di Luigi Ferro –  Socialismo XXI Campania |

 

L’UE in questi giorni si sta interrogando su alcune misure finanziare da adottare per superare la grave emergenza sanitaria ed economica causata dalla pandemia internazionale da COVID -19.

Il governo italiano insiste, come sappiamo, sull’emissione di Coronabond per superare le gravi difficoltà economiche. Sulla scia dell’italia anche altre nazioni come la Francia, per esempio, rompendo l’ormai proverbiale asse con Berlino. Tutti, insomma, chiedono l’emissione di Coronabond o, meglio , di Eurobond.

La quesione non è soltanto semantica. La differenza è sottile, ma evidente.

Gli eurobond sono strumenti finanziari straordinari. Si tratta di titoli di stato comunitari garantiti dalla BEI (Banca Europea degli investimenti). Sono obbligazioni “comuni” a disposizione degli Stati che hanno bisogno di liquidità nel circuito nazionale. L’Italia, ma anche Francia, Slovenia, Irlanda, Grecia, Lussemburgo, Spagna, Belgio, Portogallo, chiedono  l’emissione di Eurobond per un valore di circa 500 miliardi di euro.

La spesa degli Eurobond dovrebbe avvenire a debito degli Stati nazionali. Ciò richiederebbe la stabilizzazione dei tassi, cosa non facile in questo periodo, per supportare lo sforzo nell’incremento del debito pubblico. L’Italia, come altri Paesi, però necessiterebbe di un volume di investienti sproporzionato con le ricadute del costo netto del finanziamento su altri Paesi. Da qui discende l’opposizione di Germania e Olanda, secondo cui sono stati messi in campo altri strumenti finanziari ugualmente validi ( i 750 miliardi di euro stanziati dalla BCE per acquistare titoli di stato ed iniettare liquidità nelle economie più fragili).

L’ultima riunione tra i leader dell’UE si è conclusa con una fumata nera rinviando di qualche settimana ogni decisione e consumando ancora una volta del tempo prezioso anche perché la pandemia economica generata dal COVID-19 è più veloce delle nostre istituzioni nazionali ed europee. 

L’atteggiamento dell’Italia, nel caso non dovessero essere accolte le richieste avanzate, si può riassumere nelle parole del nostro premier “ faremo da soli”.

E’ chiaro che non siamo in grado di fare da soli e le parole di Ursula Von der Leyen (eletta anche con  i voti italiani di PD e 5 STELLE) che hanno bollato come slogan detta affermazione in realtà hanno un contenuto di verità. Conte è schiacciato dalle opposizioni storicamente antieuropeiste, come del resto una parte della flotta pentastellata oggi al governo. Ed il timore di essere schiacciato sul fronte interno ha determinato un atteggiamento “quasi intimidatorio” del governo italiano in sede europea che rischia, però, ritengo, di mettere in un angolino il nostro Paese.

Conte sa perfettamente che non siamo in grado di andare avanti da soli. I problemi si risolvono in Europa e con l’Europa, sempre che non si voglia ricorrere all’atavica tentazione di adottare strumenti fiscali interni come la patrimoniale e l’aumento dell’I.V.A. che avrebbero unicamento l’effetto di frenare la domanda, i consumi e la crescita economica sostenuta, gettando il sistema Paese nel caos, nella disperazione, oltre ad esporlo alla speculazione internazionale ed alla vendita low cost dei nostri asset strategici.

La Francia, oggi schierata con l’Italia, più diplomaticamente è rimasta in silenzio, ma sono convinto, e non ho paura di essere smentito, che in queste ore con Berlino stia cercando una soluzione, una mediazione, per ottenere le risorse  necessarie onde affrontare e superare la doppia emergenza sanitaria ed economica.  Le parole di Macron apparse su alcuni quotidiani italiani in questi giorni non lasciano dubbi a riguardo. Un nuovo asse PARIGI-BERLINO metterebbe in quarantena il gruppo dei “rivoltosi” capeggiato dall’Italia, costretto ad accettare un eventuale accordo al ribasso franco-tedesco. E allora occorre muoversi in fretta, non temporeggiare, fare pressing, e non perdere la primogenitura delle proprie azioni sul fronte politico in chiave europeista. Mi sembra più positivo e più cauto nelle ultime ore l’approccio di Conte che ha spiegato alla Merkel che occorre l’impegno e la solidarietà di tutta l’UE per superare il momento di difficoltà dopo la frattura dei giorni passati. Finalmente si discute per una intesa.

Ma avanziamo delle proposte per uscire da questo pantano.

