di Franco Astengo |
L’emergenza sanitaria ha rappresentato l’occasione perfetta per far scivolare la “democrazia illiberale” nella dittatura.
Sta capitando in Ungheria, nel cuore dell’Europa dove al potere (adesso pieni poteri senza limiti) si trova un personaggio addirittura iscritto al PPE.
Personaggio che appunto aveva definito il suo modello di governo proprio come “democrazia illiberale” distinguendosi nella costruzione di recinzioni e reticolati per lunghi tratti di confine, nel corso della piena crisi dei migranti che l’Europa aveva attraversato durante l’estate scorsa.
“Pieni poteri” che in quello stesso momento erano reclamati anche in Italia per far fronte a una emergenza inventata: un particolare da non dimenticare.
Il colpo di mano di Orbàn non può essere lasciato passare inosservato soltanto perché l’impegno massimo deve essere rivolto alla battaglia sanitaria.
Dobbiamo trovare modo e tempo perché ci si pronunci con chiarezza.
A livello sovranazionale si devono trovare forze capaci non semplicemente di condannare ma anche di ostacolare questa deriva pericolosa, dando così fiato anche a quei soggetti che in Ungheria si troveranno schiacciati da questo stato di cose: non solo le forze politiche, ma quelle sociali e – soprattutto – della comunicazione.
Inutile girarci intorno: il tema è di dimensione europea, così come è di dimensione europea -almeno in prima battuta- il problema dell’affrontamento della dimensione economica della crisi.
Oggi, nella dilagante retorica commemorativa, il commissario Ue per il mercato interno, il francese Breton, parla di nazionalizzazioni per difendere le aziende dai predatori e di un fondo finanziato dagli Stati per le emissioni obbligazionarie di lungo termine.
Si tratta soltanto di esempi del confuso tentativo di affrontare l’urgenza dell’attualità. Si contraddicono molti principi portati avanti nel corso di questi anni di presunta austerità liberista, portata avanti per mantenere il potere da parte di chi stava dalla parte delle disuguaglianze economiche e politiche.
Contraddizioni “simulacro” quelle che si leggono in questi giorni, ma che dovrebbero però essere prese in considerazione per aprire varchi e proporre alternative. Emergono nuove contraddizioni, tra difficoltà evidenti che si incontrano nel proseguire il processo di cessione di sovranità dello “Stato – Nazione” e nel ritrovare il ruolo dello Stato nell’inedito di questa crisi.
Non si ravvede però una proposta alternativa che non sia fondata soltanto sulla “pars destruens”.
E’ necessario prima di tutto essere consapevoli del fatto che gli eventi in corso reclamano una dimensione di intervento e iniziativa sovranazionale.
E’ proprio al livello superiore a quello della nazionalità che va elaborata una dimensione di proposta politica che assieme tenga conto delle specificità nazionali (specificità che poggiano su diversità profonde tra struttura statale, dimensione economica, assetto sociale) e dell’obbligatorietà di valutare intrecci che dovrebbero portare a definire superiori livelli di decisionalità.
In Europa siamo ben lontani dal disporre di una proposta valida in questo senso e non disponiamo certo di soggetti che si siano fin qui dimostrati capaci di pensare a una transizione dall’emergenza di oggi verso una diversa realtà dei rapporti economici, sociali e politici.
Non è il momento però di definire livello di scontro su diverse visioni del riformismo.
Sinistra Europea e Partito Socialista Europeo dovrebbero essere capaci di aprire assieme un confronto posto al livello della drammaticità dei fatti, individuando come primo obiettivo comune la difesa delle democrazie nazionali nella forma della rappresentanza e del ruolo dei diversi Parlamenti.
In secondo luogo si tratta di porre al centro di un ragionamento possibile la necessità di ridefinire complessivamente presenza e ruolo del Parlamento Europeo nel senso di un ampliamento delle sue forme democratiche di espressione rivolte nel senso di assunzione di una effettiva decisionalità sovranazionale.
E’ evidente che a questo tipo di iniziativa di “allargamento democratico” sarebbero legate anche le grandi battaglie da portare avanti sul piano economico nel senso dell’affrontamento del debito comune e del finanziamento dell’eccezionalità orientando con decisione le coordinate di un modello ben diverso da quello distrutto dal sorgere dell’emergenza.
Nella piena consapevolezza che stiamo parlando di poco più di un’utopia e che di fronte abbiamo da scalare l’Everest delle ingiustizie seguite al periodo dei “30 gloriosi” e attuate nel nome di un feroce darwinismo sociale si tratta di cercare di comprendere assieme prima di tutto come non abbiamo di fronte soltanto l’emergenza sanitaria e quella economica.
Il caso ungherese richiama drammaticamente all’esplosione di una emergenza democratica .
Il rischio è quello di un contagio dell’autoritarismo verso Paesi già particolarmente sensibili a questo tipo di richiamo e verso forze politiche che, nel nazionalismo e nella propensione alla sollecitazione all’egoismo, potrebbero trovare alimento per i loro disegni di limitazione delle agibilità politiche nell’ottica di un superamento dei dettati costituzionali.
Sicuramente il modello della democrazia liberale è in crisi e va superato con proposte nuove ma va impedito che, in questo momento, sia posto in ulteriore difficoltà proprio sul versante proposto dal “modello ungherese” del ritorno del bonapartismo (se non peggio) in una situazione geografica strategica come quella della Mitteleuropa.
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L’APPELLO DEL PARTITO SOCIALISTA UNGHERESE
ABBIAMO FIDUCIA NEL POPOLO UNGHERESE E NELL’UNGHERIA, MA NON CI FIDIAMO DEL GOVERNO ORBAN. PERTANTO, ANCHE IN UNA TALE SITUAZIONE DI CRISI, NON POSSIAMO TOLLERARE IL POTERE ILLIMITATO AL SUO REGIME.
L’epidemia è davvero il nostro nemico comune, le nostre libertà prevalenti, tuttavia, che sono state spesso vergognose e la nostra democrazia è il nostro tesoro comune. Mentre proteggiamo la nostra salute e la nostra vita, dobbiamo proteggere ciò che resta della nostra patria.
Insieme, noi, i partiti dell’opposizione, vediamo che nelle ultime settimane il governo ha dimostrato di non essere in grado di riconoscere e affrontare le minacce in tempo. Vediamo che continuano a trattare i cittadini ungheresi e i loro rappresentanti come partner; preferiscono vederli come un avversario politico da sconfiggere dal regime. Non è quello che pensiamo.
Crediamo che dobbiamo agire insieme e, per questo, pianificare e decidere insieme. Siamo stati privati di questa opportunità e così anche milioni dei nostri compatrioti in Ungheria.
Possiamo e desideriamo contribuire a prendere decisioni comuni e significative per combattere l’epidemia, ma non permetteremo che il nostro paese venga deriso o superato a causa del pericolo reale.
Ecco perché non abbiamo permesso loro di assaggiare questo Parlamento, i rappresentanti del popolo e, infine, l’Ungheria.
Coalizione democratica
Partito socialista ungherese
Dialogo
Jobbik
LMP
Impulso
Liberali
Ákos Hadházy, membro indipendente del Parlamento
Wind Bernadett, membro indipendente del Parlamento
Fonte mszp.hu: Joint Statement of the Opposition: We trust Hungarian people and Hungary, but we do not trust the government of Orbán!
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.