di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
Parliamo di cogestione
Non è solo il movimento delle sardine ad evidenziare la crisi afasica dei partiti, incapaci, tranne la Lega, di parlare con i cittadini in uno schietto confronto, soffocato invece dalla trasformazione dei partiti da “intellettuali collettivi” a comitati elettorali; anche su altri fronti si nota la vivacità di altri organismi democratici che sembrano voler ricominciare a fare politica. Mi riferisco alla recente proposta del segretario CGIL Landini per un impegno di governo-sindacati-confindustria ad affrontare un futuro per il nostro paese che sembra avviato allo sbriciolamento.
Ma, su un altro fronte, già l’allora ministro Calenda aveva parlato di “ingresso dei lavoratori nel CdA” di Embraco, ma la questione “cogestione” salta agli onori della cronaca della fusione Fca-Psa (Fiat Crysler-Peugeot) in quanto nell’accordo pubblicizzato in questi giorni si legge della partecipazione di due consiglieri di amministrazioni rappresentanti i lavoratori, uno per ogni società partecipante alla fusione.
Il problema della cogestione viene incredibilmente proposto dal capitale nel silenzio assoluto dei partiti che dimostrano, una volta di più, di essere avvolti in una nube di incomunicabilità con i propri elettori, con i cittadini. Va invece rilevato che il tema della cogestione è presente nella nuova piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici.
Indubbiamente per il nostro paese, a differenza di quanto accade in Germania con la Mitbestimmung, il problema rappresenta una novità anche se il dibattito tra i sindacati non è nuovo ma è intrappolato nelle diverse posizioni degli stessi, per l’annosa avversione della CGIL. Veramente nuova è invece la effettiva concretizzazione dell’ingresso dei lavoratori nella governance, ma in tale contesto la cosa sorprendente è che questa poderosa novità prenda avvio da parte padronale.
I sindacati hanno accolto con interesse il passo del nuovo gigante dell’auto: per Bentivogli Fim-Cisl si tratta di “una svolta nelle relazioni industriali italiane (…) speriamo che questa novità rappresenti uno scossone per tutto il sistema industriale italiano”; per Re David e De Palma della CGIL si tratta di “un fatto innovativo (…) per rendere veramente democratica l’innovazione è necessario che siano le lavoratrici ed i lavoratori ad eleggere i propri rappresentanti”. Parlano di “un segnale di rinnovamento” anche gli industriali piemontesi ed il presidente di Confindustria Piemonte Ravanelli commenta che “è un arricchimento del modo di vedere le cose”.
Nell’immediato futuro vedremo se questa novità costituirà una vera partecipazione incisiva o un tentativo di trasformismo corporativo; molto dipenderà da chi nominerà i due consiglieri e dal peso che due consiglieri su undici possono guadagnarsi, anche se la maggioranza degli altri nove sembra essere formata da consiglieri indipendenti, immagino dalla proprietà (interessante sapere come e da chi eletti).
Abbandonata la tesi per cui il mondo del lavoro non debba essere coinvolto nella governance gestionale, occorre prendere coscienza che i compiti che i due delegati debbono affrontare sono estremamente pesanti; penso in particolare a due temi che non sono inerenti ai problemi di rapporti economico contrattuali ma di futuro delle aziende:
• Il tema delle delocalizzazioni, tema che in Germania ha dato frutti positivi grazie all’intervento dei rappresentanti dei lavoratori nell’organo di vigilanza, tema che farebbe diminuire la discrezionalità del capitale nella vita delle imprese, in particolare di quelle che hanno ricevuto sussidi;
• Il tema dell’innovazione tecnologica e della rivoluzione 4.0, che non va, a mio parere, affrontato con atteggiamento luddistico, ma con la convinta azione a che i frutti di ogni incremento di produttività vadano attribuiti anche al mondo del lavoro, puntando alla partecipazione azionaria o societaria dei lavoratori che disegni un futuro assetto di socializzazione dei mezzi di produzione.
Da parte mia vedo con estremo favore l’inizio di una nuova fase che richiede da parte:
a) dei partiti di sinistra una immediata presa di coscienza ed iniziativa politica,
b) da parte dei sindacati il superamento di inutili divisioni per puntare invece ad un approccio unitario a livello europeo della novità emergente,
c) da parte imprenditoriale la convinzione dello straordinario e positivo contributo che il nuovo assetto di governance può portare, d) da parte del capitale una nuova filosofia non più relegata alla sola valorizzazione delle azioni ma allargata ad una concezione comunitaria, cosa di cui dubito notando che la sede fiscale della nuova società è stata portata nel paradiso fiscale olandese.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.