STORIA DI LIBERTA’ AD APRILE: IL VOTO SOCIALISTA DI NONNA CISPADANA A CUI I FASCISTI NON PIACEVANO

di Lidano Grassucci – Fattolatina.it rivista online dei tempi nuovi | Dedicato a chi pensa che si può dimenticare, a chi non ama i luoghi comuni, a chi pensa capovolto. A chi dice che a Latina sono tutti fascisti , a chi bestemmia che qui amavano Mussolini e a questa terra mia che è libera ad aprile Aprile di questi tempi per i giacobini era fiorile, tempo del fiorire. E uno dei fiori più belli di aprile è quello della libertà. Ed io una storia di libertà voglio raccontarvi, una storia minima, ma una storia emblematica. E, perché, no anche fuori dai luoghi comuni che fanno del pontini, in particolare dei cispadani, dei fascisti per sempre. La storia riguarda mia nonna, Gilga Pagin, classe 1904 da Piazzola sul Brenta, provincia di Padova. Venne qui, in questo agro maledetto, col marito perché lì, li dove vivevano avevano chiuso le fabbriche e da campare non ‘era proprio. Vennero per fame non per ideologia, per “bonificare” o per “redimere”. E non erano giganti, ma povera gente, in un regime infame. E iddio maledica chi dice il contrario. Sapevano la fame e la fame fame nera. Poi mio nonno Graziano morì a piazza del quadrato sotto le bombe e di lui neanche il ricordo è rimasto: mai ritrovato il corpo, come non fosse mai nato se non per quelle 5 figlie femmine che rimasero sole con Gilda. Gilda fece il suo e tirò avanti, una donna pratica che non si inteneriva mai. Il piacere, la bellezza, la felicità non erano contemplate nella sua vita. Ero nell’età delle curiosità e mi chiedevo della guerra e dei fascisti (ero stato educato da nonno Lidano e per me i fascisti erano, e sono, il peggio che possa esistere), ma a nonna avevano dato il podere, e tutti mi dicevano che i cispadani erano fascisti, o filo fascisti. E nonna era cispadanissima, parlava solo veneto, alta, occhi azzurri, una femminona che solo a guardarla ti facevi piccolo, piccolo. Chiesi direttamente a lei, che parlava poco o niente e non si esponeva mai, chiesi del “regalo”, dei fascisti, e di come la pensava lei. Non mi rispose direttamente, ma mi raccontò una storia: era in una famiglia di 8 figli, 4 maschi e 4 femmine. Due di questi fratelli maschi erano andati in Belgio e lei, ogni tanto, partiva e li andava a trovare. Ogni volta pareva che dovesse andare a Gerusalemme, stavano a Liegi. Lei mi racconta di uno di loro, Augusto, l’altro “belga” si chiamava Verdiano. Augusto era testa dura e si era innamorato da ragazzo di una fede, quella socialista e gli amori costano, costano tanto, costano una vita. Quando arrivarono i fascisti lui non demorse, amava allo stesso modo la stessa fede. Tutto era vietato dai fascisti, ma non il suo bavero e ogni 1° maggio che Dio mandava in terra, lui si vestiva a festa, prendeva il garofano rosso se lo metteva nel “libero bavero” e andava in piazza: schiena dritta e petto in fuori, cappello alle 11. Naturalmente lui, e gli altri “fioriti” come lui, le prendevano di santa ragione, olio di ricino compreso dai fascisti che ne conoscevano il vizio. Stava male un mese. Tutti a raccomandarsi di lasciar perdere di non fare queste cose, di pensare a lui ma il 1° maggio successivo la storia era eguale per filo e per segno solo le botte dei fascisti erano di più. Andò avanti anni, poi… poi dovette andar via in Belgio nelle miniere di carbone. Non erano botte, ma la vita e la vita di tutta la famiglia. E qui nonna mi confesso il “lascito” del fratello prima di partire: “Gilda ricordate ca pe nuantri poaretti questa l’è la bandiera, non te fa fregar Gilda, anche se mi parto”. Indicando la bandiera socialista. E tu nonna? “Se me fradeo, me ga ditto de far così e mi così faso”. Gli occhi azzurri di facevano lucidissimi, di pianto che non doveva far vedere a questo strano nipote, forse troppo curioso e con occhi di domanda da marocchino. Così ho scoperto che nonna votava socialista, per non dare ragione a chi aveva fatto male al fratello e per amor suo. I fascisti? “No, me piase”. Non disse altro. Non riprese mai l’argomento, ma nella sezione elettorale dove votava lei c’era sempre un voto socialista che non capivano mai chi lo continuava a dare, c’era, ma non ci doveva essere. Zio Augusto è morto in Belgio, in Italia non è più tornato, una vita in miniera e addosso ancora i colpi presi per un fiore. I figli non sono in miniera. Nonna è morta e alla sezione elettorale manca un voto per i socialisti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RINASCITA E UNITA’ SOCIALISTA E FOLLOW-UP DELLA “MARATONA” DEI PRESUNTI RIFORMISTI

