PER UNA SISTEMAZIONE ORGANICA DELLA SCHEDA EUROPA – a cura di Renato Costanzo Gatti
Premessa
Con questo mio contributo voglio dare una sistemazione organica al capitolo Europa, non tanto sulle regole di “governance”, ma sulle norme economico-finanziarie e sulla BCE.
Inizierò con una panoramica dei contributi dati da economisti ed in particolare, tra gli altri, quelli di:
● Documento di Reichlin, Giavazzi e Zingales
● Documento Nannicini, Dosi, Leonardi e Roventini
● Libro di Yanis Varoufakis “I deboli sono destinati a soffrire”
● Libro di Marcello Minenna “La moneta incompiuta”
● Libro di Andrea Boitani “Sette luoghi comuni sull’economia”
1 – Il documento Reichlin, Giavazzi e Zingales
Il documento, scritto da autori che si riconoscono di diverso orientamento, si limita a quattro punti che gli autori ritengono realizzabili, credibili e condivisibili da una ampia maggioranza e necessari per dare una svolta positiva alla situazione di stallo in cui l’Europa si trova. Riportiamo di seguito i quattro punti concordati tra gli autori.
1.1 Bilancio dell’eurozona.
È la prima volta che si propone un bilancio comune per gli investimenti, la convergenza e la stabilizzazione nell’area dell’euro. Per quanto riguarda gli investimenti si va oltre al piano Juncker. Si afferma per la prima volta la necessità di un meccanismo comune che serva a trasferire temporaneamente risorse a quei Paesi che hanno subito impatti ciclici più negativi di altri. Non è chiaro quale sarà la dimensione di questo bilancio, ma il principio è positivo e va sostenuto. I dettagli su come finanziare questo strumento sono da definire. L’Italia deve affermare il principio che nel disegnare questo bilancio comune sia necessario riconoscere che la stabilizzazione e la convergenza si devono ottenere non solo allocando la spesa, ma anche allocando in modo diverso i contributi. Per mantenere un livello di inflazione più omogeneo nell’area euro è necessario che le economie in espansione contribuiscano con maggiori fondi rispetto alle economie in recessione. Se nel 2005 la Spagna avesse contribuito in modo più che proporzionale a sostenere la disoccupazione tedesca, non ne avrebbe beneficiato solo la Germania, ma la Spagna stessa, perché avrebbe ridotto l’eccessivo aumento dei prezzi, che poi ha dovuto correggere con una pesante recessione. Su questo l’Italia deve insistere.
1.2 Assicurazione comune alla disoccupazione.
Un’assicurazione comune alla disoccupazione è una novità che introduce il principio della condivisione del rischio ciclico e va sostenuta. Rimangono comunque da chiarire dettagli e dimensioni del programma.
1.3 Fondo di stabilità.
Qui ci sono progressi ma anche insidie.
I. Un passo avanti importante è la proposta di cambiare le regole che governano il fondo, un passo che contempla un cambiamento del Trattato ad hoc che lo ha istituito. Si propone di abbandonare una gestione inter-governativa, soggetta alla regola dell’unanimità incorporando il fondo nei Trattati europei. La possibilità di un veto tedesco rimarrà — ma anche l’Italia ha un diritto di veto — ma non ci sarà più bisogno dell’unanimità, condizione essenziale per la sua credibilità;
II. Si contempla la possibilità di linee di credito precauzionali instaurando quindi il principio che bisogna attrezzarsi per poter aiutare un Paese prima che una crisi sia esplosa quando è spesso troppo tardi. Il credito si erogherebbe previa valutazione della sostenibilità delle politiche del Paese in questione, ma senza richiedere un vero e proprio programma. Anche questa proposta va accolta positivamente;
III. Si propone di introdurre maggiore trasparenza nell’analisi di sostenibilità del debito. Anche qui dobbiamo difendere il principio per evitare fenomeni, come quelli accaduti in Grecia del 2010, dove gli stati membri pagano per gli errori delle banche. Tuttavia, è cruciale affermare il principio che i criteri di sostenibilità del debito devono basarsi su variabili storiche (per esempio il saldo di bilancio primario degli ultimi anni) e non prospettiche, per evitare che una paura del mercato si trasformi in una condanna, come successe all’Italia nel 2011. Questo è l’aspetto più insidioso dove l’Italia deve fare valere il suo punto di vista.
