E NOI FAREMO COME GLI U.S.A.

 

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

 

Bernie Sanders sta sdoganando il “socialismo” negli Stati Uniti d’America, specie tra i giovani ed in particolare quelli di colore. L’altro giorno, rispondendo ad un post di Giuseppe Scanni constatavo che siamo talmente succubi degli statunitensi che importeremo da loro il socialismo.

Che Bernie Sanders si proclami “socialista” preoccupa i democratici e fa buon gioco per Trump, e ciò perché nonostante lo sdoganamento che sta attuando Sanders, la parola “socialismo”, nel senso comune statunitense, è ancora un tabù. In effetti Sanders non fa parte organicamente dei democratici costituendone invece una specie di corpo estraneo; estraneo, si può dire, al duopolio delle classi dirigenti statunitensi, costituisce cioè una contraddizione nella logica del potere che a flussi alterni è governata dai repubblicani o dai democratici, ma che consegue all’egemonia del capitalismo dominante.

Vorrei allora approfondire al proposito quali siano gli obiettivi del socialismo di Sanders e quale tipo di socialismo sia quello che Sanders sta perseguendo.

Gli obiettivi di Sanders

Leggo da Wikipedia  che gli obiettivi della sua proposta politica consistono nel «creare un’economia che funzioni per tutti, non solo per i più ricchi» e agevolare la partecipazione democratica dei cittadini, in modo particolare dei più giovani, riconoscendo inoltre salute e istruzione come diritti inalienabili e gratuiti. Dal punto di vista delle politiche sociali e fiscali, Sanders è un sostenitore del modello nordico e dell’adozione di misure di redistribuzione dei redditi; come propria consulente in campo economico ha scelto Stephanie Kelton, una delle principali esponenti della teoria della moneta moderna  È altresì un fermo propugnatore dei diritti LGBT, di quelli delle minoranze etniche, della legalizzazione dell’aborto e della cannabis, nonché un oppositore della pena di morte e del secondo emendamento (nonostante sia favorevole alla tutela giuridica dei fabbricanti d’armi).

In politica estera, Sanders si è sempre attestato su posizioni pacifiste, osteggiando ogni intervento militare statunitense, ma difendendo al contempo i diritti dei veterani.  Ha lodato il presidente Barack Obama per gli accordi di pace con Iran e Cuba; in particolare, in questa seconda circostanza, ha manifestato la propria soddisfazione per la fine di una «guerra fredda» durata cinquant’anni. In merito alla questione israelo-palestinese appoggia la soluzione dei due Stati, per «garantire al popolo palestinese una propria nazione e al popolo israeliano una vita tranquilla senza il rischio del terrorismo». Per quanto concerne l’ISIS e il jihādismo, ritiene che i paesi musulmani del Medio Oriente siano chiamati a svolgere un ruolo chiave, più degli stessi Stati Uniti.

E’ inoltre un ambientalista ed è stato spesso accostato al Partito Verde: in particolare, è convinto che il riscaldamento globale sia un problema prioritario, da affrontare attraverso un deciso incremento del ricorso alle energie rinnovabili, trovandosi per questo in aperto contrasto con Donald Trump.

Più interessante è la lotta che Sanders, ma in particolare la Warren, sua competitrice ma vicina alle sue posizioni, hanno sostenuto contro gli abusi e gli eccessi della finanza; la Warren in particolare con la creazione dell’Ufficio per la protezione finanziaria dei consumatori, ha rappresentato una difesa molto efficace che ha fatto risparmiare alle famiglie miliardi di dollari.

Gli obiettivi di Sanders, includendovi anche quelli della sua concorrente Warren, ci rappresentano un socialismo decisamente socialdemocratico con due caratteristiche: conquistare i diritti civili per i cittadini, in primis la riforma sanitaria per tutti, e con ciò molto vicino a ciò che in Europa si è già realizzato o comunque è negli obiettivi dei socialisti europei, e lotta contro la degenerazione finanziaria di un capitalismo produttivo che tuttavia non viene messo in discussione.

Ora il limite, a mio parere di Sanders, è quello di ritenere che il capitalismo finanziario sia organicamente diverso da quello produttivo. Sì è vero che molte volte anch’io rimpiango il capitalismo produttivo vs. quello finanziario, ma sono altrettanto convinto, alla luce di ciò che scrisse Marx e traguardando in prospettiva i futuri sviluppi della rivoluzione 4.0 e della robotizzazione, che i due fenomeni sono consustanziali e che le prospettive che ci aspettano, se non agiamo in modo tempestivo e radicale, dimostreranno che i due capitalismi tenderanno a creare una società polarizzata con nuovi aspetti neo-schiavistici.

Il declino delle classi medie, ovvero la proletarizzazione della middle class è un fenomeno diffuso e sempre più invadente nelle società a capitalismo avanzato, e le prospettive dell’economia robotizzata, se non contrastata e guidata, ci presentano uno scenario in cui i pochi possessori dei robots globali saranno, e già lo sono, più potenti degli stati più potenti e si confronteranno con una massa di ex lavoratori del braccio e della mente, che dopo aver visto il loro apporto di fatica e di pensiero sfruttato e tradotto in capitale fisso, si troveranno espulsi dal ciclo produttivo senza alcun potere contrattuale e alla completa mercè del capitale.

Ecco che allora il saggio obiettivo di “tosare la pecora” può non più bastare, non si può più puntare alla distribuzione dei redditi e dei diritti, serve al contrario imboccare la strada di un nuovo modo di produzione che sia culturalmente socialista e che non si limiti a sostituire o ad affiancare nella stessa logica strutturale le espressioni del capitale. Forse il riformismo sta evidenziando i suoi limiti (lo vediamo da trenta anni a questa parte) e potrebbe non essere più la strada maestra nel disegnare il nostro futuro, richiedendoci, la storia, di puntare a quelle che un vecchio socialista chiamava “riforme di struttura” per differenziarle dalle “riforme all’interno dell’attuale struttura”.

Questi obiettivi Bernie Sanders non ce li può esportare, può comunque esportarci sotto forma di senso comune ispirato dall’egemonia statunitense, una nuova ventata di speranza socialista in questa palude in cui ci stiamo impantanando in questo inizio di secolo.