato gravi pericoli, ma –considerata in prospettiva- può essere stato solo un gesto positivo anche se rischioso a favore della pace. Gli sviluppi che la questione ha preso al consiglio di Sicurezza lo lasciano sperare”197. Sin dal principio fu, quindi, chiaro l’atteggiamento del Psdi nei confronti del conflitto: i socialdemocratici ribadivano, attraverso le proprie dichiarazioni, indiscussa solidarietà …

DALL’AVANTI! SCUOLA OPERAIA PER L’ILVA (1920 E 1945)

di Beppe Sarno | Il 2 settembre 1920 la Fiom torinese appena venuta a conoscenza dell’occupazione degli stabilimenti da parte delle maestranze,  diramava alle Commissioni interne ed agli operai le seguenti disposizioni per il lavoro nelle officine: « Tutti gli operai devono  occupare il proprio posto e continuare puntualmente il lavoro in modo che la produzione corrisponda alla paga nominale; le ore di lavoro saranno registrate come prima. Le assenze non saranno conteggiate ai fini del salario, salvo le ulteriori  disposizioni, a carico degli nsaeatì, da parte dell’organizzazione nei  turni di lavorazione  nelle officine, saranno due di dodici ore, dalle 7 alle 19 e dalle 19 alle 7 del mattino; II lavoro normale sarà dalle  9 alle  12 e dalle 16 alle 19. Il turno di notte comincerà il lavoro alla ore 20 e fino alle 24 e dalle ore 24 alla sei del mattino. Il lavoro gli operai dovranno riceverlo e consegnarlo come prima ai loro capì diretti o a chi ne prenderà le veci. Nei reparti  dove mancasse il capo tecnico  o l’impiegato amministrativo, gli operai del reparto nomineranno provvisoriamente un loro delegato a coprire tale, carica e sbrigare le funzioni a questi attribuite. Questo delegato sarà sottoposto al controllo dei commissari di reparto .  Giornalmente tutti gli incaricati dovranno riferire al Comitato di officina il funzionamento dei singoli reparti, notificare le assenze degli operai e le eventuali mancanze di materie prime. Gli operai dovranno usare il massimo rispetto alle macchine, agli utensili a loro affidati e la massima obbedienza ai dirigenti.  I commissari di reparto e le Commissioni interne dovranno sorvegliare per l’esatta applicazione delle nonne sopra stabilite ed impedire in modo assoluto l’accesso negli stabilimenti’i di bevande alcoliche. Nessuna persona estranea ai lavori  se non autorizzata dalla Commissione interna, potrà entrare, nell’officina. Nessuno potrà asportare dall’officina involti od oggetti se non con l’autorizzazione scritta dal dirigente generale d’officina ». (Estratto dall’Avanti edizione Torinese) Nei giorni drammatici della Liberazione, gli operai degli stabilimenti industriali torinesi danno luogo a quelle epiche giornate definite “le cinque giornate di Torino” e si organizzano per difendere le fabbriche dalla furia delle armate tedesche che avrebbero voluto distruggerle “Già da qualche tempo l’ufficio sabotaggio e  controsabotaggio del CLN  aveva preso contatto con i dirigenti e i tecnici di molte aziende per preparare la difesa degli impianti industriali e se non in tutte, in diverse si erano trovati aiuti e complicità nel lavoro di trasporto e occultamento delle armi. Ogni officina è rapidamente trasformata in fortezza……. Vi sono gli impianti delle ferrovie, delle centrali elettriche e telefoniche da difendere, i ponti sul Po e gli acquedotti da salvare, le radio, gli edifici pubblici, le caserme da conquistare” e continua “Le unità alleate entrando a Torino trovarono una città disciplinata, presidiata da 14 mila partigiani, i servizi pubblici in funzione, salve tutte le industrie, intatti i ponti le centrali elettriche e ferroviarie. Nelle cinque giornate insurrezionali di Torino caddero combattendo nelle fabbriche e nelle strade 320 partigiani e lavoratori. La classe operaia torinese ancora una volta era stata all’avanguardia nella lotta e nel sacrificio. Le maestranze presenti alla Fiat Mirafiori durante tutte le giornate insurrezionali avevano superato il 90%, l’80% alla Spa, l’85% alla Lancia, le stesse percentuali negli altri stabilimenti.” (Cronistoria del 25 aprile 1945, Feltrinelli, Milano, 1973) Potremmo citare decine di esempi di fabbriche salvate dagli operai. L’occupazione della stabilimento di Taranto è l’unica strada per convincere Il Governo a riconsegnare la fabbrica ai Commissari, i quali dovranno elaborare un piano per il proseguimento delle attività produttive. Questo piano non potrà prescindere dalle uniche forze che hanno diritto a dire il loro pensiero e cioè gli operai, i tecnici, gli impiegati dello stabilimento ex ILVA e delle rappresentanze sindacali, i quali è bene ripeterlo sono gli unici che hanno saputo fin da subito indicare la via politica per la soluzione del problema.   Nessun privato verrà mai a Taranto per risanare lo stabilimento e metterlo in funzione in una situazione economica internazionale turbolenta, nessun privato si fiderà di interlocutori inaffidabili quali sono i rappresentanti attuali del governo nè di quello che lo hanno preceduto. Pertanto al problema si dà una risposta politica  oppure una risposta giudiziaria con l’intervento della magistratura che ha il potere di sequestrare l’impianto e riaffidarlo ai commissari per impedire lo spegnimento degli altiforni. Questa soluzione sarebbe la prova della sconfitta dello Stato che non riesce a garantire l’esercizio dei diritti senza un intervento autoritario della magistratura. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