  di  Silvano Veronese – Vicepresidente Socialismo XXI |   Leggiamo, al pari di altri compagni, sull’edizione cartacea di “Avanti!”,  edito dal Centro Brera di Milano, una lettera aperta di Elio Vito, già capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, una risposta di Marco Bentivogli ed una replica conclusiva ad entrambi del compagno Claudio Martelli. Elio Vito, già radicale piu’ o meno pannelliano, da esponente di Forza Italia chiede a Marco Bentivogli, quale promotore della “maratona” dei presunti riformisti che si sono dati appuntamento qualche domenica fa, di essere invitato – assieme ad altri suoi amici del partito berlusconiano, che sono di indirizzo liberale e socialista e perciò riformista (..secondo lui) – ad un eventuale proseguimento della iniziativa definita “Unire i  riformisti” volta ad aggregare le piu’ disperse identità che si dichiarano  riformiste. Lascio perdere le affermazioni di Elio Vito circa la definizione di “autentico liberale” che attribuisce al fondatore di Forza Italia e quella con la quale scambia il condivisibile principio libertario di garantismo in materia di giustizia con il principio di rispetto della legalità che dovrebbe essere prioritario nell’azione di coloro che svolgono una funzione pubblica o di governo del bene comune oppure il fatto che Vito trascuri che Forza Italia (con il consenso dei presunti socialisti e liberali che vi militano) è aderente e parte significativa del PPE (Partito democristiano e moderato). Voglio fare invece due ringraziamenti: uno a Marco Bentivogli, già valente sindacalista metalmccanico, figlio di un mio vecchio “compagno d’arme” in FLM, Franco già segretario generale della FIM, rigoroso cristiano sociale, ma di simpatie socialiste ed a Claudio Martelli.  Non senza fare, però, ad entrambi, alcune precisazioni. Il ringraziamento al primo, lo devo perché risponde in maniera rigorosa a Vito circa il posizionamento che la iniziativa della “maratona riformista” intenderebbe assumere e cioè chiaramente nell’ambito dello schieramento di sinistra e progressista, nel quale – a giudizio di Marco (ed anche nostro) è impensabile prevedere una presenza di persone che militano in un partito collocato nella destra italiana, -e che destra- nazionalista, antieuropea, antisolidaristica, xenofoba! La precisazione consiste, invece, come abbiamo già commentato nel recentissimo passato, nel fatto che questa maratona c.d. impropriamente “riformista” è stata aperta ad una carovana variopinta in cui c’è di “tutto” in termini ideologici e di orientamento politico: da Tabacci e/o Bonino a “Potere al Popolo” di Cremaschi, con al centro piddini e pentastellati, persino qualche renziano e calendiano ed un cattolico integralista reazionario come Adinolfi. Ascendenze di costoro le piu’ disparate che con il riformismo socialista (così  è nata questa corrente di pensiero politico) non solo non c’entrano niente ma l’hanno pure contrastata nel passato. Non si puo’ confondere una eventuale alleanza per il governo del Paese tra soggetti di orientamento molto diverso con una aggregazione in un soggetto politico unitario che presuppone di identificarsi in comuni valori ideali e prefigurazioni di società. Claudio Martelli va ringraziato perché risponde ad entrambi con un commento di alto livello sul piano storico, culturale e politico con il quale spiega a coloro che, semplicisticamente o strumentalmente, usurpando il termine “riformista” intendono con questa “maratona” mettere assieme il “diavolo con l’acqua santa”, ricordando che il “riformismo corrente del socialismo, opposta al massimalismo rivoluzionario, è nato dal basso affinchè i lavoratori fossero protagonisti della democrazia ed a farsi Stato”.  Cosa ben diversa da coloro che pensano, a destra o nel centro moderato, persino in ambiti del centrosinistra di questi ultimi 20 anni e presenti nella carovana messa in piedi da Bentivogli, a riforme di restaurazione dello “status quo” antecedente a riforme sociali: questo non è riformismo, ma restaurazione. Chiamiamo le cose con il proprio nome! Ha ragione Martelli, quando afferma che un riformismo liberale non è mai esistito e che, anzi, l’espressione politica che l’ha interpretato (il PLI) si è mosso – con qualche eccezione negli ultimissimi anni – in termini di movimento conservatore. Certamente, non ignoriamo – lo diciamo con sincerità a Claudio – che esistono in tutta Europa,  e non da ora, anche  forze di ispirazione liberal-progressista che hanno dato un contributo importante alla evoluzione democratica e sociale del proprio Paese. In Gran Bretagna il liberale Lord Beveridge, e non i laburisti, promosse lo “Stato sociale” (welfare) e non possiamo dimenticarci sul piano delle dottrine economiche e sociali avanzate il contributo di Keynes e Dahrendorf, oppure per venire a casa nostra al contributo di Pannunzio, Ernesto Rossi, Villabruna, Carrandini ed altri della sinistra liberale trasformatasi poi in Partito Radicale. Personaggi e culture progressiste con le quali un moderno Partito Socialista puo’ praticare un percorso comune, fermo restando le diverse culture, in particolare sul tema dell’equilibrio tra i valori della libertà e dell’eguaglianza sociale e sul ruolo in una economia di mercato dello Stato e dell’iniziativa privata. A Claudio Martelli, però, nel contempo chiediamo – dato che sta premendo affinchè i socialisti trovino una intesa -non so se in termini elettorali oppure in maniera organica in un nuovo soggetto liberalsocialista – hanno insegnato nulla le esperienze del Partito d’Azione, la mai decollata ipotesi di “Terza forza” proposta da Pannunzio e non presa in considerazione nemmeno dagli ex-azionisti La Malfa e Visentini del PRI e Lombardi e Codignola del PSI? So bene che Martelli potrebbe rispondere a noi di “Socialismo XXI” che, da qualche anno, proponiamo una “Epinay del socialismo italiano” che l’esperienza francese a cui guardiamo si concluse con l’elezione a segretario generale nel nuovo partito socialista del radical-repubblicano Mitterand appoggiato da un grande vecchio della sinistra francese Mendes France (mai iscritto alla SFIO, il partito storico dei socialisti) e raccolse personaggi come Rocard o i cristiano-sociali Delors e Chèréque (anch’essi mai stati aderenti alla SFIO). Replichiamo con le stesse parole di Martelli, quando Egli rifiuta aggregazioni coalizionali con il PD: “ la questione delle alleanze si pone in modo diverso, cioè dopo e non prima la definizione comune di idee guida, contenuti, obiettivi e programmi”.  