In primis, insisto nel sostenere che il Governo italiano deve correttamente qualificare detto strumento finanziario perché non diventi uno strumento a termine  fino al superamento dell’emergenza sanitaria in Europa. Gli Eurobond spiegherebbero i propri effetti nel medio e lungo periodo. Ed è qui il nodo da sciogliere. Il capo della BCE Christine Lagarde, anche se timidamente, sarebbe disponibile all’emissione di Coronabond, ma una tantum cioè “una volta soltanto”. Ciò appare francamente inaccettabile. Oltre agli strumenti finanziari già messi in campo (circa 750 miliardi di euro dalla BCE), appaiono sempre più necessari anche gli Eurobond con effetti nel lungo periodo per finanziare la sanità europea e la ripresa economica, una volta superata l’emergenza. Non abbiamo bisogno di misure  una tantum o a termine. Farebbero bene i Governi tra cui l’Italia a sottolineare con più vigore questo aspetto della vicenda. Ecco perché si deve insistere sull’emissione di Eurobond e non limitare ipotetici interventi finanziari solo nel breve periodo fino al superamento della pandemia (i Coronabond).

In secundis, qualora l’Europa non dovesse accettare l’emissione di Eurobond, cosa fare?

L’Italia certamente non potrà fare da sola. L’Europa è importante ed irrinunciabile, a  prescindere da un certo patriottismo un po’ edulcorato sbandierato in questi giorni. Lo sa anche Conte. Oltre ai 750 miliardi di euro stanziati dalla BCE, c’è il MES (fondo salva-stati), altro strumento finanziario. Ma le condizioni devono cambiare perché solo in questo caso sarà possibile dare impulso all’economia nazionale ed europea, anche perché mantenere sistemi economici deboli nell’eurozona non conviene a nessuno  neanche a quegli apparati statali  finanziariamente più virtuosi. Le regole dei mercati sono note a tutti. Qualcuno direbbe: “Ma l’Italia non vuole ricorrere al MES!” Questa affermazione è vera solo in parte perchè se cambiassero le condizioni se ne potrebbe discutere. Una ristrutturazione del debito fissata a venticinque anni e a tassi molto agevolati, consentirebbe all’Italia di finanziare e di sostenere pienamente la ripresa economica e nel lungo periodo di disporre  di notevoli risorse per rientrare dal debito. In questi termini si potrebbe ricorrere al MES.

In tertiis, si potrebbe richiedere alla BCE un ulteriore sacrificio, ma la strada appare in salita, poco praticabile ritengo.

La partita è lunga e di tempo non ne abbiamo molto all’orizzonte. Si tratta di suggerimenti, ovviamente, ma mi auguro che il governo italiano faccia la scelta giusta perché abbiamo maledettamente bisogno di liquidità. ORA!

Non possiamo fare a meno dell’Europa o, peggio, diventare noi “ITALIA” causa della disgregazione del vecchio continente. Conte lo ha compreso nonostante qualche malpancista e con Berlino è alla ricerca di una soluzione che arriverà. Credo che nessuno abbia in mente realmente di affondare il progetto europeo, progetto, che superata la crisi, dovrà essere in minima parte corretto o rivisitato, pena il fallimento dell’UE. Alla fine sarà possibile raggiungere un buon accordo. E’ nell’interesse di tutti. Lo ripeterò all’infinito: dietro l’angolo ci sono i sovranismi, i nazionalismi, pronti a soffiare sul vento della rivolta sociale, più pericolosi del virus, che cominciano ad infettare buona parte dell’eurozona.

E’ il caso dell’ Ungheria, uno dei Paesi dell’UE, cuore dell’Europa, dove Orban (giustificato in Italia dall’amico Salvini, ma anche dalla Meloni) si accinge a sigillare la democrazia mediante la chiusura del Parlamento approfittando della situazione emergenziale e nel silenzio delle istituzioni europee e delle democrazie più avanzate “distratte” dalla pandemia  e dalla consequenziale frantumazione economica e sociale. Il richiamo è al senso di responsabilità di tutti coloro che investiti da funzioni di governo sono chiamati a prendere scelte rapide, coraggiose, vigorose e giuste nel nome della cooperazione e della solidarietà tra Nazioni europee, ma salvaguardando sempre la democrazia, la libertà dei popoli e la coesione sociale, capisaldi imprescindibili dell’agire politico. Non commettiamo gli errori e gli orrori del passato.

Solo insieme, Europa compresa, ce la faremo e usciremo da uno dei momenti più bui della nostra storia recente.