di Luigi Ferro – Socialismo XXI Campania |
Il buon senso deve prevalere sempre. Anche quando si scontra con posizioni più o meno ideologizzate. La politica è una scienza pratica, cioè, deve rispondere alle esigenze dei cittadini, mettendo da parte, alle volte, vecchie posizioni o pregiudiziali quando diventa primario l’interesse del Paese. L’emergenza sanitaria ed economica che attraversa tutta l’Europa ci sta insegnando tutto questo, ovvero, adottare quelle scelte finanziarie necessarie per superare la crisi ed evitare una “nuova grande depressione” come nel 1929, pur sacrificando o rinunciando a dei molok, per il bene di una intera Nazione.
La disputa, per esempio, sul MES (fondo salva-stati), in queste ore sta lacerando il governo in due fazioni: a favore del MES, si sono schierati PD e IV (ma anche FI); contro, i 5 STELLE, e parte delle opposizioni. In un momento di grave difficoltà, il rischio è di spaccare il Paese se le forze politiche non dovessero ritrovare quello spirito di unità, specie quelle di maggioranza, per archiviare al più presto la doppia crisi sanitaria ed economica.
Ma cerchiamo di fare chiarezza. L’oggetto della contesa è il MES. Sempre il MES. Ebbene, il meccanismo di stabilità europea nato nel 2012 in questi giorni è stato modificato. Si è passati da uno strumento finanziario con regole stringenti ad uno strumento di sostegno incondizionato, ciòè senza una troika e senza influenzare politicamente ed economicamente negli anni a venire quei Paesi che dovessero ricorrere al fondo, come avvenne per la Grecia. Si tratta di circa 35 miliardi di euro per l’Italia da spendere nella sanità e nella ricerca. Insomma di una misura di sotegno per superare la sola emergenza sanitaria. Di fronte ad una proposta del genere, francamente appare incomprensibile sventolare molok o, peggio, farsi trascinare da assurde battaglie ideologiche che nuocciono al Paese.
Rifiutare i 35 miliardi di euro del MES, non più lo strumento finanziario del 2012, non consentirebbe all’Italia di investire a dovere nella sanità pubblica e nella ricerca in questo momento così drammatico, ma neanche di migliorarla e di ammodernarla. In Italia, per esempio, abbiamo circa 6000 posti letto in terapia intensiva a fronte dei 28000 in Germania. Il dato ha pesato inevitabilmente sul numero dei decessi nei due Paesi: 21000 le vittime in Italia; 3000 circa in Germania.
Allora, quale occasione migliore di questa per spendere, si spera bene, tutti questi soldi, senza i vincoli e i lacciuoli del 2012, per rendere la nostra sanità pubblica più efficiente e competitiva?
Non possiamo perdere questa opportunità che potrebbe finire nelle mani di altri Paesi dell’UE, se l’Italia dovesse rinunciarvi. Certo, non basta solo questo strumento per superare l’emergenza. Ma l’Europa c’è. E grazie all’Europa, l’Italia potrà attingere anche dal piano SURE , circa 100 miliardi di euro stanziati dalla BCE per la cassa integrazione. Non solo. Sempre la BCE nel mese di marzo ha acquistato titoli italiani per un valore di circa 13 miliardi di euro, e continuerà a farlo nei prossimi mesi. Ed infine, non dimentichiamo la sospensione del patto di stabilità.
L’Italia è in Europa a pieno titolo, non è una sorta di mina vagante, ed è sempre grazie all’UE se arriveranno (“e arriveranno”) ulteriori risorse utili per risolvere la doppia emergenza sanitaria ed economica. Da soli non andremo lontano, non possiamo farcela. Lo sa benissimo Conte e lo sanno anche i nostri partners europei. Nelle ultime ore sono emersi, pare, piccoli spiragli di apertura al MES, ma non basta.
Allora spogliamoci di assurdi molok come il MES e lavoriamo nell’interesse generale di tutti, senza pensare alla “fazione”. Si chiede all’Europa solidarietà e di mettere da parte egoismi che invece proprio da Noi stanno dettando condotte censurabili tese alla ricerca perenne del consenso. Non è il momento di iniziare la campagna elettorale.
Ciò vale anche per gli eurobond. Difficile sul punto trovare una intesa tra i Paesi dell’UE. Molto meglio al consiglio europeo del 23-4-2020 sostenere la proposta francese per la costituzione di un fondo di circa 500 miliardi di euro a sostegno della crescita economica nell’eurozona, meglio noto come recovery found, senza aspettare il prossimo piano di bilancio quinquennale dell’UE 2021-2027. La Merkel ora deve dimostrare tutta la sua solidarietà ed è su questo punto che dovremo misurare i Paesi del Nord Europa, per non rischiare come durante la crisi del 2008 che nazioni come Olanda e Germania, con più risorse finanziarie e meno debito, ripartano meglio di altri Paesi superata l’emergenza sanitaria da COVID-19.
Recenti studi economici condotti da alcuni istituti di ricerca teutonici ritengono che quest’anno il PIL tedesco crollerà del 4,2% per poi rimbalzare al 5,8% nel 2021. Nonostante ciò, lo studio ritiene che il debito pubblico tedesco per il 2020 si attesterebbe intorno al 70% del PIL. In altri termini, grazie al bilancio pubblico solido la Germania è in condizioni migliori di altri per risponedere alla crisi.
E lo stato attuale dell’economia italiana?
I dati sulla nostra economia sono impietosi. Molte imprese rischiano di chiudere. Lo spettro di una lunga disoccupazione è dietro l’angolo. I consumi in Italia, dati di Confcommercio, nel mese di marzo sono calati di circa il 32%. Per il FMI quest’anno la recessione nel nostro Paese sarà più grave rispetto ai nostri partners europei. Peggio di noi solo la Grecia. Per il 2020 è previsto in Italia un aumento del debito pari al 150% del nostro PIL (contro il 70% tedesco). Si tratta di numeri impressionanti.
E allora cosa fare?
Al consiglio europeo del 23-4-2020 occorre presentarsi uniti e con le idee chiare. Il Governo deve accettare i 35 miliardi di euro del Mes, senza condizioni, di non intestardirsi sugli eurobond e di sostenere con decisione la costruzione di un fondo per la crescita economica per avere da subito liquidità. Abbiamo bisogno di tutte le risorse possibili, all’incirca tra i 100 e i 200 miliardi di euro, per superare la doppia emergenza scatenata dal COVID-19 e per rilanciare il nostro Paese dando liquidità alle imprese e alle famiglie ed investendo, senza commettere gli errori del passato, in cinque settori strategici: infrastrutture, sanità, scuola, innovazione, ricerca scientifica, tutela ambientale, ed avviando un vero processo di sburocratizzazione degli enti pubblici per non vanificare gli sforzi economici ed umani che nei prossimi mesi saranno necessari, perché è anche su questo punto che si gioca la nostra credibilità in quegli ambienti europei che ci considerano ancora “spreconi e piagnoni”.
Per non rimanere indietro come nel 2008.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.