LUISS GUIDO CALVI – LIBERA UNIVERSITA’ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI

DIPARTIMENTO di Scienze Politiche

Cattedra di Teoria e storia dei movimenti e dei partiti politici

LA POLITICA ESTERA DI BETTINO CRAXI NEL MEDITERRANEO: DALLA SEGRETERIA AL GOVERNO

Tesi di: Benedetta Bassetti Matr. n. 068302

Relatore Prof. Vera Capperucci

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

 

CAPITOLO QUARTO

La vicenda di Sigonella

4.1 Il sequestro dell’Achille Lauro

Quella giornata di sabato 12 ottobre 1985 si annunciava come un momento assai rischioso per la politica estera italiana in quel periodo. E’ lunedì 7 ottobre del 1985 quando arriva l’annuncio del sequestro dell’“Achille Lauro” da parte di un gruppo di terroristi palestinesi. Sulla nave ci sono 334 uomini di equipaggio e 201 passeggeri, 545 ostaggi a rischio vita. Le prime misure del governo italiano sono di carattere militare. Ma le carte che Craxi vuole giocare, prima, tutte, sono le carte politiche. E’ chiaro a tutti che ogni possibile soluzione pacifica della vicenda richiede anzitutto di conoscere a quale gruppo della diaspora palestinese appartengono i terroristi che hanno assalito la nave italiana. In un messaggio personale a Craxi, Arafat afferma la totale estraneità dell’OLP all’operazione contro l’Achille Lauro; offre anche i suoi servigi per cooperare a una fine non cruenta dell’attacco terroristico.

L’attacco è avvenuto in acque internazionali, ma la nave sembra puntare verso l’Egitto. E’ una buona notizia. L’Egitto è contrario alle guerre, al terrorismo, può essere un buon mediatore. Arafat ha inviato due emissari al Cairo, tra cui Abu Abbas alla cui formazione militare i terroristi, (peraltro poi rivelatosi schegge impazzite), erano affiliati. Abbas convince i dirottatori alla resa con la sola contropartita di un salvacondotto che consentirà loro di raggiungere la Tunisia dove l’OLP s’impegna a processarli.39

Mercoledì 9 la resa dei dirottatori. Giovedì 10 un giorno tranquillo e un sospiro di sollievo per aver evitato un bagno di sangue e l’impegno affinché gli assassini di un povero turista statunitense di origine ebrea e paralitico, che era stato ucciso a bordo, avessero il processo che gli spettava. Tutti sono convinti che l’Egitto abbia già consegnato i dirottatori all’OLP, secondo i termini della resa. Invece no: quando alle 23.50, la Casa Bianca chiama Craxi i terroristi sono nel cielo italiano, a bordo di un Boeing 737 dell’Egypt Air che quattro Caccia F14 americani partiti dalla portaerei Saratoga hanno intercettato e obbligato a puntare verso l’Italia. E’ Ronald Reagan che parla al telefono per chiedere l’atterraggio a Sigonella e fa una seconda telefonata per chiedere il trasferimento in America degli assassini di Leon Klinghoffer.

Nella situazione di emergenza in cui si era venuto a trovare Craxi chiama l’ammiraglio Martini, capo del Servizio Informazione militare; da Martini a Bertolucci, capo di Stato Maggiore della Difesa; da Bertolucci a Cottone, comandante dell’Aereonautica, da Cottone al Colonnello Annicchiarico, comandante della base di Sigonella. L’atterraggio dell’aereo egiziano avviene alle 00.16 e trova già schierati avieri e carabinieri.

4.2 Sigonella

Comincia la vicenda di Sigonella. Sigonella è una base NATO, a pochi chilometri da Catania. E’ suolo italiano a tutti gli effetti, soggetto ai poteri della giurisdizione italiana. Quando il Generale Stiner e le cinquanta “teste di cuoio” del Seals Team six si avvicinano all’aereo egiziano, questo è già circondato dai soldati italiani. Stiner dispone i suoi soldati tutto intorno al cerchio degli avieri e dei Carabinieri e dice ad Annicchiarico che deve prendere i terroristi che sono a bordo del Boeing. Al diniego dichiara che ha ordini dalla Casa Bianca, ma capisce ben presto che la foga non gli servirà contro l’ordine di difendere l’aereo egiziano che il comandante italiano intende far rispettare.

