di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
La crisi del coronavirus costituirà una svolta storica nei rapporti sociali delle nostre società e ciò non solo a livello nazionale ed europeo, ma anche a livello mondiale.
L’egemonia statunitense, che è composta, come tutte le egemonie, da direzione e dominio, sta a poco a poco perdendo direzione e rimane solo con il potere del dominio. Ne è palmare esempio il fatto che, mentre la Cina ci invia troupes di medici e tonellate di materiale sanitario, gli USA ci vorrebbero mandare 30.000 militari per fare esercitazioni ai confini con la Russia. O peggio quando Trump offre un sacco di soldi per avere in esclusiva per gli USA un eventuale vaccino antivirus.
L’Europa si dibatte nella sua “inutilità” perdendo un’altra volta l’occasione di essere una comunità solidale per rifugiarsi nel burocratismo, lasciando emergere gli egoismi dei singoli paesi che si sentono sempre meno aggregati, sempre meno soggetti che aspirano a viaggiare uniti, ciascuno con il proprio contributo. Questa crisi mette in discussione tutto l’assetto europeo costruito fino ad oggi, e non è detto che la rimessa in discussione non sfoci in una evaporazione della comunità.
Il nostro paese sta reagendo bene, ma il punto culminante della situazione si riscontrerà quando si inizierà a gestire la parte economica di questa crisi.
La posizione del capitale sarà quella con cui ho titolato questo pezzo; non più “meno stato e più mercato” ma “più stato per il mercato”. Parliamo di sussidi, di contributi a fondo perduto, di agevolazioni fiscali a favore del capitale, il tutto fatto pagare dallo Stato che è finanziato dai contribuenti in gran parte lavoratori e pensionati. Evitare, insomma, che si ripeta quello che è successo con gli effetti della crisi finanziaria del 2008, quando la crisi dalla finanza con un effetto, questo sì, trickle down, è stato scaricato sugli stati, poi sull’economia reale ed infine ha creato milioni di disoccupati; possiamo star certi che i poteri economici conteranno, come al solito, di scaricare sulle classi medie e popolari il prezzo da pagare. Di fronte alla probabile caduta del Pil, saranno nuovamente invocati i «sacrifici» – sottintendendo, ovviamente, i sacrifici dei soli lavoratori e pensionati.
La mutazione storicamente determinata che risulterà dopo il corona virus, sarà il ripensamento del capitalismo che non potrà più fare a meno dello stato, ma gli sarà indispensabile per sanare le contraddizioni del capitale anche oltre ai limiti che Keynes aveva già tracciato.
Sarebbe, a mio parere, un errore se i socialisti si fermassero a Keynes, che diciamolo ha salvato il capitalismo da sé stesso e rimane un deciso antisocialista, occorre andare oltre anche alla pecora di Olof Palme da tosare. Dobbiamo come minimo, rifacendoci alla Costituzione Italiana all’art. 42 e segg. puntare ad una economia cogestita, partecipata, dove a compiere le scelte economiche non sia più il solo capitale, ma sia la collettività organizzata. La necessità di questa svolta (ricordo le riforme di struttura lombardiane) è resa evidente dalla situazione della Sanità che in anni recenti ha teso ad una privatizzazione suicida.
Non sto pensando al Dpcm emesso oggi che riguarda solo aspetti emergenziali, sto pensando alle centinaia di miliardi che Gualtieri ha anticipato sull’onda dei 550 annunciati dalla Germania.
Lì ci sarà la vera lotta di classe, dove dovremo sostenere che non un euro deve essere regalato al capitale, pretendendo invece che gli aiuti necessari da dare alle imprese sia dati sotto forma di partecipazione azionaria o societaria: IRIZZAZIONE, PARTECIPAZIONI STATALI.
Riporto la preveggente indicazione del tavolo ECONOMIA E LAVORO nella convention di Rimini nel febbraio 2019 organizzata da Socialismo XXI secolo (in tale articolo ci si riferiva in particolare agli incentivi fiscali 4.0, ma chiaramente il ragionamento è estendibile a tutte i sussidi erogati dallo Stato al capitale).
