di Vincenzo Carlo Monaco – Coordinatore Socialismo XXI Sardegna |
La felicità, quella possibile, è per la Sardegna un sogno realizzabile che richiede però un impegno complessivo del popolo sardo, istituzioni e cittadini. Una occasione storica che dal nuovo tentativo di colonizzazione energetica ed industriale trova l’occasione per decidere insieme la nuova strategia di evoluzione del nostro vivere in Sardegna per una “nuova questione sarda”.
Cambiamenti delle forme istituzionali per una nuova gestione dei Comuni, delle regioni storiche, delle province e città metropolitane, federate per livelli complementari e riconoscibili come prima regione sperimentale di una Europa Federale delle Regioni. Cambiamenti di tutti i paradigmi socio economici e finanziari, produttivi e di lavoro nei diversi settori, che superino la obsoleta Autonomia e ci accompagnino in una possibile e realizzabile autodeterminazione, conquistando finalmente la coesione di tutti i cittadini sardi nell’essere il popolo che siamo ma che abbiamo perso come coscienza nei secoli.
Non una reazione di rivincita e contrasto, ma una volontà decisa insieme in un confronto serrato e risolutivo tra di noi ed i nostri concittadini della politica regionale, nazionale ed europea con i quali invertire la logica risolutiva del mercato in una logica di nuova centralità dei singoli e collettivi bisogni umani. Gli interessi che si affidano al dominio del mercato sono immensi e le regole non sono etiche e giuste rispetto ai valori umani ed alla necessità di confermare una esistenza libera, democratica e di serenità e pace dei cittadini del mondo globalizzato.
Il momento è storico perché i motivi di una azione di cambiamento per noi e la nostra terra sarda ci sono tutti ed abbiamo per questo il dovere di confrontarci e proporre le nuove idee e progetti che siamo capaci di elaborare o che abbiamo elaborato su tutti gli aspetti del nostro vivere quotidiano e della nostra prospettiva di gestori dei nostri patrimoni disponibili, rivolgendoci ad una vera valorizzazione per uno sviluppo equilibrato e sostenibile, nel vero senso dei termini.
Per portare un contributo personale è opportuno considerare l’analisi le evoluzioni convulse degli ultimi due mesi di cui ci hanno parlato gli organi di stampa nella nostra isola. Innanzitutto gli atti presentati dai Comitati contrari al deposito unico delle scorie nucleari, dai Comuni interessati e dalla Regione Sarda alla Sogin ed al Ministero competente, considerato che il 94% dei sardi si sono espressi contrari al deposito unico delle scorie nucleari con un referendum popolare, verso una scelta che potrebbe costituire la definitiva colonizzazione della Sardegna e la cancellazione di ogni prospettiva di futuro per le nostre nuove generazioni.
Ed ecco arrivare a tutta pagina la proposta ministeriale sostenuta tecnicamente dall’Enel, di una Sardegna prima isola green al mondo con un futuro di sole, vento e parchi di batterie. Con la chiusura delle centrali a carbone di Portovesme e Fiumesanto e la proposta green si sentenzia una continuità energetica senza un futuro per il gas metano. Posizione lodevole quella dell’Enel e del Ministro Cingolani se non celassero dietro le parole un disegno di 700 pale eoliche sul mare e km. quadrati di pannelli solari da disseminare sui terreni agricoli della Sardegna per una produzione energetica ancor più elevata di quella attuale prodotta nell’isola, e già eccedente per più del 30% i fabbisogni civili ed industriali dei sardi. Il collegamento sottomarino con la Sicilia completa la strategia di continuità energetica che si dimostra ancora una volta speculativa e colonizzatrice per la Sardegna.
Quali i benefici per i sardi, nessuno. Solo ulteriori servitù sui territori ed ora anche sul mare. E la politica regionale? Cade dalle nuvole. Tutti spiazzati da una strategia verde da parte di chi sicuramente non è mai stato ambientalista, ecologista e rispettoso del patrimonio naturale sardo e tanto meno degli interessi dei sardi, che pagano le bollette energetiche il 30% in più rispetto al resto dell’Italia.In un colpo solo si cancella il carbone ed il metano nel futuro della Sardegna. La levata di scudi è immediata in ambito politico, imprenditoriale, sindacale e sociale. Si crea un ampio fronte a favore del metano ed i Comitati decidono a Bauladu su una richiesta di moratoria per l’arrivo del metano e delle rinnovabili speculative che cavalcano alla fine Italia Nostra e le Acli. Le solite divergenze di vedute sulle politiche energetiche e sui progetti ecocompatibili avvantaggiano i non comitati.
Senza il gas non c’è futuro, in video conferenza la viceministra sarda mette d’accordo tutti i soggetti interessati dai comuni, alla regione che si inserisce nella partita come protagonista, alle aziende insediate nei poli industriali, alle autorità di sistema, ai consorzi industriali provinciali, all’Enel ed alla Snam. Il metano è già qua e si discute sui depositi individuati in tre o quattro aree portuali della Sardegna. La Sardegna si merita il metano e Italgas lo ha già portato. Il Sulcis si mobilita per la Centrale Enel ed a Portotorres il Consorzio Industriale ha già approvato il piano economico 2021 – 2023 ed il piano finanziario 2021 che prevede l’utilizzo del metano nelle tre aree interessate del territorio.
