di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

Si definisce il “vendor financing” come quella pratica per cui un ente, uno stato, una impresa finanziano un cliente affinché lo stesso acquisti beni o servizi dal finanziatore. Praticamente io ti faccio un prestito a condizione che tu con i fondi del prestito acquisti miei prodotti.

Questa strategia è pervicacemente perseguita della Germania all’interno della Comunità Europea disegnando i meccanismi europei a sostegno della sua strategia, penso al sistema del Target 2, allo stesso MES, e al rifiuto di rispettare il vincolo del 6% quale massimale di avanzo commerciale ed infine al negare ogni disponibilità a controbilanciare l’esorbitante privilegio di una moneta unica con un Meccanismo Generale di Riciclo dei Surplus (GSRM)

Il caso più eclatante è stato quello del salvataggio della Grecia; nel 2012 il Wall Street Journal rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l’acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia. (Vedasi in appendice un articolo di dettaglio). In quel caso i due paesi posero come condizione del salvataggio la vendita di loro prodotti bellici, con l’astuzia che il credito (il salvataggio) promesso non era a carico dei due paesi beneficiari, ma era (a proposito di mutualizzazione) a carico dell’intera Comunità Europea (l’Italia contribuì con 50 miliardi).

Nella prefazione al libro di Marcello Minenna “La moneta incompiuta” (Ediesse 2016) Romano Prodi, riferendosi a quanto scritto a pagina 201 del testo, così crive:

L’analisi dei saldi netti del Target 2 fornisce un’istantanea molto nitida dell’Eurozona all’epoca della crisi: da un lato i Paesi core (con l’eccezione della Francia) mostrano saldi netti positivi e crescenti, con la Bundesbank che fa la parte del leone; dall’altro lato, la periferia unitamente alla Francia mostra saldi netti del sistema Target 2 via via sempre più negativi. Le straordinarie dimensioni del saldo netto positivo della Germania (500 miliardi di euro al picco della crisi) (861 miliardi alla fine del 2019 n.d.r.) si spiegano considerando che la Germania ha implementato quella che in economia è nota come strategia del vendor pricing. Fino al 2011 il sistema bancario tedesco aveva elargito enormi quantità di credito alle economie dei Paesi periferici; in parallelo, il surplus delle partite correnti tedesche aveva continuato a crescere (e il disavanzo della periferia a deteriorarsi) perchè i Paesi periferici avevano usato una considerevole parte dei finanziamenti ricevuti per importare i beni prodotti dalla manifattura tedesca”.

Mi preme sottolineare che il nostro Paese, pur essendo esportatore netto, abbia un significativo saldo Target 2 negativo (482 miliardi a fine 2019), cosa che si può spiegare solo con un saldo finanziario molto maggiore di quello economico.

La cultura mercantilista tedesca correttamente sostiene che non è colpa sua se la sua industria e la sua economia è più efficiente delle altre e non si vede nè modo nè ragione di chiedere agli operatori tedeschi di ridurre le loro esportazioni. Questa posizione di schietta marca liberista, oltre a non considerare in alcun modo la missione di una Comunità di puntare a far convergere i fondamentali, è connotata da una scarsa visione a lungo termine; infatti quand’anche nel breve termine la vendor financing sia molto conveniente per il Paese che la pratica, a lungo termine si espone a grossi rischi.

Riportiamo quanto scriveva Keynes al proposito (Activities 1940-1944 pp. 276-7):

Un paese che si trovi in posizione di creditore netto rispetto al resto del mondo (comunità) dovrebbe assumersi l’obbligo di disfarsi di questo credito, e non non dovrebbe permettere che esso eserciti nel frattempo una pressione contrattiva sull’economia mondiale (comunitaria) e di rimando, sull’economia dello stesso paese creditore.Questi sono i grandi benefici che esso riceverebbe, insieme a tutti gli altri, da un sistema di clearing multilaterale (…). Non si tratta di uno schema umanitario filantropico e crocerossino, attraverso il quale i paesi ricchi vengono in soccorso ai poveri. Si tratta, piuttosto, di un meccanismo economico altamente necessario, che è utile al creditore tanto quanto al debitore”.