Stiner, dopo aver ancora parlato con Washington, conferma l’ordine di catturare i terroristi e dichiara che essendo un militare egli dovrà esercitare tutti i poteri e i doveri che tale qualifica comporta. Gli si obbietta che egli ha di fronte altri militari, i quali hanno ordini uguali per l’uso della forza, opposti riguardo agli obiettivi. Stiner continua a tormentare la radio. Alle quattro del mattino comunica che ha avuto l’ordine di ritirarsi: c’è stato l’ultimo “no” di Craxi a Reagan, la Casa Bianca non può insistere nella violazione del diritto internazionale e delle leggi di uno Stato alleato.

Alle 8.30 di quel sabato mattina, il Presidente del Consiglio Craxi viene informato dal suo consigliere diplomatico Antonio Badini che da lì a poco l’Ambasciatore americano Max Rabb sarebbe andato dal Consigliere diplomatico del Presidente alfine di consegnarli una memoria per l’estradizione dei quattro dirottatori presi in consegna dalle autorità italiane a Sigonella, contenente anche una specifica richiesta di fermo indirizzata ad Abu Abbas, dichiarato capo e ispiratore del gruppo terroristico autore del dirottamento, Craxi ascolta e lo incarica di chiedere ad Amato, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, di far venire con urgenza a Palazzo Chigi il gruppo di magistrati incaricati dal Ministro Martinazzoli di esaminare e valutare i documenti e preavvertire Renato Ruggero, segretario generale della Farnesina, che egli avrebbe dovuto convocare l’ambasciatore Rabb per le ore 12.00 per comunicargli l’esito dell’esame dei documenti americani.

Craxi non ha intenzione di allungare i tempi della decisione. Egli aveva promesso al capo della Casa Bianca che avrebbe assicurato alla giustizia i quattro dirottatori e avrebbe assunto elementi per chiarire la posizione dei “mediatori” a bordo dell’aereo dirottato, tra cui Reagan affermava vi fosse Abu Abbas, leader della fazione dissidente dell’OLP denominata Fronte per la liberazione della Palestina.

Craxi, dopo aver appreso dell’uccisione di Klinghoffer, un cittadino israeliano paralitico, aveva anche scritto a Mubarak ricordandogli che la disponibilità dell’Italia a mantenere il salvacondotto per i dirottatori su cui era impegnato l’Egitto era subordinata alla condizione irremovibile che non vi fossero stati fatti di sangue a bordo nel corso del sequestro. Craxi su questo punto fu molto attento a non contraddirsi e a osservare in qualunque circostanza una rigorosa coerenza con qualsiasi tipo d’impegno egli si assumeva. Riferendosi ai quattro palestinesi accusati di sequestro della nave e di atti di violenza a bordo Craxi non aveva con Reagan alcun impegno all’estradizione, questione che egli considerava, correttamente di diritto interno, dato che i reati erano stati commessi a bordo di una nave italiana che navigava in acque internazionali e dunque sottoposti alla giurisdizione nazionale. Giudizio la cui correttezza fu confermata quella mattina dai magistrati riuniti a Palazzo Chigi e successivamente dalla Corte di Assise di Genova che giudicò i sequestratori della nave in base al codice generale italiano per reati comuni e atti terroristici.

Diversa era la posizione di Abu Abbas e di Ozzudin Badrakan, capo delle formazione militare del Fronte per la liberazione della Palestina.

Craxi inviò Badini a Sigonella la mattina di venerdì per acquisire gli elementi d’informazione sul ruolo dei due e consentire al governo italiano di prendere una decisione. Innanzitutto Craxi voleva capire se Arafat fosse a conoscenza della presenza dei quattro sequestratori a bordo dell’Achille Lauro e soprattutto capire per quale ragione gli fosse stato ordinato dal leader dell’OLP di recarsi urgentemente nel porto egiziano di Porto Said per convincere i dirottatori ad arrendersi. Abbas negò che Arafat fosse a conoscenza del sequestro e dichiarò lui stesso di essere stato colto di sorpresa dato che l’operazione nasceva come attacco suicida contro israeliani ad Ashdod. Abbas attribuiva a un momento di panico la decisione dei quattro di sequestrare la nave e diede un giudizio netto sul fatto che un atto del genere non avrebbe portato alcun vantaggio alla causa palestinese. In seguito Badini scriverà del suo colloquio con Abbas: “ Abu Abbas mi dice di essere stato sorpreso quando ha saputo del dirottamento della nave.

