LIBERISMO, INTERVENTISMO E SOCIALISMO

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

L’esperienza che stiamo vivendo ci pone di fronte a una domanda concreta: in questo momento il governo, lo stato, il pubblico (d’ora in poi “l’organo pubblico”) stanno ancora rispettando il liberismo o sono diventati interventisti se non addirittura socialisti? E domani se riuscissimo a portare il socialismo in Europa (e in Italia) come funzionerebbe il meccanismo economico?

Forse per rispondere a questa domanda serve avere una chiave interpretativa che cerco di delineare:

a) Liberismo, le scelte economiche sono affidate al mercato, è il consumatore che, con le sue scelte individuali, sceglie il prodotto da consumare mettendo in concorrenza i produttori che ricercano quindi la maggior efficienza. Il consumatore, tuttavia, sceglie ciò che i produttori producono ed i produttori producono ciò che più è redditizio per essi, producono beni di scambio e non necessariamente beni d’uso.

Non è più l’idilliaco mercato per cui ogni acquisto fatto dal consumatore rappresenta un democratico voto dato ai produttori che si presentano sul mercato, oggi il produttore in forma rafforzata guida le scelte al consumatore spingendolo a consumare ciò che il produttore promuove. La crisi coronavirus ha messo in evidenza che i consumatori hanno bisogno di beni e servizi che il mercato non offre, soprattutto servizi sociali di salute, di educazione, di sicurezza etc. Ma non solo c’è un bisogno di beni rivolti al futuro, di ricerca scientifica a tutto campo che richiedono investimenti sostanziosi e che non garantiscono alcun ritorno certo, e che quindi richiedono un coefficiente di rischio incompatibile con le logiche di mercato

b) Interventismo, stante i limiti che abbiamo delineato nei meccanismi di mercato, sorge l’esigenza che l’organo pubblico si ponga quegli obiettivi che si ritiene che il mercato non sia in grado di realizzare. L’esempio immediato è quello della crisi sanitaria che stiamo attraversando che il mercato da solo non avrebbe saputo risolvere e che, senza obiezioni, ha portato alla sospensione non solo della Costituzione (penso all’art.81), dei diritti individuali ma anche del funzionamento del mercato (chiusure obbligatorie).

Ma, al di là della contingenza, si potrebbe pensare a obiettivi strategici di politica industriale, investimenti infrastrutturali in campo civile e tecnologico, programmare le linee strategiche fondamentali per affrontare la competizione internazionale, investire nella scienza, nella ricerca, nella digitalizzazione per rendere il sistema paese tecnologicamente all’altezza del momento storicamente determinato. Rimane completamente rispettato la natura democratica dell’interventismo nella misura in cui le decisioni prese passano al vaglio del parlamento.

c) Socialismo, è un interventismo rafforzato, non necessariamente totalitario, ma che presuppone una certa socializzazione dei mezzi di produzione sia attuata con imprese totalmente pubbliche che con la partecipazione pubblica in imprese private. Si caratterizza per dotarsi di una programmazione economica che analizza la situazione del paese, ne anticipa proiezioni a medio-lungo termine, individua i punti deboli e i possibili punti forti, disegna una strategia di intervento che attua con le imprese pubbliche e con il concorso di quelle partecipate.

Se concordiamo con il profilo disegnato per le tre situazioni, possiamo tranquillamente definire come “interventista” la fase che stiamo attraversando, ma dobbiamo subito aggiungere che questo interventismo è visto come assolutamente temporaneo, nel senso che viene accettato come una eccezione che, svanita la causa, ci fa ritornare al passato rinfoderando il protagonismo dell’organo pubblico. Peraltro il decreto “rilancia Italia” è concepito come interventi finalizzati a dare soldi o garanzie pubbliche affinché la struttura esistente possa continuare come prima indennizzando danni e guasti. Se si esclude il finanziamento della ricerca pubblica, tutti gli interventi sono di carattere riparatorio senza alcuna visione strategica e, specie per quel che riguarda gli aiuti alle imprese, completamente subalterni alla logica del capitale privato.

Ma la qualità dell’interventismo non dipende dalla natura dello stesso ma dalle forze politiche che lo mettono in atto; è toccato ad una maggioranza per nulla omogenea né coraggiosa interpretare questa contingenza storica, sicuramente con altre forze politiche (più a destra o più a sinistra) i contenuti interventistici assumerebbero una qualità politica ben differente (nel peggio o nel meglio).

Un ultimo punto vorrei affrontare. Per la fase interventista questo governo si è avvalso di task forces per fungere da consulenti nell’elaborazione delle varie scelte legislative. Ciò significa che l’interventismo si deve basare sulla competenza scientifica, mai neutrale, ma fondata. Se l’interventismo diviene una prassi, dovremmo allora pensare che i ministeri siano quelle o nuove task forces, dismettano cioè la veste burocratica ed assumano quella scientifica in modo istituzionale.