INTERVISTA A BOBO CRAXI

di Francesco Battistini – Corriere della sera | «Il tesoro? Mio padre ci lasciò sul lastrico» «Come cammina, come parla. Sì, sembra proprio lui…». Un giorno di primavera tunisina, Bobo ha visto rivivere suo papà: «Ero ad Hammamet. Al piano terra giravano il film. Sono sceso. C’era il nostro vecchio Amida commosso: dopo anni, rivedeva Craxi muoversi per le stanze… Allora ho stretto la mano a Pierfrancesco Favino, il protagonista, il mio “papino”. Identico. Impressionante». Il film Hammamet” sta per uscire… «La grande metafora del potere che finisce nella polvere. Il dramma d’un uomo sconfitto e in cattività. La storia di mio padre non si può assorbire in due ore di cinema, ma la sceneggiatura tocca il cuore. Anche se non combacia con la realtà. Diciamo che Gianni Amelio s’è preso qualche licenza poetica. Per esempio su mia sorella: Stefania ebbe una forma di rimorso, per essere stata lontana in quegli anni, ma capisco che nel racconto il rapporto padre-figlia funzioni meglio…». Lei invece è stato sempre lì. «E’ stato un dramma da cui non ci siamo mai più ripresi. Una storia che io ho vissuto da vicino. Per me e Scilla, mia moglie, stare tre anni consecutivi in esilio non fu proprio toccare il cielo con un dito. Fu una grandissima sofferenza. D’altronde, non potevo andare da nessuna parte. A un certo punto, lui sceglie la Tunisia e mi dice: vieni con me, che cavolo fai a Milano? Che cosa c’è di suo, nel film? «Qualche parte del mio Route El Fawara Hammamet è stata saccheggiata. A proposito, sa come lo pubblicarono? Una volta mi chiamò Elvira Sellerio. Aveva fatto leggere le bozze a Camilleri e il giudizio era stato: interessante, il libro del figliolo di Craxi…». Che cos’è stata, per lei, la villa di Hammamet? «Il mio primo ricordo è da bambino: capii subito che sarebbe stato un luogo dove un giorno sarei vissuto anche d’inverno. Probabilmente, un presagio. Fui il primo della famiglia ad abitarci, ancora non era finita. Paradossalmente, è dove sono stato di più con mio padre: di lui a Milano, ricordo poco». Ad Hammamet vi siete ritrovati? «Noi parlavamo di politica da quando avevo dieci anni. Ma io non mi sono mai messo in modalità trota: io andavo nelle sezioni e non sono stato eletto quando mio padre era vivo, come La Malfa o la figlia di Nenni. Non mi sono mai posto nemmeno il problema dell’emulazione, perché l’unico figlio d’arte che conosco superiore al padre è Paolo Maldini: la mia carrierina politica mi ha dato comunque soddisfazioni insperate. Insomma, non sono stato un figlio ribelle. Però critico, questo sì. Già ai tempi dei successi, vedevo nel partito cose che non mi pia-cevano». Che padre è stato? «Io mi sento il figlio d’un figlio del partito. E ho assolto la mia responsabilità come figlio e come militante. Con lui, sono in pari. È stato un padre da bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto: prima veniva la politica, poi il partito, poi il Paese, poi gli amici e, solo a un certo punto, arrivavamo anche noi. Non fosse stato così, oggi non avrei difficoltà di tutti i generi. Lui ebbe amici o ex collaboratori che hanno vissuto come maragià. Io mi son trovato sul lastrico economico. L’ho messo nel conto: non è che i figli di Allende abbiano vissuto una vita serena». E il famoso tesoro di Craxi? «Questa storia del tesoro funzionava come racconto. Vero è che a molti di quelli che s’occupavano di denaro, qualcosa è rimasto in tasca. Ma io, dopo Tangentopoli, ho vissuto i peggiori anni della mia vita. Se sei un politico, nessuno t’assume. Non sono stato più rieletto e sono ancora percepito come uomo della Casta, senza esserlo: non ho uno stipendio pubblico da dieci anni, né vitalizi. La mia casa a Roma è finita all’asta. Dov’è, questo tesoro?». S’è molto fantasticato sulla villa tunisina: i pavimenti lastricati con la fontana del Castello Sforzesco, Paolo Rossi che cantava “ad Hammamet perfino il vino viene giù dal rubinèt”… «Diventò un luogo comune. La sentina di tutti i mali. E si passò direttamente al dileggio. Puoi farci poco. Col senno di poi, da Parmalat a Montepaschi, i politici ne han combinate talmente di peggio che è stata riabilitata anche questa casa: di fascino, ma sfarzosa proprio no. Un compagno di partito era stato ad Hammamet negli Anni 50 e aveva detto: è un posto meraviglioso, a un’ora da Roma… All’inizio doveva essere un terreno sul mare, ma c’era una disputa fra eredi. Allora, nel 1970, i tunisini ci proposero una campagna desolata in collina, più fresca. Ma s’arrivava solo in auto attraverso una pista, la sera niente luce, quando pioveva s’allagava tutto. Fu un vero disagio: chi passava a trovarci si domandava se Craxi fosse matto, come mai era finito laggiù e non a Forte dei Marmi». Dice Rino Formica che la fuga ad Hammamet è stato il più grande errore di Craxi. «Bisogna sapere che c’era anche un pericolo fisico. In Tunisia, capitarono due incidenti stradali casualmente identici. Un pezzo della frizione manomesso. Io ho rischiato la vita, ma il vero obbiettivo era ammazzare mio padre. Laggiù, lui si mise al riparo. E comunque non riconosceva i tribunali che lo condannavano. Fu il rifiuto d’una legislazione straordinaria, mai votata dal Parlamento, che applicava le norme in forma arbitraria. Fu un esilio». Non tutti chiamano esilio una latitanza… «Non si trattava più di sottrarsi alla giustizia. Era il rifiuto d’una logica politica che voleva punire solo lui. Come dice un grande poeta tunisino, Meddeb, l’esilio è una ricerca e non un castigo. Di sicuro, lo influenzò il mito di Garibaldi. E il riferimento storico agli oppositori esiliati. La Tunisia è sempre stata terra d’esiliati, dai fascisti o dai Borboni. Seguo da vicino il caso catalano e due anni fa incontrai Puidgemont, il leader indipendentista. Mi chiese della vita in Tunisia di mio padre. Non capivo il perché: due giorni dopo, Puigdemont fuggì da Barcellona per il Belgio. Anche gente come …