Giusto! Ma allora tale regola, che condividiamo, vale ancor piu’ se si tratta si una aggregazione organica che certamente nell’ipotesi liberal-socialista sarebbe destinata a mutare il DNA sia …

IN VISTA DEL COMITATO PER L’UNITA’ SOCIALISTA IN CALABRIA

  di  Aldo Potenza– Presidente Socialismo XXI |   Sintesi della relazione Recentemente l’Associazione Socialismo XXI ha organizzato un incontrato telematico, grazie all’iniziativa del Coordinatore regionale Santoro Romeo, con diversi compagni ed amici per presentare il lavoro compiuto dalla Associazione. Abbiamo ricordato, vista la condizione in cui versa la sinistra italiana e l’anomalia che vede l’Italia senza la presenza di un autorevole partito socialista, che grazie ad alcuni volenterosi a partire dal 2017 si è lavorato per preparare un incontro a Livorno per il 24 marzo 2018 (data scelta di proposito dopo le elezioni politiche del 4 marzo e luogo di chiaro valore simbolico). Non avevamo alcuna certezza, nessun leader e nemmeno lo cercammo, convinti che il socialismo si costruisce con la dedizione e la passione degli eventuali aderenti e con la costituzione di un collettivo pensante al servizio dei cittadini. Quell’incontro fu un successo, 250 compagni vennero a Livorno da ogni parte dell’Italia. L’apertura dell’incontro fu assegnata a un giovane trentenne Piemontese, ad una donna ternana per il centro e a un giovane medico neolaureato siciliano. Al termine si decise di preparare un nuovo incontro a Rimini (altro luogo simbolico), per discutere e approvare i documenti programmatici, il documento politico e la costituzione della Associazione nazionale socialismo XXI. (il XXI° è in riferimento al secolo attuale). La preparazione della conferenza programmatica richiese un anno, nel corso del quale fu diramato un appello agli intellettuali di area socialista per un loro impegno diretto, furono preparate delle schede di discussione e furono promossi seminari nel Lazio, In Piemonte, Lombardia, Toscana, Marche, Umbria, Campania, Emilia Romagna. A febbraio 2019 si svolse la Convention programmatica che vide la partecipazione di oltre 300 compagni dei quali 110 decisero, su loro richiesta, di intervenire ai lavori dei 12 tavoli tematici: Europa, Sanità, Economia, Infrastrutture, Scuola, Riforme istituzionali, Fiscalità, Ambiente, e altro ancora. Tutti gli elaborati furono approvati come contributo aperto per ampliare la discussione con chiunque ne avesse avuto voglia. Al termine fui approvato un documento politico, lo Statuto e gli organi della associazione a cui si può liberamente aderire mantenendo, ovviamente, i legami politici di provenienza. L’unica condizione è la convergenza sul documento politico. Socialismo XXI sin dalla sua istituzione ha precisato che avrebbe lavorato per ricomporre la diaspora socialista, senza creare una associazione nostalgica e senza dimenticare il passato, ma proiettata ad affrontare le sfide del futuro aggiornando metodi e programmi con una chiara matrice culturale e politica avente come riferimento il socialismo democratico. Si è dato seguito allo stesso metodo che ad Epinay in Francia, consentì alla SFIO di ricostruire, con l’apporto di altre organizzazioni, il nuovo partito socialista nel 1971. Sulla base di queste premesse Socialismo XXI ha promosso un “Tavolo di concertazione” con le diverse organizzazioni e associazioni politiche di orientamento socialista, ora diventato Comitato per l’Unità Socialista. Le associazioni mantengono la loro autonomia politica organizzativa e si confrontano sul terreno politico e programmatico con tutti gli aderenti per la costruzione di un nuovo e autorevole Partito socialista italiano senza escludere chiunque sia intenzionato a lavorare per questo obiettivo. A partire dall’ottobre del 2020 la Presidenza del CUS (Comitato per l’Unità Socialista), in un primo momento affidata al Presidente di Socialismo XXI, è stata successivamente affidata al compagno Franco Lotito a garanzia di imparzialità nella gestione del CUS, poiché non aderente a nessuna associazione. E’ un progetto costruito senza prevaricazioni, senza obbedire a desideri personali, ma solo al servizio di un obiettivo molto più ambizioso: la restituzione all’Italia di un Partito socialista che riannodi il filo del dialogo con i cittadini italiani. Al termine dall’incontro si è stabilito di organizzare un successivo wibenair sulle possibilità offerte anche per il sud Italia e in particolare per la Calabria -che da sempre è stata culla del socialismo italiano, basterebbe ricordare il compagno Giacomo Mancini-, sull’utilizzo dei fondi del Recovery Plan.         SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I SOCIALISTI SONO RIFORMISTI