Tale azione è in assoluto contrasto con la stima e la favorevole considerazione di cui l’Italia gode presso l’OLP ed in particolare il leader Arafat. Subito dopo la notizia del dirottamento, egli aveva ricevuto istruzioni dal Consigliere politico di Arafat, Hani al Hassan, di recarsi subito in Egitto allo scopo di dissuadere i quattro dirottatori, convincendoli e restituire le nave e a non compiere alcun atto di violenza a bordo. Tali istruzioni comunicategli da Al Hassan venivano impartite dalle stesso Arafat il quale era molto irritato e preoccupato per il sequestro della nave italiana che egli considerava un sabotaggio agli sforzi negoziali.”40

Come previsto, Rabb alle 12.00 fu ricevuto da Renato Ruggero che gli comunicò formalmente il risultato negativo che era emerso dall’esame, da parte dei magistrati italiani, aggiunse che dalle carte consegnategli non emergeva, a parere del Ministero competente, nessun elemento che giustificasse l’estradizione dei quattro negli Stati Uniti e nulla che fosse penalmente rilevante nei confronti di Abu Abbas.

E’ inutile dire che Rabb non ne fu affatto soddisfatto. Craxi contestualmente informò i segretari dei partiti che componevano la maggioranza di governo, dell’avvenuta conclusione della vicenda e della sua decisione conseguente: di aver cioè autorizzato, da quel momento la partenza dall’Italia dell’aereo egiziano. Alle ore 19.00 Abu Abbas lasciava l’Italia con l’aereo di linea della Jat con destinazione Belgrado.41

Anche il processo ai quattro sequestratori dimostrò che il sequestro dell’Achille Lauro era stato pianificato senza il consenso di Arafat ma nel tentativo del Fronte di liberazione della Palestina (o di sue schegge impazzite) di inserire un cuneo fra Occidente e l’OLP trascinando nella contesa anche Egitto e Giordania: l’esatto contrario del ponte che Craxi si sforzava di creare tra la causa palestinese e gli interessi di sicurezza dell’Europa, degli Stati Uniti e dello stesso Israele.

4.3 Il rebus politico

Non bisogna dimenticare che fu soprattutto l’Italia a impegnarsi in quegli anni perché in Europa in fondo nessuno, pur incoraggiando gli sforzi di Craxi, mostrava di volersi realmente impegnare nei passaggi ardui che comportava il reale perseguimento di una posizione negoziale. C’era dunque nei momenti, in cui si chiedeva a Craxi di prendere la decisione se consegnare Abu Abbas ai marines del colonnello Norton, un sottostante rebus politico.

Si poteva accreditare l’idea di un abbandono da parte dell’Europa della causa Palestinese, lasciando agli Stati Uniti l’arbitrio di introdurre nei rapporti internazionali il principio del diritto della forza al posto di quello che l’Occidente professava, e cioè la forza del diritto?

Era veramente cosciente Washington della posta in gioco a Sigonella e delle conseguenze a medio termine dell’eventuale asservimento dell’Italia e un’oltraggiosa violazione della sua sovranità nazionale?

A parte i pericolosi contraccolpi sul processo di pace, quale credibilità avrebbe avuto in futuro l’Europa a continuare a inserirsi nel gioco diplomatico atto a far cessare il conflitto israeliano palestinese?

E quale credibilità avrebbe avuto l’Italia che cercava in quel periodo di ritagliarsi un suo ruolo in favore del passaggio da una contrapposizione Est-Ovest, che non risparmiava neanche il Mediterraneo, a una maggiore collaborazione fra i due sistemi?

