di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
L’incremento del costo del gas grava in modo pesante sui costi dell’energia che consumiamo come consumatori e come imprese, ed il tema implica questioni geo-politiche, di Piano Energetico, fiscale e di normativa.
Punto geopolitico
Il primo punto è quello geopolitico nel senso che il nostro paese, ma non solo lui, dipende in misura sostanziosa dalle importazioni di gas dai paesi produttori ed in particolare dalla Russia, e la recente questione ucraina sta evidenziando quanto sia delicata la nostra posizione e come, quindi, la nostra posizione all’interno della NATO debba tener conto delle inevitabili reazioni ad eventuali sanzioni o addirittura azioni militari, contro la Russia. Peraltro, Putin ha fatto cenno a questo elemento nel recente incontro alla camera di commercio italo russa.
Ma la dipendenza dalla importazione di gas non è uguale per tutti i paesi; ad esempio, in Europa mentre il nostro paese dipende dal gas per circa il 50%, la Francia con una produzione di energia da fonte nucleare del 70%, ha un incremento del costo dell’energia molto meno penalizzante di quello che abbiamo noi.
Punto programmazione energetica
Il secondo punto, quello di un Piano energetico a lungo termine collegato peraltro con i nostri impegni per lottare contro il surriscaldamento globale, riguarda temi quali quelli della produzione di gas nazionale, delle fonti rinnovabili, del nucleare.
Per quanto riguarda la produzione di gas nazionale vanno superate le riserve o i divieti ideologici di ricerca e sfruttamento del gas nei nostri terreni e nei nostri mari, puntando a ritornare ad una produzione annua di 7 miliardi di metri cubi di gas come fu nel 2014, contro i soli 4 miliardi di metri cubi prodotti nel 2020.
Non ho pregiudizi contro le rinnovabili né contro il nucleare, ma dovendo scegliere chi privilegiare negli eventuali investimenti occorre fare un confronto comparativo tra le due fonti che esamini tanti elementi di valutazione, tra i quali indicherei:
● a parità di investimento occorre fare il confronto fra le due tecnologie relativamente all’energia producibile e in quali tempi, al costo kwh, alla durata presumibile dell’impianto, ai costi di smantellamento a fine vita dell’impianto;
● circa le fonti che alimentano le due tecnologie occorre tener presente che mentre sole e vento sono gratuite e liberamente accessibili, quelle del nucleare potrebbero riprodurre una dipendenza dall’estero e sicuramente comportano un costo;
● esiste poi un problema scorie che altri paesi, come la Francia, pare siano in grado di risolvere, ma che da noi pare invece molto problematico, anche in termini di costo;
● vale altresì la pena che mentre vento e sole sono praticamente eterni le fonti del nucleare potrebbero essere destinate ad esaurirsi;
Naturalmente il nucleare sopra esaminato è quello di fissione nella tecnologia di vecchia generazione che peraltro è stata bocciata dai referendum del 1987 e del 2011. Rimane un dubbio su quale validità temporale abbiano quei referendum, e se essi si riferissero soltanto al nucleare allora esistente, non potendo ovviamente pronunciarsi su tecnologie allora ignote. Il fatto che il referendum fosse finalizzato alla proibizione di “centrali elettriche di fonte nucleare” potrebbe tuttavia deporre a favore di una proibizione totale del nucleare, anche a quello di IV generazione o, addirittura anche di quello di fusione completamente diverso da quello di fissione, il che sarebbe un disastro per il nostro paese. L’energia generata dalla fusione nucleare è il futuro dell’energia e, si spera, in tempi compatibili con i traguardi cui ci siamo impegnati.
Ritengo importante affrontare questo tema in anticipo, magari su iniziativa di Socialismo XXI secolo, coinvolgendo l’avv. Felice Besostri (cui ho posto il tema, ma fino ad oggi senza riscontro).
Punto fiscale
Il fisco è interessato sia per cercare di ridurre l’aumento del costo del gas e dell’energia, sia per trovare nuove risorse per finanziare i nuovi investimenti decisi, sia per promuovere l’efficienza energetica, sia per il problema dei superprofitti dei produttori di energie da fonte diversa dal gas.
Per ridurre l’aumento del costo dell’energia il sistema fiscale più centrato è quello della riduzione dell’iva; riducendo l’aliquota non si danneggia l’impresa, a parità di consumo non si riduce il gettito fiscale a favore dell’erario e si riduce il costo al consumatore finale. Il costo del gas all’inizio del 2019 era di 10 euro/MWh, a inizio 2021 era di 70 euro/MWh, ora con un’aliquota iva al 20% a inizio 2019 il costo al consumo era (10+2) 12 €/MWh mentre a inizio 2020 il costo al consumo era (70+14) 84€/MWh. Lo stato lasciando immutato il gettito di 2€ può ridurre il costo al consumo riducendo l’aliquota iva dal 20 al 2.8% ovvero (70+2) 72€/MWh. Nella realtà però l’aumento del prezzo può far diminuire il consumo di gas e quindi può far diminuire il gettito iva.
Lo stato può inoltre ridurre le accise sulle fonti energetiche, ciò genera un minor costo per gas e energia ma crea un minor gettito per l’erario, minor gettito che potrebbe ricadere sul minor finanziamento delle iniziative finanziate da quelle accise. Tra le quali ci sono quelle rinnovabili come il fotovoltaico.
Non ritengo invece utile ai fini della riduzione del costo dell’energia un intervento fiscale che conceda credito di imposta alle imprese produttrici di energia. Tale provvedimento, pur preso dal nostro governo, pesa sul bilancio dello stato riducendo il gettito di Ires negli anni a venire, non serve a ridurre i costi di produzione e quindi non riduce il prezzo finale al consumo, serve solo a far ricuperare un po’ di utili in più per i capitali investiti in queste imprese e ridotti a causa dell’aumento del costo della materia prima.
Migliorare l’efficienza energetica è un modo strutturale di ridurre il costo dell’energia, il superbonus del 110% ha quindi una sua validità, ma andrebbe a mio parere completamente rivisto in due punti: cancellare l’eccesso del bonus rispetto alla spesa (causa di gonfiamento dei costi finanziati e dell’inflazione creata dal provvedimento) riportandolo a quote interessanti ma non speculative; ridurre le opere che beneficiano del bonus a interventi specificatamente connessi alla efficienza energetica.
Punto normativo
L’attuale sistema di determinazione del costo dell’energia è quello del “prezzo marginale”, ovvero il prezzo di mercato è fissato in funzione dei costi variabili dell’impianto più costoso (ovvero del gas) tra quelli necessari a coprire la domanda di energia in un determinato momento.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.