In sintesi Keynes avverte gli esportatori abituali che dall’altra parte si ritroveranno degli importatori abituali che prima o poi, con mille peripezie, si troveranno nell’incapacità di pagare i loro debiti e falliranno, e fallendo loro genereranno un danno al paese esportatore che non riesce più a incassare i suoi crediti. Quindi tanto nell’interesse concreto dell’esportatore, e  non nel suo spirito crocerossino, quanto in quello del paese importatore la situazione di cronico sbilancio, nei due sensi, della bilancia commerciale va superata.

Ma c’è il MES! Il MES è costituito da fondi versati (o impegnati) da parte di tutti i paesi dell’unione per costituire uno strumento per aiutare un paese eventualmente trovatosi in difficoltà. Così se dovesse verificarsi il problema indicato da Keynes, se un paese non ce la facesse più a pagare i suoi debiti, ecco che il Mes interviene con prestiti che in primis vanno a saldare i debiti commerciali contratti e poi devono essere ripagati nel tempo con gli interessi. Sembrerebbe quindi che il MES più che aiutare l’importatore incallito (che rimane pur sempre con il suo debito non più verso l’esportatore e grazie all’UE dilazionato) sembra aiutare l’esportatore incentivandolo a perseguire nella sua strategia di vendor financing. E questo incentivo a proseguire in una pratica squilibrante è ciò che dovrebbe invece essere evitato perchè l’azione preventiva che tenda a prevenire le situazioni di difficoltà finanziaria è molto più efficace e economicamente meno costosa che non una operazione successiva.

Quello che veramente manca è quel sistema di clearing multilaterale citato da Keynes nel suo scritto, sistema che in pochissime parole è basato su una moneta non coniata, una moneta di conto che rileva tutte le transazioni tra i paesi aderenti, controllando che questi, sia se creditori che debitori, rimangano entro certi limiti e prevedendo “punizioni” non solo per gli eccessivi importatori ma anche per gli eccessivi esportatori, spingendoli a tendere verso il pareggio di bilancia commerciale. Si tratta del sistema BANCOR proposto da Keynes a Bretton Woods. In quella sede, però, prevalse la linea del dollaro egemone sostenuta da Dexter White, linea cancellata da Nixon nel 1971.

Yanis Varoufakis da tempo propone il General Surplus Recycling Mechanism (GSRM) che, similmente a Keynes, cerca una regolamentazione dei surplus all’interno della Comunità tale da tendere alla convergenza dei fondamentali dei paesi membri. In poche parole il sistema consigliato da Varoufakis parte dalla considerazione che l’eccesso di cassa derivante dalle esportazioni può essere tesaurizzato, consumato o investito.

La tesurizzazione comporterebbe un vulnus indesiderato, mentre l’aumento dei consumi interni, grazie anche ad un aumento dei salari, incentiverebbe le importazioni dagli altri paesi contribuendo al riequilibrio. Fondamentale invece l’innesto del meccanismo di riciclo del surplus che obbligherebbe il paese a reinvestire l’eccesso di cassa al di fuori dei suoi confini, il tutto meglio se coordinato da un ente programmatore europeo.

La crisi del coronavirus mette a nudo le contraddizioni del sistema europeo, contraddizioni tutte di carattere politico nel senso più nobile della parola, e che chiamano le forze politiche, i socialisti di tutta europa a essere protagonisti in questi giorni critici, per una soluzione positiva basata sull’europeismo socialista. Ancora una volta “O socialismo o barbarie”.

Dal Taglimagazine del luglio 2015

Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il Governo greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della Merkel. Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In quel periodo» – ha calcolato il quotidiano di via Solferino – «i produttori di armi tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò 170 panzer Leopard, costati 1,7miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, le Forze armate tedesche. Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di strumenti bellici. «Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla Thyssen Krupp».

