DALL’OMICRON ALL’OMEGA

di Pino Augieri |

Non c’è nessuna possibilità di scansare le “informazioni” (in verità dei talk show) sulla pandemia in atto. Intendiamoci: la situazione è veramente grave dal punto di vista sanitario.

Ma apri un qualsiasi programma televisivo, o una pagina di giornale, e ti rendi conto che la impressionante mole di numeri (imprecisi e usati male) e di opinioni (spacciate per certezze scientifiche) sta praticamente creando un clima da Vietnam.

Errato in ogni caso: non serve a nessuno costituire squadre che si fronteggiano a parole (e parolacce) sul virus, sul vaccino, sulle mascherine, sul lockdown.
Con l’aggravante che bisogna domandarsi se è un clima anche artefatto, strumentale e utile. Perché con questo catalizzatore ansiogeno, l’aspetto dello tsunami economico che stiamo vivendo passa sotto silenzio.

Per esempio i 145 punti base che costituiscono lo spread di questi giorni avrebbero necessitato di una spiegazione da parte del governo dei “Migliori”. Strano!

L’Europa e il mondo ci copiano come modello nella lotta al virus, possiamo contare su 209 miliardi di fondi Ue, abbiamo il Pil al 6%, tutti i piani del Pnrr andati a buon fine, l’Economist ci incorona nazione dell’anno. Ma appena la Bce prende una settimana di ferie, ci esplode lo spread.

Quasi governasse un Berlusconi qualsiasi. Qualcuno ha atteso i pochi giorni di inazione della Bce per mostrare al mondo la debolezza dell’Italia, nascosta sotto il manto di lusso del governo Draghi.
Non c’è bisogno di spendere molte parole. Il nostro Paese e il suo debito sempre più record dipendono dall’Eurotower, dai suoi acquisti e anche dalla duration del reinvestimento in portfolio: con riferimento a dati aggiornati al terzo trimestre scorso, oltre il 40% dei nostri Btp sono a bilancio della Bce. E l’Italia, al primo segnale di assenza di Mamma Bce, precipita in grosse difficoltà.
Ora l’Europa, dopo le sue “ferie”, riprenderà una marcia che ha già avviato con segnali non tranquillizzanti. La BCE sul QE in riduzione, la Commissione sul patto di stabilità.

Dunque è nelle nostre mani il segnale più importante per gli investitori: occorre che chi investe si convinca che Mario Draghi abbia vinto la sua battaglia, formalizzata la scorsa settimana nell’articolo a quattro mani con Macron sul Financial Times. “Non c’è dubbio che dobbiamo ridurre i nostri livelli di indebitamento. Ma non possiamo aspettarci di farlo attraverso tasse più alte o tagli alla spesa sociale insostenibili, né possiamo soffocare la crescita attraverso aggiustamenti di bilancio impraticabili. Piuttosto, la nostra strategia è mantenere sotto controllo la spesa pubblica  corrente attraverso riforme strutturali ragionevoli…”
Proprio così.

Tagli alla spesa sociale, tasse più alte, sono aggiustamenti di bilancio impraticabili…….tutto questo è dichiarato impossibile. Giusto. Aggiungiamoci anche che è impossibile mantenere le retribuzioni dei lavoratori al livello attuale. Di ridurle – in termini reali – ancor meno.
Sarebbe la bomba definitiva. Siamo l’unico Paese secondo l’Ocse che in un arco temporale addirittura trentennale ha visto i valori di variazione dei salari medi andare addirittura in negativo. L’unico. Cosa accadrebbe se il governo fosse costretto a imporre misure lacrime e sangue per garantirsi il vitale supporto Bce, implementando una politica stile 2011 su dinamiche simili e con l’inflazione che sta erodendo a ritmi da record il già magrissimo potere d’acquisto dei cittadini?
Dunque abbiamo bisogno di supportare un Draghi vincente: che non è proprio quello che si sta facendo in queste ore.
Si, c’è l’omicron. Facciamo che non si trasformi in Omega. 