    di  Luigi Ferro– Socialismo XXI Campania |   Il riformismo nasce nel movimento socialista per distinguere coloro i quali sostenevano come strumento per la costruzione del socialismo le riforme anziché la rivoluzione. Per decenni a ben vedere il termine è stato sinonimo di socialdemocrazia e socialismo democratico. Nella storia italiana il riformismo ha influenzato l’evoluzione del movimento socialista sdoganando il P.S.I. di Filippo Turati, Claudio Treves, Matteotti, Salvemini, Rosselli, fino agli anni ’80 e all’incarico di primo ministro conferito a Bettino Craxi. La crisi del sistema politico nel 1993 comportò la scomparsa del vecchio e glorioso P.S.I., ma non del socialismo in Italia, diviso in tante anime, ma ancora presente e attivo  nella società. Finito il P.S.I., decapitato dalla scure della magistratura, chi ha raccolta la tradizione riformista? ITALIA VIVA? IL P.D.? Oppure, AZIONE di Calenda? O, forse, il M5 Stelle che aspira a far parte del P.S.E. nonostante sia una forza politica “liberale”, per ammissione dei suoi stessi leaders? O la sinistra cd. tradizionale (LEU, Art.1etc.etc.)? Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: nessuna forza politica oggi può essere ritenuta erede del riformismo. Perché? Il quesito, apparentemente difficile, è di facile soluzione. La sinistra italiana è ancora alla ricerca di una sua identità, a cominciare dal P.D. che negli anni ’90 ha rinunciato ad una svolta socialdemocratica, quella terza via al socialismo tracciata da Giddens e propugnata da Blair in Gran Bretagna. La scelta di seguire altri percorsi negli anni ha destrutturato tutta la sinistra italiana oggi in mezzo al guado e in grave crisi identitaria, specie il PD, una amalgama riuscita male con una parte significativa del cattolicesimo italiano. Eppure, tutti si proclamano riformisti. O meglio si dichiarano riformisti, anche F.I.  Anche la Lega, a suo modo. Le forze politiche, anche quelle che dovrebbero rappresentare una certa cultura riformista, si perdono nei viottoli di Montecitorio perché vi è un deficit di cultura riformista, aggettivo molto abusato nel linguaggio politico corrente fino a svilirne forma e contenuto. Essere riformisti significa aderire ad un preciso movimento culturale. Non è solo un modo di essere o di pensare. Uno stato d’animo. I riformisti hanno una visione della società diversa che nasce da una idea di speranza e profonda trasformazione del mondo che viviamo, di cambiamento e di affermazione dei diritti sociali, vecchi e nuovi. Si tratta di un approccio culturale particolare per superare non la realtà, ma le sue imperfezioni, il che equivale a sostenere la stessa cosa. Possiamo definire “RIFORMISMO” una scienza fenomenologica della politica. Si nasce riformisti, non si diventa tali. Il riformismo  pretende cambiamento, più diritti sociali, costruisce il futuro. Un filone culturale al pari di altri con il precipuo fine di aprirsi al mondo, alla società e ai temi della trasformazione in ogni settore dalla scuola alla sanità, dalla ricerca scientifica alla tutela dell’ambiente fino allo sviluppo sostenibile. E’ a tutti gli effetti una corrente di pensiero, una scienza, mortificata quotidianamente da pezzi rappresentativi delle nostre istituzioni. Per molti riformismo significa cambiare qualcosa. Ma il suo significato è sicuramente più profondo e si lega inevitabilmente allo sviluppo di una intera comunità, al superamento di vecchie e nuove difficoltà. Nel panorama politico italiano mancano veri sostenitori del riformismo perché il riformismo è l’anima del movimento socialista. Se manca una forza socialista unitaria è inutile parlare di riformismo. Completare la fase costituente socialista vuol dire unire le diverse anime del socialismo presenti nel nostro Paese. Significa rifondare il P.S.I., un partito nuovo che guardi al terzo millennio. Significa ridare alla politica italiana quella spinta riformista , la cui assenza è causa dal blocco istituzionale e delle crisi di governo degli ultimi anni dal Centro alla periferia, a tutti i livelli. Niente Socialismo, niente Riformismo. Due culture che si fondono in un unico corpo politico e in un’unica anima sociale. Ecco perché possiamo affermare , senza paura di essere smentiti, che i socialisti sono riformisti. Gli unici e soli.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GLI INCENTIVI ALLE IMPRESE