A poco sono valse le rimostranze del successore George Papandreou che, alla fine, ha dovuto cedere: «L’estate scorsa (2012) il “Wall Street Journal” rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l’acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia. E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo di 1,3miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403milioni di euro, arricchendo l’industria tedesca a spese dei poveri greci». Non solo la Germania, si diceva. «Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4miliardi di euro. Più motovedette per 400milioni di euro. Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60 caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia prevede una spesa militare superiore ai 7miliardi di euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011, il tre per cento del PIL».

In questi anni di sacrifici per la popolazione greca, la “Deutsche Telekom” ha aumentato dal 40 al 60 per cento la sua partecipazione in “Ote” (la compagnia telefonica di Stato). “Fraport”, la società che gestisce gli aeroporti di Francoforte, si è presa i 14 scali regionali più appetitosi, tra cui Corfù, Rodi e i due di Creta. L’export tedesco verso Atene è passato dai 4miliardi e 737milioni del 2012 ai 4miliardi e 955milioni del 2014 (ultimo dato disponibile). Si va dai prodotti chimici (27,4 per cento del totale) a quelli alimentari (15,1); dalla meccanica (10,1) all’elettronica (7,2).

Sarà un caso, ma ora tutti gli aeroporti maggiori della Grecia sono in mano a società della Germania, il creditore più severo con Atene a cui chiede austerità e privatizzazioni. La società aeroportuale tedesca “Avi Alliance”, che possiede al 49 per cento l’aeroporto di Amburgo e il 30 per cento di quello di Dusseldorf, ha vinto il rinnovo della concessione per 20 anni, fino al 2046, dell’aeroporto di Atene per una somma pari a 600milioni di euro.”

Da Il Sole 24 ore aprile 2014

 “Nell’architettura dell’Euro, quando una banca italiana paga un debito di 100 verso una banca tedesca la sua liquidazione passa attraverso il sistema dei pagamenti interbancari denominato target 2 e conseguentemente la Bundesbank diviene creditrice di 100 euro verso la Banca d’Italia. Prima della liquidazione, se la banca italiana non pagava, la banca tedesca era in difficoltà cioè sperimentava un rischio di credito e in caso di insolvenza sarebbe dovuto intervenire il salvataggio da parte del governo tedesco.

Dopo la liquidazione, il credito di 100 è intestato alla Bundesbank ed è garantito dalla stessa esistenza dell’euro; il rischio di credito della banca tedesca è stato de facto trasferito sull’eurotower di Francoforte ed è quindi mutualizzato sui paesi dell’Ue. Acquisito questo meccanismo, se osserviamo l’andamento dei crediti delle banche tedesche verso gli altri sistemi europei notiamo un interessante andamento ciclico. I crediti aumentano sostanzialmente fino all’arrivo dei finanziamenti di 1.000 miliardi di euro a lungo termine della Bce (LTRO) a cavallo tra 2011 e 2012; crediti che hanno finanziato gli altri Paesi dell’Ue per comprare manufatti dell’industria tedesca, e quindi ancora una volta supportare il surplus commerciale della Germania: il cosiddetto vendor financing come ricordava qualche tempo fa il banchiere Antonio Foglia. Erogati dalla Bce gli LTRO, le banche europee hanno la liquidità per onorare i debiti con la Germania per quasi 300 miliardi di euro (per l’Italia l’impegno è di 50 miliardi), il cosiddetto deleveraging; le banche tedesche azzerano tramite target 2 il rischio di credito verso gli altri sistemi bancari dell’Ue. Terminata questa fase del ciclo, le banche tedesche ripartono con il vendor financing espandendo i crediti mentre gli altri sistemi bancari dell’Ue avviano il rimborso degli LTRO alla Bce. Il tutto fino a che non sarà necessario un nuovo supporto della Banca centrale europea di mutualizzazione del rischio di credito del sistema bancario tedesco verso gli altri Paesi.

L’architettura dell’euro ha dunque assecondato gli effetti degli squilibri permanenti delle bilance dei pagamenti dei Paesi dell’Unione monetaria, caratterizzati da permanenti surplus delle partite correnti della Germania e forti deficit dei Paesi periferici, favorendo il deleveraging del settore bancario europeo.”