Era obiettivamente difficile pensare che il Presidente Reagan fosse cosciente delle ricadute riguardo alla dignità e al rispetto dovute a un Paese amico e alleato degli Stati Uniti. Ma c’è di più: fu infatti chiaro ed evidente fin dal primo momento dalla vicenda di Sigonella che nel comportamento villano del comando americano del colonnello Norton, si dava per scontata una sostanziale passività dell’Italia rispetto a qualsiasi decisione americana, un Paese considerato in politica tra i più docili e assolutamente impreparato a reggere un confronto dialettico con il comando Americano.

Il Presidente del Consiglio Craxi, si trovò in quei momenti sostanzialmente solo nel prendere decisioni di grandissima responsabilità per il Paese, avendo per di più a disposizione una manciata di tempo per decidere. “Ho avuto stamane un incontro con l’Ambasciatore degli Stati Uniti Maxwell Rabb che mi ha illustrato il contenuto di una dichiarazione della Casa Bianca e mi ha rinnovato i sentimenti di apprezzamento e di gratitudine dell’Amministrazione americana per l’esemplare cooperazione fra i nostri due paesi, in una circostanza molto difficile e delicata. La stretta unità di azione e la continua concertazione fra Italia e Stati Uniti, cosi come con altri Paesi amici, hanno consentito che la drammatica vicenda dell’Achille Lauro si potesse concludere evitando una tragedia di più grandi proporzioni. Italia e Stati Uniti hanno perseguito congiuntamente in una linea di ferma determinazione su cui Roma e Washington si sono trovati d’accordo che è la sola perseguibile per combattere efficacemente il terrorismo internazionale. La determinazione con la quale il Governo Italiano ha affrontato la difficile situazione che si è presentata, ha consentito con una azione politico-diplomatica convergente e ben coordinata, di raggiungere l’obiettivo primario che era quello di salvare la vita degli ostaggi senza cedere al ricatto del terrorismo.”42

4.4 La crisi di governo

Infatti i riflessi della liberazione di Abbas non tardarono a farsi sentire anche sul piano interno. Il Partito Repubblicano, che già aveva mostrato le sue perplessità sulla gestione del caso Achille Lauro, ritira la fiducia al governo. È il 17 ottobre, pochi giorni dopo la fine della vicenda Sigonella, quando Craxi si presenta alle camere, per illustrare i fatti accaduti in quei giorni “… Questi fatti. Fatti noti nelle loro linee generali, che ci hanno fatto giungere ringraziamenti da tutti gli stati che avevano loro cittadini a bordo dell’Achille Lauro per la prudenza e penso anche per la saggezza con cui ci siamo mossi, al fine di salvaguardare tante vite umane. Il tono polemico delle prime reazioni del Governo Americano non poteva non scusare la più viva e dispiaciuta sorpresa ed anche un sentimento di amarezza per il disconoscimento da parte di un governo amico di tutto quello che il Governo Italiano aveva fatto per superare con successo una situazione particolarmente critica e difficile, e dei risultati che erano stati conseguiti. Sono state pronunciate parole che debbo ritenere derivino solo da un incompleta valutazione dei fatti delle circostanze nelle quali si è mossa la linea di condotta del Governo Italiano.

Desidero perciò fare anche a questo proposito alcune riflessioni conclusive. 1- Il dirottamento di una nave, primo del suo genere da parte di un gruppo di terroristi armati anche di esplosivi si è risolta in meno di 48 ore con la resa dei dirottatori e la liberazione e il salvataggio, senza colpo ferire, dei passeggeri e dell’equipaggio. Un bilancio positivo che sarebbe stato un vero successo se non fosse stato purtroppo rattristato dalla constatazione che durante l’impresa terroristica un cittadino americano aveva perso la vita. Tuttavia, la conclusione non cruente della vicenda, senza gli altri spargimenti di sangue che si potevano tenere, è stato un grande risultato, dovuto alle iniziative e agli impulsi messi in atto dal governo italiano e al concorso delle collaborazioni che esso ha potuto ottenere.