    di  Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Una redistribuzione all’incontrario Il recente incarico a Giavazzi, quale consulente economico del presidente Draghi, è stato visto come un chiaro segnale di quale possa essere la visione di questo governo che, tra l’altro, ha abbandonato il contributo di Mariana Mazzucato: il vero liberista eclissa la sostenitrice dello “Stato innovatore”. L’economista bocconiano non è al primo incarico; il suo è il quarto incarico governativo a nostra memoria: dirigente del Ministero del Tesoro tra il 1992 e il 1994, poi consigliere economico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi tra il 1998 e il 2000, e infine consulente di Mario Monti. E’ proprio in riferimento a questo incarico che ricordiamo il rapporto “Analisi e raccomandazioni sui contributi pubblici alle imprese” del 23/6/2012. In tale rapporto l’autore esamina il fenomeno “contributi pubblici alle imprese” e ne consegue che in sole determinate circostanze questi contributi sono produttivi di effetti positivi aggiuntivi, mentre nelle restanti circostanze essi risultano inutili se non dannosi. Se infatti un contributo è erogato dallo Stato ad una impresa per effettuare un determinato investimento “è necessario che il sussidio faccia crescere l’investimento al di sopra del livello che le imprese avrebbero effettuato in mancanza del sussidio. Se il sussidio va semplicemente a finanziare attività che le imprese avrebbero comunque intrapreso, si verifica un semplice trasferimento di risorse dallo Stato alle imprese, senza effetti sull’attività innovativa. Dato che i fondi trasferiti alle imprese sono raccolti con tasse distorsive, in questo caso l’attività di sussidio alle imprese ha un effetto negativo sul benessere della società” (vedasi pag. 9). Giavazzi, da buon fedele delle virtù del mercato, non vede di buon occhio l’intervento dello Stato che, quando ficca il naso nell’economia, fa sempre danni, tuttavia ci fa rilevare che i sussidi, senza effetto sull’attività innovativa, diventano un trasferimento dallo Stato (rectius dai contribuenti) alle imprese (rectius al capitale). In effetti i sussidi, anche quando producessero effetti positivi sull’attività dell’impresa, sono sempre un trasferimento dai contribuenti al capitale: una redistribuzione all’incontrario, un anti Robin Hood che prende ai poveri per dare ai ricchi, inoltre la maggior produttività che l’innovazione produce, nella prassi, non si traduce in corrispondente aumento dei salari né reali né nominali, ma viene appropriata dal capitale insieme al sussidio. Il rimedio che Giavazzi propone è quello di eliminare quei sussidi che non hanno effetti positivi sull’efficienza dell’impresa e, nell’allegato A alla sua proposta di legge, elenca ben 40 articoli di legge, decretanti sussidi inutili, da essere abrogati. Ma attenzione, ciò non costituisce una riduzione delle spese dello Stato utili per ridurre il disavanzo, infatti Giavazzi ritiene che “quel taglio della spesa se utilizzato per ridurre la pressione fiscale, possa dar luogo ad un moltiplicatore superiore all’unità.(…). La riduzione della pressione fiscale dovrebbe essere conseguita tramite una riduzione del – cuneo fiscale -, la differenza tra il costo del lavoro per l’impresa e il salario netto per il lavoratore. Ciò anche per far sì che i risparmi, conseguiti tagliando i trasferimenti ad alcune imprese, siano redistribuiti su tutte le imprese, creando quindi un ampio consenso favorevole a questi interventi. La riduzione del cuneo contribuirebbe ad accrescere la competitività di tutte le imprese”.(pagina 20). Il Giavazzi non precisa, perché per lui ciò è ovvio, che la riduzione del cuneo fiscale va a favore delle sole imprese, altrimenti non si migliorerebbe la competitività delle imprese (a spese dei lavoratori). Ma di quanto parliamo? Al punto 6 della sua sintesi, il Giavazzi riporta che: “I trasferimenti a imprese riportati nel conto consolidato di cassa del settore pubblico ammontavano nel 2011 a 36,322 miliardi di euro. Amministrazioni centrali e locali erogano una quantità di contributi più o meno simile.(…) Nessuna di queste cifre comprende l’erosione fiscale dovuta a varie agevolazioni concesse alle imprese. La commissione Ceriani ha stimato che nel 2011 l’erosione ammontasse  a oltre 30 miliardi di euro.” Per completezza di informazione, tengo a precisare che parte dei sussidi sono erogati a imprese pubbliche e tengo pure a sottolineare che tra i sussidi erogati alle imprese non sono considerati i sussidi che indirettamente favoriscono le imprese anche se i beneficiari dei sussidi sono i consumatori; per tutti ricordo i sussidi per rottamare le auto o per acquistare quelle elettriche che in effetti favoriscono le vendite delle imprese produttrici. I trasferimenti sono suddivisi in: ● Contributi alla produzione: trasferimenti operati a favore dei produttori residenti con l’obiettivo di incentivare i livelli di produzione; ● Contributi agli investimenti: erogati per finanziare gli investimenti produttivi fissi lordi; ● Trasferimenti diversi; ● Trasferimenti in conto capitale. Negli anni 2008/2011 il rapporto riporta le seguenti cifre (in miliardi di €) relative ai sussidi delle amministrazioni centrale e locali ma che escludono l’erosione fiscale dovuta a varie agevolazioni concesse alle imprese, erosioni calcolate dalla commissione Ceriani, per il 2011, in altri 30 miliardi. Voce…………………….…………………..2008….…………….2009….……..2010…..……2011 Contributi alla produzione…….16,107………….16,763………17,786……..16,673 Contributi agli investimenti…..19,135……….…21,577……..16,870………14,696 Trasferimenti diversi……………….1,656……………1,535………..1,419………..1,530 Trasferimenti conto capitale……1,633……..……3,607…………1,201……………….0 TOTALE……………….