LA PAURA DEL VIRUS E L’ANNUNCIO DELLE “RIFORME”

 

di Aldo Potenza – Presidente di Socialismo XXI |

 

E’ sempre errato intentare processi alle intenzioni, ma è giusto cercare di trarre dalle singole tessere di un confuso mosaico il disegno ispiratore degli annunci politici.

Orbene: è evidente che l’eccezionalità del momento dovuta alla pandemia covid-19 richieda interventi rapidi e sostenuti da attente valutazioni che si avvalgano anche del contributo degli ambienti tecnici e scientifici; è altrettanto evidente che i DPCM adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, anche se previsti dalla legge del 23 agosto 1988 n. 400 che disciplina l’attività del Governo e l’ordinamento della Presidenza del Cosiglio dei Ministri, hanno suscitato da parte di diversi autorevoli costituzionalisti molte preplessità sulla loro costituzionalità.

Fatte queste premesse, trascurando molte altre questioni che sono state motivo di polemiche fra le forze politiche, mi preme osservare quanto segue: il Presidente del Consiglio Conte nell’ultima performance televisiva, tra le tante notizie date, in modo confuso, ha accennato, en passant, come se fosse una questione di scarso rilievo, alla necessità di adottare delle riforme.

Può darsi che agli ascoltatori sia parsa la solita rituale affermazione che si ripete stancamente da tanti anni. (Anche se un tempo le riforme annunciavano la conquista di nuovi diritti sociali, mentre recentemente hanno assolto ad una funzione nel maggior parte dei casi opposta).

L’annuncio però, inserito in un contesto di provvedimenti eccezionali che vengono assunti dal Presidente del Consiglio con un Parlamento pressocché inesistente e in quarantena, con il divieto di promuovere riunioni, di organizzare eventuali dimostrazioni pubbliche, di favorire la piena partecipazione di chiunque sia interessato ai contenuti delle riforme, ci è parso quanto meno fuori luogo e, immaginando che le parole pronunciate del Presidente Conte siano state ben valutate, sollevano non poche preoccupazioni.

Sappiamo bene, l’ha ripetuto più volte Conte durante la diretta TV, che gran parte delle decisioni sono suggerite dal coordinatore Colao del gruppo dei 17 esperti.

Ebbene recentemente, in occasione di una intervista che Colao ha rilasciato al Corriere della Sera al termine sostiene che: “«abbiamo l’opportunità di fare in ognuno di questi campi (si riferisce all’economia e non solo) cose che avrebbero richiesto molto più tempo. Mai lasciarsi sfuggire una crisi».

Una affermazione che richiama alla memoria l’accenno alle “riforme” a cui ha fatto riferimento Conte.

Una analoga considerazione fu svolta da Monti quando senza scandalo alcuno disse alla Luiss che c’è bisogno delle crisi per fare passi avanti in Europa poichè i cittadini sono pronti a diverse concessioni solo quando il costo politico e psicologico diventa superiore al costo di non farle.

Insomma traducendo: le riforme indigeste possono passare se la condizione psicologica indotta dalla crisi rende facile accettarne le conseguenze.

Domanda: possiamo accettare di essere trattati in questo modo?

Possiamo consentire che altri profittando della paura del virus decidano i nostri destini? Questo cinismo può essere accettato anche se non dovesse poi avere conseguenze pratiche?

Non dobbiamo preoccuparci del silenzio che segue dopo queste affermazioni?