2- Le autorità americane erano state informate, che ove l’azione politico-diplomatica messa in atto fosse fallita e in caso estremo l’Italia era già pronta sin dalle prime ore dopo il dirottamento per un intervento militare volto a liberare la nave, che avrebbe potuto compiere da sola o in collaborazione con i governi alleati e interessati. Era stato reso perfettamente chiaro che, in caso di assoluta necessità, l’Italia era pronta a rischiare la vita dei suoi soldati per salvare i passeggeri della nave, e soprattutto quelli che apparivano i più direttamente minacciati, e cioè i cittadini americani.

3- Alla deriva di un azione cosi anomala quale il dirottamento di un aereo egiziano da parte dell’aviazione americana e pur sapendo che non sarebbero mancate gravi reazioni di una nazione unita come l’Egitto, il Governo Italiano si è assunto la responsabilità di favorire l’esito positivo di questa azione, condividendo il superiore fine di giungere alla cattura del gruppo terroristico.

4- Il Governo Italiano, per il rispetto dovuto alla sovranità della Repubblica, si è assunto la responsabilità di richiedere i quattro terroristi che sono stati messi a disposizione dalla Magistratura italiana. Un tribunale italiano giudicherà i responsabili dei crimini commessi su di una nave italiana, fatto salve l’esame che gli organi competenti faranno della richiesta di estradizione avanzata dal Governo americano.

5- È ben vero che, in un contatto con il Presidente degli Stati Uniti, io ho dichiarato che avremmo compiuto accertamenti sui due palestinesi segnalati a bordo dell’aereo dirottato. In quella stessa circostanza il Presidente degli Stati Uniti mi preannunciò una richiesta di estradizione per i quattro terroristi e non per altri. La situazione che successivamente si presentò al Governo Italiano fu quella di un aereo che per le sue caratteristiche di aereo incaricato di missione speciale del Governo Egiziano godeva dello stato di extraterritorialità: della presenza a bordo di dieci agenti egiziani incaricati della protezione dell’aereo e dei suoi passeggeri e di passeggeri muniti di passaporti diplomatici, da parte sua la Magistratura italiana investita di una iniziativa giudiziaria americana non ha ritenuto di disporre iniziative di fermo dell’aereo e di arresto dei suoi passeggeri. A parte ogni altra considerazione che potrebbe essere utilmente svolta in relazione al fatto che si trattava peraltro di una delle persone che avevano condotto la mediazione per la liberazione della nave, il Governo Italiano non poteva compiere atti in violazione della legalità internazionale e della stessa legge italiana.

6- Il Governo Italiano ha sempre condotto con la massima intransigenza la lotta al terrorismo, e i risultati fin qui conseguiti lo dimostrano. Nessun governo libero ha saputo conseguire risultati nella lotta al terrorismo senza distruggere i principi e le regole dello Stato di diritto cosi come hanno saputo fare i governi della Repubblica italiana. Non c’è un caso di cedimento o debolezza che possa essere imputato a questo governo nella lotta al terrorismo.

7- La Camera conosce beni le posizioni e le iniziative che il Governo Italiano ha sviluppato per schiudere la via a una prospettiva di pace nella tormentata regione mediorientale. Ancora recentemente il Governo Italiano aveva raccolto l’espressione dell’interesse e dell’apprezzamento anche  del Governo degli Stati Uniti per il ruolo che l’Italia svolgeva nella regione e nell’ambito delle sue relazioni nel Medio Oriente. Esse si sono sempre mantenute nel quadro di una fondamentale esigenza di riconoscimento dei diritti del popolo palestinese e di rispetto dei diritti dello Stato di Israele, e si sono alimentate nella speranza che una stagione di dialogo e di negoziato potesse prendere il posto della lunga stagione della contrapposizione radicale e della violenza. Per quanto riguarda i rapporti tra Roma e Washington non posso che augurarmi che chiarimenti intercorsi e quelli che potranno intercorrere siano di natura tale da ristabilire definitivamente la piena armonia tra l’Italia e gli Stati Uniti, paesi amici ed alleati, per la continuità e lo sviluppo di un rapporto di comuni responsabilità ed intesa collaborazione, in un clima di attenta considerazione di amicizia e di rispetto della dignità e della sovranità nazionale dei rispettivi Paesi.