1.4 Unione bancaria e dei mercati dei capitali.
Sulle banche la proposta è al di sotto delle aspettative. Si afferma la volontà di far si che l’ESM (il Meccanismo europeo di stabilità) possa erogare una linea di credito che alimenti il fondo di ricapitalizzazione delle banche (“backstop”), ma si condiziona l’introduzione di questo strumento ad una sostanziale riduzione del rischio delle banche in termini di crediti deteriorati ed altri criteri che non si specificano chiaramente. Si nega quindi il principio che riduzione e condivisione del rischio debbano procedere insieme e si propone invece di procedere in sequenza: riduzione del rischio prima, condivisione dopo. La proposta rimane inoltre molto vaga sui tempi dell’introduzione di un’assicurazione comune ai depositi bancari e sulle condizioni necessarie ad introdurre il fondo di ricapitalizzazione. Chiaramente l’accordo per completare l’Unione bancaria in tempi brevi non c’è e si rimanda l’analisi a tavoli tecnici. L’Italia deve esprimere un parere critico ma adoperarsi per migliorare la proposta sui tavoli in cui verrà discussa.
Queste le linee principali. Data la mancanza di dettagli su aspetti importanti della proposta, e l’invocazione di tavoli tecnici per metterli a punto, è importante che l’Italia partecipi al processo anche a livello tecnico per fare valere i suoi diritti e che non si deleghino discussione e trattativa alla Francia e alla Germania.
E’ un primo passo, certamente ancora incompleto, per migliorare il funzionamento dell’eurozona e dotarla degli strumenti necessari ad affrontare una crisi. Ma è un passo avanti dopo sei anni in cui i progressi sono stati pressoché inesistenti. Anche il fatto che di questa proposta si discuta non nel mezzo di una grave crisi, come è avvenuto in passato, è un segnale importante. E’ cruciale, quindi, per l’Italia entrare attivamente e in modo costruttivo nel negoziato politico e tecnico della prossima settimana, e in quelli che seguiranno. Lo sguardo è oggi giustamente rivolto al grande tema delle migrazioni, ma il processo di costruzione europea sta segnando passi che per il nostro Paese sono altrettanto importanti.
2 – Il documento Nannicini, Dosi, Leonardi e Roventini
1) Il Fiscal Compact è scaduto: non va sicuramente rinnovato se non dopo averlo rivoltato per bene, per esempio con l’esclusione degli investimenti in infrastrutture e ricerca dal computo del deficit e con una revisione degli algoritmi per il calcolo del prodotto potenziale.
2) Occorre resistere a ogni pressione per una ulteriore “nazionalizzazione dei rischi”, per esempio rifiutando la proposta di porre dei limiti ai titoli di Stato nazionali nei bilanci delle banche.
3) È necessario un piano per arrivare a una vera unione fiscale europea. L’Unione Monetaria Europea ha urgente bisogno di una politica fiscale comune che attenui le fluttuazioni cicliche e promuova gli investimenti e l’occupazione. Allo stesso modo, va eliminata la concorrenza fiscale tra i Paesi europei.
4) Bisogna essere coraggiosi e andare oltre un meccanismo di backstop per l’European Stability Mechanism (il cosiddetto Fondo Salva Stati). È necessaria una vera unione bancaria europea, un’assicurazione dei depositi comunitaria e la BCE deve poter diventare una vera banca centrale assumendosi anche il ruolo di prestatore di ultima istanza, come ha già sostanzialmente fatto negli ultimi anni.
5) Alcuni di noi propongono l’uso del «Fondo Salva Stati» come veicolo per l’assicurazione dei debiti nazionali con l’obiettivo di far convergere le curve dei rendimenti dei titoli di Stato di tutti i Paesi e reinvestire i proventi derivanti dai premi di assicurazione nei Paesi che li hanno pagati. Altri sostengono la proposta dei «synthetic bonds» o «safe assets» (ESBies) come paniere di titoli di Stato di Paesi diversi. Sono possibili diverse soluzioni che tendono a una condivisone dei rischi tra i Paesi europei, ma nessuna di queste costituisce una scusa per uscire dall’Euro.
