di Claudio Negro – Fondazione Anna Kuliscioff |
I dati ISTAT sull’occupazione riferiti al mese di Aprile danno, ben più di quelli di Marzo, un’immagine di come il Mercato del Lavoro stia subendo la crisi sanitaria.
I numeri dell’occupazione flettono in maniera decisa: meno 1,2% rispetto a Marzo; il dato del trimestre febbraio-aprile rispetto a quello precedente è meno 1%: è evidente l’accelerazione della perdita di occupazione nell’ultimo mese. Rispetto ad aprile 2019 siamo a meno 2,1%. In valori assoluti gli occupati sono 274.000 in meno rispetto a marzo, e ben 497.000 rispetto a 12 mesi fa.
Questi dati sono più significativi se scomposti per tipologia occupazionale: rispetto a marzo calano dello 0,5% i lavoratori stabili, ma ben del 4,6% i tempi determinati e del 1,3% gli autonomi. Rispetto a 12 mesi fa i tempi determinati cadono addirittura del 15%: come previsto costituiscono il “polmone” con cui le imprese gestiscono in prima battuta l’eccedenza di mano d’opera. Tuttavia ad aprile i lavoratori per i quali è stata richiesta la Cassa Integrazione con motivazione COVID sono 7.300.000, circa il 40% dei lavoratori dipendenti. Tutta questa Cassa Integrazione copre (dilaziona) rapporti di lavoro che cesseranno quando la copertura di CIG non ci sarà più e sarà scaduto il divieto di licenziamento stabilito dai DPCM.
Un’idea di quella che potrebbe essere l’eccedenza di mano d’opera nei prossimi mesi può darcela il seguente dato: le ore lavorate complessive rispetto a 12 mesi fa sono diminuite dell’11,6%. Il che indica, seppure grossolanamente, un eccesso di forza lavoro che si aggira attorno al 10%, ossia circa 2.300.000 occupati tra dipendenti e autonomi. Naturalmente la ripresa, di cui ci sono già alcuni sintomi (Purchising Manager Index, uno dei più affidabili indicatori delle previsioni dei managers, è salito da 12 di Aprile a 30 di Maggio) recupererà almeno una parte di questa eccedenza, ma la perdita di occupazione nei prossimi mesi sarà imponente, a partire dalle fasce più deboli (e quindi meno essenziali dal punto di vista dell’impresa): lavoratori a termine e occupati a bassa professionalità, soprattutto nei settori più colpiti dalla crisi sanitaria: commercio al dettaglio, turismo, ristorazione. Problema che implica due risposte: sul piano del sostegno alla liquidità e alla capitalizzazione di imprese che altrimenti chiudono; sul piano del sostegno temporaneo al reddito e delle politiche finalizzate alla ricollocazione dei lavoratori che alla fine risulteranno in eccesso. Obiettivo, quest’ultimo, al quale finora molta poca attenzione è stata prestata!
Alcune ulteriori considerazioni sul report ISTAT. Il dato sulla disoccupazione potrebbe sembrare brillante: solo 6,3%, ossia meno 1,7% rispetto al mese precedente e addirittura meno 3,9% rispetto a 12 mesi fa. Si tratta del solito effetto ottico connesso a questo dato, che va sempre letto assieme a quello di quante persone cercano lavoro (tasso di attività): purtroppo il numero di persone che non sono attive sul mercato del lavoro (non cercano occupazione) è cresciuto del 2% dal mese di marzo e del 4% rispetto ad aprile 2019. Ossia: poiché meno persone cercano lavoro, diminuisce l’incidenza di chi il lavoro non trova.
Molto più preciso statisticamente e significativo il tasso d’occupazione, ossia quante persone lavorano rispetto alla platea dei lavoratori potenziali: questo dato è ad aprile del 57,9%, meno 0,7% rispetto a marzo e meno 1,1% rispetto a 12 mesi fa.
Ultima annotazione: il calo degli occupati colpisce in modo abbastanza uniforme tutte le classi di età, ma con un picco (meno 4,4%; dato al netto della variazione demografica) nella fascia tra i 15 e 34 anni, cioè quella in cui più numerosi sono i rapporti di lavoro a termine, somministrati o intermittenti. Al proposito va notato come siano circa 700.000 i contratti di lavoro stagionali connessi al periodo delle ferie estive che in grandissima parte rischiano di non essere attivati.
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