77° anniversario della Liberazione dell’Italia e dell’Europa, dal nazifascismo

Celebriamo questo 25 aprile, il settantasettesimo anniversario della Liberazione dell’Italia e dell’Europa, dal nazifascismo, con la conquista delle perdute Libertà attraverso la Resistenza.

La Resistenza è stato un gigantesco fenomeno di disobbedienza civile in nome di ideali superiori come libertà, eguaglianza, giustizia, fratellanza dei popoli.

Le bande partigiane furono “un microcosmo di democrazia diretta”, in senso esistenziale, di autocoscienza, permettendo ad una intera generazione di affacciarsi alla politica, scavando nel proprio io, facendo riferimento alle proprie scelte, affermando la personale scelta partigiana di ciascuno quale fondamento di una rigenerazione collettiva da realizzare attraverso istituzioni rifondate dal basso.

Secondo risorgimento e lotta patriottica, fu qualcosa di più grande del CLN e dei partiti che la guidarono, perché fu soprattutto la moltitudine delle vite concrete dei resistenti, di quanti interpretarono l’8 settembre 1943, morte della Patria, ma anche inizio di un cammino impervio per ritrovarla, come la fine di una stagione di carestia morale e di avvelenamento delle coscienze, vivendola come il momento in cui finalmente non ci si doveva vergognare di se stessi e si potevano riscattare vent’ anni di passività e ignavia.

Una scelta che, nel suo significato etico di rifiuto dell’orrore e della sopraffazione, incombe su ciascuno ancor ora.

Facendo del 25 aprile una data fondamentale, nel senso letterale di fondamento della nostra religione civile.

Festa di tutti gli italiani senza alcuna distinzione.

Oggi, grazie a quella pagina scritta sulle montagne e nelle nostre città, e in Europa, abbiamo ancora il privilegio di scegliere e di poterlo fare nella libertà, conquistato con le armi e generosamente condiviso con i nemici della libertà, fascisti e repubblichini, portatori di dottrine infami.

Una scelta, per conservare quel privilegio, necessaria, in quanto imparziale e definitiva.

Ma la Resistenza ha avuto anche un significato universale: in quanto guerra popolare, spontanea, non comandata dall’alto, essa è stata un grande moto di emancipazione umana, che mirava molto più lontano e i cui effetti, proprio per questo, non sono ancora finiti: a una società internazionale più giusta, ispirata agli ideali di pace e di fraternità tra i popoli.

Chi legga le Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea, da cui parlano, nell’estremo saluto alla vita, operai e sacerdoti, intellettuali e contadini, comunisti, socialisti, cattolici, liberali, azionisti, si accorge che esse sono animate da un comune sentire. Non soltanto del coraggio di fronte alla morte che nasce dal sentimento della dignità dell’uomo come valore assoluto al di là e al di sopra della morte.

Queste parole sono come l’inizio di un canto corale che sarà ripetuto da mille altri fino alla Libertà.

Ma non possiamo, in questo 25 aprile, non rivolgerci al popolo ucraino, vittima di una illegale guerra di aggressione, che ha violato lo statuto dell’Onu e il diritto internazionale, facendo precipitare il mondo nell’angoscia.

La ferma condanna dell’aggressione militare scatenata senza alcuna giustificazione dalla Russia tirannicamente governata da Putin è per una Associazione come la nostra, fondata da Ferruccio Parri negli anni della guerra fredda, resistente della prima ora e primo Presidente del Consiglio dell’Italia liberata, imperativo etico e civile assoluto.

E’ Resistenza anche quella di Kiev, contro l’invasore che intende negare la libertà del popolo ucraino.

In questa enorme e assurda realtà della guerra che continuamente smentisce il diritto, occorre non gettare la spugna rifiutando un determinismo storico per cui è la guerra stessa che giustifica i propri crimini e si autoassolve.

Occorre declinare la ragione del diritto, prima che la compassione del mondo per le vittime dei tanti crimini si esaurisca, distinguendo, come insegnava Norberto Bobbio, tra i fondatori della FIAP, fra “violenza prima” e “violenza seconda”, fra chi usa per primo la forza militare e chi si difende. Chi usa la forza per primo è il prepotente e chi esercita la forza per secondo è il più debole costretto a difendersi: e le due posizioni non possono essere messe giuridicamente e moralmente sullo stesso piano. È il classico tema dell’aggressione e della resistenza all’aggressione.

Se non introduciamo criteri di valutazione giuridica e morale dell’uso della forza militare si rischia di dare sempre ragione al prepotente.

Per questo motivo, quest’anno non saremo, per la prima volta, a Porta San Paolo a Roma ed in altre piazze dove abbiamo ravvisato il rischio che si potesse perdere il senso del 25 aprile, della più importante ricorrenza civile della nostra Repubblica

Non possiamo accettare che le bandiere della FIAP, che dalla sua fondazione si basa sulla “fede nella libertà”, si possano confondere con quelle dell’odio verso le democrazie occidentali. Non è la festa della “pace” ma della fine di una guerra, quella combattuta dai nostri partigiani armati dagli alleati americani ed inglesi per liberare l’Italia dall’occupazione straniera a cui il fascismo aveva spalancato le porte.

Dedichiamo questo 25 aprile alla memoria di chi 77 anni fa in tutta Europa ha perso la vita per riconquistare la libertà contro la tirannide militarista e imperialista del tempo e oggi al popolo ucraino che sta resistendo eroicamente alla superpotenza che ha invaso il suo paese. Lo dedichiamo alle vittime civili di una barbarie che non rispetta alcuna regola internazionale, alcun codice d’onore.

Sappia l’esempio dei partigiani italiani ed europei farci ritrovare la strada per un mondo più giusto e per la pace e fratellanza tra i popoli dai resistenti europei agognata, bandendo la guerra dalla storia dell’UOMO.

La Presidenza FIAP