6) È urgente discutere di un sussidio di disoccupazione europeo (anche se soppesato con i diversi poteri d’acquisto nazionali) che può svolgere il ruolo di stabilizzatore automatico durante i periodi di crisi, promuovendo la convergenza delle economie europee.
Sono questi i punti che il nuovo governo dovrebbe mettere al centro delle negoziazioni con l’Unione Europea.
3 – Yanys Varoufakis “I deboli sono destinati a soffrire?
L’appendice al libro di Varoufakis è riservata a “una modesta proposta” scritta insieme a Stuart Holland e a James K. Galbraith. La caratteristica di questa modesta proposta è di essere estremamente realisti e quindi non prevedere nuove istituzioni europee o revisione dei trattati esistenti, nella consapevolezza delle difficoltà e dei tempi che tali revisioni richiedono. Essi prevedono invece che le istituzioni esistenti vengano impiegate nel rispetto della lettera della legislazione europea, ma svolgendo nuove funzioni e nuove strategie politiche.
3.1 Strategia numero 1. Avviare l’unione bancaria.
Si propone che le banche che necessitano di ricapitalizzazione da parte del MES siano affidate alla gestione diretta da parte dello stesso MES, mentre ora è il governo ad assumere debiti per conto della banca. Il MES e non il governo nazionale provvederà a ristrutturare, a ricapitalizzare o a liquidare le banche in stato fallimentare e impiegherà a questo scopo la quota più importante dei suoi fondi. In tal modo, nel tempo, l’eurozona dovrà diventare un’unica regione bancaria con un’unica autorità bancaria, un unico schema di assicurazione dei depositi e un sistema di protezione fiscale comune.
Ricordo che questo primo punto si rifà all’intervento che fece Mario Monti nel giugno 2012 al summit europeo dove la sua proposta fatta con la minaccia di porre un veto al comunicato finale. Varoufakis ammette che l’iniziativa di Monti fu “spaventosamente radicale secondo gli standard europei, che però era anche radicalmente di buon senso: aveva chiesto una vera e propria unione bancaria, come quella operante negli USA”.
3.2 Strategia numero 2. Conversione limitata del debito.
Proporre che la BCE offra ai Paesi membri la possibilità di convertire la quota del loro debito ammesso da Maastricht (Maastricht Compliant Debt MCD), mentre le quote nazionali del debito convertito continueranno a essere servite separatamente da ogni paese membro.
Prendiamo ad esempio un paese membro che abbia un debiti pari al 90% del PIL, quando titoli di quel paese vengono a maturazione, per esempio per un miliardo di €, la quota fino ai due terzi (ovvero pari al rapporto del 60% sul 90%) di quel miliardo sarà pagata dalla BCE con denaro che la stessa banca raccoglierà sui mercati finanziari per mezzo di emissione di titoli BCE. Non si monetizza il debito, operazione notoriamente proibita alla BCE, ma si affida all’intermediario BCE la parte legittima del debito, ottenendo un costo del servizio del debito molto più moderato.
3.3 Strategia numero 3. Rilancio e convergenza guidato da investimenti.
L’Europa ha un disperato bisogno di grossi investimenti che promuovano la crescita. La Banca Europea degli investimenti (BEI) e il collegato Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) emettono obbligazioni per finanziare il 100% di un “Programma pan-eurozona di investimenti per il rilancio economico” . La BCE si impegna ad acquistare sul mercato secondario tutte le obbligazioni BEI-FEI necessarie a mantenere i rendimenti delle obbligazioni stesse a livelli predeterminati.
La BCE mette in atto un nuovo QE destinato stavolta a finanziare direttamente investimenti produttivi, diversamente da strumenti finanziari rischiosamente inflattivi, e non ha ricadute sulle normative fiscali europee, perché il finanziamento BEI-FEI non viene cumulato nei deficit dei paesi membri e nemmeno nel loro debito sovrano.
3.4 Strategia numero 4. Solidarietà sociale per arginare la crescente povertà.
Si propone un programma di solidarietà sociale che garantisca una base alimentare e una fornitura di energia a tutti i cittadini europei per mezzo di tessere alimentari europee sul tipo dell’equivalente americano (Food Stamps) e di buoni energia (European Minimum Energy Program).