COORDINAMENTO REGIONALE PUGLIA

Comunicato Stampa A Bari un incontro promosso il 13 novembre dalla Associazione Nazionale Socialismo XXI Hanno aderito alcuni protagonisti della politica pugliese per interrogarsi sul futuro del socialismo italiano alla luce delle grandi difficoltà che i partiti della sinistra italiana stanno da tempo attraversando. Nell’incontro, alla presenza del Presidente e Coordinatore nazionale Aldo Potenza e del vice Presidente Giuseppe Scanni, hanno partecipato, rappresentanti delle province BAT, BA, BR, TA, si è convenuto sulla necessità di riunire associazioni, movimenti e organizzazioni che siano disponibili a lavorare per costruire un approdo organizzativo alla lunga tradizione del riformismo socialista in Italia. Negli ultimi anni sono nati nel campo politico della sinistra, e successivamente scomparsi, diversi partiti e movimenti senza un comune radicamento, operando esclusivamente in funzione preminentemente elettorale, ma privi di radici e orientamenti comuni. Il socialismo italiano, malgrado ogni tentativo condotto per oscurarne i meriti, recentemente, anche da chi un tempo fu critico, viene giustamente riconosciuto come protagonista delle grandi conquiste che fu in grado di assicurare il progresso civile e democratico dell’Italia. Socialismo XXI si rivolge a tutti coloro che ritengono che il socialismo sia tuttora una risposta necessaria ed attuale, ai Circoli, alle Associazioni di coloro che si sentono socialisti, alle Fondazioni di area socialista ed al Partito Socialista Italiano affinché si rendano disponibili ad un confronto aperto ed inclusivo, per lanciare e sostenere, una campagna politica per la «EPINAY DEL SOCIALISMO ITALIANO a GENOVA 2020», che per noi socialiste e socialisti di SOCIALISMO XXI ha un solo scopo, la ricostruzione di una casa per tutti coloro che sono e saranno interessati a dare una nuova e salda prospettiva politica di orientamento socialista all’Italia. A tal fine si è stabilito di costituire il Coordinamento regionale pugliese della Associazione Socialismo XXI, affidandone la guida all’Avv. Nicola Putignano, il quale si incaricherà di promuovere tutte le iniziative utili a favorire le convergenze necessarie al fine di offrire il proprio contributo alla creazione di una forte presenza del socialismo democratico in Italia.  Per il Coordinamento Nazionale Vincenzo Lorè – Resp. Comunicazione Socialismo XXI Mail: ass.socialismoxxi@gmail.com SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it