COMMENTO:†††

 

 

di  Silvano Veronese – Vicepresidente di Socialismo XXI |

 

Mi era sfuggita, tra le tante notizie che ci sommergono, quella riportata dall’articolo di Pino Augieri sullo spread. Si verifica quello che temevo.

Malgrado una positiva gestione governativa, con qualche contraddizione, del contrasto all’epidemia ed anche alla  sua variante Omicron, malgrado i positivi recuperi della situazione economica (peraltro non ancora giunti ai livelli pre-Covid), malgrado i giudizi positivi di importanti Enti e media economici internazionali, questa reazione non positiva dei mercati finanziari risente di segnali sbagliati che il sistema politico-partitico nazionale continua a dare.

Chi presta soldi a chi è fortemente indebitato pretende di poter apprezzare l’affidabilità e la serietà programmatica di chi governa la baracca e l’attendibilità dei programmi (nel nostro caso il PNRR e le riforme strutturali che da anni promettiamo ma non facciamo).

Con il Governo Draghi si era iniziato a dare delle prime risposte conseguenti. Ma siamo per ora alle intenzioni, il PNRR di Draghi (per fortuna ben diverso dalla bozza del Conte 2 bocciata ad un primo esame a Bruxelles) deve essere pero’ concretamente attuato e Bruxelles e Francoforte attendono di valutare  i fatti perchè a loro non sono sufficienti i progetti presentati per cominciare a rimetterci le rate di prestiti e di erogazioni a fondo perduto.

La scadenza del rinnovo del Capo dello Stato, per come si è presentata con posizioni le piu’ discordanti tra le forze della maggioranza che sostiene il governo e per la presentazione di alcune discutibili candidature, ha impensierito non poco mercati e Organi comunitari.

Possono costoro fidarsi dell’Italia, il cui debito si è nel frattempo ingrossato fortemente, Se questo Paese  non riesce a garantire una stabilità ed una continuità di un governo che aveva suscitato in loro prime aspettative di affidabilità?

Possono fidarsi della serietà di un sistema politico-partitico che all’inizio della discussione parlamentare della legge di stabilità (la vecchia “finanziaria”) aveva presentato ben 3.000 emendamenti, tutti di spesa corrente ?

Possono fidarsi di un sistema che non si impegna con risorse proprie a sostenere il debito nazionale e tiene investiti piu’ di 400 miliardi nei titoli tedeschi ( i c.d. “Bund”) e presenta un reddito in nero (e percio’ una evasione fiscale enorme, la piu’ massiccia in Europa), che non si impegna nella ricerca ed innovazione e nel recupero di produttività, fattori che limitano la crescita della ricchezza nazionale e delle risorse necessarie per far fronte a misure di miglioramento del welfare?

Nel 2023, fra poco piu’ di un anno e non fra 10 anni, se non ci saranno decisioni nuove di segno contrario, cesserà la deroga ai vincoli di Maastricht sui bilanci nazionali (decisa a suo tempo causa l’epidemia virale) e la BCE non potrà continuare a sostenere con grosse quote di sottoscrizione il nostro debito come fu con  il QE di draghiana  memoria.

Tutte queste cose “sfuggono” all’attenzione dei vari leaderini politici nostrani, purtroppo non sono molto presenti anche nell’agenda delle forze sociali.

L’auspicio che possiamo fare con il decollo dell’anno nuovo è che questo primo “campanello d’allarme” (l’aumento dello “spread”) diventi stimolo di valutazione della situazione di breve prospettiva da parte delle forze politiche chiamate ai primi di febbraio a fare delle grandi scelte (che non riguardano solo il Quirinale ma la stabilità e la credibilità di governo), che non sono una variabile indipendente rispetto al futuro dell’orizzonte economico, sociale e finanziario del Paese.