Caratteristica di questo fondo è il fatto di prevederne il finanziamento con gli interessi che le banche centrali con saldi negativi nel Target 2 pagano attualmente alla BCE che a sua volta devolve alle banche centrali con saldi positivi. Questo premiare i paesi in surplus non ha molto senso e da qui discende la proposta di destinarli ad un uso sociale.
4 – Marcello Minenna “La moneta incompiuta”.
Nel capitolo “Proposte di politica monetaria per superare la crisi” l’autore conscio della necessità di una riforma generale della governance dell’Eurozona, realisticamente si limita a ricercare risposte possibili solo nella politica monetaria che è possibile concordare in modo coordinato in tutta l’Eurozona: misure implementabili dalla BCE che consentano di ottenere apprezzabili risultati nel breve-medio periodo.
4.1 Riformare gli obiettivi statutari della BCE: lo Zero-Spread Target
Pur rimanendo fermo l’obiettivo della BCE relativo all’inflazione al 2%, si dovrebbe affiancare a quell’obiettivo quello dell’azzeramento degli spread su base sistemica. Tale obiettivo sarebbe un segnale prorompente per i mercati che per i Paesi dell’Eurozona la dissoluzione della moneta unica è assolutamente inammissibile e che il loro intento comune è realmente quello di realizzare anche per l’euro il paradigma tipica di ciascuna area valutaria unica: una moneta, un’unica curva dei tassi di interesse.
L’impegno della BCE nei confronti di questo obiettivo dovrebbe avere un evidente contraltare nella graduale adozione di misure strutturali sia da parte dei singoli Stati membri sia da parte di tutta l’Unione monetaria.
4.2 Cancellazione degli interessi sui titoli governativi acquistati dalla BCE
La BCE acquista titoli di stato dai Paesi aderenti e su quei titoli percepisce gli interessi che a scadenza vengono pagati dagli emittenti detti titoli. Il profitto che la BCE realizza incassando detti interessi sono ripartiti tra le banche centrali in proporzione al capitale che le banche stesse hanno sottoscritto e versato per costituire la BCE. Si dà il caso che il 30% del capitale (del capital key) sia stato versato da paesi dell’Unione che non hanno aderito all’Euro. Inoltre a pagare gli interessi sono generalmente i paesi in difficoltà che hanno venduto loro titoli alla BCE, e proprio perché in difficoltà hanno uno spread più alto e conseguentemente pagano interessi più alti. Ne discende che i paesi più in difficoltà sono i maggiori contribuenti all’utile della BCE, e tale utile è ripartito ai paesi che sono in surplus ed addirittura a paesi che non partecipano all’Euro. Altro che risk-sharing, siamo in presenza di una strumentazione che mette in ulteriore difficoltà proprio quei paesi che sono già in difficoltà.
Questo punto può essere assimilato al punto 3.4 sopra riportato.
4.3 Programma di rifinanziamento del debito pubblico europeo EPDRP
La proposta consiste nella sostituzione di titoli di stato a breve termine con titoli a lungo termine non fruttifere di interessi. Questi titoli sarebbero acquistati dalla BCE per un ammontare pari al 40% del PIL di ogni paese. L’EPDRP dovrebbe drammaticamente ridurre l’ammontare di debito pubblico negoziata sul mercato secondario e determinare la sospensiva delle aste per almeno 4 anni.
La sospensiva delle aste potrebbe portare a molti benefici:
● Migliorata stabilità dei flussi finanziari connessi con le politiche fiscali;
● Consolidamento ed accelerazione della convergenza del costo del debito ad un livello sostenibile anche per i paesi periferici;
● Riduzione dei fenomeni dello spread e della collateral discrimination;
● Incremento del valore dei titoli governativi sul mercato secondario;
● Riduzione del fenomeno dell’intermediazione da spread da parte del sistema bancario europeo;
● Miglioramento degli indici di patrimonializzazione delle banche e ripartenza del credito all’economia reale.
L’acquisto dei titoli avverrebbe in aste pubbliche e non sul mercato secondario, evitando quindi i pericoli speculativi nel comportamento del sistema bancario. Ovviamente il fatto che i nuovi titoli a lunga scadenza non siano fruttiferi di interessi, comporta un notevole risparmio nel costo del servizio del credito.
