TANGENTOPOLI: COLPO DI STATO O ALTRO?

di Christian Vannozzi |

Si è parlato tanto e si continua a parlare di Tangentopoli, e del pool giudiziario che l’ha creata, nato per fare pulizia e sgominare l’anno problema della tangenti, movimento che ha dato senza dubbio nuovo vigore alla popolazione che si è sentita difesa contro i poteri forti e garantita sul fatto che la legge sia uguale per tutti e non siano solo loro a subirla.

Paolo Franchi, con il suo saggio Il tramonto dell’avvenire, del 2019, esamina la storia tormentata della Sinistra italiana, una Sinistra che poteva contare sul più grande partito comunista dell’Occidente, che però non è mai riuscito a Governare il Paese, neanche dopo il crollo della Prima Repubblica e il passaggio, compiuto da Achille Occhetto e da Massimo D’Alema dal PCI al PDS, ovvero dal comunismo leninista a una sorta di socialdemocrazia, come indicava appunto il nome, non più Partito Comunista ma Partito Democratico della Sinistra, ovvero un partito democratico e progressista, come lo era stato il PSI, partito politico che si stava dissolvendo e di cui forse Occhetto e D’Alema volevano prendere il posto, riunendo così la parte massimalista dei socialisti italiani con la parte moderata dell’ormai ex partito comunista, formando probabilmente un grande contenitore socialdemocratico come già esistevano in Germania e Francia. Uno dei passi più importanti del PDS fu appunto l’ingresso nell’Internazionale Socialista, con la raccomandazione proprio di Bettino Craxi, che garantì per il nuovo partito guidato da Occhetto.

Nello stesso periodo storico però la magistratura si stava muovendo contro i partiti governativi tradizionali, DC, PSI, PLI, PSDI e PRI, ovvero quelle formazioni politiche che essendo state al Governo potevano contare su più collusioni e concussioni, con una particolare e forse morbosa ossessione verso Bettino Craxi, il leader del PSI, un’ossessione, da parte del pool, continuata anche dopo la morte dello statista italiano, a cui vennero imputati tutti i mali che stavano avvolgendo l’Italia, e ancora oggi, da parte di alcune formazioni politiche, si sente dire che la situazione debitoria fuori controllo del nostro Paese fu colpa della politica e dei soldi, nascosti, da Craxi.

Non mi pronuncerò sulle accuse, cosa su cui non sono preparato, non disponendo delle fonti per ricostruire la vicenda giudiziaria, se non quelle che si possono trovare in rete dai giornali e dai video del processo. Quello che tutti gli italiani dovrebbero sapere è però che il vecchio segretario socialista non ha mai legato la natura illecita dei fondi, ciò nonostante venne considerato il male assoluto e costretto all’esilio in Tunisia, dove agli italiani è stato fatto pensare che stesse villeggiando con i soldi rubati all’Italia, causando la spaventosa crisi degli anni ’90, che abbiamo tutti noi pagato sulla nostra pelle, a dimostrazione di come sia facile mettere nella testa delle persone determinati pensieri facendo leva sulla disperazione che avvolge le fasce sociali medio basse.

Tornando al 1992, si può obiettivamente dire che le elezioni del 5 aprile videro l’enorme balzo avanti della Lega di Umberto Bossi, che passò dallo 0,7% a quasi il 19%, riempiendo il parlamento di rappresentanti agguerriti contro le formazioni politiche tradizionali, specialmente DC e PSI, ree di non aver pensato ai ceti produttivi e agli artigiani del Nord, tutte formazioni sociali che vertevano verso l’area democristiana e che passarono nelle file di Umberto Bossi, segnando la fine di un bacino d’utenza enorme per la Democrazia Cristiana e in parte, specialmente a Milano, del PSI.

Secondo il saggio di Franchi dopo le elezioni si lavorò a una grande intesa tra PSI, DC e PDS, il promotore fu Claudio Martelli, che voleva unire tutti i progressisti in una formazione parlamentare trasversale che avrebbe unito la sinistra DC ai due partiti socialdemocratici rappresentati dal PDS e dal PSI. Tale accordo avrebbe dovuto far uscire l’Italia dalla crisi economica e contrastato i partiti antisistema come poteva essere considerata la Lega.

Come la storia ci ha messo sotto gli occhi l’accordo naturalmente sfumò, specialmente per i grandi attacchi mediatici che sia Occhetto, che D’Alema, vera eminenza grigia del PDS dell’epoca, portarono avanti verso Bettino Craxi. Non si capiscono le ragioni di una tale frattura, perché a quanto apre l’accordo verbale con Martelli c’era, ma forse ormai si poteva intuire che i vecchi partiti si potevano attaccare pesantemente grazie a una magistratura che li stava scardinando dall’interno. Non voglio dare giudizi di merito, ne di opportunismo politico, probabilmente la magistratura stava facendo il proprio dovere e su questo non vale la pena discutere. Di conseguenza il PDS poteva facilmente prendere il Governo da solo, presentandosi come partito nuovo, fuori dai giochi di potere e ormai svincolato dagli orrori del comunismo sovietico, con cui non si riconosceva più, non solo a livello internazionale (cosa peraltro impossibile dato che l’URSS era caduta) ma soprattutto a livello ideologico, cosa che apriva il partito ai lavoratori di sinistra moderati e soprattutto agli artigiani, che, anche se molti politici oggigiorno li hanno dimenticati, sono da sempre il fattore trainante della Repubblica, parliamo di negozi, ristoranti, alberghi, mercati e mercatini, cose e prodotti tipici che hanno reso grande il nostro Paese dal punto di vista turistico e dal punto di vista della produzione, cose che dovrebbero essere tutelate da ogni governante della Penisola.

Il crollo dell’accordo, nonostante i saggi e le supposizioni dell’ex socialista Fabrizio Cicchitto, uno dei tanti protagonisti della diaspora socialista verso la nuova formazione politica che creò Berlusconi, Forza Italia, riguardo una magistratura politicizzata al servizio del PDS e ora del PD, lascia molti dubbi, perché sinceramente le cose sono sempre più complesse di quello che si crede e dare la colpa ai giudici o a un singolo partito è sempre la soluzione più semplice, che magari accontenta le menti meno attive, e sono il risultato di una politica bassa, e da bar, che è degna solo di esponenti politici piccoli.

Se colpo di stato ci fu non possiamo quindi dirlo, quello che però possiamo dire, senza timore di sbagliare, sono due cose, ovvero che la Seconda Repubblica non è stata in grado di risolvere i problemi causati dalla Prima, e neanche di riportare il Paese alla metà del benessere che si è avuto negli anni ’80, e poi che dare la colpa a una persona sola è senza dubbio la scelta più semplice, ma non è mai quella più veritiera, perché fare leva sulle emozioni in politica porta senza dubbio voti e consensi nel breve periodo, ma alla lunga non paga, e questo prima o poi gli elettori lo capiscono.

Informazioni tratte dall’articolo di Salvatore Sechi su Avantionline