di Christan Vannozzi |
Ennesimo incontro, giovedì 16 luglio, tra i sindacati e il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, con argomento il nuovo anno scolastico in sicurezza, senza però raggiungere un accordo.
Sono tanti ancora i nodi da sciogliere, a iniziare dagli organici dei docenti e del personale ATA, per arrivare ai presidi medici e al distanziamento tra gli alunni e all’ampiezza delle aule, tutte cose che potrebbero trovare le scuole impreparate per la riapertura di settembre dichiarata dal Governo.
Da parte sua Lucia Azzolina ha ricordato la deroga approvata nel decreto rilancio, che dal 15 luglio è diventato legge, che prevede un numero ridotto di alunni appunto per garantire la riapertura tra circa due mesi, cosa che per il segretario generale della Uil scuola, Pino Turi, è una vera e propria innovazione:
“Vediamo difficile l’avvio dell’anno scolastico in maniera normale. Non basta aprire i cancelli della scuola, non basta levare il lucchetto per dire che si apre la scuola. Si devono mettere in sicurezza alunni e docenti, ma se ancora non sappiamo come sistemare gli alunni, i docenti e i non docenti, chi mettiamo in sicurezza? Le strutture murarie? La scuola, al 16 di luglio, è rimasta così come è stata chiusa, non è cambiato niente. Siccome non è possibile riaprire la scuola non cambiando niente, chiediamo un provvedimento che dia le risorse e gli strumenti per poter cambiare le cose e avviare le scuole in presenza e in sicurezza. Il ministro parla sempre di innovazione: le innovazioni sono un fatto positivo, ma se la casa brucia io non chiamo l’arredatore, ho bisogno dei pompieri per spegnere l’incendio”.
La Uil chiede al Governo, per mezzo del segretario del comparto scuola di sistemare gli organici, di ridurre gli alunni per classe e di poter contare su dei presidi medici, essenziali per garantire la sicurezza:
“Organici sufficienti, riduzione degli alunni per classe, presidi medici per agire subito in caso di contagi e di focolai. Questo non può farlo il collaboratore scolastico o il dirigente. La scuola può essere un incubatore di virus enorme e quindi è importante che ci sia un presidio sanitario”.
In primis i presidi medici ma anche la carenza del personale, sia docente che ATA, rende veramente ardua la riapertura se il ministero di viale trastevere non prenda atto della cosa e corra ai ripari:
“La cosa principale resta il personale che al momento non c’è. Si dovrebbero reclutare 200mila supplenti, non esiste un piano B. Abbiamo solo un’ordinanza fatta in fretta e furia. E allora chiediamo un tavolo politico con le organizzazioni sindacali per mettere insieme tutti i problemi e avere un piano strategico per la ripartenza a settembre. Oggi facciamo una conferenza stampa per spiegare le difficoltà, in particolare sottolineiamo la rigidità normativa che blocca la riapertura delle scuole in sicurezza. Non ci serve una riapertura provvisoria e un ritorno alla didattica a distanza che non ha fatto altro che aumentare le diseguaglianze. La scuola deve eliminare le diseguaglianze, non accentuarle”.
Continua Pino Turi ponendo l’attenzione su come la scuola serva per far diminuire le diseguaglianze e non per accentuarle, come purtroppo è accaduto con la DAD, dove non tutte gli alunni hanno potuto beneficiare dei dispositivi tecnici e informatici essenziali per una didattica da casa, cosa che è ricaduta, nonostante gli aiuti promessi, sulle famiglie italiane, che avrebbero dovuto provvedere alle connessioni internet illimitate e ai computer per ogni figlio, nonché alle stampanti per poter fare i compiti inviati tramite le piattaforme. Lavoro arduo di cui non si è tenuto e non si continua a tenere conto.
Altro problema è stato poi per i genitori, che hanno avuto i figli sempre in casa, rendendo arduo sia il lavorare a distanza, quando il computer serviva ai figli per la didattica, sia andare a lavorare per chi ha fatto dei lavori per cui non c’è stata la chiusura. Le famiglie hanno bisogno della scuola, per il loro lavoro e per la formazione dei propri figli, se queste due cose vengono a mancare diminuisce drasticamente la funzione sociale dell’istituzione scolastica.
Serve poi una misura energica contro il precariato e per dare stabilità ai circa 200 mila supplenti della scuola, senza prenderli in giro ne denigrarli come si sta facendo da mesi:
“Oggi i nodi arrivano al pettine. Noi riproponiamo una graduatoria per titoli con esame finale per tutti i precari con 36 mesi di servizio. Non esistono precari di serie A e B. Si fanno gli emendamenti che poi non passano, ma così si prendono in giro i precari. Avevamo già sottoscritto un accordo che poi è stato stracciato: andrebbero riprese le ragioni di quell’accordo. Abbiamo bisogno di una soluzione al precariato che sia immediata con un provvedimento subito, settembre è dietro l’angolo e non si può aspettare”.
Intervista riportata dal sito OrizzonteScuola.it
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