…………–….38,531…………43,482………37,276………34,949 Ma quanto è stato il gettito IRES (imposta sul reddito delle società) in quegli anni? Ho potuto rilevare i dati per il 2010 e 2011 mentre quelli del 2008 e 2009 sono stimati: Gettito IRES……………………….39,000………….30,000……….34,828……..35,072 Risulterebbe quindi che tutta l’IRES pagata dalle imprese sia poi ridata alle imprese stesse sotto forma di sussidi, per cui, IRAP a parte, le imprese non contribuiscono alle spese generali dello Stato in quanto tutta l’Ires pagata dalle imprese rientra alle imprese stesse sotto forma di sussidi. Ne consegue chele imprese non contribuiscono a finanziare tutte le spese dello Stato, dalla difesa alla giustizia, dalla P.A. all’assistenza, esse godono cioè dei servizi dello Stato gratuitamente. Questi sono quindi pagati da altre imposte tra le quali spiccano l’IRPEF (imposta sui redditi delle persone fisiche) e dall’IVA (imposta sui consumi). Va sempre ricordato che l’IRPEF che rappresenta il 40% delle entrate dello Stato è a carico di lavoratori dipendenti (59%) e pensionati (35%) per un totale del 94%. La redistribuzione tramite fiscalità Si ritiene che la redistribuzione dei redditi sia effettuata tramite la progressività delle imposta, oltre che dalla spesa per …

LA SOLIDARIETA’ NON E’ SOLO UMANITARIA, MA CIVILE, ECONOMICA E DUNQUE SOCIALE

    di  Mauro Scarpellini – Responsabile Amministrativo Socialismo XXI |   Nel parlare correntemente la parola solidarietà è intesa prevalentemente come assistenza verso chi soffre e ha bisogno di aiuto. Questa parola non ha limitazione di riferimento e di effetto. Infatti la solidarietà è un concetto collettivo, comunitario, cioè è una parola che esprime ancor prima dell’assistenza a chi ha bisogno il valore della buona convivenza in una società civile. La Costituzione accoglie il concetto all’articolo 42, secondo comma, ove afferma un principio generale del cui portato non ci si occupa compiutamente. Il comma dice “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.” La funzione sociale comporta che la lettura e la gestione di questa norma non sia fatta solo partendo dal punto di interesse del singolo proprietario privato, ma anche dal punto di partenza dell’interesse collettivo, generale, che comporta responsabilità d’iniziativa e di seria promozione per chi amministra gli interessi pubblici e generali, significativamente e soprattutto per gli Amministratori locali. Infatti la finalità che la Costituzione chiama “funzione” vuole concretizzare solidarietà e rispetto tra le persone, tra i soggetti privati e tra i soggetti giuridici che vivono nel territorio comune. Non ha la caratteristica della solidarietà umanitaria che è altro, ma quella della solidarietà nell’impegno al mantenimento del buon consorzio civile composto di singoli e di enti, di pluralità che tutte hanno il diritto di vivere ed operare e nessuna deve soccombere per l’assenza di solidarietà. La “funzione sociale” vuol dire che gli atti compiuti o promossi dall’Amministrazione pubblica devono essere finalizzati comunque ad un interesse ampio, generale, al benessere degli amministrati. Vi rientrano gli atti deliberati o di promozione e di protezione tesi a consolidare il tessuto economico di un territorio, siano essi diretti o indiretti. Questa è la lettura politica della norma costituzionale. L’interesse di un territorio è che la vita privata, economica e sociale si sviluppino e si articolino con vivacità e innovazione con il limite di non creare squilibri e pericoli al permanere in vita di parti della comunità. L’identità culturale, economica e sociale di un territorio cambia nel tempo e il tessuto di convivenza solidale si trasforma ma è interesse che permanga e si rinnovi, solidaristicamente. Non si tratta di sposare dottrine sul solidarismo, ma più semplicemente di tener conto che se non vi è un’attenzione forte e mirata dell’Amministratore pubblico al come si svolge la vita economica del territorio da lui amministrato e se non mantiene la barra programmatica verso finalità di sviluppo economico e progresso sociale può ritrovarsi il proprio territorio – cioè il tessuto sociale cittadino – sgretolato. Se agiscono indisturbate e quindi prevalgono forze autonome d’interesse individuale – per esempio una società multinazionale, più propriamente straniera – la “funzione sociale” della proprietà privata di quelle forze è solo l’interesse individuale. L’Amministratore pubblico deve prospettare, suggerire, programmare modi, norme, iniziative, promuovere l’intesa tra i corpi intermedi e saper vedere e cogliere le opportunità che aiutino il territorio amministrato ad esprimere vita che è il contrario di subire l’esistente che, se non curato né rinnovato, inevitabilmente degrada. L’assenza di coordinamento disarticola, non rinnova né riqualifica identità, la fa perdere e fa svanire l’essenza di comunità e di solidarietà. L’Amministratore pubblico deve avere una visione di evoluzione per il territorio amministrato; deve promuovere la concertazione, lo sviluppo ed il progresso. La solidarietà della politica cittadina, cioè dell’amministrare la polis che è la città/comunità, richiede una visione.      SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

COMITATO PERMANENTE: PROVE TECNICHE DI UNITA’ SOCIALISTA