Non è detto che la dorsale non si realizzi. I segretari regionali dei sindacati prevedono uno futuro energetico per l’isola senza salti nel buio sulla transizione ecologica per non indebolire ancor più un territorio già colpito dalla crisi. Entrano in campo il PD e la Lega per un sistema unico di trasporto del gas collegati ai progetti futuri per l’idrogeno tramite la dorsale del metano. Nel frattempo tra la Regione ed il Ministero della Transizione Ecologica ci si guarda in faccia e si decide la condivisione delle scelte per la svolta green della energia in Sardegna. Salvata la faccia anche se in extremis rimane il dubbio sulla inconsapevolezza della regione sulle strategie energetiche in atto.
Non è possibile che storiche e continue azioni coloniali vengano compiute senza che la regione con sia connivente e accondiscendente, dimostrando incapacità di programmazione e strategica autonoma nei settori vitali per la economia, il lavoro e la salute dei cittadini, e soprattutto per il patrimonio naturale collettivo. Sulla svolta green c’è chi prevede 15.000 occupati in più e dopo una settimana il futuro diventa grigio considerandola non un giro di giostra con scelte dolorose. La regione ed i sindacati dichiarano la contrarietà contro le strategie a lungo termine di Enel e governo che propongono di saltare a piè pari la transizione con il gas proponendo un’isola interamente carbon-free con un utilizzo massiccio e totale dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
Quale piano energetico alternativo la regione è in grado di far valere sul tavolo delle prospettive future? L’ultimo piano regionale approvato è datato di oltre 7 anni, approvato nel periodo dell’entusiasmo legato al patto dei Sindaci sottoscritto a Bruxelles in base ai piani comunali per le energia rinnovabili per la riduzione del 20% della CO2 che è stato realizzato in minima parte dai comuni tranne l’encomiabile realtà di autosufficienza dei comuni di Borutta e Benetutti. La produzione di biomasse diffuse in tutti i territori della Sardegna si sono realizzate pienamente in base ai piani del 20-20-20.
Sostengono la proposta Enel e governo i progressisti che dichiarano la dorsale obsoleta e sposano subito le rinnovabili. In un convegno della Uil, la rappresentante del governo critica eventuali fughe in avanti e conferma che alle centrali serve energia termica dal gas. Il sindaco di Porto Torres evidenzia i vantaggi dell’Enel ed il lutto per i sardi e chiede l’ibernazione energetica per dieci anni nella certezza del non coinvolgimento. Il Grig parla di ennesimo sfregio ambientale ai danni dell’isola e fa riferimento al bando europeo di 830 milioni di euro ma con un investimento complessivo di 3,4 miliardi di euro per la realizzazione del Thyrrenian Link, il nuovo doppio cavo sottomarino di Terna con portata di 1000 MW.
Considerato l’altro collegamento già esistente, il SA. PE .I. con portata di 1000 MW, la Sardegna avrà collegamenti con una portata complessiva di 2400 MW. A chi serve questo enorme quantitativo di energia? Già oggi oltre il 38% dell’energia prodotta in Sardegna non serve all’isola e viene esportata. Nei nuovi progetti dell’Enel dovrebbero essere sacrificati più di 10 mila ettari di boschi e terreni agricoli con l’isola gravata di una nuova e pesante servitù. Anche le Acli non sono convinte che le sole energie rinnovabili possano supportare la prospettiva industriale con un elevatissimo numero di lavoratori mandati a casa, così come non convince il cavo di Terna ma sollecita un dibattito pubblico e fa appello alla regione perché non si presti a una nuova colonizzazione.
E la regione? Presa da mille impegni di assestamento di struttura politico burocratica, dopo il disastro degli incendi devastanti, non riesce neanche ad emanare una legge specifica sui “ristori” per chi ha sopportato danni incalcolabili, senza norme intruse. Nonostante i gravi problemi legati al Covid-19, agli incendi diffusi e la mancanza di un piano antincendi efficace, al riavvio a singhiozzo delle attività produttive e della asfittica economia sarda, ai problemi creati dalla fallita continuità territoriale, ad un effimero insieme di progetti per il PNRR, il presidente Solinas riesce solo ora ad ottenere, tramite la mediazione di Salvini, un colloquio telefonico di 10 minuti con il presidente del consiglio Draghi ai quali annuncia nei prossimi giorni un dossier su trasporti, energia, infrastrutture ed una compagnia aerea regionale modello Corsica.
Possibile che non ci sia un documento democraticamente deliberato dalla giunta o dal consiglio già pronto da inviare per le vie brevi al presidente Draghi? Nel frattempo Top Secret continua a mostrarci i misfatti documentati che avvengono in Sardegna. Diceva qualcuno che “ a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca”, ma si ha l’impressione che potremo ritrovarci a mantenere attive le centrali a carbone ben oltre il 2025, sempre con plausibili e convincenti motivi, ad essere serviti dal metano per almeno 20 anni, ad essere scelti come sito più adatto per il deposito unico per le scorie nucleari, ad essere invasi da pale eoliche e pannelli solari sul mare e nei nostri territori agricoli e montani, casomai già predisposti dopo i tragici incendi di questa stagione, diventando la prima black green isola del mondo in virtù di una disponibilità collettiva non dichiarata ma concretizzata verso una ulteriore e fatale colonizzazione della nostra terra.
È giunto per il popolo sardo il momento della scelta tra il “subire” ed il “reagire”, non solo per noi ma soprattutto per chi eredita queste schiavitù scellerate. E’ questo il momento di lavorare per una autodeterminazione illuminata e seria, democratica e rispettosa in termini istituzionali, ma decisa verso un reale cambiamento, prima che sia troppo tardi. È il momento di progettare ed agire per una felicità possibile e lo si deve fare insieme, sentendoci il popolo sardo del presente e del futuro.
Pubblicato su Il Manifesto Sardo
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