8- Mi sembra doveroso concludere questa mia esposizione rinnovando il ringraziamento a tutti coloro che ci hanno aiutato in questa dolorosa vicenda, a tutti coloro che hanno collaborato, che hanno cooperato, che hanno solidarizzato con i nostri sforzi, intesi unicamente a salvare centinaia di vite in quel momento esposte a grandissimi rischi. Abbiamo agito secondo le nostre leggi. La coscienza ci ha dettato il dovere di tentare le vie incruente; la politica ci ha offerto l’occasione di utilizzare i buoni rapporti dell’Italia, le nostre leggi, le leggi italiane, ci hanno indicato la via da seguire. Onorevole Presidente, Onorevoli Colleghi, questi fatti, questa è la verità dei fatti. Questo non significa che non possono esserci state carenze meritevoli di critica e mi dispiace molto che i dissensi non siamo stati ritenuti ricomprendibili da parte degli amici repubblicani. Ieri ho ricevuto infatti le dimissioni dei ministri Mammì, Spadolini e  Visentini a seguito di una decisione della direzione Repubblicana, che ha determinato una crisi nei rapporti della coalizione e comporta quindi le dimissioni del Governo.”43

Con il suo discorso Craxi rivendica con orgoglio la vicenda assunta dal Governo Italiano nella vicenda di Sigonella ricevendo il più fragoroso applauso mai ricevuto da un Presidente del Consiglio in carica. Craxi costringe i Repubblicani a rivedere la loro posizione politica e il Presidente della Repubblica Cossiga rispinge la dimissioni del Presidente del Consiglio. E Craxi nella replica per ottenere la fiducia del parlamento utilizza il metro della storia per condurre un affondo polemico con i repubblicani e Israele ipotizzando un parallelismo storico tra Arafat e Mazzini: “ Vedete io contesto all’OLP l’uso della lotta armata non perché ritengo che non ne abbia il diritto, ma perché sono convinto che la lotta armata non porterà a nessuna soluzione. L’esame del contesto mostra che la lotta armata e il terrorismo faranno solo delle vittime innocenti, ma non risolveranno il problema palestinese.

Non contesto però la legittimità del ricorso alla lotta armata, che è cosa diversa…Quando Giuseppe Mazzini nella sua solitudine, nel suo esilio, si macerava nell’ideale dell’unità ed era nella disperazione per come affrontare il potere, lui, un uomo cosi nobile, cosi religioso, cosi idealista, concepiva e disegnava e prospettava gli assassini politici. Questa è la verità della storia! E contestare a un movimento che voglia liberare il proprio paese da un occupazione straniera, la legittimità del ricorso alle armi, significa andare contro le leggi della storia.”44

Dopo pochi giorni il presidente Ronald Reagan scrive: “ Dear Bettino, sono ansioso di vederla la settimana prossimo a New York per la sessione di consultazione che avremo con i nostri maggiori alleati. Stimo profondamente i consigli che mi ha fornito in passato ed apprezzo la sua disponibilità a condividere i suoi pensieri e le sue impressioni mentre ci avviciniamo all’importante incontro a Ginevra con il Segretario Generale Gorbaciov. Nella scorsa settimana, abbiamo avuto divergenze sulla migliore maniera in cui rispondere al dirottamento dell’Achille Lauro. Nonostante queste divergenze, che abbiamo affrontato in maniera schietta e amichevole, condividiamo impegni fondamentali sulla necessità di rispondere con fermezza alle sfide provate dal terrorismo internazionale. Voglio che lei sappia che non ho mai avuto alcun dubbio che il suo governo avrebbe proceduto rapidamente all’intimidazione dei dirottatori dell’Achille Lauro. Le relazioni italo- americane sono state e rimarranno ampie, profondo e solide e sono certo che i nostri legami personali continueranno ad essere saldamente legati a questa tradizione. Sinceramente Ron.”45

Scrive Renato Ruggero, ex Segretario Generale della Farnesina ed ex Ministro degli Esteri, “ Bettino Craxi, per quel che a me risulta è stato sempre legato agli Stati Uniti da profonda amicizia e il suo appoggio all’installazione degli euromissili in Italia ne è certamente una dimostrazione. Egli espresse, tuttavia, questa sua amicizia sostenendo sempre le tesi che gli sembravano giuste, anche nei momenti più difficili.” 46

4.5 Le ragioni di Craxi

Se Craxi avesse ceduto alle pressioni americane e a quelle dei suoi alleati di governo, la politica mediterranea e araba dell’Italia e conseguentemente dell’Europa avrebbero perso credibilità, a tutto vantaggio delle forze radicali e in particolare del “Fronte del rifiuto” palestinese che mirava a indebolire Arafat e il ruolo dei paesi arabi moderati.