di Natalino Spatolisano – Quotidiano del Sud | “ORGANIZZAZIONE di ‘Socialismo XXI’ e del CUS in Calabria e costituzione del Comitato permanente per l’Unità Socialista tra le diverse anime del socialismo italiano”, temi che saranno affrontati durante il webinar, in programma giovedì 8 aprile alle 18,00 sulla piattaforma Zoom. “Proponendoci di costituire in Italia un partito del socialismo autonomo ed unitario, riteniamo che si debba anzitutto dare vita ad un comitato in grado di attivare un tavolo permanente di discussione e confronto per l’unità socialista, anche in vista delle prossime elezioni regionali, ma che in ogni caso, pur prescindendo dall’esito elettorale, sappia riunificare la diaspora socialista”, anticipa il coordinatore regionale di `Socialismo XXI’ Santoro Romeo, nelle fila del Psi sin dal lontano 1976, oramai “socialista senza partito”, ma anche sindacalista UIL, oltrechè esponente del movimento “Poetas del mundo”. Nella veste di relatore non mancherà il Presidente nazionale di “Socialismo XXI” Aldo Potenza, accanto al vicepresidente nazionale del sodalizio Silvano Veronese ed al responsabile Comunicazione della formazione politica Vincenzo Lorè. Costituitasi come associazione senza scopi di lucro “Rete di circoli ed associazioni per il socialismo nel XXI secolo in Italia” la neoformazione che riporta alla memoria esponenti socialisti come Turati e Matteotti, Nenni, Pertini, Lombardi e Craxi, ha sede legale a Roma alla via Ferrati presso il circolo socialista della Garbatella. Obiettivi da perseguire in base allo statuto del sodalizio, “far conoscere la cultura e la storia del socialismo riformatore fondato sui valori della giustizia e della libertà, agire per la costituzione in Italia di un partito del socialismo autonomo ed unitario, coordinare l’attività dei circoli aderenti per raggiungere tale obiettivo, sostenere le organizzazioni europee ed internazionali dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti, con richiesta esplicita al Pse di strutturarsi come un vero e proprio partito sovranazionale, cui sia possibile aderire sia individualmente che collettivamente, e promuovere e sostenere liste elettorali che facciano riferimento alla storia e alla cultura del socialismo italiano ed europeo”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CONTINGENZA E PROGRAMMAZIONE

    di  Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   In questi giorni si sta parlando molto del decreto sussidi appena emanato e quello prossimo da emanare e, contemporaneamente dell’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza PNRR. E’ fondamentale tenere distinti i due provvedimenti che sono sostanzialmente diversi: il primo riguarda la crisi sociale, il secondo riguarda la crisi economica, due cose diverse anche se causalmente connesse. La crisi sociale Che le chiusure (dette lockdown nella lingua del vincitore) causino problemi economici e sociali a molti lavoratori autonomi, negozi, imprese di ogni dimensione, palestre, cinema e teatri etc. è evidente a tutti; che i danneggiati chiedano rimborsi commisurati ai mancati ricavi e si lamentino dell’esiguità dei ristori o sussidi che dir si voglia, è un fatto opinabile e comunque consono alla filosofia di chi lo esprime. Ma sia chiaro, questi aiuti, solidaristicamente necessari, hanno come scopo di lenire le sofferenze dei danneggiati ma non hanno nulla a che fare con il piano di rilancio del Paese. Il ricorso a sussidi fa emergere una grave carenza del nostro sistema economico, carenze che si evidenziano con la necessità di emanare provvedimenti straordinari a copertura di rischi non coperti preventivamente. Se cioè i lavoratori che hanno previsto l’istituzione di un fondo come la cassa integrazione sono in parte tutelati dai rischi economici della pandemia, ciò non fa di loro dei “garantiti” ma piuttosto dei “previdenti”, al contrario di chi queste tutele preventive non le ha previste. Se i pensionati ricevono la loro pensione, ciò non fa di loro dei garantiti, ma giustamente ricevono ciò che per anni hanno messo da parte (più per obbligo che per virtù) i fondi per pensare al domani. Le categorie rimaste scoperte si trovano ora in difficoltà perché non hanno accantonato preventivamente fondi necessari a sostenere eventi contrari. Ricordo che poche aziende hanno stipulato polizze di “business interruption” (sempre per usare la lingua del vincitore). Ne discende l’occasione per prevedere un sistema nazionale di prevenzione, del tipo di un reddito di cittadinanza universale. La crisi economica Ben altra cosa è il PNRR, una sfida alla nostra capacità di programmare e realizzare, nel concreto, ciò che si è programmato. Si tratta di scegliere, questo è il succo della programmazione e la scelta significa individuare una strada e lasciar perdere altre strade non più adatte a competere. Non si tratta più di aiutare solidaristicamente, ma di volere determinatamente. Occorre rendersi conto che la tecnologia ha reso obsolete certe attività, che la rivoluzione 4.0 richiede innovazione e investimenti materiali ed immateriali e che dobbiamo uscire dal letargo in cui il nostro paese è caduto negli ultimi 30 anni. Occorre