LEGGENDO DRAGHI SUL FINANCIAL TIMES

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

La prima domanda è: a chi si rivolge Draghi?

Mi pare che Draghi si rivolga ai decisori politici per fissare concetti semplici, ma di estrema importanza. Il discorso pare si rivolga ai decisori politici italiani, ma l’obiettivo finale sono i decisori politici europei, quelli che potrebbero salvarci da questa situazione difficile, ma che, senza che Draghi lo dica espressamente, non si rendono conto della gravità della situazione in cui ci troviamo.

Quali sono i punti da cui Draghi parte per fare le sue proposte?

E’ abbastanza evidente che Draghi parta dal paragonare la tragedia, che stiamo affrontando e che si prospetta di dimensioni potenzialmente bibliche, alla situazione in cui ci siamo trovati alla fine della seconda guerra mondiale, e in seconda istanza fa un esplicito riferimento alla crisi del ’29. Una profonda recessione è inevitabile occorre evitare che questa recessione si trasformi in una depressione di lungo, lunghissimo termine. Non cita a mio parere la crisi del 2007 perché l’attuale crisi non è colpa di nessuno (come invece era colpa del capitalismo finanziario quella crisi), ma rischia di distruggere posti di lavoro e capacità produttiva; non è una crisi che sorge dalla finanza ma colpisce l’economia reale creando shock sia sul fronte della domanda che sul fronte dell’offerta.

Quali sono allora le proposte per uscirne?

Se la crisi non è colpa di nessuno, se essa rischia di distruggere l’economia reale è allora inutile, se non dannoso, di fasciarsi la testa con gli equilibri finanziari; bisogna concentrarsi per tenere in piedi il massimo delle imprese produttive e, soprattutto, le imprese che si impegnano a mantenere i livelli occupazionali che avevano prima della crisi.

 Le imprese, di tutte le dimensioni, si troveranno se già non si trovano, in crisi di liquidità, non riusciranno a pagare i dipendenti, non riusciranno a pagare i debiti fiscali, commerciali o finanziari rischiando concretamente di fallire. Vanno bene i sussidi statali ai dipendenti rimasti senza stipendio, vanno bene le sospensioni dal pagamento delle imposte, va bene aver vietato alle banche di revocare i fidi concessi ma tutto ciò non basta.

La proposta è che si crei liquidità per tutte le imprese che sono disposte a salvare i posti di lavoro, o attraverso l’emissione di obbligazioni, o attraverso ampliamento illimitato dei fidi e dei prestiti fatti dalle banche o anche dalle poste. Naturalmente le banche devono essere sostenute in questa azione di creazione di liquidità, e deve allora essere lo Stato a garantire tutto questo ampliamento di credito e le garanzie concesse devono essere a costo zero.

La proposta vede quindi l’erogazione di linee di credito alle imprese da parte delle banche e ciò non solo per sostenere il fabbisogno di liquidi per l’ordinaria vita aziendale ma anche per programmi di sviluppo onde non compromettere la loro capacità di investire in seguito.

E se l’epidemia del virus e le conseguenti chiusure di attività dovessero durare, (le imprese) potrebbero realisticamente rimanere in attività solo se il debito accumulato per mantenere le persone impiegate in quel periodo fosse infine cancellato”. 

Le banche a loro volte ottengono garanzie statali a costo zero, indipendentemente sia dal livello di rischio connesso con la garanzia, sia dal costo che queste garanzie possano generare allo Stato. Lo Stato si fa quindi carico del debito privato, ed il debito pubblico necessariamente aumenterà, ma operare in modo differente causerebbe guasti ben più profondi e duraturi, prospettando una crisi senza fine dalla quale potrebbe essere molto difficile rientrare. Solo salvando l’economia reale e sacrificando il debito pubblico si può pensare di uscire, anche se non in tempi stretti, dalla crisi.

Ma allora i trattati europei? L’Esm, il fiscal compact, il saldo debito/Pil?

E’ a questo punto che Draghi parla all’Europa, e le parla con le seguenti parole “Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra” e questo cambiamento di mentalità riguarda direttamente i decisori politici europei chiamati “in quanto europei a sostenersi a vicenda nel perseguimento di ciò che è evidentemente una causa comune”.

Ma una volta affrontato il disastro, tutto sarà come prima?

Su questo fronte Draghi non si pronuncia, anche se si può pensare che “il cambiamento di mentalità” significhi un cambiamento permanente di paradigma, non si potrà più continuare come se nulla fosse successo; dopo averla sospesa occorrerà rivedere la legge di stabilità e tutto il sistema europeo.

Gli industriali, leggendo i vari commenti, sono entusiasti delle proposte di Draghi, in particolare per quel passaggio che ho messo in neretto in cui si prospetta la “cancellazione del debito”; noi socialisti, considerando le indicazioni di Draghi come senza alternativa, dovremo unirci per affrontare quel grosso scontro di classe che si ripresenterà proprio nel momento in cui viene scritto il decreto di aprile, prima e tutta la redistribuzione degli sforzi e delle energie richieste per il rilancio dell’economia e per il rientro dal debito. Ad esempio dovremmo, a mio parere, mettere un punto fermo per cui quando siano previsti trasferimenti a favore del capitale, tali trasferimenti non siano concessi a fondo perduto, ma siano un investimento, una partecipazione statale nelle imprese beneficiate. Poiché il presidente Bonomi già ha messo le mani avanti escludendo qualsivoglia forma di Irizzazione, ebbene è proprio su questo punto, e su tanti altri similari (imposta patrimoniale, tasse di successione, etc.) che dovremo dimostrare di essere presenti uniti e determinati.