Quanto in particolare alla vicenda di Sigonella, e al mal definito “strappo” con gli americani, il Parlamento italiano confermò la fiducia al governo guidato da Craxi e lo stesso presidente americano Ronald Reagan inviò una lettera al leader italiano per assicurarlo che la sua decisione era stata compresa e che gli Stati Uniti erano pronti a cooperare per una soluzione di pace nei confronti della causa palestinese. Subito dopo l’accaduto di Sigonella la Casa Bianca fece uscire una dichiarazione: “Questo episodio riflette anche la nostra stretta cooperazione con un esemplare alleato e amico fraterno, l’Italia nel combattere il terrorismo internazionale. Il Governo e il popolo americano sono grati al Primo Ministro Craxi, al suo governo e al popolo italiano per il loro aiuto.”47

Craxi con il suo atto coraggioso dimostrò allora che i vincoli dell’Italia con la NATO e i forti legami di leale amicizia con gli Stati Uniti potevano benissimo coesistere con il perseguimento d’iniziative concepite per rafforzare la sicurezza della regione, anche assumendo i rischi connessi, in piena autonomia ma con la doverosa consultazione degli alleati, soprattutto quando quelle iniziative venivano intraprese per affermare principi di giustizia internazionale. Craxi attribuiva infatti una grande importanza alla stabilità del Mediterraneo e Medio Oriente che potesse realizzarsi in conformità con il diritto internazionale. Il che, secondo la sua visione, presupponeva una forte intesa, oltreché con Israele, con i Paesi arabi del Golfo: certamente l’Arabia Saudita, ma anche gli Emirati Arabi a cui egli guardava con molto interesse. Per lui era fondamentale perseguire nell’area uno sviluppo comune, che favorisse gradualmente l’integrazione delle economie e l’avvicinamento delle società civili a principi e culture condivise con l’Occidente.

Anche se allora non si parlava di dialogo delle culture, di fatto Craxi nei confronti del mondo arabo ne applicava i criteri principali: la pari dignità, il rispetto reciproco e la non discriminazione. Il suo pensiero era che tutte le culture dovevano partecipare alla formazione del sapere e delle conoscenze universali, traendone quindi equi dividendi. Craxi era convinto che una grande rinascita della cultura umanistica e scientifica in Europa e nel mondo arabo avrebbe posto le condizioni per equilibri più stabili nella regione mediorientale e per un progresso morale e materiale condiviso. Così come l’accettazione da parte di Israele di una pace giusta, entro i confini del 1967, avrebbe permesso allo Stato ebraico di esercitare gradualmente nell’area una forte influenza grazie alle conoscenze scientifiche e tecnologiche di cui esso disponeva.48

 

Note:

39. Cronologia degli eventi di Sigonella. “Il sequestro dell’Achille Lauro.”

40. Relazione sul colloquio tra il consigliere diplomatico Badini e Abu Abbas.

41. F.Gerardi, Achille Lauro operazione salvezza, Rusconi Libri, 1986.

42. Dichiarazione del Presidente Craxi su Sigonella, corretta a mano da lui stesso.

43. Comunicazioni del Presidente del Consiglio di Ministri. Camera dei Deputati. 17 ottobre 1985.

44. Camera dei Deputati seduta del 6 novembre 1985. Discussione sulle comunicazioni del governo.

45. Lettera di Ronald Reagan ricevuta da Craxi il 19 ottobre 1985, tramite il vicesegretario di stato Whitehead.

46. A.Spiri (a cura di), Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale, Marsilio, Venezia, 2006.

47. Dichiarazione della Casa Bianca sulle vicende di Sigonella.

48. Intervista orale con A.Badini.