di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

Domani conosceremo le decisioni della commissione sul tema del prezzo del gas; probabilmente si fisseranno le seguenti 5 direttive:

1 – Un sistema di riduzione dei consumi;

2 – Una revisione dei sistemi di indicizzazione dei prezzi energetici;

3 – Un intervento a favore delle imprese energivore e non;

4 – L’avvio di un price-cap;

5 – La tassazione degli extra-profitti.

Ritengo che il primo punto, pur necessario, non contribuisca molto a risolvere il problema anche perché esso affronta il risultato del problema e non le cause a monte di esso.

Il secondo punto, che ritengo essenziale, richiederebbe che l’Europa ci chiedesse scusa per aver perorato a suo tempo il cambiamento del sistema di indicizzazione dei prezzi energetici, sdraiandosi acriticamente sulle meraviglie del dio mercato (se così si può chiamare il TTF) e, soprattutto, nel non aver individuato a tempo la fallacia di quel sistema di indicizzazione, anche quando segnali inequivocabili erano individuabili da qualche tempo.

Il terzo punto mi pare il più politicamente rilevante, nel senso che l’intervento a favore delle imprese implica un problema di redistribuzione che non può non essere rilevato dalle forze politiche. E’ da tempo ormai che i cosiddetti fallimenti del mercato vengono affrontati vedendo nello stato un salvatore di ultima istanza che si fa carico di salvare, aiutare, incentivare il sistema economico. Penso, solo con riferimento ai pochi anni da quando è iniziato il terzo millennio, alla crisi del 2007 seguita poi dalla pandemia Covid ed infine, per ora, al tema gas. Si sono inventati una sequela di incentivi, sconti fiscali, crediti fiscali, bonus, superbonus che costituiscono una costellazione di erogazioni a favore del capitale.

Sul tema si può osservare che tutti questi incentivi hanno un effetto differito nel tempo essendo riconosciuti come crediti di imposta da utilizzare negli anni futuri. E’ chiaro che il benvenuto credito fiscale sarà goduto dalle imprese soltanto negli anni futuri quando potranno pagare le imposte (se maturate) utilizzando i crediti fiscali. Esistono, quindi, notevoli quantità di crediti fiscali regalati alle imprese ma che non possono essere utilizzati nell’immediato. Il tema è stato affrontato con il superbonus, con le complicazioni create dalla cessione dei crediti di imposta, la loro immediata liquidazione e la capacità delle banche di assorbire tutti i crediti loro offerti. Ritorna il tema dei CCF (Certificati di Credito Fiscale) e quindi di una regolamentazione globale di questi assets, così come discutemmo a Perugia in un incontro di Socialismo XXI. Oggi però, in un momento di alta e pericolosa inflazione, la trasformazione dei CCF in liquidità, se non indirizzata programmaticamente in investimenti produttivi, potrebbe concorrere a peggiorare la situazione inflattiva.

Ma questo fenomeno di una politica fondata sui bonus, va vista come una enorme redistribuzione della ricchezza dai subordinati al capitale. Il sistema fiscale grava per la stragrande quota sui redditi dei lavoratori, dei pensionati e anche (ma in misura minima) delle partite iva con fatturato superiore ai 65.000 €. I beneficiari della caterva di bonus sono i capitalisti. Robin Hood alla rovescia: i poveri pagano, lo stato incassa e regala soldi al capitale. E’ un problema di enorme contenuto politico che, purtroppo, nessun partito solleva. Eppure, se quei soldi è bene che vadano alle imprese per poterle salvare dalle loro contraddizioni e dall’incapacità del capitalismo nostrano, non vedo perché invece di andare nella forma di regalo, non vadano nella forma di partecipazioni azionarie. In fondo i contribuenti investono nelle imprese come investono gli investitori privati, ma questi in cambio ricevono azioni sociali e quelli no. La costituzione di un Ente cui intestare i titoli ottenuti in cambio degli incentivi costituisce un rientro dello stato nell’economia che trasforma la sua figura di samaritano che soccorre nei momenti di fallimenti di mercato in operatore economico programmatorio, con lunga visione capace di andare al di là dello shortismo dei privati.

Sul quarto punto sono molto scettico; esso tende ad aggravare la situazione bellica estendendo lo scontro dal campo militare allo scontro tra un monopolio ed un monopsomio; non c’è possibilità di compromessi, tra i due deve uscire necessariamente, un vincitore e non è facile dire chi dei due sarà.

Sul quinto punto, la tassazione degli extraprofitti, occorre subito rimediare alla figuraccia fatta dal governo col decreto Aiuti 1. Personalmente sono per l’applicazione dell’art.43 della Costituzione che riporto a conclusione del mio articolo.

“Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.”