“Quando si danno sconti fiscali alle imprese che investono in mezzi 4.0 avviene un finanziamento da parte dello Stato, ma con i soldi dei contribuenti, a favore del capitale che, grazie allo sconto fiscale, hanno a disposizione più utile netto di cui decidere la destinazione. I finanziamenti sono incondizionati, nel senso che non esiste alcun limite o vincolo che incida sulla discrezionalità del capitale nel momento in cui delibera la destinazione dell’utile. Val la pena allora riportare l’art.42 della nostra Costituzione “La proprietà è pubblica o privata. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
In sintesi, l’utile societario può essere così distribuito:
● reinvestimento in azienda, ovvero gli utili vengono reinvestiti all’interno dell’impresa per aumentarne i mezzi finanziari per realizzare i suoi programmi;
● distribuzione degli utili ai capitalisti che a loro volta possono destinare le nuove disponibilità:
a) in consumi, che
a1) se sono domestici si riciclano nella creazione del PIL in funzione alla propensione al consumo;
a2) se si traducono in importazioni vanno a costituire un elemento negativo nella creazione del PIL;
b) tesaurizzazione, ovvero togliendo i fondi dal processo produttivo
c) investimento in attività finanziarie, ovvero dirottando fondi potenzialmente produttivi verso la rendita
Anche nel caso più favorevole, ovvero nel caso di reinvestimento in azienda, riscontriamo che gli investimenti produttivi tendono a diminuire il tempo di lavoro immediato, tendono cioè a cancellare posti di lavoro.
Appare allora chiaro che la discrezionalità con cui il capitale può disporre dei maggiori utili generati dagli incentivi statali, va a ledere la quota di prodotto che spetta ai produttori del valore creato, non tanto o almeno non solo, dal lavoro immediato, ma soprattutto dal sapere sociale, da quel prodotto sociale di cui il capitale si è appropriato.
Negli appunti potremo leggere come Sylos Labini presupponga e James Meade proponga la socializzazione dei mezzi di produzione come presupposto per un nuovo modello redistributivo in cui il tempo sociale, liberato dal tempo necessario per la produzione (liberazione dal lavoro), viene impiegato per fini più consoni alla natura umana quali lo studio, la cultura, la crescita intellettuale, lo svago, l’arte, in una parola un nuovo umanesimo.
Come primo passo
La proposta che mi sento di fare nell’immediato è conseguenza di quanto esposto in precedenza: la socializzazione dei frutti del sapere sociale potrebbe iniziare dagli incentivi che lo Stato dà alle imprese. Trasformarli in modo che non siano dati a titolo di regalo (ovvero minori imposte a carico del capitale), ma come apporto di capitale sociale nelle imprese da parte di un Fondo di solidarietà che rappresenti la proprietà sociale sui mezzi di produzione generati dal sapere sociale. Con questo sistema l’impresa ha il vantaggio di godere di un incentivo che tuttavia, non va al capitalista sotto forma di maggior dividendo, ma va ad incrementare il capitale sociale di un nuovo socio rappresentato dal Fondo di solidarietà.
Tale Fondo sarà alimentato da ogni beneficio fiscale quale la decontribuzione, i bonuses, le defiscalizzazioni etc. così come potrebbe essere finanziato in occasione dei rinnovi contrattuali prevedendo clausole che destinano nuove risorse ad esso. Quest’ultimo punto è estremamente importante per coordinare la nostra proposta con le forze sindacali, rendendole così partecipi nella politica della produttività.
Altra fonte di finanziamento potrebbe essere una nuova imposta di successione rivisitata anche alla luce dell’insegnamento di Luigi Einaudi per quanto riguarda l’eguaglianza dei punti di partenza.
Non è il caso di entrare in molti dettagli, mi basta dare un’idea di come può nascere il processo di redistribuzione dei frutti del sapere sociale, e la costituzione di un fondo destinato a finanziare il futuro reddito di cittadinanza correttamente inteso.
L’idea che propongo non è poi così nuova, se vogliamo trovare un precedente cui, lo confesso, mi sono riallacciato, è il Piano Meidner de “Capitali senza padroni”.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.