LA SPD VIRA A SINISTRA A RISCHIO LA GRANDE COALIZIONE

di Paolo Soldini Strisciarossa

Venerdì 6 dicembre 2019. Segnatevi questa data perché potrebbe segnare una svolta memorabile per la socialdemocrazia tedesca e per tutta la sinistra europea. Se non ci saranno sorprese, molto improbabili ma sempre possibili, quel giorno i delegati al congresso della SPD, nel palazzo della Fiera a Berlino, sanciranno con il loro voto l’esito, clamoroso, della consultazione che si è tenuta tra i 400 mila e oltre iscritti al partito per tutta l’estate e l’inizio dell’autunno. Saskia Eskens e Norbert-Walter Borjans verranno eletti insieme (nel segno della parità di genere come vuole dall’ultimo congresso lo statuto) alla presidenza del più antico partito della Germania e del più antico partito della sinistra d’Europa.

Rinegoziare il programma

Esken e Borjans sono esponenti dell’ala sinistra della SPD, il cui tratto distintivo (ma non certo l’unico) è l’ostilità ala linea politica che ha condotto il partito all’alleanza con la CDU/CSU nella große Koalition, che una relativa maggioranza degli iscritti – il 53 per cento – considera con il senno di poi (ma molti lo pensavano anche prima) un cedimento politico alla destra che si è tradotto in una disastrosa crisi di consensi.

I due hanno sconfitto il ticket formato dall’attuale ministro federale delle Finanze Olaf Scholz e dalla deputata del Brandeburgo Klara Geywitz, che si presentavano sulla linea della continuità dell’alleanza con il centro. I nuovi, futuri, leader non si propongono di abbandonare automaticamente il governo con la cancelliera Merkel. Chiedono però una radicale rinegoziazione del programma, i cui punti forti dovrebbero essere un massiccio aumento degli investimenti già decisi dalla compagine attuale per combattere i mutamenti climatici, la fissazione di un salario minimo orario e la revisione del cosiddetto Hartz IV, il meccanismo che attualmente pone condizioni abbastanza dure per l’erogazione dei sussidi di disoccupazione.

Si tratta di modifiche che ben difficilmente i partiti dell’Unione potranno accettare. Tant’è che il leader dei liberali Christian Lindner si è già fatto avanti offrendo l’apporto del suo partito a un cambiamento di maggioranza o almeno il sostegno parlamentare a un monocolore CDU/CSU di minoranza.

Ripercussioni sul governo

Il cambio al vertice socialdemocratico votato dalla base (in una consultazione che è durata sei mesi e che per trasparenza e dimensioni dovrebbe insegnare qualcosa agli epigoni della democrazia diretta nostrani) è destinato, insomma, ad avere forti ripercussioni sul quadro politico della Germania federale.

Ciò che è accaduto ricorda quel che accadde nell’83, quando nel congresso di Colonia i delegati della SPD impressero una svolta radicale bocciando la linea di Helmut Schmidt per scegliere quella di Willy Brandt, favorevole a più coraggiose politiche sociali e contraria alla “doppia decisione” sugli euromissili.

Con una grossa differenza, però: trentasei anni fa i socialdemocratici tedeschi erano stati scalzati dal governo dalla CDU di Helmut Kohl ma avevano ancora una forza elettorale notevole, intorno al 30 per cento. Oggi la SPD è un partito in grave crisi, non solo di consensi, che sono scesi secondo i sondaggi intorno al 15 per cento, ma anche di idee.

La consultazione della base che si è conclusa domenica era stata indetta dalla presidente del partito Andrea Nahles dopo la batosta alle elezioni federali del settembre 2017, che si è poi ripetuta in quasi tutte le elezioni regionali venute dopo e in quelle europee del maggio scorso proprio perché gli organismi dirigenti non erano stati in grado di elaborare un programma di rinnovamento e di ripresa dell’iniziativa.

Un compito difficile

Esken e Borjans, quindi, hanno un compito molto difficile. E non se lo nascondono. “Ci aspetta un lavoro immane” ha dichiarato lei quando sono stati resi noti i dati della consultazione e ha aggiunto di aspettarsi che tutto il partito, ora, si unisca intorno alla nuova guida. Vedremo se, e come, l’appello verrà raccolto nel congresso di Berlino. I primi segnali sono incoraggianti. Scholz, dopo aver ammesso la sconfitta, ha assicurato il proprio pieno appoggio ai due vincitori, e altrettanto ha fatto l’altro grosso calibro socialdemocratico nella Koalition, il ministro degli Esteri Heiko Maas.

Queste manifestazioni di buona volontà non significano, però, che al congresso non ci sarà battaglia sugli elementi di programma sui quali avviare la rinegoziazione con la cancelliera e con la CDU. Un punto sul quale i socialdemocratici debbono confrontarsi e chiarirsi è la necessità o meno di rivedere il Hartz IV. Si tratta di una questione assai delicata perché investe il giudizio sulla svolta che fu compiuta all’inizio del secolo dal cancelliere Gerhard Schröder con la sua “Agenda 2010”. Secondo i critici, ed Esken e Borjans sono fra questi, le misure di riforma e ridimensionamento del welfare indicate allora segnarono un abbandono delle posizioni di sinistra che avrebbero portato poi all’appiattimento sulle scelte neoliberiste sia in patria che nell’Unione europea e alla progressiva perdita di consensi nell’elettorale tradizionale registrata negli anni successivi.

Chi sono Esken e Borjans

La biografia politica dei due nuovi leader non lascia dubbi sulle loro posizioni. Saskia Esken ha sottolineato in passato la necessità di ritirare le misure restrittive delle erogazioni in materia di spese sociali e ha criticato apertamente “Agenda 2010”. Deputata al Bundestag, è stata attiva nella promozione delle misure a tutela della privacy, è stata relatrice per i programmi di cybersecutity e le proposte di E-governement. Fa parte dell’intergruppo della sinistra parlamentare.

Norbert-Walter Borhans è stato segretario di Stato nella Saarland e ministro dell’Economia nella Renania-Westfalia, dove si è particolarmente impegnato nella creazione di strumenti per combattere l’evasione e l’elusione fiscale. Ha esteso il proprio impegno su questo terreno anche a livello europeo, criticando i paradisi fiscali e, con particolare durezza, Malta (“è diventata la Panama d’Europa”) dopo l’assassinio di Daphne Caruana Galizia. Anch’egli, come Esken, chiede investimenti per la lotta al cambiamento climatico e per il sostegno al welfare.