SOCIALISMO O LIBERO MERCATO

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

Quest’anno la crisi pandemica e quella ucraina hanno messo a nudo le carenze strutturali del nostro Paese e l’inconsistenza politica dei governi che l’hanno guidato negli ultimi 50 anni. Le crisi ci hanno messo di fronte alla mancanza di un piano pandemico, dall’assenza di un piano energetico e quindi all’impreparazione per affrontare una crisi politica come quella rappresentata dall’invasione russa in Ucraina.

La mancanza di piani, non solo quello pandemico ed energetico, ma di molti altri quali quello contro le disugiaglianze, l’occupazione, la gestione dei NEET che ammontano a più di tre milioni, denuncia il trionfo del capitalismo che rifiuta ogni ingerenza dello stato in economia (tranne quando invocano sussidi a fondo perduto quando si verificano i fallimenti del mercato) e la resa del mondo socialista al primato del mercato (penso alle liberalizzazioni di Prodi e alle lenzuolate di Bersani).

Eppure quando negli anni sessanta si nazionalizzò l’industria elettrica e si varò l’Enel, fummo capaci, subito dopo la crisi del 1972, dovuta al rincaro del petrolio, che ci svelò l’esigenza di renderci indipendenti dal petrolio che dovevamo importare, ad elaborare un Piano Energetico Nazionale PEN che mirava entro la fine del secolo all’autonomia energetica grazie alla programmazione di ben 62 centrali nucleari. Le successive evenienze politiche, tra cui primeggia il referendum sul nucleare, affossò quella pianificazione, ma quel che è peggio è il fatto che a quel piano accantonato per volontà popolare, non si provvide a lavorare ad un nuovo piano.

Si privatizzò l’Enel, e ci si affidò alle mirabolanti soluzioni che la mano invisibile del mercato ci avrebbe apportato. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: siamo dipendenti dal gas russo in una misura tale per cui continuando a comperare quel gas stiamo finanziando l’invasione in Ucraina, cui tuttavia promettiamo invio di armi. Tanto più significativo sarebbe se ordinassimo di spengere i riscaldamenti in tutto il Paese (con l’eccezione di ospedali e paesi sopra i 600 mt) tagliando di molto l’importazione di gas, dando un segno concreto di solidarietà all’Ucraina e di condanna alla Russia, aiutando la nostra bilancia commerciale e richiedendo in concreto, e non a parole, il sacrificio degli italiani.

Ora in Italia non esiste un partito autenticamente socialista perché non esiste una cultura socialista e nel conformismo generale stiamo subendo una lobotomizzazione da pensiero unico.

Esemplare, per mia preferenza culturale, è il pensiero economico che accetta incondizionatamente la dottrina marginalista per la quale nel processo di produzione dei prodotti il prezzo che viene determinato dal mercato riconosce, infallibilmente e proporzionalmente ad esso, il contributo dato da terra, capitale e lavoro. Scrive Joan Robinson che allo studente si insegna che Q=f(L,K) dove L è una quantità di lavoro e K una quantità di capitale e Q la quantità prodotta di una merce (la terra è sottintesa). Gli viene poi spiegato come calcolare L in ore-uomo e l’uso di numeri indice per la professionalità di ogni tipo di ora-uomo ma per quel che riguarda K si glissa e non si spiega come misurarlo. Il fatto è che il capitale è composto da beni prodotti e quindi è composto di beni che sono l’incognita della funzione che dobbiamo risolvere. La contraddizione del marginalismo, peraltro riconosciuta dai marginalisti stessi, esplicitata dal capolavoro di Piero Sraffa nel suo Produzione di merci a mezzo di merci, viene ignorata dal pensiero unico accademico, lasciandoci in balia del marginalismo capitalista.

Quelli che erano i partiti del socialismo sono finiti, uno nell’insignificanza, l’altro si è sciolto e ritrovato nel Partito Democratico (scimmiottatura del partito statunitense) perdendo quasi tutti i voti dei lavoratori espatriati prima nei 5S e poi, mi vergogno a scriverlo, nella Lega salviniana.

L’abbandono di una politica economica “science based” per limitarsi a ricercare la compiacenza del capitale che non distrugga fino all’ultimo le conquiste del dopoguerra, e riducendosi quindi alla ricerca di risultati assistenziali, dimostra e spiega perché siamo caduti ad uno stato che vede il default incombere su di noi.