4.4 La monetizzazione parziale del debito
Un intervento più pervasivo, e per questo più difficile da far passare in Europa, sarebbe quello per cui la BCE possa effettuare, senza tanti passaggi, una monetizzazione parziale del debito pubblico dell’area euro, non emettendo nuova moneta, bensì semplicemente annullando una parte di quei titoli a lunga scadenza in suo possesso grazie al precedente programma EPDRP.
Questo tipo di intervento ridurrebbe il debito di paesi dell’eurozona che rischino di mettere in difficoltà, a seguito di shock asimmetrici, la costruzione europea, introducendo un principio di risk sharing ma con effetti positivi sull’equilibrio dell’eurozona.
Come facilmente intuibile nell’Eurozona c’è un vero e proprio “tabù”, legato alle modalità di istituzione della BCE, costruita sul modello tedesco, che è decisamente contrario ad ogni “monetizzazione del debito”. Tuttavia, un cambiamento delle regole di ingaggio della BCE su questo tema sarebbe auspicabile nell’ambito del più ampio processo di revisione dei target di policy della banca stessa. E ciò, non per ingiustificata gratuita solidarietà, ma per il buon funzionamento sistematico dell’unione monetaria, per realizzare quei punti necessari per la costruzione di un’area valutariamente ottimale.
4.5 Programma di acquisto di cartolarizzazioni garantite dagli Stati sovrani
Il credit crunch affligge l’Eurozona e richiede proposte strutturali, anche di ingegneria finanziaria, in grado di decongestionare questo problema. In questa prospettiva risulterebbe particolarmente utile il ricorso a strumenti in grado di impacchettare i crediti e i loro rischi in titoli che, con qualche piccola revisione normativa, possano diventare eligible nell’ambito dei programmi di acquisto della BCE.
Ci si riferisce agli Asset Backed Securities (ABS) ossia i titoli di debito che impacchettano i rischi dei prestiti erogati dalle banche all’economia reale. Se i bilanci delle banche venissero liberati (offloaded) da questi prestiti (magari anche in sofferenza) le banche – anche per motivi di ricerca della redditività, sarebbero incentivate all’erogazione di nuovi prestiti senza trovare ostacoli nella disciplina prudenziale dei requisiti di capitale.
Se poi gli ABS venissero acquistati dalla BCE nell’ambito di un programma come il QE si innescherebbe un circuito virtuoso in cui l’esternalizzazione di un vecchio credito renderebbe possibile l’erogazione di un nuovo credito.
(Non riporto il punto 4.6 né il punto 4.7 del testo Minenna perché non conferenti con il nostro percorso ricognitivo).
5 – Luoghi comuni sull’economia di A,Boitani
Andrea Boitani suggerisce 4 punti per curare l’Europa.
5.1 Ridisegno del sistema fiscale europeo, sostituendo l’attuale approccio paese per paese con uno orientato al coordinamento delle politiche fiscali. Rimozione delle regole fisse sul deficit e loro sostituzione con la regola aurea relativa alle spese per investimenti.
5.2 Integrazione dei piani fiscali nazionali a medio termine con un piano fiscale per l’intera Eurozona.
5.3 Trasferimento di alcune competenze fiscali nazionali al bilancio federale sotto la guida di un ministro delle Finanze dell’Eurozona.
5.4 Istituzione di un nuovo Ecofin con il mandato esplicito di attuare i punti 5.1 e 5.2 di cui sopra.
CONCLUSIONI
Il materiale esaminato è largamente condivisibile e comprensibile; molti punti sono comuni (per esempio l’unione bancaria) e c’è una larga condivisione per una politica più risk-sharing non tanto per sottolineare la solidarietà quanto per rafforzare l’indissolubilità sinergica della moneta.
Pare anche necessario non puntare a proposte rivoluzionarie che potrebbero richiedere tempi lunghi per la realizzazione, quanto a cose pragmatiche e fattibili senza rivedere i trattati, ma per aprire la strada per la revisione degli stessi.
Spero di aver contribuito positivamente a dare più sistematicità alla scheda Europa economia e BCE.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.