rendersi conto che se il nostro paese è il maggior beneficiario del Next Generation UE, ciò non è solo merito di Conte, di Sassoli o di Gentiloni ma soprattutto perché tra tutti i paesi europei siamo quelli conciati peggio. La svolta europea è significativa rispetto al passato fatto di occhiuta analisi dei bilanci ma senza uno sguardo rivolto al futuro. Il NGEU è un fatto significativo che segna una svolta, il problema è se tale svolta potrà divenire una mutazione permanente della comunità oppure sarà un’eccezionale sospensione dell’antica prassi, come i segnali che vengono dalla Germania e dalla corte di Karlsruhe fanno presagire. Il presidente Draghi sembra aver ben chiaro il comportamento da tenere per rendere la nuova linea europea un elemento permanente da estendere ad un sempre maggior impegno programmatorio. Intendo cioè tendere ad un PNRR non più fatto dai singoli paesi non coordinati tra di loro, ma pensare ad un Piano Europeo di Ripresa e Resilienza PERR, che superi le politiche della commissione per la concorrenza e la filosofia sugli aiuti di Stato, pensando ai campioni europei che competano con le concorrenti economie continentali: USA e Cina.                   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RICORDANDO IL COMPAGNO DARIO ALLAMANO

    di  Aldo Potenza – Presidente Socialismo XXI  |   Conobbi Dario in occasione di vari incontri romani. Eravamo impegnati a rilanciare il socialismo italiano. Lo ascoltai con interesse: loquace quanto basta, forse a volte tagliente, ma con una idea precisa: riordinare il mondo socialista per restituire all’Italia un partito degno della storia che lo ha caratterizzato. Seguirono altre esperienze: Area Socialista e Socialisti in movimento, entrambe senza seguito organizzativo, senza iniziative che non fossero solo il richiamo alle comuni origini politiche e, giustamente, in contrasto con le decisioni di un PSI alla sola ricerca di un seggio elettorale, per il quale era disposto a rinunciare anche ai successi conseguiti nella sua grande storia di riforme. Dario non mi sembrò molto convinto dell’utilità di quelle iniziative e mi spiegò le ragioni, anche se organizzò con successo un’iniziativa a Torino a cui presi parte. Poi, dopo due anni senza riuscire a venir a capo di nulla, Dario mi propose di lavorare insieme per organizzare a Livorno l’assemblea degli autoconvocati. Bene – gli dissi – ma mi raccomando: cerca una sala per 50 persone. No, rispose lui, devono essere 200. Fu un successo strepitoso, con 250 compagni e compagni da ogni parte d’Italia; aveva avuto ragione lui! Alle conclusioni della giornata, affidate a me per indicare le prossime iniziative, detti inizio al mio intervento affermando che “Oggi, cari compagni, non saremmo qui se due compagni, il primo con un carattere pessimo, l’altro, se fosse possibile e corretto in italiano, ancora peggiore, non si fossero strenuamente impegnati. A loro dobbiamo un grande ringraziamento. “I due compagni erano Dario e Vincenzo Lorè. Non ho mai detto chi avesse il carattere peggiore. Dario spesso lo ricordava sorridendo, considerando la mia affermazione un complimento; e infatti lo era. In un mondo politico spesso frequentato da persone insincere, Dario capì che io, come lui, appartenevamo alla stessa categoria di compagni, anche se avevamo atteggiamenti diversi. Fu poi così che potemmo discutere e financo litigare, ma senza conservare mai risentimenti; è un privilegio che hanno le persone che si rispettano, che sanno che alla base delle discussioni non c’è altro che le convinzioni politiche e non calcoli di natura diversa.E fu così che arrivammo all’appuntamento di Rimini. Dario incessante organizzatore; Lorè infaticabile comunicatore, io impegnato alla stesura dei testi provvisori dei seminari preparatori della conferenza riminese.Ovviamente Dario anche in questo campo non faceva mancare le sue osservazioni e i suoi preziosi consigli. Al termine della convention programmatica di Rimini, ero del parere che il compito di presiedere l’Associazione Socialismo XXI (che diventava un’organizzazione politica nazionale strutturata nei territori) dovesse essere affidato ad altri e non più a me. Fu Dario a decidere diversamente, malgrado la mia assoluta contrarietà. Ma si poteva dire di no a Dario? Dopo il successo di tutte le iniziative che tanta fatica avevano comportato? La risposta sta nel ruolo che ancora svolgo, grazie a Dario e alla comprensione e pazienza dei compagni di Socialismo XXI. Dario ci manca e mi manca moltissimo; parlare di Dario mi provoca sempre una incontenibile commozione, sia perché so di aver perso un grande compagno di viaggio, sia perchè mi è stato (come a tanti altri) negato, a causa della pandemia, l’ultimo saluto quando ancora era in vita. Penso, comunque, che sarebbe felice di sapere quanto è amato dai suoi familiari e quanto sia ricordato per il vuoto che ha lasciato tra i compagni che ha conosciuto; ma sono anche certo che sarebbe felicissimo di sapere che la sua opera continua e che il suo sforzo non è stato vano.Ora resta un altro impegno: la istituzione di una borsa di studio dedicata a Dario.   RICORDANDO DARIO: SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it