MONDO GREEN E FUNZIONE DELLO STATO

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

La crisi Covid pare essere un punto di svolta nella storia del nostro pianeta portando come contributo al senso comune l’esigenza di un nuovo modo di produrre più attento alla sostenibilità dei mutamenti climatici.

Certo, uno dei temi fondamentali, fissato nell’azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2050, sta nell’eliminazione della produzione di energia tramite combustibili fossili : petrolio in primis e poi carbone e gas; una rivoluzione destinata a mutare tutto l’orizzonte produttivo nei prossimi decenni.

Ritorna allora in mente lo strumento principe che oggi conosciamo atto a generare energia pulita: la fusione nucleare. Il progetto è talmente importante ed impegnativo, con un lunghissimo periodo di pay-back, che solo organizzazioni statali continentali possono intraprenderlo con aspettative di successo. Qui viene esaltato lo stato innovatore come unico soggetto capace di affrontare questo tema, rimanendo il capitale privato in attesa, in coda, dei risultati dell’iniziativa pubblica, senza dimenticare gli effetti enormi causati dall’abbandono ad esempio del consumo di petrolio.

Vediamo allora a che punto sono i vari progetti; per fortuna in questo campo l’Europa c’è: esamineremo allora il progetto europeo, quello statunitense e quello cinese.

Il progetto Iter

E’ un progetto sperimentale che prelude, se e dopo che abbia successo, al passaggio a progetti operativi.

Traggo da S&T ENERGIA di luglio 2020.

E’ cominciata la nuova era della fusione nucleare, l’energia pulita del futuro che imita i processi che avvengono nel cuore delle stelle. A segnare l’evento è stata la cerimonia che nel Sud della Francia, a Cadarache, ha accompagnato l’avvio dell’assemblaggio del reattore sperimentale Iter, la gigantesca macchina nata da una collaborazione internazionale di centri di ricerca, università e industrie di Unione Europea, Giappone, Federazione Russa, Stati Uniti, Cina, Corea del Sud e India. Importante la partecipazione dell’Italia, che con la sua ricerca e l’industria, ha un ruolo di primo piano nel progetto ed è direttamente coinvolta nella fase di assemblaggio. 

“L’avvio dell’assemblaggio della macchina è uno dei momenti più importanti”, ha detto il capo del dipartimento di Ingegneria e costruzione di Iter, Sergio Orlandi (…)
Nel 2023, ha osservato Orlandi, è prevista la fase di test dei singoli sistemi e nel 2024 si calcola di passare alla fase di test globale della macchina e nel 2025 si prevede che il reattore possa cominciare a funzionare per dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione come fonte di energia, sicura, pulita e inesauribile. “E’ un progetto che si sta concretizzando – ha osservato e che vede in campo tantissime realtà italiane, fra aziende e università”. Anche nel periodo di lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19 “le aziende italiane hanno continuato a lavorare in modo superb” L’assemblaggio della macchina, alta come un palazzo di dieci piani, è “una pietra miliare nella realizzazione del progetto” (…) Con un diametro di 30 metri e alta altrettanto, la macchina di Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor) è il risultato del lavoro di 3.500 ricercatori di 140 istituti di 35 Paesi. L’Unione Europea contribuisce per oltre il 50% in termini di fondi e componenti e l’Italia costruisce sia 10 dei 18 magneti superconduttori della macchina sia l’acceleratore di fasci neutri che permette di dare il via al processo di fusione, grazie al laboratorio Prima (Padova Research Iter Megavolt Accelerator)

Il progetto statunitense

Tratto da Focus

Gli scienziati e gli ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno fatto un importante passo in avanti nella messa a punto del loro sistema di fusione nucleare sul modello del tokamak(confinamento magnetico del plasma): un nuovo record di pressione prodotta sul plasma all’interno del reattore.

 

Aumentare la pressione sul plasma è una delle chiavi per la produzione di energia da fusione nucleare: il 30 settembre scorso, nell’Alcator C-Mod del MIT, per la prima volta sono state superate le 2 atmosfere, ossia il 15% in più di quanto realizzato finora. 

Negli esperimenti di fusione realizzati con reattori a confinamento magnetico, il plasma è gas portato a temperature elevatissime: quello che si cerca di fare è mantenere nel tempo la fusione – in uno stato di cosiddetto autosostentamento – e di sfruttare l’energia termica liberata per produrre energia elettrica. In teoria, la fusione nucleare potrebbe garantire energia in quantità virtualmente illimitata e “pulita”, almeno al netto dell’inquinamento dovuto a ciò che è stato costruito per arrivarci.

 ALCATOR C-MOD. Il precedente record di pressione nel reattore è del 2005, quando sono state toccate 1,77 atmosfere: il nuovo record è di2,05 atmosfere, e la conseguenza apprezzabile immediata è stata quella di poter tenere il plasma a 35 milioni di gradi per il tempo sufficiente a produrre 300 miliardi di reazioni di fusione al secondo in un volume di circa un metro cubo.

 E la Cina?

Tratto da Close-up engineering

La fusione nucleare sembra dunque il futuro. Tuttavia c’è già qualcuno che, dal futuro, ha concluso la costruzione di una centrale per la produzione di energia elettrica tramite fusione termonucleare. Siamo precisamente a Chengdu, capitale della provincia sud-occidentale di Sichuan, in Cina.

A breve entrerà in funzione il reattore tokamak HL-2M. All’interno del toroide, confinato, ci si aspetta di raggiungere una temperatura di 200 milioni di gradi Celsius, formando il cosiddetto plasma. Il progetto, costato quasi un miliardo di dollari, è stato coordinato dallo SWIP (Southwestern Institute of Physics), sotto il controllo diretto del CNNC (China National Nuclear Corporation).

Il reattore HL-2M è l’upgrade del modello precedente, denominato HL-2A. E, al momento, risulta uno dei tre reattori a fusione termonucleare esistenti e funzionanti in Cina. I test sono stati conclusi. E il governo cinese è pronto ad inaugurare questo “Sun in the box“, o “Sole nella scatola“. Le operazioni di innesco della reazione, e successivo sostentamento della reazione deuterio-trizio, inizieranno nel 2020.

Per passare dallo sperimentale all’utilizzo concreto occorre soprattutto superare il punto critico in cui l’energia consumata è maggiore di quella prodotta entrando nell’economicità della produzione. Si punta ad un rapporto energia prodotta/energia consumata pari 10 a 1.